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Enrico Accatino – Dal realismo all’astrazione alla “sintesi delle arti”
arazzi (e loro bozzetti) e sculture di grandi dimensioni
Comunicato stampa
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Giovedí 15 Settembre, alle ore 18.00, presso la Galleria F. Russo e Casa Di Nepi si inaugura la mostra dedicata al maestro Enrico Accatino (Genova, 1920), realizzata in collaborazione con l’Archivio Enrico Accatino, attualmente impegnato nella catalogazione delle opere per la pubblicazione del Catalogo Generale.
La mostra propone un percorso nella vita e nel lavoro dell’artista attraverso l’allestimento, presso la Galleria F. Russo, di una significativa selezione – per la maggior parte inedita - di dipinti, disegni, incisioni e sculture di piccolo formato indicativa dell’evoluzione della sua ricerca dal realismo espressionista degli anni Quaranta-Cinquanta (cicli de La Mattanza, Pescatori, Vangatori, La Madre, Guerra Atomica) all’astrazione cui Accatino approda definitivamente nel 1960. Casa Di Nepi, invece, espone una importante raccolta di arazzi, alcuni dei quali di grandi dimensioni, disegnati e fatti tessere dall’artista fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, oltre a grandi sculture in legno, metallo e perspex. In questa occasione Casa Di Nepi ha inoltre realizzato in Nepal, presso le comunità tibetane, quattro tappeti ispirati ai disegni di Accatino denominati : Minotauro, Il grande pensatore, Allegro ma non troppo, Opus one.
La ricerca di Enrico Accatino spazia con coerenza dal figurativo all’astratto, dalla pittura alla grafica, dalla scultura all’arazzo, inserendosi a pieno titolo nel dibattito tra arte e architettura che in Italia, sin dagli anni Cinquanta, occupa le pagine di importanti riviste - quali “Civiltà delle macchine”, “Arti Visive”, L’Architettura”, “Spazio”, “La Casa” - impegnando critici come Giulio Carlo Argan e Nello Ponente nella difesa ed elaborazione di un’idea di “sintesi delle arti” intesa quale assunto portante di modernità ereditato dalle Avanguardie storiche.
Interessato alla diffusione di un livello ''alto'' nella progettazione e produzione delle arti applicate, sin dall’inizio degli anni Sessanta Accatino si fa promotore in prima persona della cultura della “tessilità” o “pittura murale tessuta”, formando e motivando, attraverso commissioni dirette, numerose manifatture locali (abruzzesi, laziali, pugliesi, sarde) e proponendo questo mezzo espressivo all’attenzione di architetti e arredatori d’interni (1970). A questa lunga militanza artistica fa da contro altare l’intensa attività divulgativa, iniziata nel 1960 come docente di Educazione artistica per lo storico programma della RAI Telescuola - che, insieme a Non è mai troppo tardi, contribuì di fatto alla scolarizzazione di massa dell’Italia negli anni del boom economico - e proseguita poi con la pubblicazione di numerosi libri di testo sulla didattica dell’arte che hanno influenzato profondamente l’evoluzione di questa disciplina.
Catalogo a cura di Francesca Franco, con presentazione di Giuseppe Appella, De Luca editori d’arte, Roma
1938-1947
Gli anni della formazione
Enrico Accatino, pittore, scultore, designer e incisore, nasce a Genova nel 1920 da una famiglia piemontese originaria di San Salvatore Monferrato, la terra alla quale l’artista legherà per sempre la propria memoria e la propria formazione.
E’ proprio qui, infatti, che Accatino – altrimenti destinato a gestire la bottega di famiglia - avverte il richiamo dell’espressione artistica ed inizia nel 1938, da vero autodidatta, con pochi mezzi, a raccontare un mondo arcaico e contadino fatto di gente umile e senza storia.
Saranno, infatti, proprio le scene di vita quotidiana collegate al lavoro dei campi e a quello in mare le tematiche portanti della sua prima produzione, sulla quale notevole influenza avrà anche la frequentazione, a Torino, dello studio privato di Felice Casorati.
Unica cura a studi disordinati e a un ambiente provinciale e privo di stimoli, ben testimoniato dagli scritti di Pavese e di Fenoglio.
Il periodo bellico lo porta, da fante, nel sud dell’Italia, dove stringe un’amicizia fraterna con Michele Prisco, Mario Pomilio e Gino Montesanto, suoi compagni d’arme.
