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Gamberi di fiume. Una collezione come un’altra…
La collezione fotografica di Luisella d’Alessandro esposta per la prima volta al pubblico
Comunicato stampa
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La collezione fotografica di Luisella d’Alessandro esposta per la prima volta al pubblico. Le scelte di una vita, le passioni, gli umori e gli amori… Questo e molto altro si legge tra le righe di una collezione che non ha la presunzione di voler essere una raccolta museale, semmai il contrario: lasciar trasparire il nucleo più intimo di un collezionista, in questo caso un collezionista d’eccezione come può essere il presidente della Fondazione Italiana per la Fotografia.
Luisella d’Alessandro ha l’innegabile merito di aver portato la fotografia in Italia quando da noi essa era ancora relegata a sorella minore delle arti figurative. Ha iniziato ad esporre presso la sua galleria d’arte nel primi anni ’80, poi ha fondato l’Associazione Torino Fotografia nel 1985 con la quale ha promosso la I edizione della Biennale Internazionale di Fotografia.
Questa mostra è lo spunto per una riflessione su cosa muove un amante e conoscitore della fotografia a scegliere un’opera piuttosto che un’altra. Nel caso di Luisella d’Alessandro sicuramente traspare l’impulsività che ha segnato la sua vita. Ma anche un grande istinto e soprattutto un ruolo “super partes” che l’ha fatta scegliere sempre secondo la propria indole e mai in base al gusto del mercato. Perché è innegabile che ora la fotografia giochi un ruolo di prim’ordine all’interno del mercato dell’arte contemporanea ed è altrettanto innnegabile che d’Alessandro non abbia mai prestato la minima attenzione a quest’aspetto. I pezzi fondamentali, le opere imprescindibili per la storia della fotografia fanno ora parte del patrimonio della Fondazione. I pezzi della collezione privata del presidente sono invece, letteralmente, “pezze ‘e core”; sono autori tra i più quotati del momento, così come emergenti o mai veramente emersi che però mettono in pratica la teoria di un grande fotografo quale Henri Cartier-Bresson e cioè che“fotografare è porre nella stessa linea di mira la mente, gli occhi ed il cuore. E’ un modo di vivere.”
A tracciare un immaginario filo conduttore che leghi le opere della collezione si possono individuare più filoni che hanno percorsi movimentati e si intersecano ripetutamente. Inizialmente la fotografia storica: partendo dai ritratti di Sarah Bernhard ad opera di Nadar, passando per Edmond Bacot, arrivando all’Atelier Downey di Londra e ad una preziosa Tauromachia di Lucien Clergue.
Altro comune denominatore è la visione “sonora” della fotografia: un ramo agitato dal vento fissato da Leonard Sussman, una voce che bisbiglia al telefono per Ivo Saglietti, l’uomo che prega coprendosi le orecchie nella foto di Kamel Dridi, il ticchettio della sveglia sulla spiaggia scovata da Michele Zaza, così come i panni che sbatacchiano al sole ritratti da Mimmo Jodice e i teloni di plastica colorati e movimentati di Paola Mongelii.
C’è poi la storia delle fughe e delle tracce: la corsa del ragazzino fotografato da Gianna Bonacini, il sasso quasi zen di Roberto Cecato lasciato a terra per indicare chissà quale direzione, il bosco di Davide Carrari e le tracce ritrovate da Cristina Omenetto.
E poi i dittici: da Fulvio Magurno a Stefania Levi, da Elisabetta Buffa a Jyrki Parantainen, due foto in un gioco di specchi, di colori, di vuoto e pieno.
A ben vedere questa è la visione che percorre tutta la collezione. A parte i ritratti storici, tutto ciò che riguarda il contemporaneo e molte vedute dei primi del ‘900 ritraggono il vuoto, l’assenza. Nessun elemento umano; la vita pulsa nei suoni e nei movimenti della natura ma la presenza umana è negata, dissolta, inesistente. Riflesso di una società contemporanea che aliena l’essere umano fino a smaterializzarlo o riflesso di una vita vissuta testardamente in solitudine seguendo i propri sogni e i propri impulsi? È questa veramente una collezione come un’altra? Solo Luisella d’Alessandro può rispondere, ma non chiedeteglielo ora, è occupata a pescare gamberi di fiume…
Luisella d’Alessandro ha l’innegabile merito di aver portato la fotografia in Italia quando da noi essa era ancora relegata a sorella minore delle arti figurative. Ha iniziato ad esporre presso la sua galleria d’arte nel primi anni ’80, poi ha fondato l’Associazione Torino Fotografia nel 1985 con la quale ha promosso la I edizione della Biennale Internazionale di Fotografia.
