Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Regresso Arti
collettiva
Comunicato stampa
Segnala l'evento
dal catalogo della mostra:
Dall’Art. 21 della Costituzione Italiana - la libertà di stampa:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Da queste parole della nostra Costituzione, nasce l’idea della presente mostra.
Nell’era della comunicazione di massa, della TV, di Internet, si potrebbe pensare che la libertà di stampa sia una libertà ormai assodata, scontata, specie nella nostra democratica civiltà dell’occidente; forse è così.
Il mondo dell’arte poi, il cui linguaggio a volte pare persino un codice cifrato, ermetico e insondabile per i profani, si pensa essere ancora più libero, indipendente e affrancato da ogni tentazione censoria o strumentalizzatrice da parte del potere e del mercato.
Forse è così, per qualcuno, ma noi artisti non “embedded”, visionari che spesso si trovano a combattere contro le pale di insidiosi mulini, vogliamo prendere questo Articolo della Costituzione e farne una bandiera, facendo nostre le parole di William Morris:
“Noi cerchiamo la perfezione ma non possiamo trovare mezzi perfetti per metterla in pratica; fate che sia sufficiente, per noi, unirci con coloro i cui scopi sono giusti, ed i mezzi onesti e concreti” (1) .
Vogliamo quindi ringraziare la Comunità Montana del Metauro e i Comuni che, aderendo all’iniziativa, hanno offerto agli artisti tali “mezzi” e porgiamo il nostro tributo al grande artista forsempronese ed europeo Anselmo Bucci, maestro d’Arte e di Libertà.
Il Presidente dell’Associazione Regresso Arti
Franco Cenerelli
(1) William Morris - L’arte sotto la Plutocrazia
IL SEGNO INCISO
L'incisione è tecnica atta a lasciare una traccia, sia essa superficiale o profonda, questa definizione che a tutta prima esempla un senso di ovvietà, è tuttavia significativa per definire una tecnica che è al tempo forma ed una materia che è al tempo coagulo teorico/simbolico.
Le stesse definizioni delle varie prassi incisorie denotano come la designazione fattuale, possieda un retrogusto linguistico che si origina in un remoto intrecciarsi di simboli, ambiti culturali e perché no, allusioni ermetiche.
Pensiamo al fatto che la stessa etimologia di tecnica è riferibile, partendo dal greco, all'idea di arte, e la radice sanscrita riferibile a questa definizione, indica il fare, la procedura, questa digressione non è certo puntigliosa erudizione, ma tentativo di ampliare un aspetto vasto dell'idea incisoria, spesso relegata in un ambito di pura prassi tecnico-esecutiva.
L'esecuzione, il processo di realizzazione di una stampa, presume una serie di passaggi che vanno comunque effettuati, quindi suppone una sorta di movimento operativo, un transito finalizzante, compiuto dall'artista che sceglie la materia, la predispone all'uso e successivamente interviene adeguatamente su di essa.
Occorre un soggetto dotato della necessaria competenza, una sorta di maestro di cerimonia che conduca la prassi mediante una serie di passaggi sapienti e attraversando stati esecutivi che conducano al risultato finale.
Sto galleggiando su metonimie, ma non essendo incisore voglio permettermi di leggere questa pratica con una attitudine vorrei dire, ereticale.
Sono proprio alcune definizioni metonimiche che vorrei approfondire, cercando nessi forse arbitrari, ma di sostanziale contiguità.
Esiste tra le altre tecniche una modalità chiamata maniera nera, cito espressamente una definizione Esecutiva: "l'incisore lavora in negativo partendo da un fondo scuro, per arrivare a delle zone bianche".
Non riesco a non pensare ad una acclarata, peraltro squisitamente linguistica, assonanza con la procedura alchimistica; anche in questo caso l'operatore parte dal nero della nigredo per arrivare al bianco dell'albedo attraverso fasi di purificazione della materia trattata.
È individuabile nella pratica dell'incisione, come in quella alchimistica, un sotteso processo di morte/rinascita; la lastra è incisa, ferita, violata nella sua purezza materiale da punte, acidi che "mangiano" la superficie, in una sorta di cammino sacrificale ed iniziatico della materia per giungere alla fulgidezza definitiva ed assertiva del segno.
Così anche il procedimento alchimistico, parla di morte, putrefactio, violenza iniziale per arrivare alla purificazione esaltante ed esaltata del definitivo risultato finale.
L'alchimia è una scienza immaginaria e per l'immaginario, l'incisione è anch'essa una tecnica ed una prassi dell'immaginario, se si intende con questa definizione, ciò che produce una immagine, quella di un foglio recante su di sé tracce, segni, ferite, della procedura appena conclusa.
