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Cristiano Bianchin – Dodici vetri mentre morivo
Verranno presentate sculture che rappresentano gli esiti della riflessione che l’artista veneziano ha simbolicamente maturato sul tempo come inarrestabile trascorrere di cose e di istanti
Comunicato stampa
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Il 10 giugno 2005, alle ore 19.00, presso la Galleria Marina Barovier a Venezia -S.Marco 3216, si inaugura la mostra “ DODICI VETRI MENTRE MORIVO “, personale dell’artista italiano Cristiano Bianchin.
A due anni dall'esposizione "Riposapesi", che la Galleria Marina Barovier gli ha dedicato, saranno presentate le nuove opere di Cristiano Bianchin, nate da un lungo percorso di progettazione e sperimentazione.
Verranno presentate sculture che rappresentano gli esiti della riflessione che l’artista veneziano ha simbolicamente maturato sul tempo come inarrestabile trascorrere di cose e di istanti. Egli si è soffermato su tutto ciò che nel divenire accade all’individualità umana e questo viene rappresentato attraverso i suoi simulacri, nati da una personale ricerca artistica.
Basilare, per Bianchin, spiegare che quest’esposizione non intende porre dei criteri analitici riguardo al significato di tempo, bensì approfondire l’aspetto emozionale quale sentore dei mutevoli umori dell’uomo.
Spesso, tra questi vi è il “male di vivere”, quel lieve morire, quasi inconfessato, dei nostri pensieri più reconditi.
L’artista ha cercato di approfondire attraverso il proprio lavoro questo particolare stato d’animo ricavandone, con sensazionale forza, delle forme dove è intuibile una sottile connotazione ieratica.
Sono in esposizione figure dette crisaliformi, urne - contenitori che assumono la forma del lingam appartenente al mondo induista-, oggetti tribali somiglianti ad utensili; anche un amuleto: una collana che l’artista ha metaforicamente trasformato in un bijoux di quattro metri con tanto di pendente antropomorfo.
Sono vetri concepiti attraverso la lavorazione “a mano volante”, opere soffiate impiegando solo il vetro nero. La superficie è accuratamente lavorata utilizzando tecniche di rifinitura alquanto complesse quali la “mola” ed il “nastro”.
Sono opere concepite con il vetro durante due anni d’ininterrotto lavoro in collaborazione con il maestro soffiatore Andrea Zilio ed il maestro molatore Giacomo Barbini presso la fornace Anfora di Murano.
Per Bianchin il vetro ricopre un ruolo più che mai essenziale del proprio fare arte.
L’artista così afferma: “Immagino, oggi, la materia vitrea come una molecola simile a quella del corpo umano nella quale vi sono idealmente inseriti tutti i codici genetici forniti di un proprio DNA, di una forma pensante…” E ancora: “Ho la percezione che
l’utilizzo di questa materia, rivolta a tutte le vicende sperimentali che ho avuto motivo di sviluppare, mi appartenga da sempre. Il solo pensiero che questo medium possa essere così instabile nella sua malleabilità non fa che accrescere la mia curiosità di ricercatore”.
Il vetro, questo singolare materiale appartiene al tempo. Bianchin è riuscito a dialogare con esso consegnandocelo come un pensiero reso tridimensionale attraverso la materia.
Per quest’appuntamento espositivo l’artista ha voluto accompagnare il vetro con spirito austero esplorando un tema a lui caro concentrandosi sulla figurazione del corpo umano, piuttosto che sulle forme naturali, motivo di precedenti riflessioni.
Sorprendenti sono i risultati tecnico-formali di cui Bianchin prende, talora, spunti da alcuni scultori del ‘900 quali gli inglesi Henry Moore e Barbara Hepworth, nonché dallo scultore rumeno Constantin Brancusi. Importante, infine, è il confronto che l’artista instaura con le forme lignee africane.
L’uso della figurazione è da sempre utilizzata da Bianchin quale descrizione attenta ai turbamenti emotivi dell’essere. Questa nuova matrice figurativa si avvale anche del tessile, intrecciato sulla superficie di alcune delle sculture realizzate a Murano, e prevede anche l’utilizzo d’oggetti di recupero in un insieme che nell’esposizione prenderà forma in un rigoroso allestimento cromatico studiato dallo stesso autore.
Il disegno, il tessile, oltre al vetro, rappresentano momenti di pensiero diversi anche se uniti da un unico linguaggio: quello poetico.
Sono nate così opere dettate da un'inequivocabile forza primaria. Una forza che queste immagini positivamente emanano raggiungendoci per dodici volte al cuore.
