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Veniero – Armonie Cromatiche
24 opere di media e grande dimensione
Comunicato stampa
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Le armonie cromatiche di Veniero
di Marialivia Brunelli
Pixel irregolari, sfrangiati, variopinti, ingigantiti. Lampi di luce come garze monocrome che sovrastano la magia degli accostamenti cromatici, degli azzurri, dei rossi, dei gialli e dei rosa che urlano sulla tela la loro vivace intensità. La folgorazione per il colore, unita a una ricerca costante, ininterrotta, di semplificazione. Per giungere a esiti sempre più rarefatti, spirituali, essenziali. "Alla ricerca dell’incanto", per citare il titolo di una mostra dell’artista curata da Marilena Pasquali.
Sono queste le coordinate basilari per orientarsi nei variopinti patchwork di Veniero, artista piacentino che, rapito dalla fascinazione degli accostamenti cromatici, affida al colore il compito di esprimere "non quello che accade sotto gli occhi, ma quello ciò che riposa nel centro misterioso del pensiero", per usare le parole di Gauguin.
Ma se l’emozione del colore accomuna la ricerca di Veniero alle estasi cromatiche del simbolista francese, alle sfolgoranti policromie dell’arte musiva bizantina, alla stupefacente luminosità delle miniature alto-medievali, la tensione verso una spiritualità slegata da vincoli oggettivi richiama l’astrazione lirica di Klee, che scrive nel 1920 in Confessioni sulla creatività: "L’arte degna di questo nome non rende il visibile: ma dissuggella gli occhi sull’invisibile". Un’affermazione che sembra evocare le mistiche atmosfere delle cattedrali gotiche, in cui lo sfavillante tripudio di giochi di luce creato dalle vetrate colorate colpite dai raggi del sole costituiva un viatico verso emozionalità ultraterrene.
E’ lo stesso Veniero a confermare la dimensione spirituale delle sue opere, che non possono essere realmente spiegate perché in esse è insito un voluto senso di mistero, di non detto: "Noi cerchiamo le cose invisibili perché saranno eterne, non quelle visibili", afferma l’artista, parafrasando la Seconda Lettera ai Corinzi, come chiave di lettura della sua poetica.
Del resto anche il procedimento attraverso cui Veniero crea un’opera ha un che di alchemico e misterioso: è un atto in cui si mescolano istanze inconsce e visive. Il supporto su cui l’artista agisce è inizialmente una tela o tavola bianca, sulla quale egli incolla carte di vario tipo, dai giornali alle veline impalpabili, dai cartoncini porosi alla ruvida carta da pacchi. Su queste superfici rugose si innesta il colore, steso attraverso sciabolate di materia pittorica, oli e acrilici, con aggiunte di sabbie e colle, fino a ottenere la sinfonia cromatica voluta.
Una sinfonia cromatica che è la trascrizione di dinamiche interiori in accordo con raggiunti equilibri compositivi, risultanti da un raffinato accostamento di colori, la cui dirompente energia richiama la felicità creativa del gruppo Cobra.
A volte Veniero sente l’esigenza di intervenire sulle opere in maniera più brutale e fisicamente aggressiva, sfregiando la superficie dipinta, graffiandola e incidendola come a dar voce a un represso graffitismo inconscio, dal sapore primitivo e rude, che finalmente trova liberazione tramite questa istintiva gestualità segnica, le cui radici evocano immediati legami con l’Espressionismo Astratto.
Altre volte invece l’artista decide di inserire frammenti di parole, scritte con la sua calligrafia irregolare o con la tecnica del trasferello: sono lettere che occupano lo spazio con forza, lo presidiano, come nei papier collè cubisti. E proprio in assonanza con le sperimentazioni polimateriche cubiste, Veniero a volte riporta in vita materiali come scarti di falegnameria o vecchie pagine di giornale che hanno esaurito la loro funzione informativa: ora quelle scritte che comunicavano dati di cronaca comunicano altro, sublimate nella dimensione auratica dell’opera d’arte, alla ricerca continua di nuovi equilibri, di nuove armonie.
La calibrata armonia della composizione è infatti un elemento determinante per la riuscita dell’opera, che sottintende sempre una componente architettonica, come se ogni quadro costituisse la planimetria zenitale di un paesaggio interiore. Sempre comunque intensamente poetico: come sussurrate poesie sembrano i titoli delle opere di Veniero, che con la loro delicatezza aleggiano sulle creazioni dell’artista impregnandole di nuovo significato.
Titoli allusivi a emozioni rubate, a un quotidiano azzurrato e vespertino (Canto nella sera), a solitudini misteriose e rosate (Attraverso le distanze che ci separano), a calde presenze enigmatiche (Alcune tracce). Ma anche riferimenti a luoghi lontani e vagheggiati (Memorie andaluse, Luoghi olandesi), o a personaggi realmente esistiti (come la cantante jazz Sheyla Jordan, l’artista William Condgon, o Egeria, la prima pellegrina giunta dalla Spagna in la Terra Santa, cui è dedicata l’opera intitolata Il segreto di Qumran).
Si scopre così che il tema del viaggio, della ricerca, della scoperta accomuna le opere degli ultimi anni: la curiosità per il mistero e per il diverso ha del resto sempre caratterizzato l’attività dell’artista, a partire dalle sue esperienze lavorative con il mondo delle persone emarginate, con disabili. "La vita è un viaggio alla ricerca di qualcosa, da decifrare nei segni che ci dà la realtà, nelle persone che ci capita di incontrare", suggerisce Veniero. Una ricerca che l’artista analizza e ricompone nelle pagine del suo diario pittorico, poetico e drammatico insieme.
di Marialivia Brunelli
Pixel irregolari, sfrangiati, variopinti, ingigantiti. Lampi di luce come garze monocrome che sovrastano la magia degli accostamenti cromatici, degli azzurri, dei rossi, dei gialli e dei rosa che urlano sulla tela la loro vivace intensità. La folgorazione per il colore, unita a una ricerca costante, ininterrotta, di semplificazione. Per giungere a esiti sempre più rarefatti, spirituali, essenziali. "Alla ricerca dell’incanto", per citare il titolo di una mostra dell’artista curata da Marilena Pasquali.
