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A reverie interrupted by the police
L’idea e il titolo della collettiva prendono spunto da un film di Rodney Graham la cui atmosfera sembra rifarsi a Charlie Chaplin ed ai Fratelli Marx: romanticismo, poesia, teatralità, riflessione politica
Comunicato stampa
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Sabato 18 febbraio 2006, alle ore 19.00 si inaugura presso la galleria S.A.L.E.S. la mostra A reverie interrupted by the police, a cura di Gigiotto Del Vecchio, con opere di Simone Gilges, Sergej Jensen, Markus Schinwald, Lorenzo Scotto di Luzio, Joanne Tatham & Tom O'Sullivan.
L'idea e il titolo della collettiva prendono spunto da un film di Rodney Graham la cui atmosfera sembra rifarsi a Charlie Chaplin ed ai Fratelli Marx: romanticismo, poesia, teatralità, riflessione politica.
Gli artisti presenti in mostra, diversi sia per ambiti di ricerca che per nazionalità, come spiega lo stesso curatore, sono stati selezionati per costruire “…una mostra che cerca un'ambientazione rigorosa, quasi classica, di riflessione, invisibilmente politica, sottilmente dura. Un percorso aperto, di serena sopravvivenza, ma anche insofferente… I lavori degli artisti scelti rappresentano una sorta di pattern compositivo, il cui scopo melodico è la convivenza. Si tratta di artisti accomunati dalla personalità e lunghezza dello sguardo che arriva prima della definizione formale dell'opera. E' comunque una mostra che non analizza linguaggi e metodi compositivi, ma che spera di comunicare uno stato d'animo sognante, controverso e propositivo allo stesso tempo…"
Simone Gilges (nata a Bonn nel 1973, vive e lavora a Berlino) presenta una selezione di fotografie che propongono una riflessione sul senso e la possibilità della libertà, del libero pensiero e della libera volontà.
“...Mescolando le dimensioni e le tecniche, la fotografia è una riflessione personale, che crea legami intorno e dentro la cerchia degli aspetti e dei modelli controversi, le sensibilità, come ad esempio il passato, i tabù, il radicalismo, la devozione e la passione, l’esplorazione, la sessualità, la spiritualità, il conformismo, l’ironia, la giovinezza, i viaggi, l’esperienza della vita, il futuro…" (Simone Gilges)
Sergej Jensen (nato a Maglegaard, Danimarca nel 1973, vive e lavora a Berlino): i suoi quadri consistono in pannelli di lino o di lana di media misura scoloriti con cloro e ammoniaca, tinti e adornati con pezzetti di stoffa o di altri materiali. Usa spesso tela di sacco, applica carte e talvolta banconote, utilizza materiali poveri. Il motto ambientalista “riduci, riusa, ricicla” descrive la pratica umile e allo stesso tempo priva di sovrastrutture in cui i tratti, le macchie o le decolorazioni si sovrappongono alle strutture del pensiero.
Markus Schinwald (nato a Salisburgo nel 1973, vive e lavora a Vienna) espone il video 1st Part Conditional ed una serie di disegni. I suoi lavori alludono in maniera molto individualistica ai miti della storia, della psicoanalisi, e delle teorie culturali. Il video presentato, grazie alla mancanza di velocità, crea una densità narrativa ed apre nuove prospettive sulla comprensione del contenuto e sui contorni della percezione. In un grande appartamento, quasi vuoto e con una serie di porte, una figura femminile si muove in modo spasmodico, mentre quella maschile siede immobile. Schinwald ricrea un’atmosfera surreale e la struttura erratica dei suoi filmati allude alla tradizione dei film sperimentali. Schinwald è continuamente alla ricerca del mistico nascosto sotto la superficie del quotidiano. Spesso nei suoi filmati, i protagonisti sembrano imprigionati nella ripetizione rituale di gesti insignificanti, risultando simili a marionette. Il corpo assomiglia ad un artefatto culturale.
Nei Manipulated portraits, Schinwald altera in maniera impercettibile gli attributi culturali dell’era Biedermeier, ad esempio i vestiti, le acconciature, i gesti con l'inserimento di protesi paradossali quanto sofisticate.
Lorenzo Scotto di Luzio (nato a Pozzuoli nel 1972, vive e lavora tra Napoli e Berlino): il suo lavoro è regolato dalla necessità di una continua mobilità tra i linguaggi che lo inducono a passare senza distinzione dal disegno al video, dall’installazione alla fotografia.,. Il disegno qui esposto ritrae il giocatore di calcio della Lazio Di Canio mentre fa il saluto romano alla curva laziale dello stadio.