Solo nel dopoguerra riesce però a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Roma (dove studia con Amerigo Bartoli) nella quale già nel ‘40 aveva superato la prova di ammissione), dove darà vita, con Lorenzo Guerrini, Tullio Pericoli, Gianni Polidori, Rosanna Lancia - per la prima volta in Italia - ad una soprendente contestazione contro la cultura accademica, a favore di una nuova didattica del disegno, anticipando quanto Treccani e Testori avrebbero fatto, pochi mesi dopo, all’Accademia di Brera a Milano.
Nel 1947 si reca finalmente a Parigi, città nella quale rimarrà un anno. Un’esperienza fondamentale, che gli permette di entrare in contatto con un mondo finalmente cosmopolita e di conoscere e di frequentare artisti del livello di Severini, Giacometti, Laurens, Pignon, Hartung, Manessier.
1947-1957
Il realismo d’angoscia
Trasferitosi definitivamente a Roma, nel 1951 si sposa con Ornella Angeloni - dalla quale avrà tre figli - continuando ad esplorare a livello pittorico un sentimento umano teso al riscatto del dolore e della miseria.
Si tratta di una figurazione rigorosa e sofferta, del tutto autonoma rispetto al realismo ideologico-politico imperante in quegli anni in Italia, ma anche lontana dai compiacimenti richiesti da un nascente collezionismo piccolo borghese.
Quella di Accatino è una scelta complessa e radicale, che finirà per caratterizzare tutta la sua esperienza umana e professionale, e che lo porterà a lavorare sodo, a preferire la frequentazione di artisti come Fausto Pirandello, Roberto Melli, Ferruccio Ferrazzi, Alberto Gerardi, Pericle Fazzini, Primo Conti, Mino Maccari, a quella dei salotti letterari romani, nei quali i suoi amici pittori più quotati vorrebbero introdurlo.
Nascono così, i fondamentali cicli delle “Madri”, dei “Pescatori”, del Trasporto”, della “Mattanza”, questi ultimi ispirati dal lungo soggiorno che Accatino aveva trascorso, appena ventenne, presso le Tonnare di Carloforte, in Sardegna, in una delle lunghe fughe alla ricerca della propria identità.
Nel 1951 è finalista del Premio Roma e nel 1953, proprio con una grande opera ispirata al mare (Il trasporto del corpo di un pescatore morto sul lavoro), si aggiudica, con Antonio Scordia e Primo Levi, la prima edizione del Premio Marzotto.
Nel 1956, vincitore della Borsa di Studio del Belgian American Education Foundation, si reca in Belgio e quindi in Olanda e in Inghilterra, dove si confronta con le principali neo-avanguardie europee, quasi alla conferma del proprio modo di intendere e “fare arte”.
Con il passare degli anni il figurativo è divenuto, infatti, per Accatino un linguaggio sempre più angusto, nel quale sembra non riconoscersi più, e nel quale non trova più spazio il suo uso libero e spregiudicato del pennello. Arma che usa per denunciare le ingiustizie o le fragilità umane, ma anche per esprimere una forte tensione morale.
La serie della “Paura Atomica” e dei “Fichi d’India”, quest’ultimo di chiara matrice espressionista, si trasforma così in una trama che già prelude alla sofferta trasformazione in atto.
1957-1990
La via dell’astrazione: geometrie delle memoria
La mutazione della visione è repentina. E nel 1957, dopo casuali sconfinamenti, la rarefazione della grande tela “l’Attesa”, segna, di fatto, la frattura definitiva tra il figurativo e l’astratto.
Il motivo conduttore e caratterizzante della produzione pittorica e tridimensionale, diverrà da allora la “circolarità”: cerchio, disco, ellisse.
Una forma essenziale, che verrà declinata in tutte le possibili, plurime ed intersecate connessioni. Una sorta di …“proliferazione cellulare fatta geometria della memoria” come ha ben identificato il critico Giuseppe Appella “…che ossessiona e placa Accatino.”
Ma non solo. I primi quadri aniconici dalla forte caratterizzazione geometrica sostenuta dalle vibrazioni di colori controllati a partire dagli anni ’60 tenderanno ad assumere una sempre maggiore severità di linguaggio.
