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Inaugurazione
Il Premio Internazionale di Scultura “Terra Moretti” si conclude con la premiazione dei vincitori – Le opere finaliste inserite in un percorso d’arte che arricchisce l’offerta culturale e turistica della Franciacorta
Comunicato stampa
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Verrà inaugurato ufficialmente nella mattinata di Venerdì 16 Giugno a Erbusco (Bs) il “Parco delle sculture di Franciacorta”, un percorso d’arte moderna che si snoda fra le colline vitate che circondano il Relais & Chateaux “L’Albereta” e si spinge sino alle cantine “Bellavista” e “Contadi Castaldi”, quest’ultima con sede ad Adro.
A volerne la realizzazione è stato l’imprenditore bresciano Vittorio Moretti, presidente della holding Terra Moretti, con attività e marchi di prestigio nel settore vitivinicolo e turistico, nella cantieristica nautica e nelle costruzioni. Una scelta, questa, che si legge attraverso il profondo legame che Vittorio Moretti ha sempre avuto con la Franciacorta, alla cui promozione e valorizzazione da sempre ha contribuito con iniziative imprenditoriali e culturali. Le sue aziende sono infatti sempre state teatro di prestigiosi eventi legati all’arte e alla cultura, di cui il Premio giornalistico Bellavista Franciacorta, fondato da Gianni Brera, costituisce l’iniziativa più nota. Il “Parco delle sculture di Franciacorta”, in particolare, rappresenta la fase conclusiva di una iniziativa di mecenatismo artistico che ha visto Vittorio Moretti promotore nel 2000 con l’istituzione del Premio internazionale di scultura “Terra Moretti”. Una manifestazione di assoluto valore culturale, svoltasi sotto il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività culturali e riservata a nuovi scultori, alla quale hanno preso parte più di mille artisti provenienti da ogni Paese.
Tra i bozzetti presentati, la Giuria del Premio – presieduta dal prof. Pierre Restany (scomparso nel 2003) e composta dall’arch. Mario Botta, dal prof. Luciano Caramel (critico d’arte e professore all’Università Cattolica di Milano), dall’arch. Giuseppe Chigiotti (professore al Politecnico di Milano), da Sandra Deighton (responsabile del settore Scultura della Tate Gallery di Londra), da Gino Di Maggio (presidente della Fondazione Mudima di Milano), da Enzo Di Martino (critico d’arte e giornalista), dall’editrice Fiorenza Mursia, dall’artista Padre Costantino Ruggeri e da Angela Vettese (critica d’arte e giornalista) – ha selezionato 95 lavori, esposti in mostra all’Angelicum di Milano, e indicato 10 finalisti, che hanno quindi potuto realizzare le proprie sculture e collocarle nel territorio di Franciacorta.
Sono quindi queste opere le vere protagoniste del “Parco delle sculture di Franciacorta”: opere che, come afferma Vittorio Moretti, “vengono sottratte al destino di un chiuso spazio museale per interagire con la luce che le avvolge e per fondersi sia con gli spazi immediatamente vicini delle nostre strutture sia con quelli più ampi, ma sempre definiti nell’unità dei loro caratteri, del territorio di Franciacorta”.
Ed è pertanto naturale che la cerimonia di inaugurazione del Parco, con il disvelamento delle sculture, coincida anche con la proclamazione ufficiale dei vincitori e l’attribuzione dei relativi premi (per un totale di 58.000,00 euro), secondo le scelte operate dalla Giuria. La cerimonia, che avrà inizio alle ore 11.00, vedrà la presenza, oltre ai rappresentanti delle Istituzioni del territorio, anche della Giuria e degli artisti finalisti. Si tratta degli italiani Simon Benetton, Mario Costantini, Giancarlo Marchese, Giuseppe Rivadossi, Salvatore Sava e Giorgio Spiller; dell’americano Ray King; della polacca Dorota Koziara; del bulgaro Nissim Merkado e della giapponese Maki Nakamura. A Vittorio Sgarbi sarà affidato un intervento sul rapporto “Arte, Territorio e Committenza” nella storia della scultura.
