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Souvenir del Grand Tour. Fotografie dell’Italia di metà Ottocento
L’esposizione, promossa in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, propone oltre 100 fotografie dei più importanti autori attivi sul territorio italiano fra il 1850 e il 1870
Comunicato stampa
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L'esposizione, promossa in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, propone oltre 100 fotografie dei più importanti fotografi attivi sul territorio italiano fra il 1850 e il 1870. L'idea alla base di questa mostra è quella di mostrare le immagini delle mete del Grand Tour ordinate secondo l'itinerario classico dei viaggiatori: Torino, Genova, Pavia, Milano, Verona, Venezia, Modena, Bologna, Firenze, Siena, Roma, Napoli, Pompei, Palermo, Messina, Taormina. Le fotografie vengono proposte in originale, così come venivano acquistate dai viaggiatori della prima metà dell'Ottocento, opere sublimi realizzate dai maestri della prima fotografia di paesaggio in Italia: Alinari, Altobelli, Amodio, Bernoud, Brusa, Chauffourier, Crupi, Degoix, Deroche e Heiland, Godard, Incorpora, Ledru, Lombardi, Lotze, Macpherson, Marville, Mollins, Naya,Noack, Perini, Ponti, Pozzi, Rive, Salviati, Sommer, Toncker. Le foto provengono da diverse collezioni private italiane e sono esposte tutte in originale per dare al visitatore la possibilità di ammirare la pregevolezza di opere uniche. Alcune di esse saranno presentate all'interno degli album originali.
Il Grand Tour era una tappa fondamentale nella formazione culturale della giovane aristocrazia inglese, francese e tedesca a partire dalla fine del 1600: un viaggio formativo, dove il percorso attraverso luoghi della cultura classica e rinascimentale e il contatto con genti nuove e sconosciute aiutava l'individuo a conoscere le origini del proprio mondo, dava l'opportunità di contemplare romanticamente le rovine di una grande civiltà come quella romana, di vedere ed ammirare con i propri occhi l'architettura e l'arte del Rinascimento che tanti artisti nord europei aveva ispirato. Molti scrittori da Goethe a Stendhal a Byron si innamorarono del Bel Paese, lo narrarono e vi soggiornarono per lungo tempo.
Grand Tour era indubbiamente anche sinonimo di ricchezza e fascino culturale: solo i ceti abbienti potevano permettersi questo tipo di viaggio che durava anche un anno e dava, al ritorno in patria, un notevole prestigio sociale. La società di metà Ottocento era legata alla comunicazione soprattutto orale, fatta nei salotti privati e nei caffè e solo parzialmente la scrittura si integrava al racconto verbale, anche perché essa era, a sua volta, privilegio di pochi. In questo contesto vedere con i propri occhi e raccontare con le proprie parole aveva un'importanza enormemente maggiore di quanto non lo possa avere oggi.
L'Italia era la meta preferita, perché ricca di opere d'arte e di vestigia archeologiche classiche rappresentava nella cultura europea l'essenza stessa della romanità e del Rinascimento. L'itinerario e le mete erano fissati: lasciati i paesi d'origine del nord Europa, si entrava in Italia dai varchi Alpini sul confine francese o svizzero, una breve sosta a Torino, Genova e Milano per poi fermarsi più a lungo a Venezia. Da lì il viaggio proseguiva alla volta di Firenze con soste intermedie a Piacenza, Modena, Bologna, Pisa, Siena e finalmente Roma, la città eterna ove il soggiorno veniva prolungato anche per mesi. Il Grand Tour prevedeva poi una lunga visita a Napoli e Pompei; dalla città partenopea ci si imbarcava alla volta della Sicilia dove Messina, Taormina, Catania, Agrigento e Palermo erano le ultime "tappe obbligate" in terra italica. Il Tour proseguiva alla volta di Malta, per terminare in Egitto o in Grecia.
