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Giosetta Fioroni – Tracce d’argento
La Galleria dell’Oca, dopo più di quindici anni dall’ultima personale di Giosetta Fioroni, presenta una mostra che comprende una selezione di lavori che vanno dalle tele d’argento dei primi anni Sessanta, alle coeve opere su carta, fino ai film realizzati nel 1967
Comunicato stampa
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La Galleria dell’Oca, dopo più di quindici anni dall’ultima personale di Giosetta Fioroni, presenta una mostra che comprende una selezione di lavori che vanno dalle tele d’argento dei primi anni Sessanta, alle coeve opere su carta, fino ai film realizzati nel 1967.
Giosetta Fioroni inizia a dipingere sullo scorcio degli anni Cinquanta, ma già agli inizi degli anni Sessanta si allontana dall’informale. Come i compagni di strada di allora, Angeli, Schifano e Festa, si appropria di immagini dell’universo metropolitano per riportarle sulla tela. Pur attenti alla ricerca statunitense gli artisti italiani si allontanano dalla Pop Art americana e da una riproduzione mimetica della realtà quotidiana. Utilizzando come dato di base un fotogramma, un ritaglio di giornale, un proprio disegno che viene proiettato sulla tela, l’artista compie una manuale e attenta trascrizione pittorica.
Dai primi ideogrammi d’argento su carta, come “Lampadina. Interno familiare”, 1960, alle tele in smalto: le immagini fissate sul bianco della tela sono “impronte fugaci, come scriveva Giuliano Briganti, di volti e di gesti, di sguardi, ombre di momenti che passano per non più tornare e si fissano per un attimo nella nostra retina, frammenti sottratti al tempo, atomi dell’infinito e mai stabile organismo della vita collettiva. Presenze che appena fermate sono già ricordi.”
Le opere hanno una struttura temporale, ad un primo sguardo lo spettatore viene condotto ad una lettura lenta e progressiva. L’argento fissa l’immagine, creando una diapositiva sul bianco smaltato della tela. Il candore del supporto lascia trapelare segni evocativi.
“Bambini”, 1963-1964, ad esempio, una delle prime opere in argento realizzate su tela, rammenta una vecchia fotografia di gruppo, la cui immagine ormai sbiadita, riporta i segni del tempo. L’inclinazione obliqua dell’immagine mette in luce un dialogo con il passato. L’impronta immediata del presente lascia una traccia, che allontana l’immagine dal tempo reale.
Nell’ultima stanza, a conclusione di un percorso che si è sviluppato in quegli anni vengono proiettati i film del 1967, solo raramente presentati al grande pubblico (“Gioco”, 16 mm b/n 6 min.; “Coppie”, 16mm b/n, 15 min.; “Solitudine femminile”, 8mm, b/n 8min; “Goffredo”, 8mm, b/n 6 min.).
In “Gioco” una serie di personaggi si avvicendano nel giardino di una villa: l’artista Pino Pascali ne è il protagonista. Pascali e il suo essere giocoso e irriverente diventano il motore centrale dell’intera azione.
In “Coppie” e “Goffredo”, la narrazione si sussegue per immagini fortemente incisive. Nel primo film vengono accostate due coppie diverse: Talita e Paul Getty Jr. e l’altra Silvia e Umberto Bignardi. “Goffredo” è invece un omaggio allo scrittore e compagno Goffredo Parise.
Solitudine femminile” è forse il film più curato dal punto di vista tecnico, è in parte una restituzione animata dei lavori pittorici di quegli anni. La telecamera riprende il volto della poetessa Rosanna Tofanelli, davanti ad uno specchio, una evidente allusione alla dialettica secolare tra finzione e realtà, tra arte e vita. Poi l’immagine femminile di un rotocalco viene proiettata sul petto della protagonista, a tratti riappare il suo volto tormentato. Le singole immagini si susseguono attraverso continui contrappunti, che mostrano due realtà, diverse ma in fondo simili dell’universo femminile.
Giosetta Fioroni inizia a dipingere sullo scorcio degli anni Cinquanta, ma già agli inizi degli anni Sessanta si allontana dall’informale. Come i compagni di strada di allora, Angeli, Schifano e Festa, si appropria di immagini dell’universo metropolitano per riportarle sulla tela. Pur attenti alla ricerca statunitense gli artisti italiani si allontanano dalla Pop Art americana e da una riproduzione mimetica della realtà quotidiana. Utilizzando come dato di base un fotogramma, un ritaglio di giornale, un proprio disegno che viene proiettato sulla tela, l’artista compie una manuale e attenta trascrizione pittorica.
Dai primi ideogrammi d’argento su carta, come “Lampadina. Interno familiare”, 1960, alle tele in smalto: le immagini fissate sul bianco della tela sono “impronte fugaci, come scriveva Giuliano Briganti, di volti e di gesti, di sguardi, ombre di momenti che passano per non più tornare e si fissano per un attimo nella nostra retina, frammenti sottratti al tempo, atomi dell’infinito e mai stabile organismo della vita collettiva. Presenze che appena fermate sono già ricordi.”
Le opere hanno una struttura temporale, ad un primo sguardo lo spettatore viene condotto ad una lettura lenta e progressiva. L’argento fissa l’immagine, creando una diapositiva sul bianco smaltato della tela. Il candore del supporto lascia trapelare segni evocativi.
“Bambini”, 1963-1964, ad esempio, una delle prime opere in argento realizzate su tela, rammenta una vecchia fotografia di gruppo, la cui immagine ormai sbiadita, riporta i segni del tempo. L’inclinazione obliqua dell’immagine mette in luce un dialogo con il passato. L’impronta immediata del presente lascia una traccia, che allontana l’immagine dal tempo reale.
Nell’ultima stanza, a conclusione di un percorso che si è sviluppato in quegli anni vengono proiettati i film del 1967, solo raramente presentati al grande pubblico (“Gioco”, 16 mm b/n 6 min.; “Coppie”, 16mm b/n, 15 min.; “Solitudine femminile”, 8mm, b/n 8min; “Goffredo”, 8mm, b/n 6 min.).
In “Gioco” una serie di personaggi si avvicendano nel giardino di una villa: l’artista Pino Pascali ne è il protagonista. Pascali e il suo essere giocoso e irriverente diventano il motore centrale dell’intera azione.
In “Coppie” e “Goffredo”, la narrazione si sussegue per immagini fortemente incisive. Nel primo film vengono accostate due coppie diverse: Talita e Paul Getty Jr. e l’altra Silvia e Umberto Bignardi. “Goffredo” è invece un omaggio allo scrittore e compagno Goffredo Parise.
Solitudine femminile” è forse il film più curato dal punto di vista tecnico, è in parte una restituzione animata dei lavori pittorici di quegli anni. La telecamera riprende il volto della poetessa Rosanna Tofanelli, davanti ad uno specchio, una evidente allusione alla dialettica secolare tra finzione e realtà, tra arte e vita. Poi l’immagine femminile di un rotocalco viene proiettata sul petto della protagonista, a tratti riappare il suo volto tormentato. Le singole immagini si susseguono attraverso continui contrappunti, che mostrano due realtà, diverse ma in fondo simili dell’universo femminile.
26
maggio 2005
Giosetta Fioroni – Tracce d’argento
Dal 26 maggio al 31 luglio 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA DELL’OCA STUDIO
Roma, Via Della Mercede, 12/a, (Roma)
Roma, Via Della Mercede, 12/a, (Roma)
Orario di apertura
lunedì – venerdì 10–13 e 16:30–19:30. Sabato su appuntamento
Autore
Curatore