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Carlo Cantini – Nostalgia
mostra fotografica
Comunicato stampa
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Lo disse tanti anni fa Aleksandr Rodcenko; ben più di recente, nel 1984, lo ha scritto Italo Calvino, nella prima delle sue memorabili Lezioni americane.
“Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni della realtà del presente e del futuro...”. Per così concludere: “Come la malinconia è la tristezza diventata leggera, così lo humor è il comico che ha perso la pesantezza corporea...e mette in dubbio l’io e il mondo e tutta la rete di relazioni che li costituiscono”.
Niente male, direi proprio oggi che così tanto si discute di identità certe, da scovarsi in un passato aureo (sempre), dai confini però tanto più vaghi quanto più incensati. Con questo lungo avvio arriviamo finalmente al ciclo attuale delle foto di Carlo Cantini. Detto in altri termini, la realtà serba sempre al proprio interno un mistero, una sorta di arcano che la scienza si sforza invano di scalfire e di cui invece le arti ci illuminano...quanto meno, ci rendono più lieve il fardello, ce lo rendono più sopportabile. I miti e soprattutto la memoria, affermava l’ultimo umanista, il grande Alberto Savinio, lo portano ad emersione, lo fanno prossimo a noi, in un continuo di farsi e disfarsi di certezze. Il bosco, al di là di qualsiasi misteriosofia, è sì luogo in cui perdersi -è vero, è ben facile-, ma anche in cui trovarsi, o ritrovarsi. E’ luogo delle apparizioni. Dal tardo Cinquecento ne è acuta e godibile, ricca, colta testimonianza il Giardino di Boboli, a Firenze. E’ soprattutto questa caratteristica del perdersi e del ritrovarsi che trovo, come ho già detto, fortemente attuale. Per selve diverse -scelte da Cantini intorno Firenze- vediamo rincorrersi alcuni giovani, ragazzi, ragazze, l’uno alla ricerca dell’altra o delle altre, quando non viceversa. alla fine pare si trovino, però non è detto che il contatto sia più lungo di uno sguardo. Non ci è dato di saperlo. Non è compito di Cantini dichiarare l’avvenuto, semmai il magico solare mistero che si ripete nell’alveo della natura. Chi lì inseguito, chi l’inseguitore? I personaggi di questi racconti, castamente nudi, sono ripresi da Cantini nel corso di accurate quanto rapide messe in posa. Sono piéce fotografiche svoltesi in velocità, con rischi necessari per ottenere la necessaria alta risoluzione formale (da qui la capacità dello scatto ad intervenire nella sequenza di frasi corporee ovviamente ridotte al minimo del tempo...forse per non indurre in tentazione ignari passanti). Tali bellissimi tableaux si svolgono sì seguendo un asse centrale, comunque però rimangono assai ben risolti singolarmente, uno per uno: ci troviamo quindi nella felice condizione di godere di una condizione d’insieme, all’interno della quale ogni quadro vive di vita autonoma. Apparirà chiaro che diversi sono i validi compagni di Cantini in questo viaggio, diversi artisti, certo, dall’antichità ad oggi. Ma pare quasi che da Firenze stessa -così razionale ad un primo sguardo- promani fortemente un tale fascino per la selva, l’irretimento, l’apparizione, magari anche il panico, e poi la vicinanza, la libertà sentimentale e intellettuale, l’amore per l’altro.
Giandomenico Semeraro
“Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni della realtà del presente e del futuro...”. Per così concludere: “Come la malinconia è la tristezza diventata leggera, così lo humor è il comico che ha perso la pesantezza corporea...e mette in dubbio l’io e il mondo e tutta la rete di relazioni che li costituiscono”.
Niente male, direi proprio oggi che così tanto si discute di identità certe, da scovarsi in un passato aureo (sempre), dai confini però tanto più vaghi quanto più incensati. Con questo lungo avvio arriviamo finalmente al ciclo attuale delle foto di Carlo Cantini. Detto in altri termini, la realtà serba sempre al proprio interno un mistero, una sorta di arcano che la scienza si sforza invano di scalfire e di cui invece le arti ci illuminano...quanto meno, ci rendono più lieve il fardello, ce lo rendono più sopportabile. I miti e soprattutto la memoria, affermava l’ultimo umanista, il grande Alberto Savinio, lo portano ad emersione, lo fanno prossimo a noi, in un continuo di farsi e disfarsi di certezze. Il bosco, al di là di qualsiasi misteriosofia, è sì luogo in cui perdersi -è vero, è ben facile-, ma anche in cui trovarsi, o ritrovarsi. E’ luogo delle apparizioni. Dal tardo Cinquecento ne è acuta e godibile, ricca, colta testimonianza il Giardino di Boboli, a Firenze. E’ soprattutto questa caratteristica del perdersi e del ritrovarsi che trovo, come ho già detto, fortemente attuale. Per selve diverse -scelte da Cantini intorno Firenze- vediamo rincorrersi alcuni giovani, ragazzi, ragazze, l’uno alla ricerca dell’altra o delle altre, quando non viceversa. alla fine pare si trovino, però non è detto che il contatto sia più lungo di uno sguardo. Non ci è dato di saperlo. Non è compito di Cantini dichiarare l’avvenuto, semmai il magico solare mistero che si ripete nell’alveo della natura. Chi lì inseguito, chi l’inseguitore? I personaggi di questi racconti, castamente nudi, sono ripresi da Cantini nel corso di accurate quanto rapide messe in posa. Sono piéce fotografiche svoltesi in velocità, con rischi necessari per ottenere la necessaria alta risoluzione formale (da qui la capacità dello scatto ad intervenire nella sequenza di frasi corporee ovviamente ridotte al minimo del tempo...forse per non indurre in tentazione ignari passanti). Tali bellissimi tableaux si svolgono sì seguendo un asse centrale, comunque però rimangono assai ben risolti singolarmente, uno per uno: ci troviamo quindi nella felice condizione di godere di una condizione d’insieme, all’interno della quale ogni quadro vive di vita autonoma. Apparirà chiaro che diversi sono i validi compagni di Cantini in questo viaggio, diversi artisti, certo, dall’antichità ad oggi. Ma pare quasi che da Firenze stessa -così razionale ad un primo sguardo- promani fortemente un tale fascino per la selva, l’irretimento, l’apparizione, magari anche il panico, e poi la vicinanza, la libertà sentimentale e intellettuale, l’amore per l’altro.
Giandomenico Semeraro
21
settembre 2006
Carlo Cantini – Nostalgia
Dal 21 settembre al 03 novembre 2006
fotografia
Location
OE CLUB
Firenze, Borgo Allegri, 9r, (Firenze)
Firenze, Borgo Allegri, 9r, (Firenze)
Vernissage
21 Settembre 2006, ore 18
Autore