Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Lena Liv /Ambrogio Figino – Anawin
Arte antica e contemporanea a confronto
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Pochi autori hanno lavorato sul tema della memoria in modo così profondo e originale come Lena Liv, artista russa di origine ebrea, che ormai da anni vive in Italia. Si tratta certamente di un argomento molto visitato, sul quale hanno riflettuto un gran numero di poeti, filosofi, scrittori, artisti… da Sant’Agostino a Dante, da Petrarca a Proust, a Boltanski. Ogni volta che l’uomo desidera parlare della sua vita, non può fare a meno di lasciare emergere il passato. Il futuro ha un cuore antico, diceva Carlo Levi. Senza memoria non esiste identità personale, collettiva. Non si può interrogare il presente, né pensare a un avvenire. La memoria riscatta il tempo perduto, ciò che appare destinato a svanire per sempre.
Il processo col quale Lena Liv lavora è abbastanza semplice. In luoghi anonimi, come un mercatino o un archivio, l’artista cerca antiche fotografie di ritratti, un tempo testimonianza di un mondo di affetti, di relazioni. Si tratta di persone sconosciute, senza storia, cadute nell’oblio. Anti-eroi senza nomi, la cui vita si è persa nelle pieghe del tempo. Altre volte, l’autrice prende alcuni oggetti, come piccole scarpe, giocattoli, una trottola... Li isola, li decontestualizza. In seguito li ricrea, artificialmente, in carta fatta a mano. L’oggetto ricreato si fa simbolo, archetipo, portavoce di un mondo che parla della vita dell’uomo. Così come diventano “luoghi simbolici”, gli spazi che l’artista ricrea: spazi dell’uomo, del suo essere nel mondo, spazi del dramma stesso del vivere umano.
La maggior parte delle opere di Lena Liv si concentra su ritratti preesistenti. Le persone sono fotografate frontalmente. L’autrice isola un volto dal contesto in cui era inserito. Annerisce gli sfondi, cancellando ogni dettaglio che permetta la riconoscibilità del luogo. Il tempo è soppresso, si fa come sospeso. Il tempo lascia emergere un’umanità silenziosa, umile, che non fa clamore. Tutto si concentra sui volti che sembrano interrogarci, interpellarci. Spesso sono volti di bambini, come quelli tratti da una fotografia scattata a Genova attorno al 1914-1915. La dimensione individuale di quegli sguardi sembra scomparire, per rivelarci il volto stesso dell’Uomo. L’universale si manifesta nel particolare, in quell’individuo, in quello sguardo. Non si tratta di un’umanità grandiosa, illustre, eroica. È colta piuttosto nella sua vulnerabilità e fragilità. Nella verità della sua umanità. Un attimo strappato allo scorrere del tempo s’incarna nel desiderio di cogliere tracce di vita. Segni di storia, di spirito. Testimonianze. Piccole narrazioni quotidiane costruiscono la grande storia. Piccoli ricordi compongono l’articolazione del vivere umano nella sua bellezza e nella sua intensità. Umili frammenti rivelano l’uomo in tutta la sua dignità e nobiltà. La storia non si costruisce con sanguinose battaglie, né con grandi strategie. Con questo elogio del piccolo, del dimenticato, dell’umile, colto attraverso l’abisso di uno sguardo, o di un piccolo oggetto, Lena Liv rivela la nobiltà dell’uomo, la sua dignità. Quasi potessimo dialogare con la coscienza stessa di colui che sta di fronte a noi. Quegli sguardi parlano con discrezione, pudore. Il loro, sembra un discorso solo mormorato, sussurato. Quasi parlassero di un segreto, del mistero stesso della vita che va custodito.
Per la Galleria San Fedele, Lena Liv crea un’opera concepita come una sorta di albero sul quale sono appesi bianchi fiori di vetro (simbolo di nuzialità?) e fotografie di ritratti. Niente segnala che le foto ritraggono persone di un ospedale psichiatrico. Certo, dall’artista sappiamo che si tratta di marginali, di segregati, di dimenticati. Tuttavia non percepiamo la malattia, ma solo la bellezza e l’intensità dei loro sguardi, il loro desiderio di parlarci della vita, in tutte le sue contraddizioni. L’artista si pone alla ricerca di questi ultimi, per rivelarne la dignità.
All’opera dell’autrice è stato accostato un dipinto restaurato di recente, l’Incoronazione della Vergine di Ambrogio Figino, originariamente pala d’altare della Cappella Guastalla nella chiesa di San Fedele di Milano. Anche qui il tema appare particolarmente complesso: Dio incorona l’umanità della sua divinità, attraverso Gesù Cristo. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse divino, come affermavano i Padri della Chiesa. L’incarnazione eleva l’uomo alla pienezza della sua dignità. L’umanità è incoronata attraverso la figura simbolica di Maria.
È questa la regalità dell’uomo.
Si tratta di un aspetto fondamentale, per cogliere il senso più profondo dell’umanità di Dio donata all’uomo. Il Vangelo pone la Vergine dalla parte dei poveri, degli umili, di coloro che non possiedono nulla, contro gli orgogliosi, i grandi, i potenti della storia. Rappresenta gli anawim, vale a dire i nullatenenti, gli indifesi, coloro che si trovano in balìa dei potenti. Per questo, nel momento in cui l’angelo le annuncia il destino che le è proposto, Maria pronuncia il Magnificat, salmo rivoluzionario secondo il quale Dio ha guardato la povertà della sua serva…
L’umanità povera, umile, diventa soggetto della storia. Su questa umanità dimenticata, si posa lo sguardo di Dio.