Questa collusione esemplare tra le due prassi può forse apparire arbitraria, ma ecco che un artista come Rembrandt esemplifica e rinsalda l'apparente cesura.
In una acquaforte del 1652 egli rappresenta il dottor Faust nel suo studio con vari riferimenti ermetici e filosofali; mentre tutta l'immagine è tenuta su di un nero deciso e avvolgente, lo studioso è visibilmente attratto da punti di luce dove si rivelano allusioni cabalistiche e figure geometriche che ricordano l'iconografia tradizionale della pietra filosofale.
C'è anche un altro aspetto sottile della contaminazione sin qui perseguita, l'incisore, come l'alchimista è solo; solo a lui è data la facoltà di eseguire i vari passaggi di lavorazione della lastra, come l'alchimista nelle fasi esecutive dell'Opus, per arrivare all'opera finale che è ciò che l'artista ha deciso e scelto.
Entrambi trasformano la materia, entrambi interrogano la memoria archetipale, entrambi hanno nel segno della solitudine creativa un rapporto con la prassi tecnica della trasmutazione della materia.
In termini alchemici la fase iniziale corrisponde alla nigredo, una fase caratterizzata dalla materia in sé, la sostanza che deve essere purificata dalla prassi, per subire la trasmutazione ciò avviene sotto l'egida del metallo, piombo per l'alchimista, la lastra per l'incisore, egli quindi assume la fredda sostanza del metallo per assicurarne la trasformazione in calda materia segnica.
Le stesse opere presenti in mostra, sviluppano una idea estensiva della prassi incisoria utilizzando ed enfatizzando tutti i passaggi esecutivi, squadernando le metodologie estetiche come assunti di un discorso dichiaratamente grafico.
Il parallelo, peraltro metaforico, sin qui adottato con l'universo alchemico, trova una ulteriore
precisazione nelle tipologie espressive adottate.
Si va dalla nigredo, evocata da una insistenza segnica fortemente connotata da uno spazio atro, appena solcato da linee graffiate, all'albedo del foglio bianco, dove la valenza incisoria è esaltata dall'impronta a secco, purificazione albicante del segno.
In alcuni casi il dato espressivo dominante è costituito dalla cifra segnica, condotta sulla dissonanza tra spessori grafici e variazioni modulari delle tracce, tra neri assoluti e gamme distribuite di grigi.
Altre prove incisorie traggono vitalità dalla contaminazione tra segno e immagine, in un inverare l'uno rispetto all'altra, giocando tra le due differenti modalità percettive.
Appaiono in alcuni casi tipologie segniche reiterate, in una sorta di sviluppo seriale, disgiunte dal procedere per accumulazione, da una garbata gradazione del segno e dalla modulazione dei neri, grigi e bianchi.
L'aspetto iconico pare suffragare anch'esso le ipotesi sin qui suggerite, le variazioni visive e rappresentative, attraversano una estesa gamma iconografica: da una figurazione classica sino ad una contaminazione tra foto e segno, per attraversare una sorta di simbiosi tra segno e scrittura.
La stampa a secco presuppone l'evocazione di una forma che non si dà attraverso la sua descrizione, ma per mezzo della modulazione del supporto cartaceo impresso, evidenziato dalle corrugazioni della lastra.
Diverso è il caso in cui l'impronta, la traccia, il segno figurale, appaiono assorbiti e delimitati dalla scrittura, provocando una alterazione visiva assai significativa, poiché il significato dello scritto slitta al di fuori del contesto visivo, mentre il significante si dà come segno grafico ed espressivo.
Non mancano peraltro esempi di tradizionale abilità esecutiva, attraverso una descrittività immaginale che ripropone attitudini visive quali la figura o il paesaggio, risolte attraverso una procedura rappresentativa che sfiora la mimesi fotografica.
In altri casi l'immagine viene frantumata negli aspetti che comunemente la contraddistinguono, ecco quindi che accanto a lacerti di tipo fotografico, appaiono elementi scritturali a mo' di logo, mentre una insistita grafia si appropria di un segno serpentinante ed incisivo che enfatizza ed al tempo discrimina il tessuto figurale sottostante .
Va segnalata anche una tipologia quasi tipografica che si affaccia in alcune opere, adottando il principio dell'accumulo e della sovrapposizione in una reiterata affermazione e negazione della compattezza dell'immagine, in favore di una poetica del frammento.
Ecco quindi l'incisone come appare nelle opere di questa mostra, una idea della prassi esecutiva e una prassi dell'idea creativa.
Maurizio Cesarini
Dall’Art. 21 della Costituzione Italiana - la libertà di stampa:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Da queste parole della nostra Costituzione, nasce l’idea della presente mostra.
