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Nina Nasilli
personale
Comunicato stampa
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Lo sguardo di Nina
“Metodo per comprendere le immagini, i simboli, ecc. Non cercare di interpretarli, ma guardarli fin quando ne sgorghi la luce”. E ancora: “In via generale, metodo di esercizio dell’intelligenza, che consiste nel guardare”. Sono parole di Simone Weil, tratte da L’ombra e la grazia. Leggendole di recente, ho pensato che si potesse iniziare da qui, da questa idea, l’avvicinamento alla pittura e ai disegni di Nina Nasilli. La luce di cui parla la Weil è la luce del significato, del senso che scaturisce, ma ciò che sappiamo di colei che scrive, e la frase stessa, ci fanno percepire che lo svelamento prodotto dal guardare sarà permeato di spiritualità.
Parlando del suo lavoro, del suo procedere, Nina Nasilli racconta di guardare anche a lungo (tutto il tempo che serve) l’opera che va dipingendo, fino a quando le diventa chiaro, perché è il quadro o la figura dipinta a suggerirlo, in che modo e se continuare. Questa sorta di epifania, grazie alla quale Nina Nasilli trova sulle superfici cui si dedica in primo luogo gli occhi e i volti, che si impongono come il motivo centrale della sua arte, è il prodotto di uno sguardo intento e sollecito, nutrito di autentica pietas e di capacità di penetrazione, ma anche di una curiosità intellettuale onnivora e appassionata. Con grande immediatezza, disegni e dipinti rivelano che il suo lavoro d’artista obbedisce a un’esigenza profonda e sincera: quella di indagare l’uomo, nella sua finitezza corporea e fragilità interiore, nella sua forza e volitività. Alla radice di questa ricerca sta l’intelligenza del guardare, che diventa grazie al segno, all’immagine, modo di comunicare, di cercare risonanza in altri occhi, in altri cuori.
Veniamo dunque alle “imperfezioni moleste”, titolo della mostra e possibile filo conduttore di una lettura e riflessione sulle opere. Sullo sfondo il ricordo e la consapevolezza che la precedente mostra, il cui catalogo è accompagnato da alcuni scritti, porta il titolo Segni urgenti. Perché davvero per Nina Nasilli l’espressione, prima poetica e in seguito pittorica, è una necessità. Nina dipinge e disegna in prevalenza figure umane, o figure che all’umano alludono. Gallerie di volti femminili nei disegni; volti e corpi isolati o uniti, accostati, abbracciati, in movimento o dolorosamente immobili, nei dipinti. Tutti invariabilmente dominati dagli occhi, dallo sguardo. Non si sfugge a questi sguardi, e non perché siano inquisitòri, anzi; sono sovente proiettati verso l’interno, e le figure, pur guardando (alcune addirittura con gli occhi sgranati) al di fuori di sé, sembrano riflettere soprattutto il (sul) proprio stato interiore, comunicando un senso di disagio, di sofferenza. Il loro porsi, il loro stesso esistere, pare denunciare e portare alla luce le “imperfezioni moleste” del titolo. Come è proprio delle imperfezioni, di rado i loro volti producono armonia, più spesso sollevano in chi guarda domande, e un senso ora lieve ora quasi gridato di qualcosa che urge e che urta. Nel suscitare interrogativi sono, come scriveva Paul Valéry riguardo agli ostacoli, “segni ambigui”, evocativi e sottili, “davanti ai quali alcuni disperano, altri capiscono che ci sono altre cose da capire”.
Le sfumature psicologiche e sentimentali con cui questi sguardi testimoniano un assillo intimo, una perplessità sulla vita e infinite altre emozioni si fondano su quello che credo si possa definire il senso di Nina per la forma. Un senso innato, evidentemente, che rende il suo segno e il suo modo di colorire e di stendere la materia estremamente espressivi. Questa capacità di significazione vale anche per quella sorta di grammatica geroglifica, simbolica e allusiva, fatta di piccoli segni, che compare in alcuni lavori, e per le scritte che la Nasilli introduce nei quadri (si vedano ad esempio Adamo ed Eva, Cassandra Crossing); vale per i titoli, che dialogano con l’immagine e fanno emergere ulteriori possibili percorsi di senso. Alcune opere nascono e sono in funzione dello sguardo di una figura (Ludo, The Snake, le serie dei disegni eseguiti con pastelli a olio); altre combinano la pittura con oggetti (lo specchio in Naturaliter, la pagina di giornale in I can’t dance anymore). In questi casi – cui si potrebbe aggiungere il legno di Avvinto al corpo dell’amato…– la forma costruita dalla pittura, forma dotata di grande densità e energia, acquista un nuovo accento nel gioco di rifrazione con l’oggetto, e col titolo. Altre opere condividono un aspetto singolare, essendo animate da figure dall’aspetto e dallo sguardo “alterato”. Sono immagini inquietanti, come inquietanti o tragici sono i mondi o le situazioni cui alludono. Mi riferisco a The disconnected Dancers, a War, a Today’s Halloween: in esse (particolarmente in War) la capacità di evocare, di porre in essere una situazione precisa attorno alle figure ritratte è indiscutibile; eppure l’artista è del tutto indifferente alla descrizione del contesto, e il suo interesse esclusivo sembra volgersi alla resa di un momento interiore.
