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Tazio Secchiaroli / Angelo Pennoni – Accattone: i primi ciak
mostra fotografica sul film di Pier Paolo Pasolini
Comunicato stampa
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Nel trentennale della morte di Pier Paolo Pasolini, il Gabinetto Vieusseux lo ricorda con due iniziative particolari: “Accattone”: i primi ciak una mostra di foto (alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti) realizzata in collaborazione con Cinemazero di Pordenone, che testimonia l’esordio del Pasolini regista sul set di “Accattone” nella primissima versione - quella che doveva essere prodotta da Federico Fellini, ma che Fellini bocciò - e Il rito del degrado, una proiezione di interviste e servizi televisivi di e su Pasolini, in collaborazione con Cineteca Bologna.
Le due manifestazioni presentano dunque un materiale poco conosciuto del grande intellettuale friulano. Nei servizi compaiono cose realizzate dalla Rai ma anche altre, quasi inedite, della Televisione svizzera, francese, americana. A chiudere la proiezione sarà l’ultima intervista a Pasolini, quella del 31 ottobre del 1975, fatta, per Antenne 2, il giorno prima della sua uccisione all’Idroscalo di Ostia.
Il Gabinetto Vieusseux conserva nel suo archivio quasi tutti i documenti di Pier Paolo Pasolini, dai manoscritti delle prime poesie friulane al grande romanzo interrotto Petrolio, dai disegni - i ritratti di Maria Callas, di Roberto Longhi – dalle lettere dei suoi corrispondenti, come Gianfranco Contini, Elsa Morante, Italo Calvino. Questo immenso materiale è stato richiesto, in occasione del trentennale della morte, in Italia e in Europa per le innumerevoli manifestazioni in corso. Questo è il motivo per cui il Vieusseux ha deciso di ricordare il grande poeta, saggista, romanziere, dedicando a lui una giornata e una mostra rievocando il regista degli esordi e la forza delle sue apparizioni televisive.
“Accattone”: i primi ciak - Un film di Pier Paolo Pasolini - Mostra fotografica
Un viaggio sui primi passi mossi dal grande regista nel cinema, quando privo di cognizioni tecniche, ma forte di una lunga preparazione interiore esordisce nella regia con “Accattone”. «Sono arrivato effettivamente ad “Accattone” - dirà più tardi Pasolini - con una grande preparazione intima, una grande carica di passione cinematografica e di modo di sentire idealmente l'immagine, ma con una totale impreparazione tecnica».
Nell'agosto del 1960 Pasolini scrive alla madre in vacanza a Casarsa che ha quasi finito la sceneggiatura di “Accattone”. Ai dialoghi collabora Sergio Citti, sua guida eletta nell'universo delle borgate romane dove brulica quel sottoproletariato erede dell'amore nutrito, in gioventù, per il mondo contadino friulano. La lunga esperienza come sceneggiatore negli anni '50, soprattutto per Mauro Bolognini, aveva propiziato l'avvento alla regia. «Facendo il cinema - affermerà Pasolini - io vivevo finalmente secondo la mia filosofia».
Il film in un primo momento doveva essere prodotto dalla appena nata «Federiz» (Federico Fellini con Angelo Rizzoli). Pasolini compie accurati sopralluoghi e le fotografie scattate durante i sopraluoghi per questa folgorante opera prima documentano come spazi, personaggi e interpreti, a cominciare dal protagonista Franco Citti, fossero chiari e definiti fin dall'inizio.
Come provino Pasolini girò quasi per intero due scene, ma quando Fellini, che avrebbe dovuto produrre il film, le vide, disse che «quello non era cinema». E il lavoro viene così interrotto dopo solo due scene realizzate in tre giorni di riprese. A Fellini non piacque, « ...mi dice subito - racconterà poi Pasolini - che vuol essere sincero con me (ahi), e che il materiale che ha visto no, non l'ha convinto».