Le sculture vincitrici del Premio di Scultura TERRA MORETTI descritte dagli artisti.
SALVATORE SAVA – Surbo (LE), Italia.
Fiore di pietra, pietra naturale.
I Fiori di Pietra videro per la prima volta la luce nel 1997. Rappresentavano allora la fase finale di un’esperienza personale. Il periodo in questione era quello della “magica luna”. Andavo alla ricerca dell’equilibrio e mi cimentavo a trovarlo nelle forme più svariate. Lo trovai nelle pietre naturali, nelle loro sagome scolpite dal tempo. Erano perfette. Nel loro aspetto irregolare e casuale avevano trovato l’armonia col resto del mondo naturale. Le “pietre-fiore” rappresentano l’ultima testimonianza di una nobile cultura fatta di onestà, lavoro e tanto amore. Questo fiore non è altro che il portavoce di quella natura campestre che cerca di sopravvivere nonostante tutto. E’ un messaggio muto, racchiuso nelle pietre che rappresentano un fiore fantastico, espressione delle forme della macchia mediterranea, di quella natura amata e rispettata da umili persone che ne conoscevano e conservavano la sua grandezza fatta di reciproco rispetto. Le “pietre-fiore” trasmettono ancora la testimonianza dei muretti a secco e delle masserie fortificate, autentiche ricchezze storiche in via d’estinzione.
E’ qui, in Terra Moretti, presso quest’oasi di natura e cultura che il fiore di pietra ha inteso posarsi, sul verde prato, nel luogo in cui la sensibilità della gente accoglie e rispetta i granelli di pietra che dialogano con il vento.
Salvatore Sava
MAKI NAKAMURA, Giappone.
My inside, marmo.
La scultura ha la forma del tronco di un albero, vuoto all’interno, in cui le persone possono entrare. E’ bello essere nell’interno di una scultura: puoi scoprire una visione diversa del mondo che ti circonda e la sensazione della luce, del suono e della temperatura ti porterà a conoscere il tuo interno e scoprire il legame primigenio con la natura. Con questa e le mie altre sculture voglio rappresentare l’incontro dell’uomo con la forma che lo accoglie al suo interno e gli offre una nuova possibilità espressiva. Egli viene condotto progressivamente in una realtà di invenzione, di immaginazione, ricca di un senso che possa essere più profondamente, più intimamente e quindi più comprensivamente fatto proprio. È il mio contributo ad un vita migliore per poter uscire dalla grande, attiva, frettolosa metropoli ed entrare in un’oasi di pace ove pensare, meditare e godere del fascino dell’arte in uno spazio di rispetto e, magari, di silenzio.
Maki Nakamura
GIORGIO SPILLER, Recoaro Terme (VI), Italia.
La casa orizzontale, ferro, cemento, granito, terra, acqua e erba.
E’ una grande fenditura, una ferita, un ipogeo tombale, una trincea nella terra che asseconda dolcemente; è il femminile. Al centro un piano specchiante è contornato da trentadue cupole lambite a loro volta da una corona gengivale d’erba. Lo spazio della superficie riflettente allude ad un possibile giaciglio, piccolo sito per un’esperienza templare dedicata alla “madre” del III° millennio. L’opera si colloca nell’ambito di quelle sculture che dall’epoca megalitica in più aree geografiche hanno lasciato sulla terra ampi segni orizzontali visibili dall’alto e si contrappone alla consuetudine di erigere sculture verticali.
Giorgio Spiller
SIMON BENETTON, Treviso, Italia.
Porte del pensiero, acciaio cor-ten.
La forza creativa deve essere presente negli spazi verdi, nelle piazze e nei complessi architettonici di nuova progettazione umanizzando così lo spazio ed è importante che si stabilisca un rapporto tra vivibilità fisica e del pensiero. L’opera, in acciaio cor-ten, assumerà un colore naturale vivendo con le stagioni e quindi entrerà nel contesto facendone parte integrante in quanto appartenente alla società. Dovrà divenire un punto di incontro, un movente per la meditazione individuale e di gruppo; dovrà servire da stimolo per approfondire una verifica su noi stessi. La scultura è composta da due forme slanciate ed essenziali, due “pilastri”: alle estremità superiori le aperture di due forme geometriche nettamente discostanti tra loro saranno intese come porta della libertà del pensiero. La base ha due perni girevoli in modo che le due sculture possano essere girate a piacere coinvolgendo il fruitore ad una vivibilità con diverse prospettive.
