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Lanfranco surrealista. Il tempo della scultura
In 170 opere il lungo percorso artistico, fra scultura, disegno e pittura, di uno dei principali protagonisti del surrealismo italiano
Comunicato stampa
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Un viaggio lungo oltre settant’anni, attraverso la produzione di uno degli artisti italiani più visionari, eclettici e schivi: il maestro Lanfranco (all’anagrafe Frigeri), classe 1920, precursore del surrealismo italiano e protagonista ancora attivo sul palcoscenico artistico internazionale.
L’occasione è offerta dalla mostra antologica “Lanfranco surrealista Il tempo della scultura” allestita alla Galleria del Premio Suzzara dal 1 maggio al 18 giugno 2006, per iniziativa dell’Associazione Galleria del Premio Suzzara, del Comune di Suzzara e di Contart (associazione per la promozione dell’arte contemporanea), con il patrocinio della Provincia di Mantova.
Ben 170 le opere esposte, di cui 32 sculture, 19 disegni giovanili, 58 disegni a tecnica mista e 57 dipinti a olio, che testimoniano le varie stagioni creative del maestro di Quingentole. Ci sono i disegni degli esordi quando Lanfranco, appena adolescente, leggeva “L’Avventuroso” e subiva il fascino dalle tavole di Alex Raymond (il disegnatore di Gordon), gli schizzi preparatori per le opere scultoree, tavole segnate con straordinaria maestria, in cui “si percepisce la volontà di esaurire il nucleo espressivo dentro il segno, nella linea, che da sola è sufficiente a rendere appieno la forma e il significato della figura” come scrive Walter Guadagnini nel saggio critico presente in catalogo. Ci sono i dipinti a olio, che documentano la produzione artistica dal 1950 al 2000, con la visionarietà che è tipica di quello che Magritte, nel 1965, definì “il solo giovane di grande talento nella pittura italiana moderna”: opere che spaziano da architetture e costellazioni planetarie a rappresentazioni del sacro, con un occhio rivolto alla fantascienza e a paesaggi fantastici.
Ma, soprattutto, ci sono le sculture, che segnarono l’avvio della carriera artistica di Lanfranco. Figlio di scultore, allievo di Giacomo Manzù all’Accademia di Bologna, fra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta Lanfranco s’impose all’attenzione proprio per la sua opera scultorea, conquistando anche importanti riconoscimenti, come il primo premio per una formella del portale del Duomo di Milano, e attirando il consenso di un maestro come Henry Moore. Anche nella scultura, i suoi soggetti si muovono verso un mondo fantastico, popolato da personaggi inquietanti, che si muovono nella dimensione della pura astrazione, oppure richiamano le suggestioni di un esotismo ancestrale, quasi fossero “le sculture di un Africa immaginaria, oppure di un remoto Katai, visitato da un Marco Polo dei sogni” (Giorgio Celli). Del resto, è lo stesso Lanfranco a spiegare, nell’intervista a cura di Eristeo Banali “Il lavoro di scultore: orientare il pensiero agli “archetipi”. Vi è un’arte rassicurante fatta di figure, paesaggi, impressioni di colore o concetti di realtà. Ma vi è un’altra arte inquieta e irrazionale che si presenta sconosciuta ed è sempre accompagnata da pericoli, specialmente quando varia ed esce dagli schemi e chiede una strada diversa. La ricerca dell’inesplorato archetipo che è dentro di noi. L’archetipo ancestrale che risale alla notte dei tempi e che giace nella coscienza collettiva degli uomini. Questa rinasce quando si entra volutamente nella ‘nube della non conoscenza’, quella cercata dai mistici per il contatto e la scoperta di messaggi e visioni inconoscibili”.
Nell’appuntamento di Suzzara troviamo così “una sorta di laboratorio, che permette, a chi conosca Lanfranco pittore, di leggere nella filigrana i modi di solidificazione del suo immaginario estetico, in cerca di uno specifico che esorbiti il pennello” (Giorgio Celli).
Ma la mostra rappresenta anche un’occasione per riproporre al pubblico i lavori che il maestro di Quingentole ha presentato al Premio Suzzara nel periodo compreso fra il 1948 e il 1965, partecipando a sette edizioni. A questo particolarissimo capitolo della produzione di Lanfranco, infatti, è dedicata una specifica sezione nel percorso espositivo, con la presenza di alcune delle opere più interessanti, fra cui la scultura “Il sabbiaiolo del Po”, presentata all’edizione del 1951 e scelta come immagine simbolo dell’intera mostra.