Il film e forse la carriera di regista di Pasolini si sarebbero arrestate lì se non fosse intervenuto un altro produttore, Alfredo Bini, che, rilevato il materiale girato, assicurò un seguito a quelle prime scene.
Le 53 foto documentano la fase di preparazione, cioè i sopralluoghi, la scelta degli attori e quei primi tre giorni di riprese, restituendo agli storici e al pubblico in genere la prova di un avvicendamento di cui si era persa traccia. Nelle foto scorgiamo come direttore della fotografia Carlo Di Palma e come aiuto regista Riccardo Fellini al posto di Tonino Delli Colli e Bernardo Bertolucci, che porteranno a termine il film.
Le fotografie sono di Tazio Secchiaroli, fotografo felliniano e ‘paparazzo’ per antonomasia, e sono rimaste "sepolte" per oltre trenta anni. Le fotografie sul set del film, prodotto poi da Alfredo Bini, sono invece di Angelo Pennoni.
Tazio Secchiaroli, nato a Roma nel 1925, inizia la sua carriera di fotografo ambulante, riprendendo per le strade di Roma i soldati americani ed i turisti. Nel 1951 approda all'Agenzia “Vedo” di Adolfo Porry Pastorel, uno dei padri del fotogiornalismo italiano, dal quale apprende "tutti i trucchi del mestiere". Fonda poi con Sergio Spinelli l'Agenzia “Roma Press Photo”. Dal 1958 inizia la sua collaborazione con Federico Fellini. Proprio scegliendo il nome per un personaggio della “Dolce Vita” Fellini nel 1960 creò la parola "paparazzo". La prontezza di spirito nello scattare le proprie immagini è una sorta di costante nell’opera di Tazio Secchiamoli, primo “paparazzo” della scena italiana, sin dagli albori degli Anni ‘50. E' una sua foto: la sequenza dello spogliarello di una ballerina, tra nobili e ricchi gaudenti, nel locale "Il Rugantino" a dare il via alla ‘dolce vita’ di via Veneto. Secchiaroli vive da protagonista scanzonato e arguto, preoccupato di divertirsi e nel contempo di far progredire la propria agenzia: eppure le sue foto a luce artificiale, rozze ma cariche di vita vera, aiutano a smuovere e rinnovare la fotografia di quel tempo. Dal 1964 al 1983 fotografa i protagonisti del cinema internazionale e gira il mondo seguendo Sofia Loren di cui diventa fotografo personale. Tazio Secchiaroli muore improvvisamente nella sua casa romana nella notte tra il 23 ed il 24 luglio 1998.
Angelo Pennoni, fotografo di scena umbro di nascita, romano d'adozione, ha attraversato tutto il cinema italiano. Nel 1951 è al fianco di Vittorio De Sica come fotografo di scena di “Miracolo a Milano”. Per lo stesso regista lavora anche in “Umberto D.” e “Stazione Termini” dove conosce Réné Clair che lo vorrebbe con sé a Parigi. Una specie di testimone onnipresente, trasversale, continuo del nostro cinema fino ai primi anni '90, lavorando in più di cento set e trovando sempre, istintivamente, l'angolatura giusta, con un comportamento da vero regista. Ma la dote più grande di Angelo Pennoni è la tensione emotiva, la forza interiore che riesce ad infondere alle sue immagini. Lo sguardo con cui Pennoni ha osservato il Citti-Accattone di Pasolini, la Mangano o la Lollobrigida dirette da Blasetti. E poi Mastroianni, Ferreri dagli occhi ora tristi ora ruvidi, Troisi vivace e disincantato. La vera fotografia ferma l'immagine, ma solo formalmente. Come fa la parola scritta con l'emozione. Il cinema italiano si ”muove”, eccome, nelle fotografie di Angelo Pennoni.
Morirà improvvisamente nel dicembre del 1992 dopo aver finito di fotografare sul set di “Diario di un vizio” di Marco Ferreri.