Simon Benetton
MARIO COSTANTINI, Penne (PE), Italia.
Piccolo Mausoleo all’Uomo, pietra bianca della Maiella, vera d’api e ferro nero.
Nel Piccolo Mausoleo all’Uomo, la scultura più grande rappresenta l’uomo tripode con le braccia aperte: è l’uomo che ha realizzato la storia in se stesso, solidale e religioso. Le quattro sculture minori rappresentano i vari passaggi dell’uomo nel suo faticoso lavoro quotidiano. L’operosità, l’ingegnosità, la forza e il coraggio. La base, di pietra bianca, rappresenta l’inizio, la luce e la prima cultura documentabile. Il ferro, nero, delle sculture rappresenta la prima avanzata tecnologica significativa e la fine. La fine di un millennio, appunto, che ricordiamo con una scultura simbolica e semantica. Vedo la scultura collocata al centro di un prato dove si rialzerà circolarmente una piccola collinetta tondeggiante, tutta prato in modo che chi lo osserva può vederlo da lontano, ma può definitivamente apprezzarlo solo dopo aver scavalcato la leggera collinetta circolare. Il tondeggiante delle sculture, della base in pietra e della collinetta su cui poggerà l’opera è voluto proprio per la circolarità dell’Universo.
Mario Costantini
RAY KING, Philadelphia, Stati Uniti d’America.
ChromOculus, vetro cromatico e metalli.
La scultura riflette un profondo interesse nella manipolazione della luce. Uso la luce del sole o quella artificiale per trasformare uno spazio esistente in una terra delle meraviglie, magica e senza tempo aggiungendo una dimensione luminosa all’ambiente. Uso la luce come simbolo di conoscenza, speranza, rivelazione e visione. Facendo costante riferimento ai principi della matematica, della tecnologia moderna e della scienza, così come alla mia esperienza nella lavorazione del vetro cromatico, dei metalli e delle strutture, mi impegno a creare opere artistiche che interagiscano con l’osservatore in modo sorprendente. La mia arte vuole evocare emozioni di piacevolezza e stupore. Oltre al simbolismo della luce e dell’illuminazione, lo spettro dei colori sprigionato dagli elementi in vetro cromatico crea uno stupefacente e futuristico effetto arcobaleno che cambia e si trasforma continuamente. Il mio intento è quello di creare una scultura che evochi un senso di fascino, di bellezza e coinvolgimento per chiunque si imbatta in essa.
Ray King
DOROTA KOZIARA, Siciny, Polonia.
Dodici Angeli, rami di saggina e metallo.
Quando ero una bambina, mio nonno faceva suonare sul grammofono una cartolina musicale con una vecchia canzoncina kitch intitolata “Dodici angioletti”. In seguito ho incontrato altri angeli: un Angelo dolce dell’amore e del sorriso con le manine rosa; l’angelo della rabbia e della vendetta; i messaggeri con le ali dorate della gelosia e dell’odio; il giovinetto con la testa argentata della determinazione e la figura sottile del dubbio. Non tutti sono rimasti miei amici. Sono più ricca dopo tutti questi incontri e, nonostante questa a volte molto dolorosa ricchezza, tento di trattenere e dare ritmo ai morti resti dell’erba e a i secchi rami di vimini. E’ difficile andare d’accordo con la riottosa materia, che non vuole piegarsi neppure alla più semplice melodia. Ci provo sempre. Ciò che viene fuori è la tappa successiva del tentativo di fermare nel movimento ciò che è più volatile: il vento che fa lacrimare gli occhi; la folle corsa della giostra, che rovescia il mondo a testa in giù; il caldo e violento scroscio che non ti fa uscire per andare a teatro, che ti fa tornare indietro a metà strada e prendere un’altra direzione. E’ come chiudere gli occhi e gridare i propri sogni segreti. E’ come fermarsi per un attimo e regalarsi un momento di pigrizia.