E chi volesse allargare lo sguardo sulla storia del Premio, può abbinare la visita alla mostra con quella al Museo Galleria del Premio Suzzara, esposizione permanente di una collezione di dipinti, sculture, grafica, installazioni, che appunto documentano le vicende artistiche del Premio Suzzara dal 1948 ai giorni nostri, dal neorealismo ai linguaggi contemporanei.
La mostra “Lanfranco surrealista Il tempo della scultura” è a cura di Eristeo Banali, presidente di Contart, che ha curato anche l’ampio catalogo pubblicato per l’occasione, per i tipi della casa editrice Publipaolini di Mantova: al suo interno saggi critici di Giorgio Celli, Claudio Cerritelli, Walter Guadagnini, Gianna Pinotti, Eristeo Banali, e dell’assessore alla Cultura della Provincia di Mantova Roberto Pedrazzoli.
L’artista
Il Maestro Lanfranco (all’anagrafe Frigeri), caposcuola dell’arte fantastica e precursore con la sua arte visionaria del surrealismo italiano, vive ed opera da sempre nella quiete del suo paese natale di Quingentole in provincia di Mantova, dove è nato nel 1920. Una scelta di vita e di artista che, dopo le prime fugaci esperienze internazionali a Parigi, Londra, New York, lo porta a rifugiarsi nella sua “bottega” per esprimere la sua suggestiva fantasia e prevedere fin dagli anni ’30 l’uomo del XXI secolo, quello del rapporto uomo – macchina e di una organizzazione sociale guidata dalle tecnologie avanzate.
Il mondo del Maestro è quello “dell’altrove” e del futuro, degli androidi e della famiglia stocastica, ma Lanfranco è un anche un artista dai molteplici interessi culturali perché pratica con eguale talento molte discipline.
Ad esempio, il disegno, elaborando fin dal 1935, a soli quindici anni, il primo fumetto di fantascienza italiano, di cui l’Editore Nerbini di Firenze (editore de “L’avventuroso”) ne pubblicherà poi qualche stralcio. Oppure la scultura, arte ereditata dal padre che operava nello studio di Trentacoste, che lo ha reso famoso fin dagli anni ’50 quando ha vinto il primo premio per una formella del portale del Duomo di Milano (superando Luciano Minguzzi e Lucio Fontana) e per la realizzazione della statua marmorea raffigurante il “Beato Carcano” che si trova ora collocata su una delle guglie dello stesso Duomo di Milano; un’altra scultura del Maestro, “San Giovanni dell’Apocalisse” del 1955, si trova nel cimitero monumentale di Milano. Il famoso Henry Moore, che aveva avuto occasione di vedere le sue sculture sulla rivista “Diorama”, gli scrisse da Londra, nel marzo 1956, una lettera nella quale esprimeva il suo compiacimento per le opere che giudicava molto interessanti. La pittura fantastica, che lo ha definitivamente affermato con le sue opere che si trovano in tutto il mondo (in particolare Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania ed Austria) e che lo ha fatto apprezzare da Magritte, da Salvador Dalì e da Graham Sutherland. Riconoscimenti importanti gli sono pervenuti anche da Brian W. Aldiss, una delle grandi firme della fantascienza mondiale, autore di best sellers ma anche commediografo poeta e saggista che ha detto di Lanfranco “il potere di immaginazione della sua mente è dei più impressionanti e la commistione di meraviglia e di serenità è qualcosa di completamente unico nella mia esperienza”, ed ha usato il quadro “I grandi maestri del sogno” del 1970 per la copertina del suo libro “A Romance of the Equator – Best Fantasy Stories”. La poesia e la scrittura, passioni che ha coltivato fin dalla sua gioventù e intensificatesi probabilmente per le sue frequentazioni con lo scrittore Dino Buzzati e con il più famoso dei poeti greci, Odysseus Elitis, Premio Nobel 1980 per la poesia.
Lanfranco ha vissuto pure le esperienze del ritratto, soggetti Vittorio Valletta, Dino Buzzati, Dino Villani, Antonio Ghiringhelli, Remigio Paone, Delia Scala, Biki. Opere si trovano in varie gallerie e collezioni europee e americane. Personalità complessa, Lanfranco è approdato, sempre nei suoi modi surreali, al sacro: in varie chiese mantovane ed ancora a Milano, dove l'arcivescovo Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, rilevava il "drammatico messaggio di suggestiva meditazione" nelle pale d'altare destinate alla chiesa della Madonna della Medaglia Miracolosa, consacrata nel 1962.
