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18
settembre 2013
L’intervista/Parlano i curatori del Premio Suzzara 48 anni, e non li dimostra!
Personaggi
Da domenica e fino al 3 novembre a Suzzara “la terra si muove con il senso”, tra i sussulti del terremoto di un anno fa e le aspirazioni del futuro. Così, guardando al presente, si rinnova un premio che ha 48 edizioni di vita. Con un forte accento sul territorio Perché tra linguaggi diversi, interpretazioni poetiche e installazioni più o meno complesse, la posta in gioco è la possibilità di ricostruire creativamente un ambiente
Un Premio storico, quello di Suzzara. Ideato nel 1948 da Dino Villani (il padre della pubblicità italiana) con il sostegno dell’allora sindaco della città e di Cesare Zavattini. Dopo Renato Guttuso, Giuseppe Zigaina, Renato Birolli, Domenico Cantatore, Giulio Turcato, Antonio Ligabue e i maestri contemporanei Mauro Staccioli, Giosetta Fioroni, Concetto Pozzati, Gianni Colombo, per questa quarantottesima edizione si è optato per la chiamata diretta agli artisti nati i cui lavori e progetti sono ospitati presso la Galleria del Premio Suzzara. Domenica sono stati proclamati i vincitori: Paola Anziché, Sergio Breviario, Ettore Favini con Antonio Rovaldi e Stegania Galegati Shines. Al di là del verdetto della giuria, i tre curatori del premio, – Paola Boccaletti, Elisabetta Modena e Marco Scotti – raccontano il significato del premio e le sue prospettive.
Il tema individuato per l’edizione 2013 – La terra si muove con il senso – si lega ai recenti fatti che hanno colpito il territorio del Nord Italia. Ci spiegate quali riflessioni conserva e muove questo soggetto?
«L’edizione del Premio Suzzara di quest’anno non poteva non prendere in considerazione quanto accaduto nel maggio del 2012 anche in queste terre: il terremoto dell’Emilia ha interessato diversi centri del mantovano e il museo direttamente. La mostra è articolata in due sezioni: la presentazione dei progetti del concorso a invito per 14 artisti nati dopo gli anni ’70 intitolato significativamente RIGENERAZIONE, che porterà alla realizzazione dei quattro progetti vincitori nel territorio dell’Oltrepò Mantovano nel corso del 2014, e Progettare il momento. Dell’effimero e del suo contrario in cui Mario Airò, Elisabetta Di Maggio, Eva Marisaldi e Liliana Moro sono stati invitati a pensare appositamente negli spazi museali del Premio. Questi quattro lavori sono dedicati al tema della provvisorietà e della precarietà, del continuo mutare anche di cose immaginate come stabili e durature, di punti di riferimento vissuti come imprescindibili e saldi che cambiano quando meno te lo aspetti. Per questo, insieme al conservatore della Galleria, Marco Panizza, abbiamo scelto di intitolare l’intera edizione La terra si muove con il senso, cercando di seguire la storia di un premio così fortemente connotato e radicato nel contesto».
Quali elementi di continuità col passato e quali invece di rottura avete inserito nell’edizione di quest’anno?
«La continuità è data dalla straordinaria capacità degli artisti invitati a confrontarsi con il contesto, con la storia, la tradizione e la collezione di un Premio significativo come il Suzzara. L’innovazione e la rottura sono invece dettate paradossalmente da una scelta di continuità con la reintroduzione di un concorso rivolto ad alcuni dei migliori artisti italiani nati dopo il 1970 che realizzeranno nel territorio mantovano quattro progetti di arte pubblica entro il 2014: quest’anno il Suzzara si apre dunque al territorio e si svilupperà nell’arco di due anni».
In che modo le vostre abilità di curatori si sono combinate tra voi per la supervisione del Premio di quest’anno?
«Curare una mostra a più mani permette di confrontarsi, di aprirsi alla discussione e alla varietà di proposte e linguaggi interpretati dalle scelte curatoriali individuali. Per quanto ci riguarda tutte le scelte sono state condivise e le diverse sensibilità si sono sposate in un progetto che riteniamo possa costituire tramite il lavoro degli artisti una risorsa non solo per il museo, ma anche per la comunità e per la sua capacità di rimpossessarsi di un territorio così fortemente colpito dal terremoto del maggio 2012».
Volete illustrarci i progetti presentati dai quattro artisti all’interno della Galleria?