Scotto mette così in scena una situazione paradigmatica, forzando il reale a piegarsi ai paradossi della dimensione immaginativa. L’ironia che leggera condisce ogni sua opera, ha di contro un fondamento pesante in quel senso d’incertezza che presiede, appena sotto alla superficie delle apparenze, al nostro quotidiano rapporto con la realtà.
Joanne Tatham & Tom O'Sullivan (nati rispettivamente nel 1971 e nel 1967 a Glasgow dove lavorano) affrontano una gran varietà di narrative e di tematiche, che si manifestano attraverso una moltitudine di forme. Gli artisti “mettono in scena” un vocabolario d’immagini, frasi e forme che fanno parte di una storia comune.
In questa occasione espongono una scultura, realizzata in purissimo granito nero: undici lettere alte 30 cm. ciascuna, formano la frase “Heroin Kills” che da una parte esprime pericolo ed avvertimento e dall' altra resta vaga ed imprecisa.
“Consideriamo il nostro lavoro parte della tradizione dell’arte concettuale. Mettiamo in discussione i parametri dell’arte, ci chiediamo cosa rappresenti l’arte contemporanea, cosa è concesso e cosa non è concesso. Siamo interessati a creare un tipo di arte che abbia un effetto visivo e fisico sull’osservatore - che ti piaccia o meno ti ci devi confrontare, mettere in relazione”.
Giocando con le aspettative dell’osservatore, cercano di irritarle, manovrandole con diverse tecniche. La scultura suona come uno slogan ma non lo è. Ricorda “il fumo uccide” sui pacchetti di sigarette, “la velocità alla guida uccide” dei cartelli stradali ma subito dopo viene da chiedersi: “come fa l’eroina ad uccidere? Uccide tutti o solo qualcuno? Non ne eravamo già al corrente? Chi è che ce lo sta dicendo?”. Si, lo sapevamo già. Abbiamo già visto in televisione infinite campagne pubblicitarie contro l’uso dell’eroina. È per questo che il messaggio risulta ancora più fastidioso.
Gli artisti cercano di svuotare di significato una frase già di per sé vuota. “Heroin Kills” non è sovversiva, nel senso che non salta fuori all’improvviso per sovvertire delle regole prestabilite. È solo una finta sovversione, l’unica che ci rimane.
L'idea e il titolo della collettiva prendono spunto da un film di Rodney Graham la cui atmosfera sembra rifarsi a Charlie Chaplin ed ai Fratelli Marx: romanticismo, poesia, teatralità, riflessione politica.
Gli artisti presenti in mostra, diversi sia per ambiti di ricerca che per nazionalità, come spiega lo stesso curatore, sono stati selezionati per costruire “…una mostra che cerca un'ambientazione rigorosa, quasi classica, di riflessione, invisibilmente politica, sottilmente dura. Un percorso aperto, di serena sopravvivenza, ma anche insofferente… I lavori degli artisti scelti rappresentano una sorta di pattern compositivo, il cui scopo melodico è la convivenza. Si tratta di artisti accomunati dalla personalità e lunghezza dello sguardo che arriva prima della definizione formale dell'opera. E' comunque una mostra che non analizza linguaggi e metodi compositivi, ma che spera di comunicare uno stato d'animo sognante, controverso e propositivo allo stesso tempo…"
Simone Gilges (nata a Bonn nel 1973, vive e lavora a Berlino) presenta una selezione di fotografie che propongono una riflessione sul senso e la possibilità della libertà, del libero pensiero e della libera volontà.
“...Mescolando le dimensioni e le tecniche, la fotografia è una riflessione personale, che crea legami intorno e dentro la cerchia degli aspetti e dei modelli controversi, le sensibilità, come ad esempio il passato, i tabù, il radicalismo, la devozione e la passione, l’esplorazione, la sessualità, la spiritualità, il conformismo, l’ironia, la giovinezza, i viaggi, l’esperienza della vita, il futuro…" (Simone Gilges)
Sergej Jensen (nato a Maglegaard, Danimarca nel 1973, vive e lavora a Berlino): i suoi quadri consistono in pannelli di lino o di lana di media misura scoloriti con cloro e ammoniaca, tinti e adornati con pezzetti di stoffa o di altri materiali. Usa spesso tela di sacco, applica carte e talvolta banconote, utilizza materiali poveri. Il motto ambientalista “riduci, riusa, ricicla” descrive la pratica umile e allo stesso tempo priva di sovrastrutture in cui i tratti, le macchie o le decolorazioni si sovrappongono alle strutture del pensiero.
