Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Astrattismo italiano 1910-1970
Sei decenni di astrattismo italiano raccontati attraverso 57 opere firmate dai più importanti artisti italiani del Novecento: Boccioni, Dorazio, Caporossi, Burri, Biasi, Trampolini, Veronesi, Soldati, Munari, Severini, e molti altri
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sei decenni di astrattismo italiano raccontati attraverso 57 opere firmate dai più importanti artisti italiani del Novecento: Boccioni, Dorazio, Caporossi, Burri, Biasi, Trampolini, Veronesi, Soldati, Munari, Severini, e molti altri.
Tutto questo è “Astrattismo italiano 1910-1970. La fiamma di cristallo: da Giacomo Balla a Lucio Fontana e…”, mostra organizzata dall’Associazione culturale Trifoglio, in collaborazione con la Regione Abruzzo, la Provincia ed il Comune di Chieti, in programma dal 30 giugno al 15 ottobre 2006 nella splendida sede del Museo Archeologico Nazionale di Chieti.
Un evento espositivo eccezionale, curato da Gabriele Simongini, che per la prima volta offre la possibilità di ripercorrere le tappe della pittura astratta italiana in un percorso cronologico che parte dal 1910 e arriva al 1970.
Tra gli obiettivi della rassegna quello di dimostrare l’assoluta eccellenza del nostro astrattismo, tanto per la precocità della sua nascita quanto per l’indiscutibile valore dei suoi risultati creativi, ricercandone una peculiare identità nell’accostamento di artisti apparentemente molto diversi fra loro sotto il segno di quella che viene definita la “Fiamma di Cristallo”.
Punto di partenza di questo particolare astrattismo è il modulo (ne è emblema naturale il cristallo come immagine di regolarità di strutture specifiche): principio, elemento e tassello strutturale che nella pittura astratta italiana si moltiplica senza ripetersi troppo rigidamente, entrando in cortocircuito con la sorpresa inventiva e variabile del colore-luce (la fiamma). Ne viene fuori una geometria sensuale, mutevole, in divenire, “la Fiamma di Cristallo” appunto. Nell’astrattismo italiano, sia pure con gradazioni differenti, la perfezione e le geometrie senza residuo del cristallo come emblema dell’eterno si uniscono al colore-luce del vivente.
Ogni artista, in questo moto pendolare e metaforico che va da un estremo all’altro, può essere di volta in volta più vicino alla vitalità in movimento della fiamma oppure alla struttura regolare del cristallo, anche se spesso prevale una relazione dialettica fra i due poli e non mancano punti di equilibrio quasi assoluti esaltati dalla continuità spaziale: proprio per metterli in rilievo nel contesto di questa ipotetica linea astratta italiana della “fiamma di cristallo”, in mostra sono esposte due opere, invece che una, degli artisti ritenuti più emblematici di tale equilibrio, senza che ciò implichi alcuna attribuzione di una maggiore importanza dei pittori doppiamente rappresentati rispetto agli altri.
Immagini evidenti della “fiamma di cristallo” in quanto “moduli” elastici e variabili sono ad esempio le Compenetrazioni iridescenti di Balla (in mostra figura un suo Studio per compenetrazione iridescente del 1912 oltre ad una Velocità d’automobile+luci (studio) del 1913) ma pure il “taglio” e il “buco” di Fontana (esemplificati a Chieti dal Concetto spaziale n.5 del 1960 e dal Concetto spaziale, Attese del 1961) e poi gli “elementi” di Capogrossi ( ben evidenti a Chieti nella Superficie 729 del 1950 e nella Superficie 436 del 1959-69), le bande di colore di Dorazio (rappresentato da Il Ponte di Carlo del 1947 e da Sempre verde del 1959) o i segni strutturali dell’Accardi (esemplificati in mostra da Battaglia del 1954 e Integrazione, del 1957). L’astrattismo italiano è quindi assolutamente originale nel suo “lirismo costruttivo” innervato dal modulo-luce e da una ininterrotta continuità spaziale.