A due anni dall'esposizione "Riposapesi", che la Galleria Marina Barovier gli ha dedicato, saranno presentate le nuove opere di Cristiano Bianchin, nate da un lungo percorso di progettazione e sperimentazione.
Verranno presentate sculture che rappresentano gli esiti della riflessione che l’artista veneziano ha simbolicamente maturato sul tempo come inarrestabile trascorrere di cose e di istanti. Egli si è soffermato su tutto ciò che nel divenire accade all’individualità umana e questo viene rappresentato attraverso i suoi simulacri, nati da una personale ricerca artistica.
Basilare, per Bianchin, spiegare che quest’esposizione non intende porre dei criteri analitici riguardo al significato di tempo, bensì approfondire l’aspetto emozionale quale sentore dei mutevoli umori dell’uomo.
Spesso, tra questi vi è il “male di vivere”, quel lieve morire, quasi inconfessato, dei nostri pensieri più reconditi.
L’artista ha cercato di approfondire attraverso il proprio lavoro questo particolare stato d’animo ricavandone, con sensazionale forza, delle forme dove è intuibile una sottile connotazione ieratica.
Sono in esposizione figure dette crisaliformi, urne - contenitori che assumono la forma del lingam appartenente al mondo induista-, oggetti tribali somiglianti ad utensili; anche un amuleto: una collana che l’artista ha metaforicamente trasformato in un bijoux di quattro metri con tanto di pendente antropomorfo.
Sono vetri concepiti attraverso la lavorazione “a mano volante”, opere soffiate impiegando solo il vetro nero. La superficie è accuratamente lavorata utilizzando tecniche di rifinitura alquanto complesse quali la “mola” ed il “nastro”.
Sono opere concepite con il vetro durante due anni d’ininterrotto lavoro in collaborazione con il maestro soffiatore Andrea Zilio ed il maestro molatore Giacomo Barbini presso la fornace Anfora di Murano.
Per Bianchin il vetro ricopre un ruolo più che mai essenziale del proprio fare arte.
L’artista così afferma: “Immagino, oggi, la materia vitrea come una molecola simile a quella del corpo umano nella quale vi sono idealmente inseriti tutti i codici genetici forniti di un proprio DNA, di una forma pensante…” E ancora: “Ho la percezione che
l’utilizzo di questa materia, rivolta a tutte le vicende sperimentali che ho avuto motivo di sviluppare, mi appartenga da sempre. Il solo pensiero che questo medium possa essere così instabile nella sua malleabilità non fa che accrescere la mia curiosità di ricercatore”.
Il vetro, questo singolare materiale appartiene al tempo. Bianchin è riuscito a dialogare con esso consegnandocelo come un pensiero reso tridimensionale attraverso la materia.
Per quest’appuntamento espositivo l’artista ha voluto accompagnare il vetro con spirito austero esplorando un tema a lui caro concentrandosi sulla figurazione del corpo umano, piuttosto che sulle forme naturali, motivo di precedenti riflessioni.
Sorprendenti sono i risultati tecnico-formali di cui Bianchin prende, talora, spunti da alcuni scultori del ‘900 quali gli inglesi Henry Moore e Barbara Hepworth, nonché dallo scultore rumeno Constantin Brancusi. Importante, infine, è il confronto che l’artista instaura con le forme lignee africane.
L’uso della figurazione è da sempre utilizzata da Bianchin quale descrizione attenta ai turbamenti emotivi dell’essere. Questa nuova matrice figurativa si avvale anche del tessile, intrecciato sulla superficie di alcune delle sculture realizzate a Murano, e prevede anche l’utilizzo d’oggetti di recupero in un insieme che nell’esposizione prenderà forma in un rigoroso allestimento cromatico studiato dallo stesso autore.
Il disegno, il tessile, oltre al vetro, rappresentano momenti di pensiero diversi anche se uniti da un unico linguaggio: quello poetico.
Sono nate così opere dettate da un'inequivocabile forza primaria. Una forza che queste immagini positivamente emanano raggiungendoci per dodici volte al cuore.
10
giugno 2005
Cristiano Bianchin – Dodici vetri mentre morivo
Dal 10 giugno al 30 settembre 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA MARINA BAROVIER
Venezia, San Marco, 3216, (Venezia)
Venezia, San Marco, 3216, (Venezia)
Orario di apertura
da martedì a sabato 9,30 - 12,30 e 15,30 - 19,30
Vernissage
10 Giugno 2005, ore 19
Autore