Non voglio fermarmi alla settima figura e qui finire il mio racconto: è come se nulla dovesse più accadere. Ma come i sette fratelli addormentati, i sette cavalieri, i sette peccati, i sette sigilli, i sette uccelli, i sette giorni, i sette nani, i sette monti e i sette mari… che sia l’inizio di un nuovo racconto.
Dorota Koziara
GIANCARLO MARCHESE, Parma, Italia.
Eco, vetro curvato, specchi e ghisa.
L’opera è legata ad una precisa percezione del territorio. La fonte di ispirazione è stata quella della terra fertile, delle vigne, del loro paesaggio e della successiva trasformazione dell’uva in vino. Il progetto nasce come una via per la quale procedere visivamente attraverso i due punti focali di un ipotetico ellisse. I due fuochi sono rappresentati rispettivamente da una lastra di vetro trasparente curvata che introduce alla lettura del sistema plastico e da una seconda scultura costituita da un grande specchio ondulato che, trovandosi nel punto critico di incontro tra le due realtà agricola e industriale, le collega visivamente. I due elementi costituiscono la dialettica e la tensione. L’uomo, attraverso il vetro deformante, riconosce la dignità di ogni prospettiva e di ogni forma. Inizia l’accettazione di un misterioso piacere che ci lega alle cose. Lo specchio diventa così un segno forte nello spazio, lo investe e lo riflette in tutte le direzioni, modificandolo. Essendo posti sullo stesso asse, il vetro dialoga con lo specchio: il nuovo paesaggio inizia a vibrare per ricercare, come nella natura delle cose, una nuova armonia.
Giancarlo Marchese
NISSIM MERKADO, Bulgaria.
Memoire-illusion, fragmenti di roccia, griglie di ferro.
Il progetto è concepito per essere realizzato in un luogo intriso dalla natura e dall’ambiente. Una nuova sensibilità per la memoria relazionale delle cose: la pesantezza della realtà materiale rivela la necessità dell’illusione come centro di gravità fondamentale nello spazio. Così, in tutti i frammenti di pietra che compongono l’opera è racchiuso un numero infinito di informazioni e di ipotesi, probabilmente contraddittorie: il tempo ha mentre la finzione si riflette sempre in uno specchio come un fatto essenziale senza immagine, immateriale come la luce del sole. Tre elementi strutturati come dei soggetti perfettamente autonomi evolvono nello spazio secondo il loro proprio significato.
Situato ad una distanza interattiva, l’uno in rapporto all’altro, nel cuore di un ambiente vegetale e minerale, ogni elemento rappresenta la chiave degli intrecci ed è portatore di un’energia alternativa. La memoria: passato-presente, presente-futuro, è un progetto stabilito a priori o l’inatteso si sviluppa nel dettaglio senza appoggiarsi ad una griglia?
Nissim Merkado
GIUSEPPE RIVADOSSI, Nave (BS), Italia.
Mater Amabilis, pietra, legno e terra.
La Mater Amabilis, o le Mater Amabilis, è un’immagine archetipo fondamentale della vita e dell’amore. Le pietre, i legni, le terre sulle quali opero sono la luce di queste mie immagini. Con queste opere voglio celebrare l’umanità, la dignità e la infinita bellezza della Maestà Materna. Per me questa scultura è una musica plastica urbana che dovrebbe entrare nella città (nella natura) per dialogare con essa e portarla a compimento poetico. Nelle mie Mater Matute e Madonne non ci sono quei sentimentalismi retorici letterari che hanno confuso questo archetipo. Io sento di dover mettere in luce l’amore, nelle sua forma più piena e spoglia. La Mater Amabilis non è un’immagine vaga, è la radice e il fondamento della vita e di tutte le umane relazioni. Per esprimere questa visione pratico il linguaggio antico e difficile della forma, che è il linguaggio dell’esperienza comune dell’individuo e delle culture di tutti i tempi.