A metà del XIX secolo molti erano ormai i touristes che visitavano l'Italia e, se fino a quel momento fra i souvenir più acquistati vi erano le incisioni e i dipinti delle vedute paesaggistiche e dei monumenti, la fotografia prese presto il sopravvento. Vale la pena ricordare che la tecnica fotografica a quest'epoca era ai suoi inizi, si trattava ancora di un mezzo espressivo utilizzato solo da professionisti. I viaggiatori non erano dotati di macchine fotografiche, compravano le fotografie nelle diverse tappe del loro viaggio. A testimonianza di questo assistiamo in Italia agli inizi degli anni Cinquanta dell'Ottocento al nascere di innumerevoli studi, chiamati spesso atelier. Fioriscono per lo più nelle maggiori città d'arte toccate dall'itinerario del Grand Tour: si può pertanto affermare che fu proprio il tour uno dei principali fautori del primo sviluppo della fotografia e del suo mercato.
I fotografi stessi erano spesso di origine nord europea, alcuni esercitavano già oltralpe la professione di fotografo, altri erano artisti o semplici viaggiatori che, dopo essersi stabiliti in italia, impararono la tecnica fotografica divenendone ottimi interpreti, basti pensare al tedesco Sommer, allo scozzese MacPherson, al francese Chauffourier, solo per citare alcuni esempi. Numerosi anche gli autori italiani che si distinsero nella produzione di vedute come Altobelli, i fratelli Alinari, Naya e tantissimi altri. Il mezzo di diffusione più consueto per le immagini prodotte in questi atelier furono gli album composti da una ventina o più immagini che offrivano una sintesi della città, dei monumenti, delle opere d'arte, dei panorami e di tutto quanto era "da vedere".
All'interno degli album le architetture urbane dovevano spesso cedere il primato numerico alle immagini delle rovine archeologiche: il Foro Romano era più fotografato di San Pietro, e gli scavi di Pompei più del golfo di Napoli. Un numero considerevole di pagine erano dedicate alle riproduzione delle opere d'arte conservate nelle chiese e nei musei della città: dipinti, affreschi, statue greche e rinascimentali. I fotografi avevano cataloghi specializzati in riproduzioni di opere d'arte, molto richieste anche dagli artisti che le utilizzavano per studio o come modelli.
Il territorio, urbano o campestre, non era il solo soggetto dei fotografi: infatti erano ricercate dai turisti anche i ritratti dei "tipi italici" e le composizioni ispirate alla vita popolare e di strada, come i celebri "Mangiatori di maccheroni" ritratti da Sommer a Napoli, emblemi di una popolazione italiana vista in bilico fra il mito dell'uomo selvaggio e spontaneo non ancora contaminato dalla modernità e il lazzarone pittoresco guardato con curiosità e superiore distacco.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo di 120 pagine a cura di Filippo Maggia e Chiara Dall'Olio, con le riproduzioni a colori di una selezione di 80 fotografie presenti in mostra (costo 12 euro - omaggio per i sostenitori RFM).
Il Grand Tour era una tappa fondamentale nella formazione culturale della giovane aristocrazia inglese, francese e tedesca a partire dalla fine del 1600: un viaggio formativo, dove il percorso attraverso luoghi della cultura classica e rinascimentale e il contatto con genti nuove e sconosciute aiutava l'individuo a conoscere le origini del proprio mondo, dava l'opportunità di contemplare romanticamente le rovine di una grande civiltà come quella romana, di vedere ed ammirare con i propri occhi l'architettura e l'arte del Rinascimento che tanti artisti nord europei aveva ispirato. Molti scrittori da Goethe a Stendhal a Byron si innamorarono del Bel Paese, lo narrarono e vi soggiornarono per lungo tempo.
Grand Tour era indubbiamente anche sinonimo di ricchezza e fascino culturale: solo i ceti abbienti potevano permettersi questo tipo di viaggio che durava anche un anno e dava, al ritorno in patria, un notevole prestigio sociale. La società di metà Ottocento era legata alla comunicazione soprattutto orale, fatta nei salotti privati e nei caffè e solo parzialmente la scrittura si integrava al racconto verbale, anche perché essa era, a sua volta, privilegio di pochi. In questo contesto vedere con i propri occhi e raccontare con le proprie parole aveva un'importanza enormemente maggiore di quanto non lo possa avere oggi.