In questi lavori, e in altri dello stesso periodo, Nina Nasilli fa grande uso di oro e argento. I colori metallici stesi a creare una superficie preziosa o, come in Mamma Giocasta, le tracce di oro sparse sul corpo che splendono all’improvviso sotto una certa luce, accentuano l’intensità delle opere. Certe stesure levigate del colore (si veda per esempio la figura in verde in Today’s Halloween), pittoricamente felici, risultano quasi stranianti, impreviste nel contesto di opere che si individuano aspre nei contenuti e nelle forme. Varie sono le tecniche con cui Nina Nasilli lavora: nei disegni adotta in prevalenza il pastello a olio, che le è estremamente congeniale; nei dipinti alterna, o utilizza insieme, colori a olio e acrilici su tela, tavola, o carta successivamente incollata su un supporto diverso.
L’incontro con l’arte di Nina Nasilli può essere molto arricchito dalla lettura delle sue poesie, e da alcuni suoi versi traggo la suggestione per terminare. Costituiscono un passaggio di Maddalena, o il desiderio, poesia bellissima legata a un quadro anch’esso importante, Maddalena amorosa: in questi versi affiora il termine “ingenuo”, aggettivo che la Nasilli applica volentieri alla propria pittura. Credo anch’io che esso offra una chiave di lettura del suo lavoro e del modo d’essere della stessa artista, a patto che se ne afferri la stretta parentela con l’autenticità. Oltre a questo, del significato ricco e complesso dell’aggettivo, derivante da un’etimologia affascinante e ramificata, resta un’eco nei versi, che forse non serve commentare.
“Tu
prostrata come un contadino sui suoi campi,
in ginocchio per la tua nobiltà,
hai colto, come un fiore dal seme al suo frutto,
il mistero
– mondano e divino –
dell’uomo tutto intero,
senza le pieghe false del passato intelligente.
Ingenua sempre è la verità…”
Critica di
Sonia Cavicchioli
(Dipartimeno delle Arti Visive - Università di Bologna)
“Metodo per comprendere le immagini, i simboli, ecc. Non cercare di interpretarli, ma guardarli fin quando ne sgorghi la luce”. E ancora: “In via generale, metodo di esercizio dell’intelligenza, che consiste nel guardare”. Sono parole di Simone Weil, tratte da L’ombra e la grazia. Leggendole di recente, ho pensato che si potesse iniziare da qui, da questa idea, l’avvicinamento alla pittura e ai disegni di Nina Nasilli. La luce di cui parla la Weil è la luce del significato, del senso che scaturisce, ma ciò che sappiamo di colei che scrive, e la frase stessa, ci fanno percepire che lo svelamento prodotto dal guardare sarà permeato di spiritualità.
Parlando del suo lavoro, del suo procedere, Nina Nasilli racconta di guardare anche a lungo (tutto il tempo che serve) l’opera che va dipingendo, fino a quando le diventa chiaro, perché è il quadro o la figura dipinta a suggerirlo, in che modo e se continuare. Questa sorta di epifania, grazie alla quale Nina Nasilli trova sulle superfici cui si dedica in primo luogo gli occhi e i volti, che si impongono come il motivo centrale della sua arte, è il prodotto di uno sguardo intento e sollecito, nutrito di autentica pietas e di capacità di penetrazione, ma anche di una curiosità intellettuale onnivora e appassionata. Con grande immediatezza, disegni e dipinti rivelano che il suo lavoro d’artista obbedisce a un’esigenza profonda e sincera: quella di indagare l’uomo, nella sua finitezza corporea e fragilità interiore, nella sua forza e volitività. Alla radice di questa ricerca sta l’intelligenza del guardare, che diventa grazie al segno, all’immagine, modo di comunicare, di cercare risonanza in altri occhi, in altri cuori.
Veniamo dunque alle “imperfezioni moleste”, titolo della mostra e possibile filo conduttore di una lettura e riflessione sulle opere. Sullo sfondo il ricordo e la consapevolezza che la precedente mostra, il cui catalogo è accompagnato da alcuni scritti, porta il titolo Segni urgenti. Perché davvero per Nina Nasilli l’espressione, prima poetica e in seguito pittorica, è una necessità. Nina dipinge e disegna in prevalenza figure umane, o figure che all’umano alludono. Gallerie di volti femminili nei disegni; volti e corpi isolati o uniti, accostati, abbracciati, in movimento o dolorosamente immobili, nei dipinti. Tutti invariabilmente dominati dagli occhi, dallo sguardo. Non si sfugge a questi sguardi, e non perché siano inquisitòri, anzi; sono sovente proiettati verso l’interno, e le figure, pur guardando (alcune addirittura con gli occhi sgranati) al di fuori di sé, sembrano riflettere soprattutto il (sul) proprio stato interiore, comunicando un senso di disagio, di sofferenza. Il loro porsi, il loro stesso esistere, pare denunciare e portare alla luce le “imperfezioni moleste” del titolo. Come è proprio delle imperfezioni, di rado i loro volti producono armonia, più spesso sollevano in chi guarda domande, e un senso ora lieve ora quasi gridato di qualcosa che urge e che urta. Nel suscitare interrogativi sono, come scriveva Paul Valéry riguardo agli ostacoli, “segni ambigui”, evocativi e sottili, “davanti ai quali alcuni disperano, altri capiscono che ci sono altre cose da capire”.