Giuseppe Rivadossi
A volerne la realizzazione è stato l’imprenditore bresciano Vittorio Moretti, presidente della holding Terra Moretti, con attività e marchi di prestigio nel settore vitivinicolo e turistico, nella cantieristica nautica e nelle costruzioni. Una scelta, questa, che si legge attraverso il profondo legame che Vittorio Moretti ha sempre avuto con la Franciacorta, alla cui promozione e valorizzazione da sempre ha contribuito con iniziative imprenditoriali e culturali. Le sue aziende sono infatti sempre state teatro di prestigiosi eventi legati all’arte e alla cultura, di cui il Premio giornalistico Bellavista Franciacorta, fondato da Gianni Brera, costituisce l’iniziativa più nota. Il “Parco delle sculture di Franciacorta”, in particolare, rappresenta la fase conclusiva di una iniziativa di mecenatismo artistico che ha visto Vittorio Moretti promotore nel 2000 con l’istituzione del Premio internazionale di scultura “Terra Moretti”. Una manifestazione di assoluto valore culturale, svoltasi sotto il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività culturali e riservata a nuovi scultori, alla quale hanno preso parte più di mille artisti provenienti da ogni Paese.
Tra i bozzetti presentati, la Giuria del Premio – presieduta dal prof. Pierre Restany (scomparso nel 2003) e composta dall’arch. Mario Botta, dal prof. Luciano Caramel (critico d’arte e professore all’Università Cattolica di Milano), dall’arch. Giuseppe Chigiotti (professore al Politecnico di Milano), da Sandra Deighton (responsabile del settore Scultura della Tate Gallery di Londra), da Gino Di Maggio (presidente della Fondazione Mudima di Milano), da Enzo Di Martino (critico d’arte e giornalista), dall’editrice Fiorenza Mursia, dall’artista Padre Costantino Ruggeri e da Angela Vettese (critica d’arte e giornalista) – ha selezionato 95 lavori, esposti in mostra all’Angelicum di Milano, e indicato 10 finalisti, che hanno quindi potuto realizzare le proprie sculture e collocarle nel territorio di Franciacorta.
Sono quindi queste opere le vere protagoniste del “Parco delle sculture di Franciacorta”: opere che, come afferma Vittorio Moretti, “vengono sottratte al destino di un chiuso spazio museale per interagire con la luce che le avvolge e per fondersi sia con gli spazi immediatamente vicini delle nostre strutture sia con quelli più ampi, ma sempre definiti nell’unità dei loro caratteri, del territorio di Franciacorta”.
Ed è pertanto naturale che la cerimonia di inaugurazione del Parco, con il disvelamento delle sculture, coincida anche con la proclamazione ufficiale dei vincitori e l’attribuzione dei relativi premi (per un totale di 58.000,00 euro), secondo le scelte operate dalla Giuria. La cerimonia, che avrà inizio alle ore 11.00, vedrà la presenza, oltre ai rappresentanti delle Istituzioni del territorio, anche della Giuria e degli artisti finalisti. Si tratta degli italiani Simon Benetton, Mario Costantini, Giancarlo Marchese, Giuseppe Rivadossi, Salvatore Sava e Giorgio Spiller; dell’americano Ray King; della polacca Dorota Koziara; del bulgaro Nissim Merkado e della giapponese Maki Nakamura. A Vittorio Sgarbi sarà affidato un intervento sul rapporto “Arte, Territorio e Committenza” nella storia della scultura.
Le sculture vincitrici del Premio di Scultura TERRA MORETTI descritte dagli artisti.
SALVATORE SAVA – Surbo (LE), Italia.
Fiore di pietra, pietra naturale.
