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Luca Buti – Manhattan. Vertical living & horizontal views
Il colore? Non poteva che mancare. Bianco e nero semplicemente perché il film di Woody Allen “Manhattan” è in bianco e nero
Comunicato stampa
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- A proposito dell’autore:
Luca è nato a Montevarchi (AR) nel 1971, vicino dove ancora adesso vive.
Da sempre innamorato della fotografia, inizia ad approcciarla in modo serio sei anni fa, da quando inizia ad occuparsi di jazz come giornalista. Anche se la fotografia di eventi musicali rimane la sua attività principale, molti suoi lavori abbracciano una gran varietà di soggetti: fotografia astratta, urbana, di persone ecc.
Avendo sviluppato la sua tecnica prevalentemente in maniera autodidatta, Luca appartiene alla generazione di fotografi nati in camera oscura, ma attenti alle potenzialità del digitale. Le sue parole al riguardo: “È come se i pittori usassero un pennello tecnologicamente più evoluto... Il digitale è solo uno strumento...”.
I lavori di Luca sono principalmente basati su sistemi 35mm, a proposito dei quali, oltre alle tecniche tradizionali affianca tecniche alternative quali fotografia IR/UV, cross processing e manipolazioni digitali.
La sua visione principale è quella di “fotografia come pura arte”, un’arte che comincia un centimetro dopo la realtà e che finisce un centimetro prima della pittura. Di nuovo le sue parole: “Le fotografie devono essere diverse dalla realtà il più possibile. Questo significa creare piuttosto che scattare. Una sfida dove la mente del fotografo gioca il ruolo più importante.
Ciò che caratterizza la fotografia di Luca è il suo continuo movimento dal formalismo dei suoi lavori in bianco e nero come la serie “Jazzin’”, all’apertura verso temi più liberi e visionari come i suoi portfolio dedicati ai “Racconti del Mistero dell’Incubo e del Terrore” di Edgar Allan Poe o all’action painting di Jackson Pollock. Se c’è una costante nelle foto di Luca è la sua forte volontà di guardare dentro al soggetto (come se usasse una macchina con raggi-x)...
- A proposito del progetto:
Quella reazione acida in B/N...
Non so se per un fotografo Manhattan possa rappresentare la sfida più facile o quella più difficile. Da un lato c’è, infatti, un generatore di “situazioni fotografiche” incredibile, ma dall’altro c’è la svilente sensazione che qualcuno, quella stessa foto possa averla già fatta. Questo costringe, quasi sempre, non ad interpretare (la condizione teorica-ideale del fotografo), ma a reinterpretare quello che hai già visto nella sterminata letteratura esistente in materia. Se poi consideriamo anche l’aspetto pratico-filosofico di come un “congegno-macchina-fotografica” possa interpretare l’anima di una città che nella storia ha praticamente catalizzato quasi tutte le forme artistiche moderne, l’impresa diventa quasi intimidente.
È da questo presupposto, che ho assorbito come una “necessità-causa-forza-maggiore”, che è iniziata la mia “re-interpretazione”. Reinterpretazione partita con l’uso di uno strumento abbastanza sui generis: una macchina fotografica Noblex 35mm panoramica. Una scelta decisamente anacronistica nell’era dei semiconduttori e delle immagini digitali: un pesante congegno, spartano ed essenziale nei comandi, con una forma “a monoblocco” che lascia trasparire tutta la “tedeschità” del suo design. Credo che per essere notati nel centro di Times Square (nell’anno 2004), l’alternativa all’andare in giro nudi, sia proprio fotografare inquadrando da questo trabiccolo.
Ho concepito ed interpretato queste “panoramiche” come la voglia sia di abbracciare le grandezze (fisiche ed ideologiche) di questa città. Creare una sorta di reazione acida attraverso lo scontro tra le verticalizzazioni estreme e lineiformi dei grattacieli con l’orizzontalità e le aberrazioni della visione panoramica. Liquefazione delle linee contro la rigorosa ortodossia della fotografia architettonica.
Il colore? Non poteva che mancare. Bianco e nero semplicemente perché il film di Woody Allen “Manhattan” è in bianco e nero.
Luca è nato a Montevarchi (AR) nel 1971, vicino dove ancora adesso vive.
