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Mario Lattes – Figure, teatrini e marionette
90 opere, di cui 40 dipinti e 50 opere di grafica, affini per tematica, che si collocano cronologicamente tra gli anni cinquanta e novanta del Novecento
Comunicato stampa
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La Mostra è incentrata sull’esposizione di 90 opere di Mario Lattes, di cui 40 dipinti e 50 opere di grafica, affini per tematica, che si collocano cronologicamente tra gli anni cinquanta e novanta del Novecento. La scelta iconografica privilegia alcune delle tematiche più significative affrontate da Mario Lattes nella sua notevole e variegata produzione artistica, specificamente rappresentate da figure visionarie, tragiche, surreali, caratterizzate da uno stile pittorico essenziale, forte di contrasti cromatici sprezzanti nella stesura, e inoltre da teatrini e marionette, due tipologie di soggetti che si ritrovano con regolarità nelle opere di Lattes a partire dalla seconda metà degli anni settanta, e che questo «artista di ventura» ha recuperato con spirito nostalgico, isolandoli dal trascorrere del tempo e dalla polvere dell’abbandono.
Enrico Perotto
BIOGRAFIA
(a cura di Enrico Perotto)
Mario Lattes (Torino 1923 – 2001) fu una figura esemplare di intellettuale dagli interessi culturali multiformi, estraneo a ogni eccesso di rigore idealistico e contrario a qualsiasi sfoggio di formalismo accademico. Osservò la realtà con la mentalità ironica e disincantata di un viaggiatore arguto, impiegando sia la scrittura, con parole pulsanti di vita e insieme irretite di sofferenza umana insensata, sia le immagini pittoriche e grafiche, raffiguranti ossessioni interiori, sogni oscuri, personaggi e luoghi del teatro surreale dell’esistenza, ingombro di spoglie oggettuali ordinarie e allarmanti. Lattes compì studi irregolari, avviandosi alla pittura nel 1945, dopo aver svolto durante la Seconda Guerra Mondiale l’attività di interprete per le truppe alleate, con la possibilità di viaggiare in diverse città italiane e straniere e di conoscere altri ambienti e differenti realtà culturali. Congedato dall’incarico e conseguita la maturità classica, si dedicò alla direzione della casa editrice torinese Lattes fondata nel 1893 dal nonno Simone (1862-1925) con l’intento di pubblicare opere letterarie di giovani autori, poi specializzatasi nell’editoria scientifica e scolastica con la direzione del padre Ernesto (1886-1937). L’«editore con l’animo d’artista» (1) decise nel 1952 di allestire uno spazio espositivo all’interno dei nuovi locali della casa editrice inaugurati in via Confienza, con l’intento di agire al di fuori di ogni logica di mercato o di moda culturale e in totale autonomia di gestione, accogliendo opere di artisti francesi e tedeschi di tendenza neocézanniana e postcubista, in evoluzione verso forme razionali astratte o più decisamente informali, come Alfred Manessier, Gustave Singier, Mario Prassinos e Fritz Winter. La galleria d’arte resterà attiva fino al 1960, ma non si tennero altre esposizioni dopo quella di Piero Rambaudi nel 1956.