I Fiori di Pietra videro per la prima volta la luce nel 1997. Rappresentavano allora la fase finale di un’esperienza personale. Il periodo in questione era quello della “magica luna”. Andavo alla ricerca dell’equilibrio e mi cimentavo a trovarlo nelle forme più svariate. Lo trovai nelle pietre naturali, nelle loro sagome scolpite dal tempo. Erano perfette. Nel loro aspetto irregolare e casuale avevano trovato l’armonia col resto del mondo naturale. Le “pietre-fiore” rappresentano l’ultima testimonianza di una nobile cultura fatta di onestà, lavoro e tanto amore. Questo fiore non è altro che il portavoce di quella natura campestre che cerca di sopravvivere nonostante tutto. E’ un messaggio muto, racchiuso nelle pietre che rappresentano un fiore fantastico, espressione delle forme della macchia mediterranea, di quella natura amata e rispettata da umili persone che ne conoscevano e conservavano la sua grandezza fatta di reciproco rispetto. Le “pietre-fiore” trasmettono ancora la testimonianza dei muretti a secco e delle masserie fortificate, autentiche ricchezze storiche in via d’estinzione.
E’ qui, in Terra Moretti, presso quest’oasi di natura e cultura che il fiore di pietra ha inteso posarsi, sul verde prato, nel luogo in cui la sensibilità della gente accoglie e rispetta i granelli di pietra che dialogano con il vento.
Salvatore Sava
MAKI NAKAMURA, Giappone.
My inside, marmo.
La scultura ha la forma del tronco di un albero, vuoto all’interno, in cui le persone possono entrare. E’ bello essere nell’interno di una scultura: puoi scoprire una visione diversa del mondo che ti circonda e la sensazione della luce, del suono e della temperatura ti porterà a conoscere il tuo interno e scoprire il legame primigenio con la natura. Con questa e le mie altre sculture voglio rappresentare l’incontro dell’uomo con la forma che lo accoglie al suo interno e gli offre una nuova possibilità espressiva. Egli viene condotto progressivamente in una realtà di invenzione, di immaginazione, ricca di un senso che possa essere più profondamente, più intimamente e quindi più comprensivamente fatto proprio. È il mio contributo ad un vita migliore per poter uscire dalla grande, attiva, frettolosa metropoli ed entrare in un’oasi di pace ove pensare, meditare e godere del fascino dell’arte in uno spazio di rispetto e, magari, di silenzio.
Maki Nakamura
GIORGIO SPILLER, Recoaro Terme (VI), Italia.
La casa orizzontale, ferro, cemento, granito, terra, acqua e erba.
E’ una grande fenditura, una ferita, un ipogeo tombale, una trincea nella terra che asseconda dolcemente; è il femminile. Al centro un piano specchiante è contornato da trentadue cupole lambite a loro volta da una corona gengivale d’erba. Lo spazio della superficie riflettente allude ad un possibile giaciglio, piccolo sito per un’esperienza templare dedicata alla “madre” del III° millennio. L’opera si colloca nell’ambito di quelle sculture che dall’epoca megalitica in più aree geografiche hanno lasciato sulla terra ampi segni orizzontali visibili dall’alto e si contrappone alla consuetudine di erigere sculture verticali.
Giorgio Spiller
SIMON BENETTON, Treviso, Italia.
Porte del pensiero, acciaio cor-ten.
La forza creativa deve essere presente negli spazi verdi, nelle piazze e nei complessi architettonici di nuova progettazione umanizzando così lo spazio ed è importante che si stabilisca un rapporto tra vivibilità fisica e del pensiero. L’opera, in acciaio cor-ten, assumerà un colore naturale vivendo con le stagioni e quindi entrerà nel contesto facendone parte integrante in quanto appartenente alla società. Dovrà divenire un punto di incontro, un movente per la meditazione individuale e di gruppo; dovrà servire da stimolo per approfondire una verifica su noi stessi. La scultura è composta da due forme slanciate ed essenziali, due “pilastri”: alle estremità superiori le aperture di due forme geometriche nettamente discostanti tra loro saranno intese come porta della libertà del pensiero. La base ha due perni girevoli in modo che le due sculture possano essere girate a piacere coinvolgendo il fruitore ad una vivibilità con diverse prospettive.
Simon Benetton
MARIO COSTANTINI, Penne (PE), Italia.
Piccolo Mausoleo all’Uomo, pietra bianca della Maiella, vera d’api e ferro nero.