Nell’era della comunicazione di massa, della TV, di Internet, si potrebbe pensare che la libertà di stampa sia una libertà ormai assodata, scontata, specie nella nostra democratica civiltà dell’occidente; forse è così.
Il mondo dell’arte poi, il cui linguaggio a volte pare persino un codice cifrato, ermetico e insondabile per i profani, si pensa essere ancora più libero, indipendente e affrancato da ogni tentazione censoria o strumentalizzatrice da parte del potere e del mercato.
Forse è così, per qualcuno, ma noi artisti non “embedded”, visionari che spesso si trovano a combattere contro le pale di insidiosi mulini, vogliamo prendere questo Articolo della Costituzione e farne una bandiera, facendo nostre le parole di William Morris:
“Noi cerchiamo la perfezione ma non possiamo trovare mezzi perfetti per metterla in pratica; fate che sia sufficiente, per noi, unirci con coloro i cui scopi sono giusti, ed i mezzi onesti e concreti” (1) .
Vogliamo quindi ringraziare la Comunità Montana del Metauro e i Comuni che, aderendo all’iniziativa, hanno offerto agli artisti tali “mezzi” e porgiamo il nostro tributo al grande artista forsempronese ed europeo Anselmo Bucci, maestro d’Arte e di Libertà.
Il Presidente dell’Associazione Regresso Arti
Franco Cenerelli
(1) William Morris - L’arte sotto la Plutocrazia
IL SEGNO INCISO
L'incisione è tecnica atta a lasciare una traccia, sia essa superficiale o profonda, questa definizione che a tutta prima esempla un senso di ovvietà, è tuttavia significativa per definire una tecnica che è al tempo forma ed una materia che è al tempo coagulo teorico/simbolico.
Le stesse definizioni delle varie prassi incisorie denotano come la designazione fattuale, possieda un retrogusto linguistico che si origina in un remoto intrecciarsi di simboli, ambiti culturali e perché no, allusioni ermetiche.
Pensiamo al fatto che la stessa etimologia di tecnica è riferibile, partendo dal greco, all'idea di arte, e la radice sanscrita riferibile a questa definizione, indica il fare, la procedura, questa digressione non è certo puntigliosa erudizione, ma tentativo di ampliare un aspetto vasto dell'idea incisoria, spesso relegata in un ambito di pura prassi tecnico-esecutiva.
L'esecuzione, il processo di realizzazione di una stampa, presume una serie di passaggi che vanno comunque effettuati, quindi suppone una sorta di movimento operativo, un transito finalizzante, compiuto dall'artista che sceglie la materia, la predispone all'uso e successivamente interviene adeguatamente su di essa.
Occorre un soggetto dotato della necessaria competenza, una sorta di maestro di cerimonia che conduca la prassi mediante una serie di passaggi sapienti e attraversando stati esecutivi che conducano al risultato finale.
Sto galleggiando su metonimie, ma non essendo incisore voglio permettermi di leggere questa pratica con una attitudine vorrei dire, ereticale.
Sono proprio alcune definizioni metonimiche che vorrei approfondire, cercando nessi forse arbitrari, ma di sostanziale contiguità.
Esiste tra le altre tecniche una modalità chiamata maniera nera, cito espressamente una definizione Esecutiva: "l'incisore lavora in negativo partendo da un fondo scuro, per arrivare a delle zone bianche".
Non riesco a non pensare ad una acclarata, peraltro squisitamente linguistica, assonanza con la procedura alchimistica; anche in questo caso l'operatore parte dal nero della nigredo per arrivare al bianco dell'albedo attraverso fasi di purificazione della materia trattata.
È individuabile nella pratica dell'incisione, come in quella alchimistica, un sotteso processo di morte/rinascita; la lastra è incisa, ferita, violata nella sua purezza materiale da punte, acidi che "mangiano" la superficie, in una sorta di cammino sacrificale ed iniziatico della materia per giungere alla fulgidezza definitiva ed assertiva del segno.
Così anche il procedimento alchimistico, parla di morte, putrefactio, violenza iniziale per arrivare alla purificazione esaltante ed esaltata del definitivo risultato finale.
L'alchimia è una scienza immaginaria e per l'immaginario, l'incisione è anch'essa una tecnica ed una prassi dell'immaginario, se si intende con questa definizione, ciò che produce una immagine, quella di un foglio recante su di sé tracce, segni, ferite, della procedura appena conclusa.
Questa collusione esemplare tra le due prassi può forse apparire arbitraria, ma ecco che un artista come Rembrandt esemplifica e rinsalda l'apparente cesura.
In una acquaforte del 1652 egli rappresenta il dottor Faust nel suo studio con vari riferimenti ermetici e filosofali; mentre tutta l'immagine è tenuta su di un nero deciso e avvolgente, lo studioso è visibilmente attratto da punti di luce dove si rivelano allusioni cabalistiche e figure geometriche che ricordano l'iconografia tradizionale della pietra filosofale.
