Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Jannis Kounellis
Una retrospettiva particolare in cui il lavoro dell’artista, dal 1970 al 2006, viene raccontato attraverso diciannove iron cases, scatole in ferro edite in venticinque copie
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il 23 novembre la nuova Galleria dell’Oca inaugura con una mostra di Jannis Kounellis. Una retrospettiva particolare in cui il lavoro dell’artista, dal 1970 al 2006, viene raccontato attraverso diciannove iron cases, scatole in ferro edite in venticinque copie. Multipli che in realtà sono pezzi unici: le venticinque scatole infatti sono una diversa dall’altra, perchè nel lavoro di Kounellis non c’è mai ripetizione, ogni cosa è vissuta di volta in volta, come esperienza unica.
La scatola in ferro è una quinta teatrale, una cavità da riempire per dare corpo al discorso, l’equivalente di una bocca o di una porta. E tutte insieme, le diciannove scatole, possono essere considerate un percorso trasversale all’interno dell’opera dell’artista.
C’è la storia, intesa come «un modo di reinventare la vita e le cose in senso armonioso» (così scrive Kounellis), il senso del dramma, la rivoluzione, la politica. Quindi il Marat di David accostato a una farfalla, il volto di Stalin ricostruito su una fila di coltelli, un’ascia con i colori della bandiera italiana.
C’è il carbone, usato da Kounellis come «un metro morale e estetico», sistemato contro un dripping pieno di libertà, alla maniera di Pollock, e unito al filo di ferro. Oppure il fumo, che insieme al fuoco, è un elemento mitico nell’immaginario dell’artista.
Ci sono oggetti quotidiani strappati dal loro contesto attraverso una contraddizione e portati a un assoluto: chicchi di caffè sulla carta o forbici che aumentano di drammaticità accostate a una lastra di vetro rossa. Oppure quei simboli, tanto presenti nel lavoro di Kounellis, che evocano la rivoluzione industriale. Una macchina da cucire sistemata in diagonale accanto a una giacca. Il famoso trenino degli anni Trenta, comparso a Chicago intorno a una colonna, questa volta posizionato sulla lama di un coltello (cinque trenini su cinque coltelli in una vertiginosa successione).
Ci sono rimandi ai lavori degli anni Sessanta (una foto dei cavalli esposti alla Galleria dell’Attico nel ’69, leggermente coperta da un sacco di iuta pieno di carbone), e opere nuovissime, del 2006, come la scatola che contiene quattro scarpe da uomo riempite di vetro colorato o quella, pensata per la Galleria dell’Oca, in cui compaiono una sottoveste e un paio di calze velate, appoggiate su una lastra di ferro coperta da una litografia, l’intimo femminile dentro la pittura.
La scatola in ferro è una quinta teatrale, una cavità da riempire per dare corpo al discorso, l’equivalente di una bocca o di una porta. E tutte insieme, le diciannove scatole, possono essere considerate un percorso trasversale all’interno dell’opera dell’artista.
C’è la storia, intesa come «un modo di reinventare la vita e le cose in senso armonioso» (così scrive Kounellis), il senso del dramma, la rivoluzione, la politica. Quindi il Marat di David accostato a una farfalla, il volto di Stalin ricostruito su una fila di coltelli, un’ascia con i colori della bandiera italiana.
C’è il carbone, usato da Kounellis come «un metro morale e estetico», sistemato contro un dripping pieno di libertà, alla maniera di Pollock, e unito al filo di ferro. Oppure il fumo, che insieme al fuoco, è un elemento mitico nell’immaginario dell’artista.
Ci sono oggetti quotidiani strappati dal loro contesto attraverso una contraddizione e portati a un assoluto: chicchi di caffè sulla carta o forbici che aumentano di drammaticità accostate a una lastra di vetro rossa. Oppure quei simboli, tanto presenti nel lavoro di Kounellis, che evocano la rivoluzione industriale. Una macchina da cucire sistemata in diagonale accanto a una giacca. Il famoso trenino degli anni Trenta, comparso a Chicago intorno a una colonna, questa volta posizionato sulla lama di un coltello (cinque trenini su cinque coltelli in una vertiginosa successione).
Ci sono rimandi ai lavori degli anni Sessanta (una foto dei cavalli esposti alla Galleria dell’Attico nel ’69, leggermente coperta da un sacco di iuta pieno di carbone), e opere nuovissime, del 2006, come la scatola che contiene quattro scarpe da uomo riempite di vetro colorato o quella, pensata per la Galleria dell’Oca, in cui compaiono una sottoveste e un paio di calze velate, appoggiate su una lastra di ferro coperta da una litografia, l’intimo femminile dentro la pittura.
23
novembre 2006
Jannis Kounellis
Dal 23 novembre al 23 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA DELL’OCA
Roma, Via Del Vantaggio, 45, (Roma)
Roma, Via Del Vantaggio, 45, (Roma)
Orario di apertura
da Martedì a Sabato 11.00-13.30, 14.30-20.00
Autore