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Dario Lanzetta – Maledetti !! Vi amerò tutti
Dario Lanzetta con il ciclo Sine principio et fine giunge al culmine di una personale ricerca artistica nella quale rivolge un’attenzione esclusiva all’essere umano, nella piena consapevolezza dell’inevitabile nesso anima-corpo, un dualismo nettamente sbilanciato tuttavia a favore di quest’ultimo, secondo una tradizione che è insita nella cultura occidentale
Comunicato stampa
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Dario Lanzetta con il ciclo Sine principio et fine giunge al culmine di una personale ricerca artistica nella quale rivolge un’attenzione esclusiva all’essere umano, nella piena consapevolezza dell’inevitabile nesso anima-corpo, un dualismo nettamente sbilanciato tuttavia a favore di quest’ultimo, secondo una tradizione che è insita nella cultura occidentale. Per l’artista la fisicità corporea risulta infatti da ostacolo alla piena realizzazione dell’individuo e costituisce motivo di continua sofferenza proprio per il suo radicamento alla mondanità terrestre e ai limiti che questa comporta.
Premettendo che qualsivoglia etichetta preconfezionata in questo caso risulta riduttiva, la poetica di Lanzetta è la risultante di un cortocircuito storico-artistico, dove confluiscono varie istanze: dall’Espressionismo tedesco all’Informale americano, all’Azionismo viennese; il tutto in funzione del contesto attuale, trovando nelle nuove tecnologie informatiche e digitali il medium più adatto a veicolare tutta la forza espressiva di cui si fanno carico i suoi lavori. Il tanto (forse troppo) biasimato distacco dell’artista digitale nei confronti del supporto risponde solamente ad esigenze di tipo operativo e non può essere riscontrato, a conti fatti, nell’esito finale dell’opera.
Dario Lanzetta ama in maniera ossessiva soprattutto la corporeità, sulla quale riversa il suo viscerale odio-amore con un trattamento morboso e istintuale della figurazione.
La “superficie digitale” diviene allora il luogo privilegiato per un approccio alla figura umana assolutamente libero da vincoli e dettami accademici, dove è concesso alle pulsioni primarie dell’artista di emergere in tutta la loro violenza e impellenza visive.
Le sue creature vivono una condizione di inquieta solitudine, se ne percepisce chiaramente la tensione tra essere e nulla, si avverte l’incombenza del baratro infernale verso cui sono spinte ma dal quale cercano a tutti i costi un riscatto, una sorta di redenzione di sapore religioso. D’altronde l’ascesi purificatrice deve passare inevitabilmente attraverso il dolore fisico e l’espiazione spirituale, come già avveniva nel medioevo cristiano. Il dramma esistenziale cui sono portatori questi novelli martiri si risolve allora in una gestualità tormentata e prorompente, di accentuata sensibilità coloristica.
Sebbene i corpi tentano di resistere allo sfaldamento e alla fusione delle membra per le alte temperature cui sono costretti, mantengono pur sempre riconoscibili i loro caratteri umani; le figure rimangono sempre tali, non vengono negate completamente. Tuttavia esse si presentano come referti di malformazioni genetiche, parvenze umane nei vari stadi di non si sa quale processo di metamorfosi, senza un principio o una fine certi (per dirla come l’artista). Se ciò non bastasse, i corpi sono avvolti da un’atmosfera ostile e minacciosa, cercano invano di fuggire da uno spazio di oscure visioni dove si respira un forte senso di costrizione, di soffocamento, dove cromie scarlatte e ardenti (simbolo di carnalità e passionalità) penetrano e zampillano come effusioni laviche nei tessuti organici facendone un tutt'uno, da cui è ben difficile districarsi. Francis Bacon docet. Nell’attesa di un’epifania dell’assoluto, che forse non avverrà mai, questi personaggi sono l’emblema di un’umanità derelitta; pur avvertendo tutte le contraddizioni e l’insensatezza della condizione umana, Dario Lanzetta non ci fornisce una via d’uscita di questo eterno dissidio interiore. Ma proprio questa reticenza ci offre una chiave di lettura misteriosa ma affascinante, dove ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo.
Andrea Polati
Premettendo che qualsivoglia etichetta preconfezionata in questo caso risulta riduttiva, la poetica di Lanzetta è la risultante di un cortocircuito storico-artistico, dove confluiscono varie istanze: dall’Espressionismo tedesco all’Informale americano, all’Azionismo viennese; il tutto in funzione del contesto attuale, trovando nelle nuove tecnologie informatiche e digitali il medium più adatto a veicolare tutta la forza espressiva di cui si fanno carico i suoi lavori. Il tanto (forse troppo) biasimato distacco dell’artista digitale nei confronti del supporto risponde solamente ad esigenze di tipo operativo e non può essere riscontrato, a conti fatti, nell’esito finale dell’opera.
Dario Lanzetta ama in maniera ossessiva soprattutto la corporeità, sulla quale riversa il suo viscerale odio-amore con un trattamento morboso e istintuale della figurazione.
La “superficie digitale” diviene allora il luogo privilegiato per un approccio alla figura umana assolutamente libero da vincoli e dettami accademici, dove è concesso alle pulsioni primarie dell’artista di emergere in tutta la loro violenza e impellenza visive.
Le sue creature vivono una condizione di inquieta solitudine, se ne percepisce chiaramente la tensione tra essere e nulla, si avverte l’incombenza del baratro infernale verso cui sono spinte ma dal quale cercano a tutti i costi un riscatto, una sorta di redenzione di sapore religioso. D’altronde l’ascesi purificatrice deve passare inevitabilmente attraverso il dolore fisico e l’espiazione spirituale, come già avveniva nel medioevo cristiano. Il dramma esistenziale cui sono portatori questi novelli martiri si risolve allora in una gestualità tormentata e prorompente, di accentuata sensibilità coloristica.
Sebbene i corpi tentano di resistere allo sfaldamento e alla fusione delle membra per le alte temperature cui sono costretti, mantengono pur sempre riconoscibili i loro caratteri umani; le figure rimangono sempre tali, non vengono negate completamente. Tuttavia esse si presentano come referti di malformazioni genetiche, parvenze umane nei vari stadi di non si sa quale processo di metamorfosi, senza un principio o una fine certi (per dirla come l’artista). Se ciò non bastasse, i corpi sono avvolti da un’atmosfera ostile e minacciosa, cercano invano di fuggire da uno spazio di oscure visioni dove si respira un forte senso di costrizione, di soffocamento, dove cromie scarlatte e ardenti (simbolo di carnalità e passionalità) penetrano e zampillano come effusioni laviche nei tessuti organici facendone un tutt'uno, da cui è ben difficile districarsi. Francis Bacon docet. Nell’attesa di un’epifania dell’assoluto, che forse non avverrà mai, questi personaggi sono l’emblema di un’umanità derelitta; pur avvertendo tutte le contraddizioni e l’insensatezza della condizione umana, Dario Lanzetta non ci fornisce una via d’uscita di questo eterno dissidio interiore. Ma proprio questa reticenza ci offre una chiave di lettura misteriosa ma affascinante, dove ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo.
Andrea Polati
23
febbraio 2007
Dario Lanzetta – Maledetti !! Vi amerò tutti
Dal 23 febbraio al 15 marzo 2007
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
DEKAMER DINNER CAFE’
Verona, Vicolo Listone, 13, (Verona)
Verona, Vicolo Listone, 13, (Verona)
Orario di apertura
da Mercoledì alla Domenica dalle ore 18:00 alle 02:00
Vernissage
23 Febbraio 2007, ore 21
Sito web
www.dariolanzetta.it
Autore
Curatore