Composizione mostra:
sopralluoghi ‘Accattone’ nr. 8 fotografie cm. 40 x 50
provino per ‘Accattone’ nr. 12 fotografie cm. 40 x 50
sul set del film ‘Accattone’ nr. 33 fotografie cm. 50 x 75
Il rito del degrado - Pasolini e la televisione- Proiezioni
Una serie di frammenti estrapolati soprattutto da interviste e interventi di Pier Paolo Pasolini alla televisione italiana e straniera, in minor misura da documentari cinematografici realizzati con lui e su di lui, oltre che da qualche brano da servizi televisivi e di cinegiornali dove il poeta è ripreso come una figura “muta”, alla quale è stato sovrapposto il commento del giornalista televisivo.
Negli estratti delle interviste, Pasolini dà prova della sua dialettica polemica nei confronti della società italiana e, in particolare, rende esplicita la sua profonda avversione per la televisione, “infinitamente peggiore e più degradante di quanto la più feroce immaginazione potesse supporre”.
Se negli anni Sessanta Pasolini analizza soprattutto l’uso deleterio che ne viene fatto da chi la controlla, nelle pagine “corsare” e “luterane” degli ultimi anni, com’è noto, la Tv è descritta dal poeta come l’emanazione e lo strumento più efficace e totalizzante di abbrutimento consumistico, di omologazione delle masse.
Ma Pasolini non rifiutava di partecipare ad alcune trasmissioni televisive e il nostro montaggio di interventi dovrebbe rendere concretamente visibile come egli esprimesse, all’interno del tempo e dello spazio televisivo che gli era stato offerto, il proprio dissenso radicale, con le armi della sua personale dialettica.
Come nel caso di tutti i mezzi di comunicazione, Pasolini sfidava la Tv con la propria presenza e, si potrebbe dire, il proprio corpo: ossia si lasciava riprendere dalle telecamere (offrendo una determinata immagine di se stesso), si lasciava “usare” per cercare di capovolgere la situazione ed essere egli stesso, alla fine, a servirsi del mezzo televisivo, magari contro la Tv stessa.
Verso la Palestina (1963), cinegiornale LUCE di Anonimo.
Pasolini l’enragé (1966), regia di Jean-André Fieschi, programma “Cinéastes de notre temps” (ORTF).
Pasolini intervistato su un disastro aereo (1966), servizio RAI di Anonimo.
Le confessioni di un poeta (1967), regia di Fernaldo Di Giammatteo, (RTSI).
Pier Paolo Pasolini cultura e società (1967), regia di Carlo Di Carlo, (Unitelefilm).
Un’ora con Ezra Pound (1967-68) di Vanni Ronsisvalle.
Indagine sulla religiosità contadina (1968), servizio RAI di Anonimo.
Pasolini e il Giro d’Italia (1969), trasmissione RAI di Sergio Zavoli.
Pier Paolo Pasolini ein portrait (1969), documentario di Ivo Barnabò Micheli e Peter Hamm.
Colloquio (1969) di Philo Bregstein (RTSI).
Die Unaussprechliche Wirklichkeit. 25 Jahre italienische Literatur (1970), programma di Massimo Sani (BRS).
Pasolini e il pubblico (1970), rubrica “Cinema 70”, a cura di Alberto Luna e Oreste Del Buono (RAI).
Intervista a Pasolini (1970), servizio RAI del Telegiornale, a cura di Emilio Fede.
S.P.Q.R. (1972), film di Volker Koch.
IIIb: facciamo l’appello (1971), programma di Enzo Biagi (RAI).
Pasolini e… la forma della città (1974), regia di Paolo Brunatto, rubrica “Io e…” (RAI), a cura di Anna Zanoli.
Pasolini e il cinema – Al cuore della realtà (1974), intervista di Francesco Savio, rubrica “Settimo giorno” (RAI), a cura di Francesca Sanvitale e Enzo Siciliano, programma di Mario Novi.
