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«L’Arte del Terzo Millennio ha necessità di un cambiamento di rotta a 360°. La conoscenza profonda di una specifica disciplina traslata nella creatività artistica è il solo linguaggio concreto e possibile dell’arte del Terzo Millennio. L’artista oggi deve essere a servizio della società». Sono parole di Lucrezia De Domizio Durini, “personaggio atipico del sistema dell’arte”, si legge nella sua biografia, che è stata tra i più stretti sostenitori dell’opera di Joseph Beuys, soprattutto con l’operazione Difesa della Natura. Collezionista e curatrice, filantropa e Presidente della Free International University italiana, membro onorario della Kunsthaus di Zurigo, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal 2001, era forse scritto che, prima o poi, sarebbe dovuta uscire un racconto autobiografico. E ora è arrivato, e lo si presenta oggi, alla Mondadori di piazza Duomo di Milano. Si intitola Perché Le sfide di una donna oltre l’arte, e probabilmente mai titolo è stato più azzeccato per raccontare “i perché” di una figura che ha seguito quarant’anni dell’arte internazionale del ‘900 e non solo, vedendo nascere e appoggiando Transavanguardia, Arte Povera e Concettuale. Un flusso di descrizioni e scorci di vita che ritraggono, anche nella loro quotidianità e umanità, grandi artisti da Alighiero Boetti a Sandro Chia, da De Domincis a Ontani, da Paolini a Ettore Spalletti, arrivando alla categoria dei critici, tra cui figurano Germano Celant, Bruno Corà, Vittorio Sgarbi, Italo Tomassoni, fino a varie Documenta, Biennali e musei, altri “amici” come Lina Wertmüller, John Cage, Giorgio Gaslini ed Emanuel Pimenta. «Attraverso un’arte che tocca e risveglia concretamente i valori di tutti gli uomini della terra, ho trovato la mia giusta strada, ed è stato facile liberarmi dal conformismo. Ho vissuto una vita intensa nell’arte, un impegno che non si rappresenta solo nello specifico, ma ha sempre tentato una risposta alle esigenze morali».
Una collezionista di rapporti umani, si autodefinisce De Domizio Durini, etica nell’arte come nella vita, integra nei concetti e nella volontà di cambiamento. Perché? Perché i sogni sono radicali e rivoluzionari. Perché i sogni fanno i conti con la realtà. Perché il romanzo di una vita diviene, al tempo stesso, un j’accuse ricco di episodi e spunti critici sulle carenze del sistema culturale e politico italiano, troppo spesso incapace di valorizzare e sostenere il patrimonio impareggiabile di arte e talenti che il nostro Paese può vantare. Perché? Forse perché se siete appassionati d’arte potrete riconoscere storie ed “empatie”, e perché se invece vi interessa saperne qualcosa, questo potrebbe essere un buon inizio.