04 ottobre 2013

Fino al 1.XII.2013 Eugenio Giliberti, Ho le mani impegnate sto pensando Gennazzano, CIAC

 
Un meleto avuto in eredità. La decisione di prendersene cura non per incrementarne la produzione, ma per conoscerlo. E quindi per raffigurarlo. Ecco come nasce il lavoro di un artista e la sua ossessione -

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Che cosa fa un pittore quando eredita un frutteto di 124 meli? Eugenio Giliberti lo spiega di fatto in due sale di Palazzo Colonna a Genazzano (Roma) dove, ospite del Ciac (Centro per la arti contemporanee), è presente con la mostra “Ho le mani impegnate sto pensando” in cui è raccolto l’ultimo ventennio di opere del pittore napoletano.
Entrando in Teche il colpo d’occhio sembra accogliere lo stesso invito pittorico e millesimale di altri lavori di Eugenio Giliberti, come i suoi famosi “quadratini colorati” o le “Sentinelle” basate su listarelli di pioppo. Così in Teche al primo sguardo ci s’imbatte in una parete punteggiata in file regolari da piccoli cerchietti concentrici di tre-quattro centimetri. Avvicinandosi i cerchietti appaiono più irregolari, bordati di scuro, lamelliformi. Che cosa sono? Sezioni di rametti di melo, frutto delle potature che, come spiega Eugenio a voce a chi glielo ha chiesto, lui stesso ha effettuato nel dicembre 2012. 
Eugenio Giliberti - data base
Potature, si è detto, fatte da un artista. Potature soggette a critiche, come Giliberti stesso ammette riportando il giudizio di un’esperta in agricoltura una volta che le ha viste. Però il giudizio negativo del botanico non sembra aver scosso troppo il pittore che ai suoi meli ha dedicato molto altro tempo, trasformandoli in un oggetto di contemplazione e di immaginazione.
Siamo a Rotondi, val Caudina, in terra avellinese: è lì che da qualche anno Giliberti ha spostato l’attività, decidendo di occuparsi della masseria Varco, avuta in eredità comprensiva di una vecchia falegnameria-segheria e di un meleto. 
Il luogo che ha accolto Giliberti è difficile, Eugenio ha dovuto rimettere a posto un po’ tutto e man mano ha scoperto questo suo nuovo territorio. Nel 2010 per la galleria Giacomo Guidi a Roma eccolo produrre le sue prime Teche in cui sono applicate le sottili sezioni tonde ricavate dai rami recisi nella prima potatura dei meli. A Genazzano ha portato ora l’ultima potatura.
«L’idea – scrive Angela Tecce nel catalogo – è quella di lavorare sul binomio di ragione e natura: la ragione è la geometria mentre la natura è l’oggetto naturale, il quale ha un aspetto apparentemente razionale, con le fibre che si dispongono concentricamente intorno al punto centrale della crescita dell’albero e registrano nella loro irregolarità tutto quello che è avvenuto nel processo naturale di crescita di questo irrisolto “oggetto platonico” che è un albero».
«Giliberti – prosegue Tecce – decide che il prendersi cura di questi alberi non sarà rivolto alla loro produttività, che comporterebbe procedimenti troppo lunghi, com’plessi e ‘violenti’». Spiega l’artista: «Ho cercato una risposta diversa alla cura per l’utilizzazione commerciale degli alberi e la risposta è stata che ne avrei ricavato una conoscenza, ma la conoscenza per me naturale è quella visiva: sapere quali sono, come sono e raffigurarli».
Così è nato il Data Base, 124 meli raffigurati uno per uno nella loro fisionomia più scabra, cioè senza foglie ma ridotti ai soli fusti e rami, che raccoglie le immagini dei 124 meli della Masseria Varco. Pare di entrare in un Afis botanico, con le impronte digitali, le “fingerprint” del sistema automatico di riconoscimento tanto usato dagli investigatori per i crimini, stavolta riassunte nella fisionomia elementare di ogni singolo melo ritratto senza foglie, per così dire nella sua nudità ed essenza. Quando ho chiesto a Giliberti quale fossero i meli che più gli sono piaciuti mi ha risposto: «Senz’altro quelli più semplici e lineari».
Che dire? Molti pittori hanno avuto le loro fissazioni, i loro oggetti del desiderio. Cézanne con la sua montagna Sainte-Victoire, Hokusai col suo monte Fuji, Claude Monet con la sua cattedrale di Rouen, solo per restare agli oggetti e non allargare alle persone. Il meleto di Giliberti è la nuova acquisizione nel ramo ossessioni d’artista.
Paolo Brogi
dal 28 settembre al 01 dicembre 2013
Eugenio Giliberti – Ho le mani impegnate sto pensando ​
​CIAC – CENTRO INTERNAZIONALE PER L’ARTE CONTEMPORANEA – CASTELLO COLONNA
​Piazza San Nicola 4
Genazzano
Orari: sabato-domenica
ore 10-13, 15-18 – ingresso gratuito 
Info:+39 069579010 – info@ciacmuseum.com

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