L’occasione è offerta dalla mostra antologica “Lanfranco surrealista Il tempo della scultura” allestita alla Galleria del Premio Suzzara dal 1 maggio al 18 giugno 2006, per iniziativa dell’Associazione Galleria del Premio Suzzara, del Comune di Suzzara e di Contart (associazione per la promozione dell’arte contemporanea), con il patrocinio della Provincia di Mantova.
Ben 170 le opere esposte, di cui 32 sculture, 19 disegni giovanili, 58 disegni a tecnica mista e 57 dipinti a olio, che testimoniano le varie stagioni creative del maestro di Quingentole. Ci sono i disegni degli esordi quando Lanfranco, appena adolescente, leggeva “L’Avventuroso” e subiva il fascino dalle tavole di Alex Raymond (il disegnatore di Gordon), gli schizzi preparatori per le opere scultoree, tavole segnate con straordinaria maestria, in cui “si percepisce la volontà di esaurire il nucleo espressivo dentro il segno, nella linea, che da sola è sufficiente a rendere appieno la forma e il significato della figura” come scrive Walter Guadagnini nel saggio critico presente in catalogo. Ci sono i dipinti a olio, che documentano la produzione artistica dal 1950 al 2000, con la visionarietà che è tipica di quello che Magritte, nel 1965, definì “il solo giovane di grande talento nella pittura italiana moderna”: opere che spaziano da architetture e costellazioni planetarie a rappresentazioni del sacro, con un occhio rivolto alla fantascienza e a paesaggi fantastici.
Ma, soprattutto, ci sono le sculture, che segnarono l’avvio della carriera artistica di Lanfranco. Figlio di scultore, allievo di Giacomo Manzù all’Accademia di Bologna, fra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta Lanfranco s’impose all’attenzione proprio per la sua opera scultorea, conquistando anche importanti riconoscimenti, come il primo premio per una formella del portale del Duomo di Milano, e attirando il consenso di un maestro come Henry Moore. Anche nella scultura, i suoi soggetti si muovono verso un mondo fantastico, popolato da personaggi inquietanti, che si muovono nella dimensione della pura astrazione, oppure richiamano le suggestioni di un esotismo ancestrale, quasi fossero “le sculture di un Africa immaginaria, oppure di un remoto Katai, visitato da un Marco Polo dei sogni” (Giorgio Celli). Del resto, è lo stesso Lanfranco a spiegare, nell’intervista a cura di Eristeo Banali “Il lavoro di scultore: orientare il pensiero agli “archetipi”. Vi è un’arte rassicurante fatta di figure, paesaggi, impressioni di colore o concetti di realtà. Ma vi è un’altra arte inquieta e irrazionale che si presenta sconosciuta ed è sempre accompagnata da pericoli, specialmente quando varia ed esce dagli schemi e chiede una strada diversa. La ricerca dell’inesplorato archetipo che è dentro di noi. L’archetipo ancestrale che risale alla notte dei tempi e che giace nella coscienza collettiva degli uomini. Questa rinasce quando si entra volutamente nella ‘nube della non conoscenza’, quella cercata dai mistici per il contatto e la scoperta di messaggi e visioni inconoscibili”.
Nell’appuntamento di Suzzara troviamo così “una sorta di laboratorio, che permette, a chi conosca Lanfranco pittore, di leggere nella filigrana i modi di solidificazione del suo immaginario estetico, in cerca di uno specifico che esorbiti il pennello” (Giorgio Celli).
Ma la mostra rappresenta anche un’occasione per riproporre al pubblico i lavori che il maestro di Quingentole ha presentato al Premio Suzzara nel periodo compreso fra il 1948 e il 1965, partecipando a sette edizioni. A questo particolarissimo capitolo della produzione di Lanfranco, infatti, è dedicata una specifica sezione nel percorso espositivo, con la presenza di alcune delle opere più interessanti, fra cui la scultura “Il sabbiaiolo del Po”, presentata all’edizione del 1951 e scelta come immagine simbolo dell’intera mostra.
E chi volesse allargare lo sguardo sulla storia del Premio, può abbinare la visita alla mostra con quella al Museo Galleria del Premio Suzzara, esposizione permanente di una collezione di dipinti, sculture, grafica, installazioni, che appunto documentano le vicende artistiche del Premio Suzzara dal 1948 ai giorni nostri, dal neorealismo ai linguaggi contemporanei.
La mostra “Lanfranco surrealista Il tempo della scultura” è a cura di Eristeo Banali, presidente di Contart, che ha curato anche l’ampio catalogo pubblicato per l’occasione, per i tipi della casa editrice Publipaolini di Mantova: al suo interno saggi critici di Giorgio Celli, Claudio Cerritelli, Walter Guadagnini, Gianna Pinotti, Eristeo Banali, e dell’assessore alla Cultura della Provincia di Mantova Roberto Pedrazzoli.