Sono queste le coordinate basilari per orientarsi nei variopinti patchwork di Veniero, artista piacentino che, rapito dalla fascinazione degli accostamenti cromatici, affida al colore il compito di esprimere "non quello che accade sotto gli occhi, ma quello ciò che riposa nel centro misterioso del pensiero", per usare le parole di Gauguin.
Ma se l’emozione del colore accomuna la ricerca di Veniero alle estasi cromatiche del simbolista francese, alle sfolgoranti policromie dell’arte musiva bizantina, alla stupefacente luminosità delle miniature alto-medievali, la tensione verso una spiritualità slegata da vincoli oggettivi richiama l’astrazione lirica di Klee, che scrive nel 1920 in Confessioni sulla creatività: "L’arte degna di questo nome non rende il visibile: ma dissuggella gli occhi sull’invisibile". Un’affermazione che sembra evocare le mistiche atmosfere delle cattedrali gotiche, in cui lo sfavillante tripudio di giochi di luce creato dalle vetrate colorate colpite dai raggi del sole costituiva un viatico verso emozionalità ultraterrene.
E’ lo stesso Veniero a confermare la dimensione spirituale delle sue opere, che non possono essere realmente spiegate perché in esse è insito un voluto senso di mistero, di non detto: "Noi cerchiamo le cose invisibili perché saranno eterne, non quelle visibili", afferma l’artista, parafrasando la Seconda Lettera ai Corinzi, come chiave di lettura della sua poetica.
Del resto anche il procedimento attraverso cui Veniero crea un’opera ha un che di alchemico e misterioso: è un atto in cui si mescolano istanze inconsce e visive. Il supporto su cui l’artista agisce è inizialmente una tela o tavola bianca, sulla quale egli incolla carte di vario tipo, dai giornali alle veline impalpabili, dai cartoncini porosi alla ruvida carta da pacchi. Su queste superfici rugose si innesta il colore, steso attraverso sciabolate di materia pittorica, oli e acrilici, con aggiunte di sabbie e colle, fino a ottenere la sinfonia cromatica voluta.
Una sinfonia cromatica che è la trascrizione di dinamiche interiori in accordo con raggiunti equilibri compositivi, risultanti da un raffinato accostamento di colori, la cui dirompente energia richiama la felicità creativa del gruppo Cobra.
A volte Veniero sente l’esigenza di intervenire sulle opere in maniera più brutale e fisicamente aggressiva, sfregiando la superficie dipinta, graffiandola e incidendola come a dar voce a un represso graffitismo inconscio, dal sapore primitivo e rude, che finalmente trova liberazione tramite questa istintiva gestualità segnica, le cui radici evocano immediati legami con l’Espressionismo Astratto.
Altre volte invece l’artista decide di inserire frammenti di parole, scritte con la sua calligrafia irregolare o con la tecnica del trasferello: sono lettere che occupano lo spazio con forza, lo presidiano, come nei papier collè cubisti. E proprio in assonanza con le sperimentazioni polimateriche cubiste, Veniero a volte riporta in vita materiali come scarti di falegnameria o vecchie pagine di giornale che hanno esaurito la loro funzione informativa: ora quelle scritte che comunicavano dati di cronaca comunicano altro, sublimate nella dimensione auratica dell’opera d’arte, alla ricerca continua di nuovi equilibri, di nuove armonie.
La calibrata armonia della composizione è infatti un elemento determinante per la riuscita dell’opera, che sottintende sempre una componente architettonica, come se ogni quadro costituisse la planimetria zenitale di un paesaggio interiore. Sempre comunque intensamente poetico: come sussurrate poesie sembrano i titoli delle opere di Veniero, che con la loro delicatezza aleggiano sulle creazioni dell’artista impregnandole di nuovo significato.
Titoli allusivi a emozioni rubate, a un quotidiano azzurrato e vespertino (Canto nella sera), a solitudini misteriose e rosate (Attraverso le distanze che ci separano), a calde presenze enigmatiche (Alcune tracce). Ma anche riferimenti a luoghi lontani e vagheggiati (Memorie andaluse, Luoghi olandesi), o a personaggi realmente esistiti (come la cantante jazz Sheyla Jordan, l’artista William Condgon, o Egeria, la prima pellegrina giunta dalla Spagna in la Terra Santa, cui è dedicata l’opera intitolata Il segreto di Qumran).
Si scopre così che il tema del viaggio, della ricerca, della scoperta accomuna le opere degli ultimi anni: la curiosità per il mistero e per il diverso ha del resto sempre caratterizzato l’attività dell’artista, a partire dalle sue esperienze lavorative con il mondo delle persone emarginate, con disabili. "La vita è un viaggio alla ricerca di qualcosa, da decifrare nei segni che ci dà la realtà, nelle persone che ci capita di incontrare", suggerisce Veniero. Una ricerca che l’artista analizza e ricompone nelle pagine del suo diario pittorico, poetico e drammatico insieme.
06
maggio 2006
Veniero – Armonie Cromatiche
Dal 06 al 30 maggio 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA DEL CARBONE
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 17-20; sabato e festivi 10.30-12.30 e 17-20; martedì chiuso
Vernissage
6 Maggio 2006, ore 18.30
Autore