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23
aprile 2013
Una nonna per designer
Senza categoria
Non hanno più di trent’anni, ma hanno le idee chiare. Sono in 25 e provengono da tutto il mondo: da Cipro al Messico, passando per la Cina. Si sono conosciuti un paio di anni fa e hanno deciso di lavorare insieme, autofinanziando i propri progetti. Ma non basta. Hanno deciso di cominciare dalle proprie nonne. Prendendole come modello per ritrovare il piacere della manualità. Così, tra un matterello e una pentola, è nato un nuovo design
Calato il grande fumo della settimana del Fuori Salone appena conclusosi, si fanno i conti di quanti arrosti sono rimasti. Tra questi c’è sicuramente T.I.V.D., This Is Very Dangerous, un gruppo di 25 designer giovanissimi, tra i 20 e i 30 anni, provenienti da tutto il mondo che ha deciso di realizzare dei progetti organizzandosi completamente in maniera autonoma e autofinanziandosi. Quest’anno si sono messi in mostra con un curioso progetto legato alle proprie nonne. Tra matterelli che richiamano la cucina della nonna italiana e specchi che riflettono il sole dei tramonti norvegesi assaporati ascoltando le storie del nonno, non si può fare a meno di far riaffiorare i nostri ricordi infantili. In questo clima onirico e famigliare, Alberto Mora, uno dei designer del gruppo, ci racconta la loro avventura.
Iniziamo dalla nascita del gruppo. Come vi siete conosciuti e come avete deciso di portare avanti dei progetti?
«This Is Very Dangerous è un gruppo di designer giovanissimi, che si sono conosciuti durante i workshop estivi di design organizzati dalla scuola internazionale di Boisbuchet, in Francia, sponsorizzata dal Vitra Museum e dal Centre Pompidou. Tra di noi è nata subito un’amicizia molto forte e siamo sempre rimasti in contatto, con l’idea e la speranza di poter realizzare dei progetti insieme. Il nostro gruppo è in continua evoluzione; quest’anno abbiamo esposto in 16, ma in totale il gruppo conta 25 designer».
E da quali Paesi provenite?
«Italia, Spagna, Cipro, Norvegia, Francia, Portogallo, Islanda, Cina e Messico».
Parliamo di “My grandmother”, vostro primo “vero” progetto, esposto al Fuori Salone negli spazi di Lambrate. Com’è nata questa idea di scomodare le nonne e di farle entrare nel mondo del design?
«L’idea di “My grandmother” è nata dalla volontà di creare un progetto dall’impronta molto emozionale e anche personale e relazionale e il ruolo della nonna si prestava perfettamente per una proposta simile. La nonna è sicuramente una figura con la quale si instaura un legame molto speciale e personale, soprattutto quando si è piccoli. Inoltre, le nostre nonne, provenienti dalla stessa epoca, sono legate a quel periodo in cui esisteva ancora il concetto del “fare” e in cui la manualità era fondamentale; non solo cucinare per tutti ma anche cucire, lavorare a maglia, sistemare e aggiustare gli oggetti. In questo senso avevamo anche l’obiettivo di tornare a maneggiare la materia, considerando tutte le nostre nonne come delle designer dei tempi passati. La nonna è anche rappresentazione di uno specifico patrimonio culturale e delle proprie origini geografiche. Venendo da Paesi diversi, un’indagine sulle nostre nonne avrebbe messo in mostra quelle diversità e peculiarità specifiche dei nostri Paesi di provenienza che il design di oggi tende ad assottigliare».
Ed è per questo che tu, italiano doc, hai associato la tua nonna alla cucina, rivisitando lo strumento del matterello!
«Esatto! Probabilmente negli altri Paesi non si associa la nonna alla dimensione culinaria come facciamo noi! Lavorando in un gruppo, volevamo che i singoli lavori facessero parte di un progetto unitario, all’interno del quale, però, potessero emergere le singole personalità e caratteristiche di ognuno».
È stato anche un lavoro di indagine personale, quindi?
«Si, abbiamo scavato nei nostri ricordi d’infanzia e nei nostri sentimenti. Abbiamo perciò lavorato anche su noi stessi, sulla nostra storia e su quella delle nostre nonne, andando a rispolverare foto e immagini, ritrovando oggetti e abiti. Ogni progetto è legato ad un ricordo che abbiamo di loro, a una particolare abitudine o a un rituale che avevamo insieme. Questo lavoro ha richiesto una riscoperta della propria nonna e di com’era alla nostra età. Le foto esposte sono le nostre nonne quando avevano i nostri stessi anni. Per loro sarebbe stato impensabile ed impossibile incontrarsi cinquant’anni fa, come stiamo facendo noi oggi, ed è stato bello vedere l’unione, anche solo virtuale, di tutte loro in questo progetto».
Com’è stato il processo di realizzazione del progetto?
«Quando quest’anno abbiamo deciso di partecipare al Fuori Salone di Milano abbiamo deciso di darci un tema unico sul quale lavorare individualmente. Da Dicembre 2012 ci siamo messi a lavorare al progetto e, una volta definito il concept, abbiamo avviato la fase di ideazione, che è avvenuta sia singolarmente che collettivamente. Inizialmente ci siamo posti delle domande riguardanti le nostre nonne, le loro abitudini e come passavano il tempo con noi, alle quali rispondere singolarmente e, in un secondo tempo, condividendole tra tutti, abbiamo proposto i singoli progetti. Il processo è stato molto bello perché ci confrontavamo di continuo sulle singole proposte, ma la decisione finale era di ciascuno di noi, visto la natura personale del progetto. Nessuno si è mai permesso di ostacolare gli altri. Quelli che ci davamo erano unicamente dei consigli tra amici. Durante l’organizzazione non ci siamo mai incontrati. Ci siamo sempre sentiti via mail o facebook fino a tre giorni prima dell’esposizione, quando abbiamo radunato i progetti. Ognuno si è occupato della realizzazione del proprio prodotto e del suo finanziamento».
Altri appuntamenti in programma?
«Ci piace pensare in grande. Sicuramente l’attenzione che ci è stata rivolta a Milano ci ha invogliati a pensare ad altri progetti e abbiamo molte idee in testa!».