In parallelo con l’attività editoriale e galleristica, Lattes proseguì negli anni Cinquanta la propria esperienza di pittore e di scrittore riconosciuto a livello internazionale. Nel 1953 fondò insieme a Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano e Oscar Navarro la rivista “Galleria Arti e Lettere”, che dal 1954 cambierà il titolo in “Questioni”, a cui collaborarono importanti nomi di poeti, scrittori, artisti, architetti, filosofi, critici letterari, critici e storici dell’arte, quali Nicola Abbagnano, Carlo Augusto Viano, Enzo Paci, Galvano Della Volpe, Pietro Chiodi, Suzanne K. Langer, Theodor Wiesengrund Adorno, Libero De Libero, Edoardo Sanguineti, Pietro Citati, Giorgio Barberi Squarotti, Giovanni Giudici, Elémire Zolla, Armanda e Roberto Guiducci, Gian Renzo Morteo, Vito Pandolfi, Augusto Morello, Gillo Dorfles, Eugenio Battisti, Albino Galvano, Umbro Apollonio, Nino Fugazza, Guido D. Neri, Carlo Mollino. Nel 1956 si iscrisse al corso di Laurea in Filosofia presso l’Università di Torino, laureandosi nel 1960 con una tesi di storia contemporanea sul Ghetto di Varsavia, sostenuta con il professore di storia del Risorgimento Walter Maturi. Nel 1958 pubblicò il suo primo libro di racconti, Le notti nere, per la “Collana di Questioni”. Tra il 1959 e il 1985 pubblicò una serie di romanzi: La stanza dei giochi (1959), Il borghese di ventura (1975), L’incendio del Regio (1976), L’amore è niente (1985). Nel corso degli anni collaborò con scritti e disegni a riviste e quotidiani tra cui “La fiera letteraria”, “Il Mondo”, “Gazzetta del Popolo”, “Cratilo”, “Esso-Rivista”. E nel 2004 l’editore Aragno ha pubblicato il romanzo inedito Il Castello d’Acqua, con postfazione di Giovanni Tesio e a cura della Fondazione Mario Lattes di Torino.
Alla pittura Lattes si accostò quasi per caso, sulla spinta della curiosità suscitata dalle illustrazioni dei libri scolastici e per ragazzi pubblicati dalla casa editrice. L’idea gli venne da un suggerimento dell’amico pittore e illustratore Giulio Damilano, ma al principio non fu
per niente facile. Iniziò a frequentare da autodidatta le sponde del fiume Po, tentando di riprodurre la veduta en plein air di un ponte e scontrandosi subito con le regole compositive della prospettiva. Si convinse di lasciare perdere questo metodo e di affidarsi liberamente al proprio estro, perseguendo sempre la strada solitaria dell’indipendenza del proprio linguaggio espressivo ed evitando la consuetudine delle discussioni “al caffè” con altri pittori, che comunque non mancava certo di conoscere personalmente. Eseguì dapprima acquarelli e disegni, realizzando paesaggi, architetture, nature morte, composizioni di oggetti, vivacemente contrastati di valori coloristici e chiaroscurali. La sua prima mostra fu allestita nel 1947 alla galleria d’arte La Bussola di Torino, a testimonianza della sua raggiunta maturità artistica. Tra il 1948 e il 1949 viaggiò in Francia e in Inghilterra, aprendosi a nuove influenze stilistiche, soprattutto alla lezione di Cézanne e ai modi di Utrillo. Nei primi anni Cinquanta si avvicinò al linguaggio astratto, ma non si allontanò mai definitivamente dalla visione figurativa, che costituì sempre la cifra caratteristica dei suoi quadri. Dal 1955 Lattes ideò nuove composizioni figurali, come nature morte, paesaggi e ritratti, trattati con fervore coloristico informale e intento sottilmente visionario, creando atmosfere cristalline in cui sono immerse presenze fisiche cupe e spettrali. In questo periodo Lattes elaborò anche sculture in ferro saldate a fiamma ossidrica. Negli anni Cinquanta allestì personali a Torino, Roma, Milano e Firenze, partecipò alle edizioni della mostra Pittori d’oggi: Francia - Italia. Peintres d’aujourd’hui: France - Italie nel 1951 e nel 1953 e quindi espose alla Biennale di Venezia del 1958. Negli anni Sessanta e Settanta la sua pittura si popolò di immagini surreali evocative, cariche di suggestioni simboliche, un repertorio di autoritratti, ritratti di rabbini ieratici, nature morte e paesaggi, con cui si ha modo di immergersi nell’oscurità profonda ed emblematica delle riflessioni più intime e poetiche dell’artista. L’ultima produzione di Lattes, a partire dagli anni Ottanta, si caratterizzò per una totale liberazione della forza del colore e della semplicità compositiva, in funzione di un ritrovato e felice stato d’innocenza creativa.
