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Dim Sampaio – Homeless museum
In qualche modo questa mostra vuole far riemergere la dimensione promossa della precarietà, del cambiamento, della fragilità, del movimento afftermando con decisione che il nomadismo non è una condizione ‘eccezionale’ o congiunturale, ma la vera e propria base dei processi e delle dinamiche culturali
Comunicato stampa
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Uno dei fenomeni più rilevanti e complessi che interessano le società contemporanee è senza dubbio il nomadismo, vale a dire lo spostamento continuo di gruppi o di popolazioni da una parte all’altra del pianeta. Questi spostamenti fanno sì che un numero sempre maggiore di persone si incontri e si scontri, si mescoli, producendo contaminazioni, nuove costruzioni e invenzioni identitarie, ecc. Non soltanto le città ma anche le campagne sono attraversate da questo fenomeno; migranti, lavoratori stranieri, badanti, turisti, studenti fuori sede, homeless, ‘punk a bestia’ contribuiscono a creare nuovo spazi sociali regolati dal nomadismo e dalla ‘dislocazione’. La mostra che qui si vuole proporre si pone come metafora di questo fenomeno complesso che poco a poco si sgretola la convinzione e la credenza, diffusa nel senso comune, che l’uomo sia ‘naturalmente’, vorrei dire ‘geneticamente’ sedentario.
In qualche modo questa mostra vuole far riemergere la dimensione promossa della precarietà, del cambiamento, della fragilità, del movimento afftermando con decisione che il nomadismo non è una condizione ‘eccezionale’ o congiunturale, ma la vera e propria base dei processi e delle dinamiche culturali. I territori, i confini, le identità comunitarie o etniche, le culture non sono strutture stabili, elementi ‘naturali’, ma prodotti dell’incontro, dell’interazione, delle relazioni sociali. L’homeless museum di Dim Sampaio è senz’altro il museo dei senza tetto, di coloro che si spostano continuamente da una parte all’altra della città, da una parte all’altra del pianeta, con le valigie di cartone o i sacchi di plastica pieni di ricordi, di memorie, di valori, ma è anche il museo senza casa (senza sede), vale a dire il museo ‘non stanziale’, non radicato in un luogo specifico e che può essere spostato nei vari quartieri della città (dal centro alla periferia, sotto un portico o un parco), da una città all’altra e da un paese all’altro: il museo nomade.
L’homeless museum è una struttura provvisoria in legno rivestita esternamente con materiali plastici (‘ondlualne’, sacchi di nylon, ecc.) resistenti alla pioggia e al vento e internamente con cartoni. Si compone di spazi diversi dalle dimensioni variabili (c.f.r. bozzetto planimetrie), collegati da passaggi più angusti all’interno dei quali l’artista realizza la propria opera. I visitatori in piccoli gruppi, muniti di torce elettriche sono invitati a entrare in questa sorta di ‘tana’ buia o semi buia come se si trattasse di una grotta o di una caverna. All’interno ogni percorso è plausibile, ogni visitatore può improvvisare un proprio itinerario alla scoperta di immagini, oggetti e racconti.
Dim Sampaio
‘Dim Sampaio, pittore brasiliano… non usa il cavalletto, come Pollock preferisce stendere la tela sul pavimento e stabilire un immediato, quasi naturale rapporto con la terra. Più che un ‘dripping’, il suo modo di comporre è un’azione di forza che si manifesta attraverso campiture su cui vengono langiati getti di vernice, quasi pallottole con i pigmenti che si irradiano attorno a un nucleo che in qualche modo evoca certi dipinti ‘techistes’ di George Mathieu. … Dim unisce ai colori lettere di un alfabeto dove etica e morale fanno da controcanto a forme di poesia visiva…. Dim recita la propria solitudine e quella dei pensieri che l’accompagnano… Il passato è uno ‘ieri’ assai vicino, eppure appensantito dalla sensazione di un lungo distacco. Ansia e lontananza si associano così al ricordo dei giorni di un’infanzia consumata troppo presto… Irrequieto e sofferente a qualsiasi forma di programmazione, Dim cerca di trasformare l’esistenza in un lungo viaggio su e giù per i sogni dando colore alla lingua muta delle cose e a tutto ciò che riesce a rivelare una sua essenza poetica. Cerca nell’arte quella vita segreta, fantastica, brulicante e angosciosa che fa parte della natura invisibile dell’occhio umano. Un universo invisibile ma reale nel quale trasferire sensibilità e fantasia tenendosi a distanza da tutti gli abellimenti grafici, dalle forme di un lirismo smerciato all’ingrosso, da finezze stilistiche. Sfregiatore violento della forma, affida le proprie stesure ad una grafia inquieta, agrrovigliante e insieme espansiva: fa calcolo sul colore ora cupo ora smagliante, su segni e materia da cui può emergere un senso di devastazione, come un grido di denuncia. … Dim intende condurre senza compromessi una vita da pittore. Lo fa nel silenzio di un antico sotterraneo, lo fa raccontando i propri sogni e le proprie esperienze, ‘sparando’ i colori contro grandi tele, o tracciando parole su cartoni che diventano cubi policromi da collocare qua e là, anche nelle vicinanze di un ‘alce di peluche messo in croce assieme alla sensibilità dei fanciulli…’ (Franco Basile, L’inafferabile pigmento, 2004).