Questa mostra è lo spunto per una riflessione su cosa muove un amante e conoscitore della fotografia a scegliere un’opera piuttosto che un’altra. Nel caso di Luisella d’Alessandro sicuramente traspare l’impulsività che ha segnato la sua vita. Ma anche un grande istinto e soprattutto un ruolo “super partes” che l’ha fatta scegliere sempre secondo la propria indole e mai in base al gusto del mercato. Perché è innegabile che ora la fotografia giochi un ruolo di prim’ordine all’interno del mercato dell’arte contemporanea ed è altrettanto innnegabile che d’Alessandro non abbia mai prestato la minima attenzione a quest’aspetto. I pezzi fondamentali, le opere imprescindibili per la storia della fotografia fanno ora parte del patrimonio della Fondazione. I pezzi della collezione privata del presidente sono invece, letteralmente, “pezze ‘e core”; sono autori tra i più quotati del momento, così come emergenti o mai veramente emersi che però mettono in pratica la teoria di un grande fotografo quale Henri Cartier-Bresson e cioè che“fotografare è porre nella stessa linea di mira la mente, gli occhi ed il cuore. E’ un modo di vivere.”
A tracciare un immaginario filo conduttore che leghi le opere della collezione si possono individuare più filoni che hanno percorsi movimentati e si intersecano ripetutamente. Inizialmente la fotografia storica: partendo dai ritratti di Sarah Bernhard ad opera di Nadar, passando per Edmond Bacot, arrivando all’Atelier Downey di Londra e ad una preziosa Tauromachia di Lucien Clergue.
Altro comune denominatore è la visione “sonora” della fotografia: un ramo agitato dal vento fissato da Leonard Sussman, una voce che bisbiglia al telefono per Ivo Saglietti, l’uomo che prega coprendosi le orecchie nella foto di Kamel Dridi, il ticchettio della sveglia sulla spiaggia scovata da Michele Zaza, così come i panni che sbatacchiano al sole ritratti da Mimmo Jodice e i teloni di plastica colorati e movimentati di Paola Mongelii.
C’è poi la storia delle fughe e delle tracce: la corsa del ragazzino fotografato da Gianna Bonacini, il sasso quasi zen di Roberto Cecato lasciato a terra per indicare chissà quale direzione, il bosco di Davide Carrari e le tracce ritrovate da Cristina Omenetto.
E poi i dittici: da Fulvio Magurno a Stefania Levi, da Elisabetta Buffa a Jyrki Parantainen, due foto in un gioco di specchi, di colori, di vuoto e pieno.
A ben vedere questa è la visione che percorre tutta la collezione. A parte i ritratti storici, tutto ciò che riguarda il contemporaneo e molte vedute dei primi del ‘900 ritraggono il vuoto, l’assenza. Nessun elemento umano; la vita pulsa nei suoni e nei movimenti della natura ma la presenza umana è negata, dissolta, inesistente. Riflesso di una società contemporanea che aliena l’essere umano fino a smaterializzarlo o riflesso di una vita vissuta testardamente in solitudine seguendo i propri sogni e i propri impulsi? È questa veramente una collezione come un’altra? Solo Luisella d’Alessandro può rispondere, ma non chiedeteglielo ora, è occupata a pescare gamberi di fiume…
14
settembre 2005
Gamberi di fiume. Una collezione come un’altra…
Dal 14 settembre al primo ottobre 2005
fotografia
Location
GALLERIA CARLINA
Torino, Piazza Carlo Emanuele Ii, 17a, (Torino)
Torino, Piazza Carlo Emanuele Ii, 17a, (Torino)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 10.30-12.30 e 16–19.30
Vernissage
14 Settembre 2005, ore 18
Ufficio stampa
EMANUELA BERNASCONE