(1) Così Stefano Bucci ha definito Mario Lattes in un suo ricordo sulle colonne del “Corriere della Sera” di giovedì 3 gennaio 2002, p. 31.
Enrico Perotto
BIOGRAFIA
(a cura di Enrico Perotto)
Mario Lattes (Torino 1923 – 2001) fu una figura esemplare di intellettuale dagli interessi culturali multiformi, estraneo a ogni eccesso di rigore idealistico e contrario a qualsiasi sfoggio di formalismo accademico. Osservò la realtà con la mentalità ironica e disincantata di un viaggiatore arguto, impiegando sia la scrittura, con parole pulsanti di vita e insieme irretite di sofferenza umana insensata, sia le immagini pittoriche e grafiche, raffiguranti ossessioni interiori, sogni oscuri, personaggi e luoghi del teatro surreale dell’esistenza, ingombro di spoglie oggettuali ordinarie e allarmanti. Lattes compì studi irregolari, avviandosi alla pittura nel 1945, dopo aver svolto durante la Seconda Guerra Mondiale l’attività di interprete per le truppe alleate, con la possibilità di viaggiare in diverse città italiane e straniere e di conoscere altri ambienti e differenti realtà culturali. Congedato dall’incarico e conseguita la maturità classica, si dedicò alla direzione della casa editrice torinese Lattes fondata nel 1893 dal nonno Simone (1862-1925) con l’intento di pubblicare opere letterarie di giovani autori, poi specializzatasi nell’editoria scientifica e scolastica con la direzione del padre Ernesto (1886-1937). L’«editore con l’animo d’artista» (1) decise nel 1952 di allestire uno spazio espositivo all’interno dei nuovi locali della casa editrice inaugurati in via Confienza, con l’intento di agire al di fuori di ogni logica di mercato o di moda culturale e in totale autonomia di gestione, accogliendo opere di artisti francesi e tedeschi di tendenza neocézanniana e postcubista, in evoluzione verso forme razionali astratte o più decisamente informali, come Alfred Manessier, Gustave Singier, Mario Prassinos e Fritz Winter. La galleria d’arte resterà attiva fino al 1960, ma non si tennero altre esposizioni dopo quella di Piero Rambaudi nel 1956.
In parallelo con l’attività editoriale e galleristica, Lattes proseguì negli anni Cinquanta la propria esperienza di pittore e di scrittore riconosciuto a livello internazionale. Nel 1953 fondò insieme a Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano e Oscar Navarro la rivista “Galleria Arti e Lettere”, che dal 1954 cambierà il titolo in “Questioni”, a cui collaborarono importanti nomi di poeti, scrittori, artisti, architetti, filosofi, critici letterari, critici e storici dell’arte, quali Nicola Abbagnano, Carlo Augusto Viano, Enzo Paci, Galvano Della Volpe, Pietro Chiodi, Suzanne K. Langer, Theodor Wiesengrund Adorno, Libero De Libero, Edoardo Sanguineti, Pietro Citati, Giorgio Barberi Squarotti, Giovanni Giudici, Elémire Zolla, Armanda e Roberto Guiducci, Gian Renzo Morteo, Vito Pandolfi, Augusto Morello, Gillo Dorfles, Eugenio Battisti, Albino Galvano, Umbro Apollonio, Nino Fugazza, Guido D. Neri, Carlo Mollino. Nel 1956 si iscrisse al corso di Laurea in Filosofia presso l’Università di Torino, laureandosi nel 1960 con una tesi di storia contemporanea sul Ghetto di Varsavia, sostenuta con il professore di storia del Risorgimento Walter Maturi. Nel 1958 pubblicò il suo primo libro di racconti, Le notti nere, per la “Collana di Questioni”. Tra il 1959 e il 1985 pubblicò una serie di romanzi: La stanza dei giochi (1959), Il borghese di ventura (1975), L’incendio del Regio (1976), L’amore è niente (1985). Nel corso degli anni collaborò con scritti e disegni a riviste e quotidiani tra cui “La fiera letteraria”, “Il Mondo”, “Gazzetta del Popolo”, “Cratilo”, “Esso-Rivista”. E nel 2004 l’editore Aragno ha pubblicato il romanzo inedito Il Castello d’Acqua, con postfazione di Giovanni Tesio e a cura della Fondazione Mario Lattes di Torino.