31.10.1975: ultima intervista (1975) di Philippe Bouvard, programma “Dix de Der” (Antenne 2 ORTF).
Le due manifestazioni presentano dunque un materiale poco conosciuto del grande intellettuale friulano. Nei servizi compaiono cose realizzate dalla Rai ma anche altre, quasi inedite, della Televisione svizzera, francese, americana. A chiudere la proiezione sarà l’ultima intervista a Pasolini, quella del 31 ottobre del 1975, fatta, per Antenne 2, il giorno prima della sua uccisione all’Idroscalo di Ostia.
Il Gabinetto Vieusseux conserva nel suo archivio quasi tutti i documenti di Pier Paolo Pasolini, dai manoscritti delle prime poesie friulane al grande romanzo interrotto Petrolio, dai disegni - i ritratti di Maria Callas, di Roberto Longhi – dalle lettere dei suoi corrispondenti, come Gianfranco Contini, Elsa Morante, Italo Calvino. Questo immenso materiale è stato richiesto, in occasione del trentennale della morte, in Italia e in Europa per le innumerevoli manifestazioni in corso. Questo è il motivo per cui il Vieusseux ha deciso di ricordare il grande poeta, saggista, romanziere, dedicando a lui una giornata e una mostra rievocando il regista degli esordi e la forza delle sue apparizioni televisive.
“Accattone”: i primi ciak - Un film di Pier Paolo Pasolini - Mostra fotografica
Un viaggio sui primi passi mossi dal grande regista nel cinema, quando privo di cognizioni tecniche, ma forte di una lunga preparazione interiore esordisce nella regia con “Accattone”. «Sono arrivato effettivamente ad “Accattone” - dirà più tardi Pasolini - con una grande preparazione intima, una grande carica di passione cinematografica e di modo di sentire idealmente l'immagine, ma con una totale impreparazione tecnica».
Nell'agosto del 1960 Pasolini scrive alla madre in vacanza a Casarsa che ha quasi finito la sceneggiatura di “Accattone”. Ai dialoghi collabora Sergio Citti, sua guida eletta nell'universo delle borgate romane dove brulica quel sottoproletariato erede dell'amore nutrito, in gioventù, per il mondo contadino friulano. La lunga esperienza come sceneggiatore negli anni '50, soprattutto per Mauro Bolognini, aveva propiziato l'avvento alla regia. «Facendo il cinema - affermerà Pasolini - io vivevo finalmente secondo la mia filosofia».
Il film in un primo momento doveva essere prodotto dalla appena nata «Federiz» (Federico Fellini con Angelo Rizzoli). Pasolini compie accurati sopralluoghi e le fotografie scattate durante i sopraluoghi per questa folgorante opera prima documentano come spazi, personaggi e interpreti, a cominciare dal protagonista Franco Citti, fossero chiari e definiti fin dall'inizio.
Come provino Pasolini girò quasi per intero due scene, ma quando Fellini, che avrebbe dovuto produrre il film, le vide, disse che «quello non era cinema». E il lavoro viene così interrotto dopo solo due scene realizzate in tre giorni di riprese. A Fellini non piacque, « ...mi dice subito - racconterà poi Pasolini - che vuol essere sincero con me (ahi), e che il materiale che ha visto no, non l'ha convinto».
Il film e forse la carriera di regista di Pasolini si sarebbero arrestate lì se non fosse intervenuto un altro produttore, Alfredo Bini, che, rilevato il materiale girato, assicurò un seguito a quelle prime scene.
Le 53 foto documentano la fase di preparazione, cioè i sopralluoghi, la scelta degli attori e quei primi tre giorni di riprese, restituendo agli storici e al pubblico in genere la prova di un avvicendamento di cui si era persa traccia. Nelle foto scorgiamo come direttore della fotografia Carlo Di Palma e come aiuto regista Riccardo Fellini al posto di Tonino Delli Colli e Bernardo Bertolucci, che porteranno a termine il film.