L’artista
Il Maestro Lanfranco (all’anagrafe Frigeri), caposcuola dell’arte fantastica e precursore con la sua arte visionaria del surrealismo italiano, vive ed opera da sempre nella quiete del suo paese natale di Quingentole in provincia di Mantova, dove è nato nel 1920. Una scelta di vita e di artista che, dopo le prime fugaci esperienze internazionali a Parigi, Londra, New York, lo porta a rifugiarsi nella sua “bottega” per esprimere la sua suggestiva fantasia e prevedere fin dagli anni ’30 l’uomo del XXI secolo, quello del rapporto uomo – macchina e di una organizzazione sociale guidata dalle tecnologie avanzate.
Il mondo del Maestro è quello “dell’altrove” e del futuro, degli androidi e della famiglia stocastica, ma Lanfranco è un anche un artista dai molteplici interessi culturali perché pratica con eguale talento molte discipline.
Ad esempio, il disegno, elaborando fin dal 1935, a soli quindici anni, il primo fumetto di fantascienza italiano, di cui l’Editore Nerbini di Firenze (editore de “L’avventuroso”) ne pubblicherà poi qualche stralcio. Oppure la scultura, arte ereditata dal padre che operava nello studio di Trentacoste, che lo ha reso famoso fin dagli anni ’50 quando ha vinto il primo premio per una formella del portale del Duomo di Milano (superando Luciano Minguzzi e Lucio Fontana) e per la realizzazione della statua marmorea raffigurante il “Beato Carcano” che si trova ora collocata su una delle guglie dello stesso Duomo di Milano; un’altra scultura del Maestro, “San Giovanni dell’Apocalisse” del 1955, si trova nel cimitero monumentale di Milano. Il famoso Henry Moore, che aveva avuto occasione di vedere le sue sculture sulla rivista “Diorama”, gli scrisse da Londra, nel marzo 1956, una lettera nella quale esprimeva il suo compiacimento per le opere che giudicava molto interessanti. La pittura fantastica, che lo ha definitivamente affermato con le sue opere che si trovano in tutto il mondo (in particolare Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania ed Austria) e che lo ha fatto apprezzare da Magritte, da Salvador Dalì e da Graham Sutherland. Riconoscimenti importanti gli sono pervenuti anche da Brian W. Aldiss, una delle grandi firme della fantascienza mondiale, autore di best sellers ma anche commediografo poeta e saggista che ha detto di Lanfranco “il potere di immaginazione della sua mente è dei più impressionanti e la commistione di meraviglia e di serenità è qualcosa di completamente unico nella mia esperienza”, ed ha usato il quadro “I grandi maestri del sogno” del 1970 per la copertina del suo libro “A Romance of the Equator – Best Fantasy Stories”. La poesia e la scrittura, passioni che ha coltivato fin dalla sua gioventù e intensificatesi probabilmente per le sue frequentazioni con lo scrittore Dino Buzzati e con il più famoso dei poeti greci, Odysseus Elitis, Premio Nobel 1980 per la poesia.
Lanfranco ha vissuto pure le esperienze del ritratto, soggetti Vittorio Valletta, Dino Buzzati, Dino Villani, Antonio Ghiringhelli, Remigio Paone, Delia Scala, Biki. Opere si trovano in varie gallerie e collezioni europee e americane. Personalità complessa, Lanfranco è approdato, sempre nei suoi modi surreali, al sacro: in varie chiese mantovane ed ancora a Milano, dove l'arcivescovo Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, rilevava il "drammatico messaggio di suggestiva meditazione" nelle pale d'altare destinate alla chiesa della Madonna della Medaglia Miracolosa, consacrata nel 1962.
01
maggio 2006
Lanfranco surrealista. Il tempo della scultura
Dal primo maggio al 18 giugno 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA DEL PREMIO SUZZARA – EX CASA DEL POPOLO
Suzzara, Piazza Arrigo Luppi, 10, (Mantova)
Suzzara, Piazza Arrigo Luppi, 10, (Mantova)
Orario di apertura
sabato dalle ore 16 alle ore 19; domenica dalle 10 alle 12,30 e dalle 16 alle 19. Nel corso della settimana la mostra è visitabile su appuntamento
Vernissage
1 Maggio 2006, ore 11
Editore
PUBLI PAOLINI
Ufficio stampa
PRIMAPAGINA
Autore
Curatore