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Eleonora Rossi – Deriva
personale
Comunicato stampa
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Quando qualcuno ti chiede di scrivere del lavoro degli artisti – se non
sei un critico professionista di quelli che fanno soldi scrivendo del
lavoro degli artisti – non hai tante possibilità di raccontare qualcosa
d’interessante e soprattutto di utile: soprattutto perchè è molto
difficile sapere per chi si scrive, quando si scrive dell’arte e degli
artisti. Choderlos de Laclos in Les Liasons Dangereux fa scrivere
dalla Marchesa di Merteuil al Visconte di Valmont che è inutile per
esempio dichiarare i tormenti (veri o falsi) del proprio amore
all’amato o all’amata, visto che non è proprio quello che vogliono
sapere, e ancora meno leggere: meglio, molto meglio dirgli, anzi
scrivergli, quanto siano meravigliosi, incomparabili, sublimi,
straordinari, unici, perché queste sono le cose che gli amati vogliono
sentirsi dire. Si scrive sicuramente per l’altro, gli altri, insomma,
non per se stessi.
Cosa vorrebbe sentirsi dire allora un/un’artista, per esempio Eleonora
Rossi, oltre naturalmente che è una buona artista? Forse le piacerebbe
che qualcuno riuscisse a trovare nel suo lavoro cose che da sola magari
non riesce a spiegarsi: per esempio, la ragione per cui ritrae
soprattutto creature abbandonate dalla vita e dallo SCOED (Sistema
Capitalistico Occidentale Evoluto in Decadenza) che in genere non sa
che farsene di animali, bambini e altri esseri preziosi e indifendibili
– a meno che non siano già possibili clienti delle merci e dei capricci
che lo SCOED stesso vomita continuamente ovunque sulla Terra. O forse
un’altra cosa che Eleonora e i visitatori delle sue mostre o del suo
studio vorrebbe sentirsi spiegare è perché - mentre tantissimi altri
artisti, e molti di quelli che guadagnano veramente un sacco di soldi,
preferiscono usare qualsiasi altro mezzo (monnezza, filmini amatoriali,
siti internet, attori professionisti o presi dalla strada, rendering al
computer e altre sciocchezze del genere) piuttosto che la pittura, il
colore e i materiali soliti dell’arte - lei si ostina ancora a
dipingere. Io non so spiegare queste cose, oppure potrei provare a
inventare una teoria o un racconto in proposito: ma ci vorrebbe molto
più tempo di quello che mi viene dato per scrivere questi pochi
appunti. Posso solo dire che, guardando meglio uno dei suoi piccoli
dipinti mi è sembrato di notare che il colore è stato trattato, dopo
essere stato steso, in un modo curioso, come se qualcos’altro oltre ai
pennelli ci fosse stato passato sopra.
Così mi è venuto in mente di quando ero anch’io bambino e nella
desolazione infinita dell’essere bambini, cioè del non capire quasi
niente di che cosa è fatta la vita e soprattutto a cosa serve (se
serve), per far passare il tempo ogni tanto invece di continuare a
stendere anch’io tempere o oli da pochi soldi sui fogli di carta che
c’erano in casa, provavo ad appoggiarci su un palmo della mano, o
l’avambraccio, ma meglio ancora un ginocchio. Così che poi guardando da
vicinissimo (così vicino come solo da bambini si riesce a guardare le
cose minute come i bambini) la mano, l’avambraccio o meglio ancora il
ginocchio, mi pareva che la pelle diventasse anche lei come il colore,
solamente molto più sottile e variegata, come un velo in-visibile,
un’altra pelle fantastica che solo io potevo far apparire tra me e il
mondo delle cose che si toccano: insomma la realtà vera, cioè proprio
quello che in fondo non penso di aver mai capito molto bene. Ripeto,
non conosco abbastanza Eleonora Rossi e il suo lavoro per capire perché
dipinge quello che dipinge e come lo dipinge: ma mi è sembrato che
dentro quel lavoro ci fosse anche un po’ della triste desolata
solitudine di tutti, specialmente quando cominciamo a vivere, cioè a
capire lentamente, lentissimamente, che un giorno non lontano tutto
questo finirà e resterà, certamente, solo quello che abbiamo saputo
dare agli altri e non solo a noi stessi: quello che, contrariamente al
luogo comune sugli artisti (scrittori, poeti, architetti, designer,
muscisti, cantanti, etc. etc.) egoisti, egocentrici ed egomaniaci,
solitamente, almeno all’inizio penso li spinga a fare gli artisti -
piuttosto che uno dei tanti altri mestieri con cui si guadagna molto di
più, si vive meglio e si può andare tranquilli a veder le mostre degli
artisti e forse domandarsi perché sono così strani e, il più delle
volte, così difficili da capire e ancora più da spiegare non con le
sensazioni ma con le parole:
figurarsi scrivendo.
Stefano Casciani
18
novembre 2006
Eleonora Rossi – Deriva
Dal 18 novembre al 18 dicembre 2006
giovane arte
Location
ARTRA
Milano, via Bernardino Ramazzini, 8, (Milano)
Milano, via Bernardino Ramazzini, 8, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì dalle 15.30 alle 19 e su appuntamento
Vernissage
18 Novembre 2006, ore 18
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