Le fotografie sono di Tazio Secchiaroli, fotografo felliniano e ‘paparazzo’ per antonomasia, e sono rimaste "sepolte" per oltre trenta anni. Le fotografie sul set del film, prodotto poi da Alfredo Bini, sono invece di Angelo Pennoni.
Tazio Secchiaroli, nato a Roma nel 1925, inizia la sua carriera di fotografo ambulante, riprendendo per le strade di Roma i soldati americani ed i turisti. Nel 1951 approda all'Agenzia “Vedo” di Adolfo Porry Pastorel, uno dei padri del fotogiornalismo italiano, dal quale apprende "tutti i trucchi del mestiere". Fonda poi con Sergio Spinelli l'Agenzia “Roma Press Photo”. Dal 1958 inizia la sua collaborazione con Federico Fellini. Proprio scegliendo il nome per un personaggio della “Dolce Vita” Fellini nel 1960 creò la parola "paparazzo". La prontezza di spirito nello scattare le proprie immagini è una sorta di costante nell’opera di Tazio Secchiamoli, primo “paparazzo” della scena italiana, sin dagli albori degli Anni ‘50. E' una sua foto: la sequenza dello spogliarello di una ballerina, tra nobili e ricchi gaudenti, nel locale "Il Rugantino" a dare il via alla ‘dolce vita’ di via Veneto. Secchiaroli vive da protagonista scanzonato e arguto, preoccupato di divertirsi e nel contempo di far progredire la propria agenzia: eppure le sue foto a luce artificiale, rozze ma cariche di vita vera, aiutano a smuovere e rinnovare la fotografia di quel tempo. Dal 1964 al 1983 fotografa i protagonisti del cinema internazionale e gira il mondo seguendo Sofia Loren di cui diventa fotografo personale. Tazio Secchiaroli muore improvvisamente nella sua casa romana nella notte tra il 23 ed il 24 luglio 1998.
Angelo Pennoni, fotografo di scena umbro di nascita, romano d'adozione, ha attraversato tutto il cinema italiano. Nel 1951 è al fianco di Vittorio De Sica come fotografo di scena di “Miracolo a Milano”. Per lo stesso regista lavora anche in “Umberto D.” e “Stazione Termini” dove conosce Réné Clair che lo vorrebbe con sé a Parigi. Una specie di testimone onnipresente, trasversale, continuo del nostro cinema fino ai primi anni '90, lavorando in più di cento set e trovando sempre, istintivamente, l'angolatura giusta, con un comportamento da vero regista. Ma la dote più grande di Angelo Pennoni è la tensione emotiva, la forza interiore che riesce ad infondere alle sue immagini. Lo sguardo con cui Pennoni ha osservato il Citti-Accattone di Pasolini, la Mangano o la Lollobrigida dirette da Blasetti. E poi Mastroianni, Ferreri dagli occhi ora tristi ora ruvidi, Troisi vivace e disincantato. La vera fotografia ferma l'immagine, ma solo formalmente. Come fa la parola scritta con l'emozione. Il cinema italiano si ”muove”, eccome, nelle fotografie di Angelo Pennoni.
Morirà improvvisamente nel dicembre del 1992 dopo aver finito di fotografare sul set di “Diario di un vizio” di Marco Ferreri.
Composizione mostra:
sopralluoghi ‘Accattone’ nr. 8 fotografie cm. 40 x 50
provino per ‘Accattone’ nr. 12 fotografie cm. 40 x 50
sul set del film ‘Accattone’ nr. 33 fotografie cm. 50 x 75
Il rito del degrado - Pasolini e la televisione- Proiezioni
Una serie di frammenti estrapolati soprattutto da interviste e interventi di Pier Paolo Pasolini alla televisione italiana e straniera, in minor misura da documentari cinematografici realizzati con lui e su di lui, oltre che da qualche brano da servizi televisivi e di cinegiornali dove il poeta è ripreso come una figura “muta”, alla quale è stato sovrapposto il commento del giornalista televisivo.