C'è anche un altro aspetto sottile della contaminazione sin qui perseguita, l'incisore, come l'alchimista è solo; solo a lui è data la facoltà di eseguire i vari passaggi di lavorazione della lastra, come l'alchimista nelle fasi esecutive dell'Opus, per arrivare all'opera finale che è ciò che l'artista ha deciso e scelto.
Entrambi trasformano la materia, entrambi interrogano la memoria archetipale, entrambi hanno nel segno della solitudine creativa un rapporto con la prassi tecnica della trasmutazione della materia.
In termini alchemici la fase iniziale corrisponde alla nigredo, una fase caratterizzata dalla materia in sé, la sostanza che deve essere purificata dalla prassi, per subire la trasmutazione ciò avviene sotto l'egida del metallo, piombo per l'alchimista, la lastra per l'incisore, egli quindi assume la fredda sostanza del metallo per assicurarne la trasformazione in calda materia segnica.
Le stesse opere presenti in mostra, sviluppano una idea estensiva della prassi incisoria utilizzando ed enfatizzando tutti i passaggi esecutivi, squadernando le metodologie estetiche come assunti di un discorso dichiaratamente grafico.
Il parallelo, peraltro metaforico, sin qui adottato con l'universo alchemico, trova una ulteriore
precisazione nelle tipologie espressive adottate.
Si va dalla nigredo, evocata da una insistenza segnica fortemente connotata da uno spazio atro, appena solcato da linee graffiate, all'albedo del foglio bianco, dove la valenza incisoria è esaltata dall'impronta a secco, purificazione albicante del segno.
In alcuni casi il dato espressivo dominante è costituito dalla cifra segnica, condotta sulla dissonanza tra spessori grafici e variazioni modulari delle tracce, tra neri assoluti e gamme distribuite di grigi.
Altre prove incisorie traggono vitalità dalla contaminazione tra segno e immagine, in un inverare l'uno rispetto all'altra, giocando tra le due differenti modalità percettive.
Appaiono in alcuni casi tipologie segniche reiterate, in una sorta di sviluppo seriale, disgiunte dal procedere per accumulazione, da una garbata gradazione del segno e dalla modulazione dei neri, grigi e bianchi.
L'aspetto iconico pare suffragare anch'esso le ipotesi sin qui suggerite, le variazioni visive e rappresentative, attraversano una estesa gamma iconografica: da una figurazione classica sino ad una contaminazione tra foto e segno, per attraversare una sorta di simbiosi tra segno e scrittura.
La stampa a secco presuppone l'evocazione di una forma che non si dà attraverso la sua descrizione, ma per mezzo della modulazione del supporto cartaceo impresso, evidenziato dalle corrugazioni della lastra.
Diverso è il caso in cui l'impronta, la traccia, il segno figurale, appaiono assorbiti e delimitati dalla scrittura, provocando una alterazione visiva assai significativa, poiché il significato dello scritto slitta al di fuori del contesto visivo, mentre il significante si dà come segno grafico ed espressivo.
Non mancano peraltro esempi di tradizionale abilità esecutiva, attraverso una descrittività immaginale che ripropone attitudini visive quali la figura o il paesaggio, risolte attraverso una procedura rappresentativa che sfiora la mimesi fotografica.
In altri casi l'immagine viene frantumata negli aspetti che comunemente la contraddistinguono, ecco quindi che accanto a lacerti di tipo fotografico, appaiono elementi scritturali a mo' di logo, mentre una insistita grafia si appropria di un segno serpentinante ed incisivo che enfatizza ed al tempo discrimina il tessuto figurale sottostante .
Va segnalata anche una tipologia quasi tipografica che si affaccia in alcune opere, adottando il principio dell'accumulo e della sovrapposizione in una reiterata affermazione e negazione della compattezza dell'immagine, in favore di una poetica del frammento.
Ecco quindi l'incisone come appare nelle opere di questa mostra, una idea della prassi esecutiva e una prassi dell'idea creativa.
Maurizio Cesarini
10
dicembre 2005
Regresso Arti
Dal 10 dicembre 2005 all'otto gennaio 2006
arte contemporanea
Location
QUADRERIA CESARINI
Fossombrone, Via Giacomo Pergamino, 23, (Pesaro E Urbino)
Fossombrone, Via Giacomo Pergamino, 23, (Pesaro E Urbino)
Orario di apertura
sabato ore 15,30-18,30; domenica ore 10-12 e 15,30 -18,30 (chiamare preventivamente il 3493571677)
Vernissage
10 Dicembre 2005, ore 10
Sito web
www.regresso.it
Autore
Curatore