Le sfumature psicologiche e sentimentali con cui questi sguardi testimoniano un assillo intimo, una perplessità sulla vita e infinite altre emozioni si fondano su quello che credo si possa definire il senso di Nina per la forma. Un senso innato, evidentemente, che rende il suo segno e il suo modo di colorire e di stendere la materia estremamente espressivi. Questa capacità di significazione vale anche per quella sorta di grammatica geroglifica, simbolica e allusiva, fatta di piccoli segni, che compare in alcuni lavori, e per le scritte che la Nasilli introduce nei quadri (si vedano ad esempio Adamo ed Eva, Cassandra Crossing); vale per i titoli, che dialogano con l’immagine e fanno emergere ulteriori possibili percorsi di senso. Alcune opere nascono e sono in funzione dello sguardo di una figura (Ludo, The Snake, le serie dei disegni eseguiti con pastelli a olio); altre combinano la pittura con oggetti (lo specchio in Naturaliter, la pagina di giornale in I can’t dance anymore). In questi casi – cui si potrebbe aggiungere il legno di Avvinto al corpo dell’amato…– la forma costruita dalla pittura, forma dotata di grande densità e energia, acquista un nuovo accento nel gioco di rifrazione con l’oggetto, e col titolo. Altre opere condividono un aspetto singolare, essendo animate da figure dall’aspetto e dallo sguardo “alterato”. Sono immagini inquietanti, come inquietanti o tragici sono i mondi o le situazioni cui alludono. Mi riferisco a The disconnected Dancers, a War, a Today’s Halloween: in esse (particolarmente in War) la capacità di evocare, di porre in essere una situazione precisa attorno alle figure ritratte è indiscutibile; eppure l’artista è del tutto indifferente alla descrizione del contesto, e il suo interesse esclusivo sembra volgersi alla resa di un momento interiore.
In questi lavori, e in altri dello stesso periodo, Nina Nasilli fa grande uso di oro e argento. I colori metallici stesi a creare una superficie preziosa o, come in Mamma Giocasta, le tracce di oro sparse sul corpo che splendono all’improvviso sotto una certa luce, accentuano l’intensità delle opere. Certe stesure levigate del colore (si veda per esempio la figura in verde in Today’s Halloween), pittoricamente felici, risultano quasi stranianti, impreviste nel contesto di opere che si individuano aspre nei contenuti e nelle forme. Varie sono le tecniche con cui Nina Nasilli lavora: nei disegni adotta in prevalenza il pastello a olio, che le è estremamente congeniale; nei dipinti alterna, o utilizza insieme, colori a olio e acrilici su tela, tavola, o carta successivamente incollata su un supporto diverso.
L’incontro con l’arte di Nina Nasilli può essere molto arricchito dalla lettura delle sue poesie, e da alcuni suoi versi traggo la suggestione per terminare. Costituiscono un passaggio di Maddalena, o il desiderio, poesia bellissima legata a un quadro anch’esso importante, Maddalena amorosa: in questi versi affiora il termine “ingenuo”, aggettivo che la Nasilli applica volentieri alla propria pittura. Credo anch’io che esso offra una chiave di lettura del suo lavoro e del modo d’essere della stessa artista, a patto che se ne afferri la stretta parentela con l’autenticità. Oltre a questo, del significato ricco e complesso dell’aggettivo, derivante da un’etimologia affascinante e ramificata, resta un’eco nei versi, che forse non serve commentare.
“Tu
prostrata come un contadino sui suoi campi,
in ginocchio per la tua nobiltà,
hai colto, come un fiore dal seme al suo frutto,
il mistero
– mondano e divino –
dell’uomo tutto intero,
senza le pieghe false del passato intelligente.
Ingenua sempre è la verità…”
Critica di
Sonia Cavicchioli
(Dipartimeno delle Arti Visive - Università di Bologna)
16
dicembre 2006
Nina Nasilli
Dal 16 dicembre 2006 al 16 gennaio 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE 18
Bologna, Via San Felice, 18, (Bologna)
Bologna, Via San Felice, 18, (Bologna)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 15.30-19.30
Vernissage
16 Dicembre 2006, ore 18.30
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