«Gli artisti invitati si sono relazionati con gli spazi e la collezione della Galleria del Premio, si sono confrontati con la struttura del museo e il suo allestimento “permanente”, e il risultato è stato la loro ridefinizione e in alcuni casi riscoperta. Nello spazio che ospita i fondi librari, Mario Airò incentra il proprio lavoro su un oggetto comune come un libro, tramutandolo in soggetto intorno al quale costruire una vera e propria ambientazione poetica e una nuova lettura dello spazio. Anversa, opera prima – e ultima a essere pubblicata – dello scrittore cileno Roberto Bolaño, scritta per frammenti come immagini tra prosa e poesia, è messo in scena attraverso i significati personali che può assumere un libro a fronte di un’intera biblioteca. Il video di Jesse Perret poi, giovane artista il cui lavoro è stato prodotto da Airò all’interno del progetto Penso con le mie ginocchia e portato a Suzzara, propone un racconto visionario dedicato all’installazione di una fragile scultura di vetro in una grotta. Eva Marisaldi e Liliana Moro allestiscono i propri interventi nelle stanze che un tempo erano uffici comunali e ora sono stati recuperati come spazi espositivi. Marisaldi celebra il Dopolavoro come una festa e, riconoscendo nei nostri tempi segnati dalla precarietà la difficoltà nel distinguere il momento del lavoro da quello dello svago, affronta una tematica da sempre legata alla storia del Premio attivando nuovi processi mentali. Liliana Moro concentra la propria ricerca sul tema dell’effimero inteso come mobilità, situazione di passaggio, instabilità, e crea nuove relazioni con gli oggetti da lei assemblati, le opere già presenti in Galleria e lo spazio nel quale sono posti. Elisabetta Di Maggio propone poi all’interno della collezione un minuzioso e delicato lavoro manuale il cui risultato è l’incisione della mappa della città di Suzzara su un lastricato fatto di sapone di Marsiglia. Tutti questi lavori sottolineano non solo la fragilità della nostra storia, ma quella della stessa opera d’arte, e dell’illusione di eternità che storicamente nutre».
L’attenzione nei confronti dell’invasione spaziale ad opera di nuove generazioni di artisti è anche il leit motiv del concorso RIGENERAZIONE nato in seno al Premio Suzzara. Che tipo di opere portano in esposizione i 14 artisti nati dopo il 1970?
«I progetti presentati sono ovviamente eterogenei, e fin dalla scelta degli artisti da invitare la nostra intenzione di curatori era quella di presentare diverse ricerche e linguaggi, che avrebbero portato ad altrettanto diverse interpretazioni del tema e del rapporto con il contesto. Gli spazi sui quali sono stati invitati a ragionare sono la Galleria del Premio Suzzara, l’Ecomuseo delle Bonifiche di Moglia, il Museo Civico Polironiano di San Benedetto Po e il Sistema Parchi dell’Oltrepò Mantovano. Gli artisti chiamati a partecipare al concorso per la realizzazione di quattro interventi e installazioni artistiche nel territorio dell’Oltrepò Mantovano sono Paola Anziché, Sergio Breviario, David Casini, Ettore Favini & Antonio Rovaldi, Stefania Galegati Shines, Alice Guareschi, Ozmo, Diego Perrone, Luca Pozzi, Laura Renna, Matteo Rubbi, Sissi e Luca Trevisani. La mostra dei progetti è allestita nella grande sala della Galleria attualmente occupata dalla struttura in tubi innocenti che ospitava le opere “salvate” da chiese ed edifici sacri dopo il terremoto, mentre le quattro opere vincitrici (Anziché, Breviario, Favini con Rovaldi e Galegati Shines) verranno realizzate nel corso del 2014 e saranno documentate attraverso una pubblicazione. Nell’elaborazione delle loro proposte, agli artisti è stato chiesto di progettare opere che potessero interagire con la comunità locale e che fossero espressamente pensate per le quattro aree culturali e territoriali individuate. La giuria composta dai quattro responsabili degli enti e dai critici e studiosi Roberto Pinto e Marco Bazzini, ha considerato la capacità dei progetti in gara di rapportarsi con il contesto, l’originalità delle ricerche e la fattibilità delle proposte – che saranno realizzate e “adottate” dai quattro luoghi, ma soprattutto la loro capacità di produrre valori aggiunti e di caratterizzarsi come risorse per il territorio».
Un evento si fluidifica all’interno di un divenire temporale che oggi ha dei confini sfumati. Quale scia proietta questo premio sul domani?
«Quello della storia, dell’approccio critico consapevole ai luoghi, alle collezioni e al progetto, e la sensibilità di artisti che hanno saputo comprendere il contesto e produrre valori aggiunti attraverso le proprie ricerche e i propri lavori. Non per nulla questa quarantottesima edizione è stata possibile grazie alla convinzione di molte amministrazioni, che insieme hanno collaborato affinché la cultura potesse ampliare i propri orizzonti e portare la sperimentazione di un museo di arte contemporanea da un luogo fisico definito – il museo – a spazio aperto, il territorio. L’evento infatti si inserisce nel progetto “Il sesto senso. Conoscenza e uso responsabile del patrimonio culturale e ambientale come diritto di ogni cittadino”, cofinanziato dal Consorzio Oltrepò Mantovano, Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, all’interno del più ampio progetto “Nel segno mantovano. Progetto di governance per lo sviluppo delle identità territoriali”, il cui ente capofila è la Provincia di Mantova, ed è inoltre sostenuto da DOMInUS, Distretto culturale dell’Oltrepò Mantovano per l’Innovazione, l’Unicità e lo Sviluppo, promosso e realizzato da Fondazione Cariplo all’interno del più ampio progetto Distretti Culturali. Avere avuto a supporto di questo lavoro un’intera rete di sostenitori ci ha permesso di creare sinergie sul territorio altrimenti troppo complesse. Probabilmente questa edizione sarà un esempio di buona pratica per i prossimi anni, perché ha dimostrato di per poter progettare su più vasta area costringendo la comunità a ragionare in senso più ampio e condiviso. Non in ultimo ci permetterà di rigenerare nuovi spazi attraverso l’arte contemporanea dando nuovo impulso e stimolo alla creatività e alla cultura locale!»