Un’etica della forma, quasi una religiosità astratta ed assoluta che – non a caso – lo porterà a vincere nel 1960 la Biennale di Arte Sacra di Salisburgo, pur nella negazione della figurazione e dell’iconografia tradizionale.
Attento studioso (e come si vedrà, anche teorico dell’arte) Accatino ha motivato in piú occasioni le sue scelte su categorie estetiche fondamentali, come ad esempio il cromatismo “Il colore…” scriverà “…possiede un valore morale. Il bianco è purezza e luce, il nero denuncia, contrasto, angoscia. La gamma dei grigi severità, ma anche dolcezza, i bruni, le ocra, i blu, i rossi, varietà di sentimenti e risonanze timbriche…”.
Una ricerca che verrà declinata attraverso le più diverse tecniche espressive, che egli sperimenterà incessantemente nel corso degli anni nello studio di Via Chiana, e in seguito nel grande atelier di Via Agri, affiancando alla pittura la realizzazione di collage (carte costruite), la tridimensionalità (legno, gesso, bronzo, materiali di recupero), l’incisione, e infine la tessilità.
Tessilità 1969-1979
Strenuo assertore di una nuova cultura legata alla tradizione tessile, Accatino, a partire dal 1966, si dedica con vigore anche al recupero dell’arazzo come linguaggio espressivo e come proposta agli architetti, inventando nuove soluzioni di tessitura bi o tridimensionali, come il diaframma.
Un’esperienza di totale innovazione, che lo rende, a pieno diritto, uno dei padri della Fiber Art, e che lo porta a riscoprire laboratori artigiani e arazzerie in tutta Italia, con i quali produrrà tra il 1966 e il 1979 ben 136 tra arazzi, diaframmi, tappeti murali, molti dei quali verranno esposti in rappresentanza del nostro Paese in importanti rassegne internazionali.
1960-1985
L’invenzione dell’educazione artistica
Contemporaneamente all’attività artistico-produttiva Enrico Accatino ha a lungo operato anche come formatore, divulgatore e teorico della didattica delle arti visive.
Un impegno che nasce tra il 1960 e il 1964, quando riceve l’incarico dalla RAI Radiotelevisione italiana di curare per la televisione una nuova impostazione dell’insegnamento artistico.
L’esperienza di “Telescuola” (insieme a “Non è mai troppo tardi” – i programmi che, di fatto, formano le generazioni del boom economico) porterà alla produzione di centinaia di trasmissioni televisive in diretta, ma anche alla realizzazione di testi fondamentali per l’Educazione artistico-visiva e la Storia dell’Arte (Carlo Signorelli, Edumond). I testi che accompagneranno la disciplina ad evolvere da “Corso di Disegno” in vera e propria Educazione all’Immagine.
Un bagaglio di conoscenze che non potrà che confluire in decine di corsi di aggiornamento rivolti ai docenti e nella definizione dello stesso Programma della Riforma della Scuola Media, per il quale Accatino svolgerà un fondamentale ruolo di consulenza.
Dal 1990 a oltre il 2000
La scoperta del colore
All’inizio degli anni ‘90, sulla scia della grande mostra antologica di Palazzo Rondanini a Roma promossa dalla Regione Lazio, la produzione artistica di Accatino subisce un’ulteriore evoluzione.
Dopo anni di colori severi e controllati, la sua pittura si apre così a un nuovo cromatismo dove trovano spazio rossi brillanti, blu, gialli, improvvise variazioni di luce, in una sapiente fusione tra tecniche tradizionali e pittura acrilica, sino ad allora mai utilizzata.
Un percorso di sperimentazione che sarà raccontato dalle mostre del ciclo Alitalia per l’Arte (Roma, New York, Milano) e che proseguirà per tutto il decennio, sino a scavalcare la soglia del nuovo millennio.
Riconoscimenti e presenza sul mercato
Numerose sue opere sono conservate presso musei e collezioni private in Italia e all’estero (Galleria Nazionale di Arte Moderna, Collezioni Vaticane, Simon Wiesenthal Center Los Angeles).
Nel 1980, su proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, il Presidente della Repubblica Italiana gli ha conferito la Medaglia d’Oro quale “Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte”. Nel 1998 il Capo dello Stato lo ha nominato “Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”.