Nella mostra presentata a Chieti si sperimenta una duplice possibilità di lettura: quella in qualche modo più didattica, per tutti i visitatori, propone un itinerario sintetico lungo sessant’anni di astrattismo italiano e in una accezione larga che abbraccia anche certo informale e determinati indirizzi di pittura oggettuale; l’altra, un po’ più specialistica ma certo non rigidamente elitaria, si fonda invece sull’individuazione della “fiamma di cristallo” nei suoi punti di maggiore equilibrio fra colore-luce e modulo esaltati dal continuum spaziale, una sorta di fil rouge che corre dentro la mostra senza condizionarla più di tanto. O, se si vuole, una mostra nella mostra.
Come scrive Gabriele Simongini nel suo contributo al catalogo della mostra, “la straordinaria bellezza della sede neoclassica che ospita questa mostra, il Museo Archeologico Nazionale di Chieti, con il suo mirabile patrimonio di opere stabilisce un sorprendente dialogo con i quadri astratti ora esposti. La potenza originaria, quasi archetipa e la magnetica arcaicità del Guerriero di Capestrano danno immagine a valori di purezza in qualche modo primordiale che sono anche la meta contemporanea di parecchi artisti informali: come non pensare al gruppo “Origine” di Burri e Capogrossi? Del resto, su un altro versante, l’aspirazione a una misura classica rinnovata è poi la linfa di quasi tutto l’astrattismo italiano, soprattutto di quello degli anni Trenta e suscita quindi tante riflessioni l’accostamento nello stesso museo dei quadri di Magnelli, Reggiani o Soldati, solo per fare tre nomi, alla mirabile statuetta di Ercole Curino”.
Nei sessant’anni presi in esame da questa mostra si possono individuare tre grandi stagioni dell’astrattismo italiano: quella pionieristica, irregolare e fortemente originale degli anni Dieci con evidenti radici futuriste; quella radicalmente e decisamente aniconica dei primi anni Trenta che si afferma in senso anche europeo con gli artisti della Galleria del Milione di Milano e con il Gruppo di Como; la terza, molto articolata e complessa (basta pensare all’informale), che inizia nel secondo dopoguerra, con decisi inserimenti in contesti internazionali e con molteplici gruppi. Questa fase può considerarsi conclusa nella sua spinta propulsiva tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, con un evidente mutamento di scenari che la mostra di Chieti non ha la pretesa di indagare.
Tutto questo è “Astrattismo italiano 1910-1970. La fiamma di cristallo: da Giacomo Balla a Lucio Fontana e…”, mostra organizzata dall’Associazione culturale Trifoglio, in collaborazione con la Regione Abruzzo, la Provincia ed il Comune di Chieti, in programma dal 30 giugno al 15 ottobre 2006 nella splendida sede del Museo Archeologico Nazionale di Chieti.
Un evento espositivo eccezionale, curato da Gabriele Simongini, che per la prima volta offre la possibilità di ripercorrere le tappe della pittura astratta italiana in un percorso cronologico che parte dal 1910 e arriva al 1970.
Tra gli obiettivi della rassegna quello di dimostrare l’assoluta eccellenza del nostro astrattismo, tanto per la precocità della sua nascita quanto per l’indiscutibile valore dei suoi risultati creativi, ricercandone una peculiare identità nell’accostamento di artisti apparentemente molto diversi fra loro sotto il segno di quella che viene definita la “Fiamma di Cristallo”.
Punto di partenza di questo particolare astrattismo è il modulo (ne è emblema naturale il cristallo come immagine di regolarità di strutture specifiche): principio, elemento e tassello strutturale che nella pittura astratta italiana si moltiplica senza ripetersi troppo rigidamente, entrando in cortocircuito con la sorpresa inventiva e variabile del colore-luce (la fiamma). Ne viene fuori una geometria sensuale, mutevole, in divenire, “la Fiamma di Cristallo” appunto. Nell’astrattismo italiano, sia pure con gradazioni differenti, la perfezione e le geometrie senza residuo del cristallo come emblema dell’eterno si uniscono al colore-luce del vivente.
Ogni artista, in questo moto pendolare e metaforico che va da un estremo all’altro, può essere di volta in volta più vicino alla vitalità in movimento della fiamma oppure alla struttura regolare del cristallo, anche se spesso prevale una relazione dialettica fra i due poli e non mancano punti di equilibrio quasi assoluti esaltati dalla continuità spaziale: proprio per metterli in rilievo nel contesto di questa ipotetica linea astratta italiana della “fiamma di cristallo”, in mostra sono esposte due opere, invece che una, degli artisti ritenuti più emblematici di tale equilibrio, senza che ciò implichi alcuna attribuzione di una maggiore importanza dei pittori doppiamente rappresentati rispetto agli altri.