Nel Piccolo Mausoleo all’Uomo, la scultura più grande rappresenta l’uomo tripode con le braccia aperte: è l’uomo che ha realizzato la storia in se stesso, solidale e religioso. Le quattro sculture minori rappresentano i vari passaggi dell’uomo nel suo faticoso lavoro quotidiano. L’operosità, l’ingegnosità, la forza e il coraggio. La base, di pietra bianca, rappresenta l’inizio, la luce e la prima cultura documentabile. Il ferro, nero, delle sculture rappresenta la prima avanzata tecnologica significativa e la fine. La fine di un millennio, appunto, che ricordiamo con una scultura simbolica e semantica. Vedo la scultura collocata al centro di un prato dove si rialzerà circolarmente una piccola collinetta tondeggiante, tutta prato in modo che chi lo osserva può vederlo da lontano, ma può definitivamente apprezzarlo solo dopo aver scavalcato la leggera collinetta circolare. Il tondeggiante delle sculture, della base in pietra e della collinetta su cui poggerà l’opera è voluto proprio per la circolarità dell’Universo.
Mario Costantini
RAY KING, Philadelphia, Stati Uniti d’America.
ChromOculus, vetro cromatico e metalli.
La scultura riflette un profondo interesse nella manipolazione della luce. Uso la luce del sole o quella artificiale per trasformare uno spazio esistente in una terra delle meraviglie, magica e senza tempo aggiungendo una dimensione luminosa all’ambiente. Uso la luce come simbolo di conoscenza, speranza, rivelazione e visione. Facendo costante riferimento ai principi della matematica, della tecnologia moderna e della scienza, così come alla mia esperienza nella lavorazione del vetro cromatico, dei metalli e delle strutture, mi impegno a creare opere artistiche che interagiscano con l’osservatore in modo sorprendente. La mia arte vuole evocare emozioni di piacevolezza e stupore. Oltre al simbolismo della luce e dell’illuminazione, lo spettro dei colori sprigionato dagli elementi in vetro cromatico crea uno stupefacente e futuristico effetto arcobaleno che cambia e si trasforma continuamente. Il mio intento è quello di creare una scultura che evochi un senso di fascino, di bellezza e coinvolgimento per chiunque si imbatta in essa.
Ray King
DOROTA KOZIARA, Siciny, Polonia.
Dodici Angeli, rami di saggina e metallo.
Quando ero una bambina, mio nonno faceva suonare sul grammofono una cartolina musicale con una vecchia canzoncina kitch intitolata “Dodici angioletti”. In seguito ho incontrato altri angeli: un Angelo dolce dell’amore e del sorriso con le manine rosa; l’angelo della rabbia e della vendetta; i messaggeri con le ali dorate della gelosia e dell’odio; il giovinetto con la testa argentata della determinazione e la figura sottile del dubbio. Non tutti sono rimasti miei amici. Sono più ricca dopo tutti questi incontri e, nonostante questa a volte molto dolorosa ricchezza, tento di trattenere e dare ritmo ai morti resti dell’erba e a i secchi rami di vimini. E’ difficile andare d’accordo con la riottosa materia, che non vuole piegarsi neppure alla più semplice melodia. Ci provo sempre. Ciò che viene fuori è la tappa successiva del tentativo di fermare nel movimento ciò che è più volatile: il vento che fa lacrimare gli occhi; la folle corsa della giostra, che rovescia il mondo a testa in giù; il caldo e violento scroscio che non ti fa uscire per andare a teatro, che ti fa tornare indietro a metà strada e prendere un’altra direzione. E’ come chiudere gli occhi e gridare i propri sogni segreti. E’ come fermarsi per un attimo e regalarsi un momento di pigrizia.
Non voglio fermarmi alla settima figura e qui finire il mio racconto: è come se nulla dovesse più accadere. Ma come i sette fratelli addormentati, i sette cavalieri, i sette peccati, i sette sigilli, i sette uccelli, i sette giorni, i sette nani, i sette monti e i sette mari… che sia l’inizio di un nuovo racconto.