Alla pittura Lattes si accostò quasi per caso, sulla spinta della curiosità suscitata dalle illustrazioni dei libri scolastici e per ragazzi pubblicati dalla casa editrice. L’idea gli venne da un suggerimento dell’amico pittore e illustratore Giulio Damilano, ma al principio non fu
per niente facile. Iniziò a frequentare da autodidatta le sponde del fiume Po, tentando di riprodurre la veduta en plein air di un ponte e scontrandosi subito con le regole compositive della prospettiva. Si convinse di lasciare perdere questo metodo e di affidarsi liberamente al proprio estro, perseguendo sempre la strada solitaria dell’indipendenza del proprio linguaggio espressivo ed evitando la consuetudine delle discussioni “al caffè” con altri pittori, che comunque non mancava certo di conoscere personalmente. Eseguì dapprima acquarelli e disegni, realizzando paesaggi, architetture, nature morte, composizioni di oggetti, vivacemente contrastati di valori coloristici e chiaroscurali. La sua prima mostra fu allestita nel 1947 alla galleria d’arte La Bussola di Torino, a testimonianza della sua raggiunta maturità artistica. Tra il 1948 e il 1949 viaggiò in Francia e in Inghilterra, aprendosi a nuove influenze stilistiche, soprattutto alla lezione di Cézanne e ai modi di Utrillo. Nei primi anni Cinquanta si avvicinò al linguaggio astratto, ma non si allontanò mai definitivamente dalla visione figurativa, che costituì sempre la cifra caratteristica dei suoi quadri. Dal 1955 Lattes ideò nuove composizioni figurali, come nature morte, paesaggi e ritratti, trattati con fervore coloristico informale e intento sottilmente visionario, creando atmosfere cristalline in cui sono immerse presenze fisiche cupe e spettrali. In questo periodo Lattes elaborò anche sculture in ferro saldate a fiamma ossidrica. Negli anni Cinquanta allestì personali a Torino, Roma, Milano e Firenze, partecipò alle edizioni della mostra Pittori d’oggi: Francia - Italia. Peintres d’aujourd’hui: France - Italie nel 1951 e nel 1953 e quindi espose alla Biennale di Venezia del 1958. Negli anni Sessanta e Settanta la sua pittura si popolò di immagini surreali evocative, cariche di suggestioni simboliche, un repertorio di autoritratti, ritratti di rabbini ieratici, nature morte e paesaggi, con cui si ha modo di immergersi nell’oscurità profonda ed emblematica delle riflessioni più intime e poetiche dell’artista. L’ultima produzione di Lattes, a partire dagli anni Ottanta, si caratterizzò per una totale liberazione della forza del colore e della semplicità compositiva, in funzione di un ritrovato e felice stato d’innocenza creativa.
(1) Così Stefano Bucci ha definito Mario Lattes in un suo ricordo sulle colonne del “Corriere della Sera” di giovedì 3 gennaio 2002, p. 31.
15
ottobre 2005
Mario Lattes – Figure, teatrini e marionette
Dal 15 ottobre al 12 novembre 2005
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE PEANO
Cuneo, Corso Francia, 47, (Cuneo)
Cuneo, Corso Francia, 47, (Cuneo)
Orario di apertura
da martedì a sabato 16–19
Vernissage
15 Ottobre 2005, ore 16
Autore
Curatore