Ulteriori informazioni sono reperibili in rete nel sito www.enricoaccatino.org e in www.artbiography.com
La mostra propone un percorso nella vita e nel lavoro dell’artista attraverso l’allestimento, presso la Galleria F. Russo, di una significativa selezione – per la maggior parte inedita - di dipinti, disegni, incisioni e sculture di piccolo formato indicativa dell’evoluzione della sua ricerca dal realismo espressionista degli anni Quaranta-Cinquanta (cicli de La Mattanza, Pescatori, Vangatori, La Madre, Guerra Atomica) all’astrazione cui Accatino approda definitivamente nel 1960. Casa Di Nepi, invece, espone una importante raccolta di arazzi, alcuni dei quali di grandi dimensioni, disegnati e fatti tessere dall’artista fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, oltre a grandi sculture in legno, metallo e perspex. In questa occasione Casa Di Nepi ha inoltre realizzato in Nepal, presso le comunità tibetane, quattro tappeti ispirati ai disegni di Accatino denominati : Minotauro, Il grande pensatore, Allegro ma non troppo, Opus one.
La ricerca di Enrico Accatino spazia con coerenza dal figurativo all’astratto, dalla pittura alla grafica, dalla scultura all’arazzo, inserendosi a pieno titolo nel dibattito tra arte e architettura che in Italia, sin dagli anni Cinquanta, occupa le pagine di importanti riviste - quali “Civiltà delle macchine”, “Arti Visive”, L’Architettura”, “Spazio”, “La Casa” - impegnando critici come Giulio Carlo Argan e Nello Ponente nella difesa ed elaborazione di un’idea di “sintesi delle arti” intesa quale assunto portante di modernità ereditato dalle Avanguardie storiche.
Interessato alla diffusione di un livello ''alto'' nella progettazione e produzione delle arti applicate, sin dall’inizio degli anni Sessanta Accatino si fa promotore in prima persona della cultura della “tessilità” o “pittura murale tessuta”, formando e motivando, attraverso commissioni dirette, numerose manifatture locali (abruzzesi, laziali, pugliesi, sarde) e proponendo questo mezzo espressivo all’attenzione di architetti e arredatori d’interni (1970). A questa lunga militanza artistica fa da contro altare l’intensa attività divulgativa, iniziata nel 1960 come docente di Educazione artistica per lo storico programma della RAI Telescuola - che, insieme a Non è mai troppo tardi, contribuì di fatto alla scolarizzazione di massa dell’Italia negli anni del boom economico - e proseguita poi con la pubblicazione di numerosi libri di testo sulla didattica dell’arte che hanno influenzato profondamente l’evoluzione di questa disciplina.
Catalogo a cura di Francesca Franco, con presentazione di Giuseppe Appella, De Luca editori d’arte, Roma
1938-1947
Gli anni della formazione
Enrico Accatino, pittore, scultore, designer e incisore, nasce a Genova nel 1920 da una famiglia piemontese originaria di San Salvatore Monferrato, la terra alla quale l’artista legherà per sempre la propria memoria e la propria formazione.
E’ proprio qui, infatti, che Accatino – altrimenti destinato a gestire la bottega di famiglia - avverte il richiamo dell’espressione artistica ed inizia nel 1938, da vero autodidatta, con pochi mezzi, a raccontare un mondo arcaico e contadino fatto di gente umile e senza storia.
Saranno, infatti, proprio le scene di vita quotidiana collegate al lavoro dei campi e a quello in mare le tematiche portanti della sua prima produzione, sulla quale notevole influenza avrà anche la frequentazione, a Torino, dello studio privato di Felice Casorati.
Unica cura a studi disordinati e a un ambiente provinciale e privo di stimoli, ben testimoniato dagli scritti di Pavese e di Fenoglio.
Il periodo bellico lo porta, da fante, nel sud dell’Italia, dove stringe un’amicizia fraterna con Michele Prisco, Mario Pomilio e Gino Montesanto, suoi compagni d’arme.
Solo nel dopoguerra riesce però a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Roma (dove studia con Amerigo Bartoli) nella quale già nel ‘40 aveva superato la prova di ammissione), dove darà vita, con Lorenzo Guerrini, Tullio Pericoli, Gianni Polidori, Rosanna Lancia - per la prima volta in Italia - ad una soprendente contestazione contro la cultura accademica, a favore di una nuova didattica del disegno, anticipando quanto Treccani e Testori avrebbero fatto, pochi mesi dopo, all’Accademia di Brera a Milano.