L'Italia era la meta preferita, perché ricca di opere d'arte e di vestigia archeologiche classiche rappresentava nella cultura europea l'essenza stessa della romanità e del Rinascimento. L'itinerario e le mete erano fissati: lasciati i paesi d'origine del nord Europa, si entrava in Italia dai varchi Alpini sul confine francese o svizzero, una breve sosta a Torino, Genova e Milano per poi fermarsi più a lungo a Venezia. Da lì il viaggio proseguiva alla volta di Firenze con soste intermedie a Piacenza, Modena, Bologna, Pisa, Siena e finalmente Roma, la città eterna ove il soggiorno veniva prolungato anche per mesi. Il Grand Tour prevedeva poi una lunga visita a Napoli e Pompei; dalla città partenopea ci si imbarcava alla volta della Sicilia dove Messina, Taormina, Catania, Agrigento e Palermo erano le ultime "tappe obbligate" in terra italica. Il Tour proseguiva alla volta di Malta, per terminare in Egitto o in Grecia.
A metà del XIX secolo molti erano ormai i touristes che visitavano l'Italia e, se fino a quel momento fra i souvenir più acquistati vi erano le incisioni e i dipinti delle vedute paesaggistiche e dei monumenti, la fotografia prese presto il sopravvento. Vale la pena ricordare che la tecnica fotografica a quest'epoca era ai suoi inizi, si trattava ancora di un mezzo espressivo utilizzato solo da professionisti. I viaggiatori non erano dotati di macchine fotografiche, compravano le fotografie nelle diverse tappe del loro viaggio. A testimonianza di questo assistiamo in Italia agli inizi degli anni Cinquanta dell'Ottocento al nascere di innumerevoli studi, chiamati spesso atelier. Fioriscono per lo più nelle maggiori città d'arte toccate dall'itinerario del Grand Tour: si può pertanto affermare che fu proprio il tour uno dei principali fautori del primo sviluppo della fotografia e del suo mercato.
I fotografi stessi erano spesso di origine nord europea, alcuni esercitavano già oltralpe la professione di fotografo, altri erano artisti o semplici viaggiatori che, dopo essersi stabiliti in italia, impararono la tecnica fotografica divenendone ottimi interpreti, basti pensare al tedesco Sommer, allo scozzese MacPherson, al francese Chauffourier, solo per citare alcuni esempi. Numerosi anche gli autori italiani che si distinsero nella produzione di vedute come Altobelli, i fratelli Alinari, Naya e tantissimi altri. Il mezzo di diffusione più consueto per le immagini prodotte in questi atelier furono gli album composti da una ventina o più immagini che offrivano una sintesi della città, dei monumenti, delle opere d'arte, dei panorami e di tutto quanto era "da vedere".
All'interno degli album le architetture urbane dovevano spesso cedere il primato numerico alle immagini delle rovine archeologiche: il Foro Romano era più fotografato di San Pietro, e gli scavi di Pompei più del golfo di Napoli. Un numero considerevole di pagine erano dedicate alle riproduzione delle opere d'arte conservate nelle chiese e nei musei della città: dipinti, affreschi, statue greche e rinascimentali. I fotografi avevano cataloghi specializzati in riproduzioni di opere d'arte, molto richieste anche dagli artisti che le utilizzavano per studio o come modelli.
Il territorio, urbano o campestre, non era il solo soggetto dei fotografi: infatti erano ricercate dai turisti anche i ritratti dei "tipi italici" e le composizioni ispirate alla vita popolare e di strada, come i celebri "Mangiatori di maccheroni" ritratti da Sommer a Napoli, emblemi di una popolazione italiana vista in bilico fra il mito dell'uomo selvaggio e spontaneo non ancora contaminato dalla modernità e il lazzarone pittoresco guardato con curiosità e superiore distacco.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo di 120 pagine a cura di Filippo Maggia e Chiara Dall'Olio, con le riproduzioni a colori di una selezione di 80 fotografie presenti in mostra (costo 12 euro - omaggio per i sostenitori RFM).
22
ottobre 2005
Souvenir del Grand Tour. Fotografie dell’Italia di metà Ottocento
Dal 22 ottobre al 27 novembre 2005
fotografia
Location
FOTOMUSEO GIUSEPPE PANINI
Modena, Via Pietro Giardini, 160, (Modena)
Modena, Via Pietro Giardini, 160, (Modena)
Orario di apertura
lunedì 15-17; da martedì a venerdì 9,30-12 e 15-17; sabato e domenica 10-13 e 15-19
Vernissage
22 Ottobre 2005, ore 17
Autore
Curatore