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MUSICA L’insostenibile turbolenza del Moderno
Musica
Non sono solo le arti figurative a mostrare i graffi inflitti dalle avanguardie del primo Novecento. La musica non ne è affatto esente, come ci spiega l'illustre storico dell'arte cui questa volta è affidata la rubrica
Seduzione, frustrazioni, morbosità più o meno espresse permeano questi “sistemi compositivi”, assumendo senso profondo se connessi con i problemi sociali, politici ma prioritariamente psicanalitici ed estetici sollevati dall’aggressività futurista, della ironica solitudine cubista, dall’arrogante dottrinarismo astrattista. In musica, tra Otto e Novecento, l’elemento essenziale che qualifica la presa di posizione avanguardistica è l’eliminazione del rapporto tonica-dominante e della “risoluzione” degli accordi rigenerantisi in concatenazioni continue e continuamente spostate da un logico baricentro auditivo. Schönberg stesso non volle tanto inventare un nuovo metodo compositivo (la dodecafonia, i cui presupposti teoretici sono deboli), ma un anomalo orientamento dell’attenzione uditiva rispetto al principio dell’unione necessaria delle parti costituenti il tradizionale criterio dell’Armonia. In realtà non abbandonò radicalmente tale criterio, ma ritenne perfettamente coerente con i suoi ideali estetici la progressiva inserzione di strutture incongrue nella massa complessiva della materia sonora con il singolare intento di prescrivere un metodo compositivo che potesse fungere da evangelico insegnamento, rinnovando l’idea dell’ossequio alle regole che da secoli, più che in qualunque altra tecnica artistica, aveva determinato l’evoluzione delle forme musicali. Ancora se ne valutano le conseguenze.