Dorota Koziara
GIANCARLO MARCHESE, Parma, Italia.
Eco, vetro curvato, specchi e ghisa.
L’opera è legata ad una precisa percezione del territorio. La fonte di ispirazione è stata quella della terra fertile, delle vigne, del loro paesaggio e della successiva trasformazione dell’uva in vino. Il progetto nasce come una via per la quale procedere visivamente attraverso i due punti focali di un ipotetico ellisse. I due fuochi sono rappresentati rispettivamente da una lastra di vetro trasparente curvata che introduce alla lettura del sistema plastico e da una seconda scultura costituita da un grande specchio ondulato che, trovandosi nel punto critico di incontro tra le due realtà agricola e industriale, le collega visivamente. I due elementi costituiscono la dialettica e la tensione. L’uomo, attraverso il vetro deformante, riconosce la dignità di ogni prospettiva e di ogni forma. Inizia l’accettazione di un misterioso piacere che ci lega alle cose. Lo specchio diventa così un segno forte nello spazio, lo investe e lo riflette in tutte le direzioni, modificandolo. Essendo posti sullo stesso asse, il vetro dialoga con lo specchio: il nuovo paesaggio inizia a vibrare per ricercare, come nella natura delle cose, una nuova armonia.
Giancarlo Marchese
NISSIM MERKADO, Bulgaria.
Memoire-illusion, fragmenti di roccia, griglie di ferro.
Il progetto è concepito per essere realizzato in un luogo intriso dalla natura e dall’ambiente. Una nuova sensibilità per la memoria relazionale delle cose: la pesantezza della realtà materiale rivela la necessità dell’illusione come centro di gravità fondamentale nello spazio. Così, in tutti i frammenti di pietra che compongono l’opera è racchiuso un numero infinito di informazioni e di ipotesi, probabilmente contraddittorie: il tempo ha mentre la finzione si riflette sempre in uno specchio come un fatto essenziale senza immagine, immateriale come la luce del sole. Tre elementi strutturati come dei soggetti perfettamente autonomi evolvono nello spazio secondo il loro proprio significato.
Situato ad una distanza interattiva, l’uno in rapporto all’altro, nel cuore di un ambiente vegetale e minerale, ogni elemento rappresenta la chiave degli intrecci ed è portatore di un’energia alternativa. La memoria: passato-presente, presente-futuro, è un progetto stabilito a priori o l’inatteso si sviluppa nel dettaglio senza appoggiarsi ad una griglia?
Nissim Merkado
GIUSEPPE RIVADOSSI, Nave (BS), Italia.
Mater Amabilis, pietra, legno e terra.
La Mater Amabilis, o le Mater Amabilis, è un’immagine archetipo fondamentale della vita e dell’amore. Le pietre, i legni, le terre sulle quali opero sono la luce di queste mie immagini. Con queste opere voglio celebrare l’umanità, la dignità e la infinita bellezza della Maestà Materna. Per me questa scultura è una musica plastica urbana che dovrebbe entrare nella città (nella natura) per dialogare con essa e portarla a compimento poetico. Nelle mie Mater Matute e Madonne non ci sono quei sentimentalismi retorici letterari che hanno confuso questo archetipo. Io sento di dover mettere in luce l’amore, nelle sua forma più piena e spoglia. La Mater Amabilis non è un’immagine vaga, è la radice e il fondamento della vita e di tutte le umane relazioni. Per esprimere questa visione pratico il linguaggio antico e difficile della forma, che è il linguaggio dell’esperienza comune dell’individuo e delle culture di tutti i tempi.
Giuseppe Rivadossi
16
giugno 2006
Inaugurazione
16 giugno 2006
arte contemporanea
Location
PARCO DELLE SCULTURE DI FRANCIACORTA – ALBERETA RELAIS & CHATEAUX
Erbusco, Via Vittorio Emanuele, 23, (Brescia)
Erbusco, Via Vittorio Emanuele, 23, (Brescia)
Vernissage
16 Giugno 2006, ore 11
Ufficio stampa
ADICORBETTA
Autore