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Francesco La Fosca – Gibigiana
“Gibigiana” è un gioco di luce riflessa su uno specchio e sulla luce La Fosca ha fondato gran parte del suo lavoro come nelle opere che da questa apparivano per una sorta di magia
Comunicato stampa
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“Gibigiana” è un gioco di luce riflessa su uno specchio e sulla luce La Fosca ha fondato gran parte
del suo lavoro come nelle opere che da questa apparivano per una sorta di magia, scrivendo con sottigliezza stratificata una delle poche vere pagine nuove dell’Arte degli anna Ottanta.
E la riflessione è un dono dell’animo oltre che della mente, sta nell’apparire e nel disparire, come i desideri, le passioni.
Quindi ora La Fosca si fa “Gibigiana” lui stesso, focoso interprete del mondo e delle sue storture, come se ne volesse rilanciare l’abbaglio oltre i deboli artifici del nostro spettacolo quotidiano, oltre i confini omologati degli occhi persi alla verità, alla luce appunto.
C’è semplificazione ed iterazione in questo lavoro, naturale ed artificiale al tempo stesso, un poco
come accadeva nell’”Universo Pop” che tentava di incorniciare l’icona spaurita del processo massmediale, altrettanto distorto allora, facendo del “realismo”.
Ora, in queste opere, realismo più crudo di così credo non ne esista, solo che i tempi sono cambiati ,
al di là del moderno non si possono che riflettere i mutamenti estranei ad un semplice sguardo,
c’è una sorta di biologia-sociale nel mezzo, corroborata da DNA collettivi ed efferate mutazioni.
E’ inutile che i bollettini quotidiani dei nostri riti comunicativi si ostinino ad usare parole ed immagini
di un vocabolario scomparso ancora ai tempi dell’Enciclopedia di Ukbar che per prima usò le parole riflesse come se fossero di una razza a parte.
Lo sottolinea anche La Fosca usando come incipit al suo lavoro “Il sentiero dei giardini che si biforcano” in cui Borges primariamente segue le tracce di questo trapasso.
Ora si può fare di più, una razza nuova può tornare ad essere “pubblica”.
Basta alzare una mano, calzare lo specchio del tempo, che per molto tempo era stato dimenticato
in un angolo, e rilanciare oltre il confine dello sguardo quella che non è certamente più la periferia
del mondo ma la nuova tensione metropolitana globale di cui il nostro autore tenta utopicamene
un “detournement riflessivo” con cui ci ha sorpreso attraverso un abbaglio. P.C.
del suo lavoro come nelle opere che da questa apparivano per una sorta di magia, scrivendo con sottigliezza stratificata una delle poche vere pagine nuove dell’Arte degli anna Ottanta.
E la riflessione è un dono dell’animo oltre che della mente, sta nell’apparire e nel disparire, come i desideri, le passioni.
Quindi ora La Fosca si fa “Gibigiana” lui stesso, focoso interprete del mondo e delle sue storture, come se ne volesse rilanciare l’abbaglio oltre i deboli artifici del nostro spettacolo quotidiano, oltre i confini omologati degli occhi persi alla verità, alla luce appunto.
C’è semplificazione ed iterazione in questo lavoro, naturale ed artificiale al tempo stesso, un poco
come accadeva nell’”Universo Pop” che tentava di incorniciare l’icona spaurita del processo massmediale, altrettanto distorto allora, facendo del “realismo”.
Ora, in queste opere, realismo più crudo di così credo non ne esista, solo che i tempi sono cambiati ,
al di là del moderno non si possono che riflettere i mutamenti estranei ad un semplice sguardo,
c’è una sorta di biologia-sociale nel mezzo, corroborata da DNA collettivi ed efferate mutazioni.
E’ inutile che i bollettini quotidiani dei nostri riti comunicativi si ostinino ad usare parole ed immagini
di un vocabolario scomparso ancora ai tempi dell’Enciclopedia di Ukbar che per prima usò le parole riflesse come se fossero di una razza a parte.
Lo sottolinea anche La Fosca usando come incipit al suo lavoro “Il sentiero dei giardini che si biforcano” in cui Borges primariamente segue le tracce di questo trapasso.
Ora si può fare di più, una razza nuova può tornare ad essere “pubblica”.
Basta alzare una mano, calzare lo specchio del tempo, che per molto tempo era stato dimenticato
in un angolo, e rilanciare oltre il confine dello sguardo quella che non è certamente più la periferia
del mondo ma la nuova tensione metropolitana globale di cui il nostro autore tenta utopicamene
un “detournement riflessivo” con cui ci ha sorpreso attraverso un abbaglio. P.C.
30
aprile 2005
Francesco La Fosca – Gibigiana
Dal 30 aprile al 26 maggio 2005
fotografia
Location
MUSEO KEN DAMY
Brescia, Corsetto Santa Agata, 22, (Brescia)
Brescia, Corsetto Santa Agata, 22, (Brescia)
Orario di apertura
dal martedì alla domenica dalle 15,30 alle 19,30
Vernissage
30 Aprile 2005, ore 18
Autore
Curatore