Immagini evidenti della “fiamma di cristallo” in quanto “moduli” elastici e variabili sono ad esempio le Compenetrazioni iridescenti di Balla (in mostra figura un suo Studio per compenetrazione iridescente del 1912 oltre ad una Velocità d’automobile+luci (studio) del 1913) ma pure il “taglio” e il “buco” di Fontana (esemplificati a Chieti dal Concetto spaziale n.5 del 1960 e dal Concetto spaziale, Attese del 1961) e poi gli “elementi” di Capogrossi ( ben evidenti a Chieti nella Superficie 729 del 1950 e nella Superficie 436 del 1959-69), le bande di colore di Dorazio (rappresentato da Il Ponte di Carlo del 1947 e da Sempre verde del 1959) o i segni strutturali dell’Accardi (esemplificati in mostra da Battaglia del 1954 e Integrazione, del 1957). L’astrattismo italiano è quindi assolutamente originale nel suo “lirismo costruttivo” innervato dal modulo-luce e da una ininterrotta continuità spaziale.
Nella mostra presentata a Chieti si sperimenta una duplice possibilità di lettura: quella in qualche modo più didattica, per tutti i visitatori, propone un itinerario sintetico lungo sessant’anni di astrattismo italiano e in una accezione larga che abbraccia anche certo informale e determinati indirizzi di pittura oggettuale; l’altra, un po’ più specialistica ma certo non rigidamente elitaria, si fonda invece sull’individuazione della “fiamma di cristallo” nei suoi punti di maggiore equilibrio fra colore-luce e modulo esaltati dal continuum spaziale, una sorta di fil rouge che corre dentro la mostra senza condizionarla più di tanto. O, se si vuole, una mostra nella mostra.
Come scrive Gabriele Simongini nel suo contributo al catalogo della mostra, “la straordinaria bellezza della sede neoclassica che ospita questa mostra, il Museo Archeologico Nazionale di Chieti, con il suo mirabile patrimonio di opere stabilisce un sorprendente dialogo con i quadri astratti ora esposti. La potenza originaria, quasi archetipa e la magnetica arcaicità del Guerriero di Capestrano danno immagine a valori di purezza in qualche modo primordiale che sono anche la meta contemporanea di parecchi artisti informali: come non pensare al gruppo “Origine” di Burri e Capogrossi? Del resto, su un altro versante, l’aspirazione a una misura classica rinnovata è poi la linfa di quasi tutto l’astrattismo italiano, soprattutto di quello degli anni Trenta e suscita quindi tante riflessioni l’accostamento nello stesso museo dei quadri di Magnelli, Reggiani o Soldati, solo per fare tre nomi, alla mirabile statuetta di Ercole Curino”.
Nei sessant’anni presi in esame da questa mostra si possono individuare tre grandi stagioni dell’astrattismo italiano: quella pionieristica, irregolare e fortemente originale degli anni Dieci con evidenti radici futuriste; quella radicalmente e decisamente aniconica dei primi anni Trenta che si afferma in senso anche europeo con gli artisti della Galleria del Milione di Milano e con il Gruppo di Como; la terza, molto articolata e complessa (basta pensare all’informale), che inizia nel secondo dopoguerra, con decisi inserimenti in contesti internazionali e con molteplici gruppi. Questa fase può considerarsi conclusa nella sua spinta propulsiva tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, con un evidente mutamento di scenari che la mostra di Chieti non ha la pretesa di indagare.
30
giugno 2006
Astrattismo italiano 1910-1970
Dal 30 giugno al 15 ottobre 2006
arte contemporanea
Location
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE D’ABRUZZO – VILLA FRIGERJ
Chieti, Villa Comunale, 1, (Chieti)
Chieti, Villa Comunale, 1, (Chieti)
Orario di apertura
9:00/20:00 (chiuso il lunedi’)
Vernissage
30 Giugno 2006, ore 18
Sito web
www.associazioneculturaletrifoglio.com
Autore
Curatore