Da sempre innamorato della fotografia, inizia ad approcciarla in modo serio sei anni fa, da quando inizia ad occuparsi di jazz come giornalista. Anche se la fotografia di eventi musicali rimane la sua attività principale, molti suoi lavori abbracciano una gran varietà di soggetti: fotografia astratta, urbana, di persone ecc.
Avendo sviluppato la sua tecnica prevalentemente in maniera autodidatta, Luca appartiene alla generazione di fotografi nati in camera oscura, ma attenti alle potenzialità del digitale. Le sue parole al riguardo: “È come se i pittori usassero un pennello tecnologicamente più evoluto... Il digitale è solo uno strumento...”.
I lavori di Luca sono principalmente basati su sistemi 35mm, a proposito dei quali, oltre alle tecniche tradizionali affianca tecniche alternative quali fotografia IR/UV, cross processing e manipolazioni digitali.
La sua visione principale è quella di “fotografia come pura arte”, un’arte che comincia un centimetro dopo la realtà e che finisce un centimetro prima della pittura. Di nuovo le sue parole: “Le fotografie devono essere diverse dalla realtà il più possibile. Questo significa creare piuttosto che scattare. Una sfida dove la mente del fotografo gioca il ruolo più importante.
Ciò che caratterizza la fotografia di Luca è il suo continuo movimento dal formalismo dei suoi lavori in bianco e nero come la serie “Jazzin’”, all’apertura verso temi più liberi e visionari come i suoi portfolio dedicati ai “Racconti del Mistero dell’Incubo e del Terrore” di Edgar Allan Poe o all’action painting di Jackson Pollock. Se c’è una costante nelle foto di Luca è la sua forte volontà di guardare dentro al soggetto (come se usasse una macchina con raggi-x)...
- A proposito del progetto:
Quella reazione acida in B/N...
Non so se per un fotografo Manhattan possa rappresentare la sfida più facile o quella più difficile. Da un lato c’è, infatti, un generatore di “situazioni fotografiche” incredibile, ma dall’altro c’è la svilente sensazione che qualcuno, quella stessa foto possa averla già fatta. Questo costringe, quasi sempre, non ad interpretare (la condizione teorica-ideale del fotografo), ma a reinterpretare quello che hai già visto nella sterminata letteratura esistente in materia. Se poi consideriamo anche l’aspetto pratico-filosofico di come un “congegno-macchina-fotografica” possa interpretare l’anima di una città che nella storia ha praticamente catalizzato quasi tutte le forme artistiche moderne, l’impresa diventa quasi intimidente.
È da questo presupposto, che ho assorbito come una “necessità-causa-forza-maggiore”, che è iniziata la mia “re-interpretazione”. Reinterpretazione partita con l’uso di uno strumento abbastanza sui generis: una macchina fotografica Noblex 35mm panoramica. Una scelta decisamente anacronistica nell’era dei semiconduttori e delle immagini digitali: un pesante congegno, spartano ed essenziale nei comandi, con una forma “a monoblocco” che lascia trasparire tutta la “tedeschità” del suo design. Credo che per essere notati nel centro di Times Square (nell’anno 2004), l’alternativa all’andare in giro nudi, sia proprio fotografare inquadrando da questo trabiccolo.
Ho concepito ed interpretato queste “panoramiche” come la voglia sia di abbracciare le grandezze (fisiche ed ideologiche) di questa città. Creare una sorta di reazione acida attraverso lo scontro tra le verticalizzazioni estreme e lineiformi dei grattacieli con l’orizzontalità e le aberrazioni della visione panoramica. Liquefazione delle linee contro la rigorosa ortodossia della fotografia architettonica.
Il colore? Non poteva che mancare. Bianco e nero semplicemente perché il film di Woody Allen “Manhattan” è in bianco e nero.
17
ottobre 2005
Luca Buti – Manhattan. Vertical living & horizontal views
Dal 17 ottobre al 06 novembre 2005
fotografia
Location
LIBRERIA MARTELLI
Firenze, Via Dei Martelli, 10, (Firenze)
Firenze, Via Dei Martelli, 10, (Firenze)
Sito web
www.lucabuti.com
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