Markus Schinwald (nato a Salisburgo nel 1973, vive e lavora a Vienna) espone il video 1st Part Conditional ed una serie di disegni. I suoi lavori alludono in maniera molto individualistica ai miti della storia, della psicoanalisi, e delle teorie culturali. Il video presentato, grazie alla mancanza di velocità, crea una densità narrativa ed apre nuove prospettive sulla comprensione del contenuto e sui contorni della percezione. In un grande appartamento, quasi vuoto e con una serie di porte, una figura femminile si muove in modo spasmodico, mentre quella maschile siede immobile. Schinwald ricrea un’atmosfera surreale e la struttura erratica dei suoi filmati allude alla tradizione dei film sperimentali. Schinwald è continuamente alla ricerca del mistico nascosto sotto la superficie del quotidiano. Spesso nei suoi filmati, i protagonisti sembrano imprigionati nella ripetizione rituale di gesti insignificanti, risultando simili a marionette. Il corpo assomiglia ad un artefatto culturale.
Nei Manipulated portraits, Schinwald altera in maniera impercettibile gli attributi culturali dell’era Biedermeier, ad esempio i vestiti, le acconciature, i gesti con l'inserimento di protesi paradossali quanto sofisticate.
Lorenzo Scotto di Luzio (nato a Pozzuoli nel 1972, vive e lavora tra Napoli e Berlino): il suo lavoro è regolato dalla necessità di una continua mobilità tra i linguaggi che lo inducono a passare senza distinzione dal disegno al video, dall’installazione alla fotografia.,. Il disegno qui esposto ritrae il giocatore di calcio della Lazio Di Canio mentre fa il saluto romano alla curva laziale dello stadio.
Scotto mette così in scena una situazione paradigmatica, forzando il reale a piegarsi ai paradossi della dimensione immaginativa. L’ironia che leggera condisce ogni sua opera, ha di contro un fondamento pesante in quel senso d’incertezza che presiede, appena sotto alla superficie delle apparenze, al nostro quotidiano rapporto con la realtà.
Joanne Tatham & Tom O'Sullivan (nati rispettivamente nel 1971 e nel 1967 a Glasgow dove lavorano) affrontano una gran varietà di narrative e di tematiche, che si manifestano attraverso una moltitudine di forme. Gli artisti “mettono in scena” un vocabolario d’immagini, frasi e forme che fanno parte di una storia comune.
In questa occasione espongono una scultura, realizzata in purissimo granito nero: undici lettere alte 30 cm. ciascuna, formano la frase “Heroin Kills” che da una parte esprime pericolo ed avvertimento e dall' altra resta vaga ed imprecisa.
“Consideriamo il nostro lavoro parte della tradizione dell’arte concettuale. Mettiamo in discussione i parametri dell’arte, ci chiediamo cosa rappresenti l’arte contemporanea, cosa è concesso e cosa non è concesso. Siamo interessati a creare un tipo di arte che abbia un effetto visivo e fisico sull’osservatore - che ti piaccia o meno ti ci devi confrontare, mettere in relazione”.
Giocando con le aspettative dell’osservatore, cercano di irritarle, manovrandole con diverse tecniche. La scultura suona come uno slogan ma non lo è. Ricorda “il fumo uccide” sui pacchetti di sigarette, “la velocità alla guida uccide” dei cartelli stradali ma subito dopo viene da chiedersi: “come fa l’eroina ad uccidere? Uccide tutti o solo qualcuno? Non ne eravamo già al corrente? Chi è che ce lo sta dicendo?”. Si, lo sapevamo già. Abbiamo già visto in televisione infinite campagne pubblicitarie contro l’uso dell’eroina. È per questo che il messaggio risulta ancora più fastidioso.
Gli artisti cercano di svuotare di significato una frase già di per sé vuota. “Heroin Kills” non è sovversiva, nel senso che non salta fuori all’improvviso per sovvertire delle regole prestabilite. È solo una finta sovversione, l’unica che ci rimane.
18
febbraio 2006
A reverie interrupted by the police
Dal 18 febbraio al 29 aprile 2006
arte contemporanea
Location
STUDIO SALES DI NORBERTO RUGGERI
Roma, Piazza Dante, 2, (Roma)
Roma, Piazza Dante, 2, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato dalle ore 15,30 alle 19,30 o su appuntamento
Vernissage
18 Febbraio 2006, ore 19
Autore
Curatore