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Junko Imada
sorti di incubatrici di particelle colorate di terracotta
Comunicato stampa
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... La Imada crea uno stato della materia artistica in cui certamente il non colore odiato da Sartre e gli esistenzialisti la fa da padrone, ma con qualche notevole eccezione. L’artista infatti propone delle sorti di incubatrici di particelle colorate di terracotta. La materia del bianco è un tessuto sintetico che avvolge le sculturine al suo interno come una lanugine primitiva.
Incubo e incubatrice sono parole che stanno bene assieme, però c’è l’idea in questi lavori aerei e candidi, che tutto non debba arrestarsi ad una nuance, ad un pensiero traverso. Vi è un idea genetica positiva, autenticamente generativa che assiste e incoraggia. Le piccole sculture infatti rappresentano o quei serpentelli che abbiamo imparato a chiamare spermatozoi oppure delle faccine che vanno dai disegni infantili alle citazioni delle maschere teatrali giapponesi. Questo in prevalenza. Altri oggetti si agitano sotto la superficie, ma per frequenza e tematicità sembrano più chiamati ad accompagnare la produzione di senso dei propri compagni maggiori.
I colori trattenuti dalla bianca placenta ci sono e sono reali e percepibili. Sono anche visibili le cuciture in cui l’artista racchiude e argina il brulicare biologico delle ceramiche. Tutto si agita come è giusto che sia nei processi biologici legati alla vita e alla decomposizione.
Le stesse suggestioni figurative sono negli ultimi lavori più rassicuranti e hanno la leggerezza del gioco, dei tratti riconoscibili e semplici. Ma è in questa intercapedine tra il biancore della lanugine, placenta o sudario ognuno può decidere, e le apparizioni degli oggetti latenti, in attesa di liberazione o immoti nella loro eterna prigione, che si crea questa incertezza valutativa che da sostanza e valore al lavoro di Junko Imada. Alla fine quelle che possiamo definire tessere di un mosaico restano separate ma in attesa. Sono simboli giocosi, ricorrenti, quasi linguistici, ma dotati di quel sapore infantile che hanno le sere d’estate. L’artista compone opere o installazioni in cui questo doppio registro tra la bava del tessuto e la giocosità degli oggetti colorati rinchiusi all’interno, rivela la sua forza di attrazione. Come tutti gli stati nascenti o terminali, il gusto dell’uomo per il non finito fa scivolare la curiosità verso altre forme e altre apparizioni. I suoi bozzoli nascondono qualcosa che si mostra, forse in modo troppo familiare per essere così. Quale sia il baco che si avvolge di una nuova esistenza non ci è dato a sapere, né sappiamo nulla della creature che probabilmente nasceranno.
Valerio Dehò, 2005
Junko Imada nasce nel 1971 a Kumamoto in Giappone. Comincia a studiare musica classica all’età di due anni e mezzo e prosegue fino all’università. Si laurea in Belle Arti presso l’Università Statale di Kumamoto nel 1994. Consegue il Master in scultura presso la stessa università nel 1996. Insegna alla Scuola Media Superiore della stessa università dal 1994 al 1996. Riceve numerosi premi al Salone di Tokyo e Kumamoto. Nel 1997 vince una borsa di studio e si trasferisce a Milano, dove attualmente vive e lavora.
Incubo e incubatrice sono parole che stanno bene assieme, però c’è l’idea in questi lavori aerei e candidi, che tutto non debba arrestarsi ad una nuance, ad un pensiero traverso. Vi è un idea genetica positiva, autenticamente generativa che assiste e incoraggia. Le piccole sculture infatti rappresentano o quei serpentelli che abbiamo imparato a chiamare spermatozoi oppure delle faccine che vanno dai disegni infantili alle citazioni delle maschere teatrali giapponesi. Questo in prevalenza. Altri oggetti si agitano sotto la superficie, ma per frequenza e tematicità sembrano più chiamati ad accompagnare la produzione di senso dei propri compagni maggiori.
I colori trattenuti dalla bianca placenta ci sono e sono reali e percepibili. Sono anche visibili le cuciture in cui l’artista racchiude e argina il brulicare biologico delle ceramiche. Tutto si agita come è giusto che sia nei processi biologici legati alla vita e alla decomposizione.
Le stesse suggestioni figurative sono negli ultimi lavori più rassicuranti e hanno la leggerezza del gioco, dei tratti riconoscibili e semplici. Ma è in questa intercapedine tra il biancore della lanugine, placenta o sudario ognuno può decidere, e le apparizioni degli oggetti latenti, in attesa di liberazione o immoti nella loro eterna prigione, che si crea questa incertezza valutativa che da sostanza e valore al lavoro di Junko Imada. Alla fine quelle che possiamo definire tessere di un mosaico restano separate ma in attesa. Sono simboli giocosi, ricorrenti, quasi linguistici, ma dotati di quel sapore infantile che hanno le sere d’estate. L’artista compone opere o installazioni in cui questo doppio registro tra la bava del tessuto e la giocosità degli oggetti colorati rinchiusi all’interno, rivela la sua forza di attrazione. Come tutti gli stati nascenti o terminali, il gusto dell’uomo per il non finito fa scivolare la curiosità verso altre forme e altre apparizioni. I suoi bozzoli nascondono qualcosa che si mostra, forse in modo troppo familiare per essere così. Quale sia il baco che si avvolge di una nuova esistenza non ci è dato a sapere, né sappiamo nulla della creature che probabilmente nasceranno.
Valerio Dehò, 2005
Junko Imada nasce nel 1971 a Kumamoto in Giappone. Comincia a studiare musica classica all’età di due anni e mezzo e prosegue fino all’università. Si laurea in Belle Arti presso l’Università Statale di Kumamoto nel 1994. Consegue il Master in scultura presso la stessa università nel 1996. Insegna alla Scuola Media Superiore della stessa università dal 1994 al 1996. Riceve numerosi premi al Salone di Tokyo e Kumamoto. Nel 1997 vince una borsa di studio e si trasferisce a Milano, dove attualmente vive e lavora.
05
dicembre 2006
Junko Imada
Dal 05 dicembre 2006 al 20 gennaio 2007
arte contemporanea
Location
NAVIGLIO MODERN ART
Milano, Via Alessandro Manzoni, 45, (Milano)
Milano, Via Alessandro Manzoni, 45, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì pomeriggio a sabato 10-12,30 e 16-19,30
Vernissage
5 Dicembre 2006, ore 18.30
Autore