Perché l’ultimo è il luogo privilegiato della cura di Dio, della sua misericordia. Della sua Rivelazione.
Andrea Dall’Asta S.I.
Direttore Galleria San Fedele, Milano
Il processo col quale Lena Liv lavora è abbastanza semplice. In luoghi anonimi, come un mercatino o un archivio, l’artista cerca antiche fotografie di ritratti, un tempo testimonianza di un mondo di affetti, di relazioni. Si tratta di persone sconosciute, senza storia, cadute nell’oblio. Anti-eroi senza nomi, la cui vita si è persa nelle pieghe del tempo. Altre volte, l’autrice prende alcuni oggetti, come piccole scarpe, giocattoli, una trottola... Li isola, li decontestualizza. In seguito li ricrea, artificialmente, in carta fatta a mano. L’oggetto ricreato si fa simbolo, archetipo, portavoce di un mondo che parla della vita dell’uomo. Così come diventano “luoghi simbolici”, gli spazi che l’artista ricrea: spazi dell’uomo, del suo essere nel mondo, spazi del dramma stesso del vivere umano.
La maggior parte delle opere di Lena Liv si concentra su ritratti preesistenti. Le persone sono fotografate frontalmente. L’autrice isola un volto dal contesto in cui era inserito. Annerisce gli sfondi, cancellando ogni dettaglio che permetta la riconoscibilità del luogo. Il tempo è soppresso, si fa come sospeso. Il tempo lascia emergere un’umanità silenziosa, umile, che non fa clamore. Tutto si concentra sui volti che sembrano interrogarci, interpellarci. Spesso sono volti di bambini, come quelli tratti da una fotografia scattata a Genova attorno al 1914-1915. La dimensione individuale di quegli sguardi sembra scomparire, per rivelarci il volto stesso dell’Uomo. L’universale si manifesta nel particolare, in quell’individuo, in quello sguardo. Non si tratta di un’umanità grandiosa, illustre, eroica. È colta piuttosto nella sua vulnerabilità e fragilità. Nella verità della sua umanità. Un attimo strappato allo scorrere del tempo s’incarna nel desiderio di cogliere tracce di vita. Segni di storia, di spirito. Testimonianze. Piccole narrazioni quotidiane costruiscono la grande storia. Piccoli ricordi compongono l’articolazione del vivere umano nella sua bellezza e nella sua intensità. Umili frammenti rivelano l’uomo in tutta la sua dignità e nobiltà. La storia non si costruisce con sanguinose battaglie, né con grandi strategie. Con questo elogio del piccolo, del dimenticato, dell’umile, colto attraverso l’abisso di uno sguardo, o di un piccolo oggetto, Lena Liv rivela la nobiltà dell’uomo, la sua dignità. Quasi potessimo dialogare con la coscienza stessa di colui che sta di fronte a noi. Quegli sguardi parlano con discrezione, pudore. Il loro, sembra un discorso solo mormorato, sussurato. Quasi parlassero di un segreto, del mistero stesso della vita che va custodito.
Per la Galleria San Fedele, Lena Liv crea un’opera concepita come una sorta di albero sul quale sono appesi bianchi fiori di vetro (simbolo di nuzialità?) e fotografie di ritratti. Niente segnala che le foto ritraggono persone di un ospedale psichiatrico. Certo, dall’artista sappiamo che si tratta di marginali, di segregati, di dimenticati. Tuttavia non percepiamo la malattia, ma solo la bellezza e l’intensità dei loro sguardi, il loro desiderio di parlarci della vita, in tutte le sue contraddizioni. L’artista si pone alla ricerca di questi ultimi, per rivelarne la dignità.
All’opera dell’autrice è stato accostato un dipinto restaurato di recente, l’Incoronazione della Vergine di Ambrogio Figino, originariamente pala d’altare della Cappella Guastalla nella chiesa di San Fedele di Milano. Anche qui il tema appare particolarmente complesso: Dio incorona l’umanità della sua divinità, attraverso Gesù Cristo. Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventasse divino, come affermavano i Padri della Chiesa. L’incarnazione eleva l’uomo alla pienezza della sua dignità. L’umanità è incoronata attraverso la figura simbolica di Maria.
È questa la regalità dell’uomo.
Si tratta di un aspetto fondamentale, per cogliere il senso più profondo dell’umanità di Dio donata all’uomo. Il Vangelo pone la Vergine dalla parte dei poveri, degli umili, di coloro che non possiedono nulla, contro gli orgogliosi, i grandi, i potenti della storia. Rappresenta gli anawim, vale a dire i nullatenenti, gli indifesi, coloro che si trovano in balìa dei potenti. Per questo, nel momento in cui l’angelo le annuncia il destino che le è proposto, Maria pronuncia il Magnificat, salmo rivoluzionario secondo il quale Dio ha guardato la povertà della sua serva…
L’umanità povera, umile, diventa soggetto della storia. Su questa umanità dimenticata, si posa lo sguardo di Dio.
Perché l’ultimo è il luogo privilegiato della cura di Dio, della sua misericordia. Della sua Rivelazione.
Andrea Dall’Asta S.I.
Direttore Galleria San Fedele, Milano
13
ottobre 2005
Lena Liv /Ambrogio Figino – Anawin
Dal 13 ottobre al 19 novembre 2005
arte antica
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
GALLERIA SAN FEDELE
Milano, Via Ulrico Hoepli, 3A-B, (Milano)
Milano, Via Ulrico Hoepli, 3A-B, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-19, mattino su richiesta
Vernissage
13 Ottobre 2005, ore 18
Autore
Curatore