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Giovanni Kosta
mostra dell’artista fotografo
Comunicato stampa
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La fotografia come interpretazione della realtà
di Cristina Tafuri
Nel suo libro “Perché fotografo come fotografo”, Mario Bellavista scriveva nel 1948: “ Perché fotografo? Perché è bello riprodurre le immagini della natura con la magia di una lente; perché è bello per chi non è pittore né disegnatore né scultore poter fissare con la luce su un bianco foglio il sorriso di un volto; perché è bello poter riprodurre queste immagini a nostro piacimento e lasciar percepire sulla trama fotografica l’impronta della mano che l’ha guidata .”
Perché fotografa Giovanni Kosta?
Anche lui come Mario Bellavista, non è né pittore, né disegnatore né scultore, è un fotografo che osserva, descrive, interpreta e dipinge la realtà.
Nei suoi ultimi lavori, infatti, che hanno come tema paesaggi marini, a lui familiari, essendo Kosta nativo di Torre Annunziata, l’autore non ci presenta la tipica visione da cartolina del mare, della spiaggia, ma le immagini, acquisite al computer, “lasciano percepire sulla trama fotografica l’impronta della mano che le ha guidate.”
Giovanni Kosta inizia la sua esperienza come fotografo, lavora in diversi studi fotografici, poi, verso la fine degli anni ’90, approda ad una nuova ricerca: la fotografia viene ottimizzata con l’ausilio del computer, manipolata con tutte le strumentazioni tipiche dei software, che agiscono sull’ immagine, allo stesso modo di un pittore che con pennello e tavolozza lavora sulla tela, e il risultato finale è quello di assomigliare all’opera di un artista….
In queste foto, i cui colori, sono calibrati, dosati, calcolati dal fotografo con il computer, spiccano contrasti cromatici fra rosso e verde, blu e giallo, arancione e violetto; demiurgo dell’immagine, assembla nelle sue vedute marine, barche e angoli di strade, visioni, da ex voto accanto a imbarcazioni, pescatori quasi estranei al loro ambiente, sotto improbabili cieli di un viola cupo.
Kosta, in questi lavori, smette di essere soltanto fotografo, per superare quel puro e semplice richiamo ad un incontro diretto con il mondo esterno. Come si diceva prima,, l’autore rifiuta l’idea che la fotografia debba essere racconto o imitazione delle cose, infatti, i suoi lavori non sono il reportage di albe o tramonti sul mare. Certo egli ci restituisce con attenta sensibilità pittorica il cielo livido, il lavoro dei pescatori, il corpo spettrale del vascello all’ancora, il buio scivolare delle barche sotto un sole senza luce né calore, il cui riflesso sull’acqua è ottenuto con una grana materica molto spessa.
L’immagine che ce ne viene non riguarda perciò questo o quello oggetto in particolare, non è affatto la fotografia di uno stato di cose, bensì uno stato d’animo perfetto in tutte le parti; ed anche in questa apparente contrazione della fantasia tematica, il paesaggio marino, Kosta non cede alla lusinga di una serie di di foto sul “motivo”, perché per lui il motivo è cosa insignificante, ciò che lui vuole riprodurre, con l’ausilio appunto del computer, sono grevi opacità alternate a velature impalpabili, grovigli cupi, districati in esplosioni cromatiche: tutto questo è l’inesauribile sintassi nella quale la parola del colore esercita una propria libertà…
di Cristina Tafuri
Nel suo libro “Perché fotografo come fotografo”, Mario Bellavista scriveva nel 1948: “ Perché fotografo? Perché è bello riprodurre le immagini della natura con la magia di una lente; perché è bello per chi non è pittore né disegnatore né scultore poter fissare con la luce su un bianco foglio il sorriso di un volto; perché è bello poter riprodurre queste immagini a nostro piacimento e lasciar percepire sulla trama fotografica l’impronta della mano che l’ha guidata .”
Perché fotografa Giovanni Kosta?
Anche lui come Mario Bellavista, non è né pittore, né disegnatore né scultore, è un fotografo che osserva, descrive, interpreta e dipinge la realtà.
Nei suoi ultimi lavori, infatti, che hanno come tema paesaggi marini, a lui familiari, essendo Kosta nativo di Torre Annunziata, l’autore non ci presenta la tipica visione da cartolina del mare, della spiaggia, ma le immagini, acquisite al computer, “lasciano percepire sulla trama fotografica l’impronta della mano che le ha guidate.”
Giovanni Kosta inizia la sua esperienza come fotografo, lavora in diversi studi fotografici, poi, verso la fine degli anni ’90, approda ad una nuova ricerca: la fotografia viene ottimizzata con l’ausilio del computer, manipolata con tutte le strumentazioni tipiche dei software, che agiscono sull’ immagine, allo stesso modo di un pittore che con pennello e tavolozza lavora sulla tela, e il risultato finale è quello di assomigliare all’opera di un artista….
In queste foto, i cui colori, sono calibrati, dosati, calcolati dal fotografo con il computer, spiccano contrasti cromatici fra rosso e verde, blu e giallo, arancione e violetto; demiurgo dell’immagine, assembla nelle sue vedute marine, barche e angoli di strade, visioni, da ex voto accanto a imbarcazioni, pescatori quasi estranei al loro ambiente, sotto improbabili cieli di un viola cupo.
Kosta, in questi lavori, smette di essere soltanto fotografo, per superare quel puro e semplice richiamo ad un incontro diretto con il mondo esterno. Come si diceva prima,, l’autore rifiuta l’idea che la fotografia debba essere racconto o imitazione delle cose, infatti, i suoi lavori non sono il reportage di albe o tramonti sul mare. Certo egli ci restituisce con attenta sensibilità pittorica il cielo livido, il lavoro dei pescatori, il corpo spettrale del vascello all’ancora, il buio scivolare delle barche sotto un sole senza luce né calore, il cui riflesso sull’acqua è ottenuto con una grana materica molto spessa.
L’immagine che ce ne viene non riguarda perciò questo o quello oggetto in particolare, non è affatto la fotografia di uno stato di cose, bensì uno stato d’animo perfetto in tutte le parti; ed anche in questa apparente contrazione della fantasia tematica, il paesaggio marino, Kosta non cede alla lusinga di una serie di di foto sul “motivo”, perché per lui il motivo è cosa insignificante, ciò che lui vuole riprodurre, con l’ausilio appunto del computer, sono grevi opacità alternate a velature impalpabili, grovigli cupi, districati in esplosioni cromatiche: tutto questo è l’inesauribile sintassi nella quale la parola del colore esercita una propria libertà…
19
novembre 2005
Giovanni Kosta
Dal 19 al 30 novembre 2005
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ZEN
Salerno, Via Roma, 260, (Salerno)
Salerno, Via Roma, 260, (Salerno)
Autore
Curatore