Dim Sampaio, nato a Teresina nella regione di Piauì, nordest del Brasile. Nel 1998 arriva in Italia, a Palermo, dove frequenta l’Accademia delle Belle Arti, curando e coordinando un ciclo di seminari di Estetica. Attualmente vive e lavora a Bologna. Nel 2003 è invitato alla 9° Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea del Cairo. Nel 2005 è presentato da Philippe Daverio a Passepartout (Rai 3) tra gli artisti emergenti in concomitanza con Arte Fiera/ Art First. Nel 2006, Dim Sampaio espone nella collettiva Bologna si rivela nei palazzi della Fondazione Carisbo e partecipa al progetto d’arte e moda contemporanea Black Fast Fashion al Fashion Week di Milano.
In qualche modo questa mostra vuole far riemergere la dimensione promossa della precarietà, del cambiamento, della fragilità, del movimento afftermando con decisione che il nomadismo non è una condizione ‘eccezionale’ o congiunturale, ma la vera e propria base dei processi e delle dinamiche culturali. I territori, i confini, le identità comunitarie o etniche, le culture non sono strutture stabili, elementi ‘naturali’, ma prodotti dell’incontro, dell’interazione, delle relazioni sociali. L’homeless museum di Dim Sampaio è senz’altro il museo dei senza tetto, di coloro che si spostano continuamente da una parte all’altra della città, da una parte all’altra del pianeta, con le valigie di cartone o i sacchi di plastica pieni di ricordi, di memorie, di valori, ma è anche il museo senza casa (senza sede), vale a dire il museo ‘non stanziale’, non radicato in un luogo specifico e che può essere spostato nei vari quartieri della città (dal centro alla periferia, sotto un portico o un parco), da una città all’altra e da un paese all’altro: il museo nomade.
L’homeless museum è una struttura provvisoria in legno rivestita esternamente con materiali plastici (‘ondlualne’, sacchi di nylon, ecc.) resistenti alla pioggia e al vento e internamente con cartoni. Si compone di spazi diversi dalle dimensioni variabili (c.f.r. bozzetto planimetrie), collegati da passaggi più angusti all’interno dei quali l’artista realizza la propria opera. I visitatori in piccoli gruppi, muniti di torce elettriche sono invitati a entrare in questa sorta di ‘tana’ buia o semi buia come se si trattasse di una grotta o di una caverna. All’interno ogni percorso è plausibile, ogni visitatore può improvvisare un proprio itinerario alla scoperta di immagini, oggetti e racconti.
Dim Sampaio
‘Dim Sampaio, pittore brasiliano… non usa il cavalletto, come Pollock preferisce stendere la tela sul pavimento e stabilire un immediato, quasi naturale rapporto con la terra. Più che un ‘dripping’, il suo modo di comporre è un’azione di forza che si manifesta attraverso campiture su cui vengono langiati getti di vernice, quasi pallottole con i pigmenti che si irradiano attorno a un nucleo che in qualche modo evoca certi dipinti ‘techistes’ di George Mathieu. … Dim unisce ai colori lettere di un alfabeto dove etica e morale fanno da controcanto a forme di poesia visiva…. Dim recita la propria solitudine e quella dei pensieri che l’accompagnano… Il passato è uno ‘ieri’ assai vicino, eppure appensantito dalla sensazione di un lungo distacco. Ansia e lontananza si associano così al ricordo dei giorni di un’infanzia consumata troppo presto… Irrequieto e sofferente a qualsiasi forma di programmazione, Dim cerca di trasformare l’esistenza in un lungo viaggio su e giù per i sogni dando colore alla lingua muta delle cose e a tutto ciò che riesce a rivelare una sua essenza poetica. Cerca nell’arte quella vita segreta, fantastica, brulicante e angosciosa che fa parte della natura invisibile dell’occhio umano. Un universo invisibile ma reale nel quale trasferire sensibilità e fantasia tenendosi a distanza da tutti gli abellimenti grafici, dalle forme di un lirismo smerciato all’ingrosso, da finezze stilistiche. Sfregiatore violento della forma, affida le proprie stesure ad una grafia inquieta, agrrovigliante e insieme espansiva: fa calcolo sul colore ora cupo ora smagliante, su segni e materia da cui può emergere un senso di devastazione, come un grido di denuncia. … Dim intende condurre senza compromessi una vita da pittore. Lo fa nel silenzio di un antico sotterraneo, lo fa raccontando i propri sogni e le proprie esperienze, ‘sparando’ i colori contro grandi tele, o tracciando parole su cartoni che diventano cubi policromi da collocare qua e là, anche nelle vicinanze di un ‘alce di peluche messo in croce assieme alla sensibilità dei fanciulli…’ (Franco Basile, L’inafferabile pigmento, 2004).
Dim Sampaio, nato a Teresina nella regione di Piauì, nordest del Brasile. Nel 1998 arriva in Italia, a Palermo, dove frequenta l’Accademia delle Belle Arti, curando e coordinando un ciclo di seminari di Estetica. Attualmente vive e lavora a Bologna. Nel 2003 è invitato alla 9° Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea del Cairo. Nel 2005 è presentato da Philippe Daverio a Passepartout (Rai 3) tra gli artisti emergenti in concomitanza con Arte Fiera/ Art First. Nel 2006, Dim Sampaio espone nella collettiva Bologna si rivela nei palazzi della Fondazione Carisbo e partecipa al progetto d’arte e moda contemporanea Black Fast Fashion al Fashion Week di Milano.
17
marzo 2006
Dim Sampaio – Homeless museum
Dal 17 al 30 marzo 2006
arte contemporanea
Location
PALAZZO D’ACCURSIO
Bologna, Piazza Maggiore, 6, (Bologna)
Bologna, Piazza Maggiore, 6, (Bologna)
Vernissage
17 Marzo 2006, ore 17,30
Sito web
www.humanrightsnights.org
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