Negli estratti delle interviste, Pasolini dà prova della sua dialettica polemica nei confronti della società italiana e, in particolare, rende esplicita la sua profonda avversione per la televisione, “infinitamente peggiore e più degradante di quanto la più feroce immaginazione potesse supporre”.
Se negli anni Sessanta Pasolini analizza soprattutto l’uso deleterio che ne viene fatto da chi la controlla, nelle pagine “corsare” e “luterane” degli ultimi anni, com’è noto, la Tv è descritta dal poeta come l’emanazione e lo strumento più efficace e totalizzante di abbrutimento consumistico, di omologazione delle masse.
Ma Pasolini non rifiutava di partecipare ad alcune trasmissioni televisive e il nostro montaggio di interventi dovrebbe rendere concretamente visibile come egli esprimesse, all’interno del tempo e dello spazio televisivo che gli era stato offerto, il proprio dissenso radicale, con le armi della sua personale dialettica.
Come nel caso di tutti i mezzi di comunicazione, Pasolini sfidava la Tv con la propria presenza e, si potrebbe dire, il proprio corpo: ossia si lasciava riprendere dalle telecamere (offrendo una determinata immagine di se stesso), si lasciava “usare” per cercare di capovolgere la situazione ed essere egli stesso, alla fine, a servirsi del mezzo televisivo, magari contro la Tv stessa.
Verso la Palestina (1963), cinegiornale LUCE di Anonimo.
Pasolini l’enragé (1966), regia di Jean-André Fieschi, programma “Cinéastes de notre temps” (ORTF).
Pasolini intervistato su un disastro aereo (1966), servizio RAI di Anonimo.
Le confessioni di un poeta (1967), regia di Fernaldo Di Giammatteo, (RTSI).
Pier Paolo Pasolini cultura e società (1967), regia di Carlo Di Carlo, (Unitelefilm).
Un’ora con Ezra Pound (1967-68) di Vanni Ronsisvalle.
Indagine sulla religiosità contadina (1968), servizio RAI di Anonimo.
Pasolini e il Giro d’Italia (1969), trasmissione RAI di Sergio Zavoli.
Pier Paolo Pasolini ein portrait (1969), documentario di Ivo Barnabò Micheli e Peter Hamm.
Colloquio (1969) di Philo Bregstein (RTSI).
Die Unaussprechliche Wirklichkeit. 25 Jahre italienische Literatur (1970), programma di Massimo Sani (BRS).
Pasolini e il pubblico (1970), rubrica “Cinema 70”, a cura di Alberto Luna e Oreste Del Buono (RAI).
Intervista a Pasolini (1970), servizio RAI del Telegiornale, a cura di Emilio Fede.
S.P.Q.R. (1972), film di Volker Koch.
IIIb: facciamo l’appello (1971), programma di Enzo Biagi (RAI).
Pasolini e… la forma della città (1974), regia di Paolo Brunatto, rubrica “Io e…” (RAI), a cura di Anna Zanoli.
Pasolini e il cinema – Al cuore della realtà (1974), intervista di Francesco Savio, rubrica “Settimo giorno” (RAI), a cura di Francesca Sanvitale e Enzo Siciliano, programma di Mario Novi.
31.10.1975: ultima intervista (1975) di Philippe Bouvard, programma “Dix de Der” (Antenne 2 ORTF).
25
ottobre 2005
Tazio Secchiaroli / Angelo Pennoni – Accattone: i primi ciak
Dal 25 ottobre 2005 al 09 febbraio 2006
fotografia
Location
PALAZZO PITTI – GALLERIA D’ARTE MODERNA E GALLERIA DEL COSTUME
Firenze, Piazza Dei Pitti, 1, (Firenze)
Firenze, Piazza Dei Pitti, 1, (Firenze)
Vernissage
25 Ottobre 2005, ore 16
Ufficio stampa
DAVIS & CO.
Autore