Nel 1947 si reca finalmente a Parigi, città nella quale rimarrà un anno. Un’esperienza fondamentale, che gli permette di entrare in contatto con un mondo finalmente cosmopolita e di conoscere e di frequentare artisti del livello di Severini, Giacometti, Laurens, Pignon, Hartung, Manessier.
1947-1957
Il realismo d’angoscia
Trasferitosi definitivamente a Roma, nel 1951 si sposa con Ornella Angeloni - dalla quale avrà tre figli - continuando ad esplorare a livello pittorico un sentimento umano teso al riscatto del dolore e della miseria.
Si tratta di una figurazione rigorosa e sofferta, del tutto autonoma rispetto al realismo ideologico-politico imperante in quegli anni in Italia, ma anche lontana dai compiacimenti richiesti da un nascente collezionismo piccolo borghese.
Quella di Accatino è una scelta complessa e radicale, che finirà per caratterizzare tutta la sua esperienza umana e professionale, e che lo porterà a lavorare sodo, a preferire la frequentazione di artisti come Fausto Pirandello, Roberto Melli, Ferruccio Ferrazzi, Alberto Gerardi, Pericle Fazzini, Primo Conti, Mino Maccari, a quella dei salotti letterari romani, nei quali i suoi amici pittori più quotati vorrebbero introdurlo.
Nascono così, i fondamentali cicli delle “Madri”, dei “Pescatori”, del Trasporto”, della “Mattanza”, questi ultimi ispirati dal lungo soggiorno che Accatino aveva trascorso, appena ventenne, presso le Tonnare di Carloforte, in Sardegna, in una delle lunghe fughe alla ricerca della propria identità.
Nel 1951 è finalista del Premio Roma e nel 1953, proprio con una grande opera ispirata al mare (Il trasporto del corpo di un pescatore morto sul lavoro), si aggiudica, con Antonio Scordia e Primo Levi, la prima edizione del Premio Marzotto.
Nel 1956, vincitore della Borsa di Studio del Belgian American Education Foundation, si reca in Belgio e quindi in Olanda e in Inghilterra, dove si confronta con le principali neo-avanguardie europee, quasi alla conferma del proprio modo di intendere e “fare arte”.
Con il passare degli anni il figurativo è divenuto, infatti, per Accatino un linguaggio sempre più angusto, nel quale sembra non riconoscersi più, e nel quale non trova più spazio il suo uso libero e spregiudicato del pennello. Arma che usa per denunciare le ingiustizie o le fragilità umane, ma anche per esprimere una forte tensione morale.
La serie della “Paura Atomica” e dei “Fichi d’India”, quest’ultimo di chiara matrice espressionista, si trasforma così in una trama che già prelude alla sofferta trasformazione in atto.
1957-1990
La via dell’astrazione: geometrie delle memoria
La mutazione della visione è repentina. E nel 1957, dopo casuali sconfinamenti, la rarefazione della grande tela “l’Attesa”, segna, di fatto, la frattura definitiva tra il figurativo e l’astratto.
Il motivo conduttore e caratterizzante della produzione pittorica e tridimensionale, diverrà da allora la “circolarità”: cerchio, disco, ellisse.
Una forma essenziale, che verrà declinata in tutte le possibili, plurime ed intersecate connessioni. Una sorta di …“proliferazione cellulare fatta geometria della memoria” come ha ben identificato il critico Giuseppe Appella “…che ossessiona e placa Accatino.”
Ma non solo. I primi quadri aniconici dalla forte caratterizzazione geometrica sostenuta dalle vibrazioni di colori controllati a partire dagli anni ’60 tenderanno ad assumere una sempre maggiore severità di linguaggio.
Un’etica della forma, quasi una religiosità astratta ed assoluta che – non a caso – lo porterà a vincere nel 1960 la Biennale di Arte Sacra di Salisburgo, pur nella negazione della figurazione e dell’iconografia tradizionale.
Attento studioso (e come si vedrà, anche teorico dell’arte) Accatino ha motivato in piú occasioni le sue scelte su categorie estetiche fondamentali, come ad esempio il cromatismo “Il colore…” scriverà “…possiede un valore morale. Il bianco è purezza e luce, il nero denuncia, contrasto, angoscia. La gamma dei grigi severità, ma anche dolcezza, i bruni, le ocra, i blu, i rossi, varietà di sentimenti e risonanze timbriche…”.
Una ricerca che verrà declinata attraverso le più diverse tecniche espressive, che egli sperimenterà incessantemente nel corso degli anni nello studio di Via Chiana, e in seguito nel grande atelier di Via Agri, affiancando alla pittura la realizzazione di collage (carte costruite), la tridimensionalità (legno, gesso, bronzo, materiali di recupero), l’incisione, e infine la tessilità.
Tessilità 1969-1979
Strenuo assertore di una nuova cultura legata alla tradizione tessile, Accatino, a partire dal 1966, si dedica con vigore anche al recupero dell’arazzo come linguaggio espressivo e come proposta agli architetti, inventando nuove soluzioni di tessitura bi o tridimensionali, come il diaframma.
Un’esperienza di totale innovazione, che lo rende, a pieno diritto, uno dei padri della Fiber Art, e che lo porta a riscoprire laboratori artigiani e arazzerie in tutta Italia, con i quali produrrà tra il 1966 e il 1979 ben 136 tra arazzi, diaframmi, tappeti murali, molti dei quali verranno esposti in rappresentanza del nostro Paese in importanti rassegne internazionali.
1960-1985
L’invenzione dell’educazione artistica
Contemporaneamente all’attività artistico-produttiva Enrico Accatino ha a lungo operato anche come formatore, divulgatore e teorico della didattica delle arti visive.
Un impegno che nasce tra il 1960 e il 1964, quando riceve l’incarico dalla RAI Radiotelevisione italiana di curare per la televisione una nuova impostazione dell’insegnamento artistico.
L’esperienza di “Telescuola” (insieme a “Non è mai troppo tardi” – i programmi che, di fatto, formano le generazioni del boom economico) porterà alla produzione di centinaia di trasmissioni televisive in diretta, ma anche alla realizzazione di testi fondamentali per l’Educazione artistico-visiva e la Storia dell’Arte (Carlo Signorelli, Edumond). I testi che accompagneranno la disciplina ad evolvere da “Corso di Disegno” in vera e propria Educazione all’Immagine.
Un bagaglio di conoscenze che non potrà che confluire in decine di corsi di aggiornamento rivolti ai docenti e nella definizione dello stesso Programma della Riforma della Scuola Media, per il quale Accatino svolgerà un fondamentale ruolo di consulenza.
Dal 1990 a oltre il 2000
La scoperta del colore
All’inizio degli anni ‘90, sulla scia della grande mostra antologica di Palazzo Rondanini a Roma promossa dalla Regione Lazio, la produzione artistica di Accatino subisce un’ulteriore evoluzione.
Dopo anni di colori severi e controllati, la sua pittura si apre così a un nuovo cromatismo dove trovano spazio rossi brillanti, blu, gialli, improvvise variazioni di luce, in una sapiente fusione tra tecniche tradizionali e pittura acrilica, sino ad allora mai utilizzata.
Un percorso di sperimentazione che sarà raccontato dalle mostre del ciclo Alitalia per l’Arte (Roma, New York, Milano) e che proseguirà per tutto il decennio, sino a scavalcare la soglia del nuovo millennio.
Riconoscimenti e presenza sul mercato
Numerose sue opere sono conservate presso musei e collezioni private in Italia e all’estero (Galleria Nazionale di Arte Moderna, Collezioni Vaticane, Simon Wiesenthal Center Los Angeles).
Nel 1980, su proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, il Presidente della Repubblica Italiana gli ha conferito la Medaglia d’Oro quale “Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte”. Nel 1998 il Capo dello Stato lo ha nominato “Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”.
Ulteriori informazioni sono reperibili in rete nel sito www.enricoaccatino.org e in www.artbiography.com
15
settembre 2005
Enrico Accatino – Dal realismo all’astrazione alla “sintesi delle arti”
Dal 15 settembre al 07 ottobre 2005
arte contemporanea
Location
CASA DI NEPI
Roma, Via Margutta, 55B, (Roma)
Roma, Via Margutta, 55B, (Roma)
Vernissage
15 Settembre 2005, ore 18
Editore
DE LUCA EDITORI D'ARTE
Autore