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Pierre Martin – Rome se couche moi aussi 1993-2003
Il titolo si riferisce ai dieci anni passati dall’artista a Roma e in mostra sono esposte opere selezionate fra le serie realizzate in questo decennio.
Comunicato stampa
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Rome se couche moi aussi 1993-2003 è il titolo della mostra di Pierre Martin (Parigi 1951) che si apre il 13 marzo 2005 a Roma nella galleria Café Europe Centro di Arte Contemporanea con il Patrocinio dell’Ambasciata di Francia. Il titolo si riferisce ai dieci anni passati dall’artista a Roma e in mostra sono esposte opere selezionate fra le serie realizzate in questo decennio.
Dagli studi e dall’attività di architetto, che lo porta nel corso della sua vita a realizzare vari progetti in tutto il mondo (Senegal, Turchia, Pakistan, Costa d’Avorio), Martin passa ben presto all’arte: “lo spazio fisico, senza grandi attrattive per il nomade quale sono, lascia posto allo spazio del pensiero e dell’incontro: l’architetto scompare dietro al pittore(…)”.
Nel considerare le opere - tutte su carta - di Martin, non si può non considerare l’uomo. Ispirazione per l’artista sono la letteratura, la poesia, la musica, i suoni e “i racconti che s’incrociano nella mia vita”; in altre parole il disegno è per Pierre Martin un’occasione per l’espressione del proprio mondo intellettuale. Martin infatti non intende l’arte solo nelle opere ma nella vita, nell’affermazione libera di uno stile di vita. Allora si comprende meglio la ricchezza della sua biografia: un viaggiatore o meglio un viandante del mondo, amante della musica jazz poiché anch’essa segno e guizzo di libere associazioni di pensiero, ha realizzato libri, eventi e documentari d’arte su Chet Baker, al quale lo lega negli anni una profonda amicizia, collaborato con musicisti jazz come Rosario Giuliani, illustrato libri e partecipato a riviste letterarie. La musica come segno, come la parola: Martin si riconosce figlio spirituale d’Aragon, Soupault, Apollinaire, Breton, Char, Man Ray, Eluard, Picabia, Artaud e Jarry. E’ l’insolito della realtà ad attirarlo più che la ragione, un surrealista cittadino.
Legame indissolubile e incomprensibile fra la parola e la sua immagine: le sue opere sono espressione dei titoli e viceversa, nati da errori d’ortografia voluti, lapsus, scambi fra memoria e invenzione, intraducibilità dei diversi linguaggi: “La notte porta coniglio”, “la mort dans l’âne”, “Home sweet hommes”, “MoZZart e il pappagallo”… Sulla distesa di carta torchon Velin d’Arche ecco comparire i fantasmi più coloriti e colorati del gioco fra errore, eccezione e logica del non-senso: il Pappagallo, non a caso ripetente e ripetitore di suoni senza significato, l’Asino di Buridano, emblema di libertà, Pinocchio erotico, dal titolo in apparenza distante come “Drive by shooting”, ‘gioco’ così intitolato da alcuni individui in America i quali usavano abbassare i finestrini delle loro auto in marcia e sparare su un qualunque passante.
La rapidità dell’operazione d’associazione libera supera l’idea di partenza dell’opera e il gesto dell’artista, libero anch’esso dalla mente-guida, con una sterzata vira e fissa sulla carta l’imprevisto. La tecnica si appropria anch’essa dello stesso meccanismo: dallo schema iniziale del disegno ecco sopraggiungere a scavalcare il progetto collage, applicazioni, figurine demodé, lembi di carta da parati anni ’50, lacca, applicazioni di carta, oggetti e scritte che scivolano sulla carta e vi s’imprimono con determinazione, per non essere rimossi dalla ragione. Lo schizzo, il fuori programma, come la nota e la parola, in Pierre Martin esprimono la possibilità dell’irrisorio, fondamento della libertà, sgambetto per lasciare accesso al dubbio, assegnarli un’icona e perciò una memoria, e consacrarlo a una vita ufficiale imprimendolo sulla carta come un francobollo sulla busta della nostra vita.
Dagli studi e dall’attività di architetto, che lo porta nel corso della sua vita a realizzare vari progetti in tutto il mondo (Senegal, Turchia, Pakistan, Costa d’Avorio), Martin passa ben presto all’arte: “lo spazio fisico, senza grandi attrattive per il nomade quale sono, lascia posto allo spazio del pensiero e dell’incontro: l’architetto scompare dietro al pittore(…)”.
Nel considerare le opere - tutte su carta - di Martin, non si può non considerare l’uomo. Ispirazione per l’artista sono la letteratura, la poesia, la musica, i suoni e “i racconti che s’incrociano nella mia vita”; in altre parole il disegno è per Pierre Martin un’occasione per l’espressione del proprio mondo intellettuale. Martin infatti non intende l’arte solo nelle opere ma nella vita, nell’affermazione libera di uno stile di vita. Allora si comprende meglio la ricchezza della sua biografia: un viaggiatore o meglio un viandante del mondo, amante della musica jazz poiché anch’essa segno e guizzo di libere associazioni di pensiero, ha realizzato libri, eventi e documentari d’arte su Chet Baker, al quale lo lega negli anni una profonda amicizia, collaborato con musicisti jazz come Rosario Giuliani, illustrato libri e partecipato a riviste letterarie. La musica come segno, come la parola: Martin si riconosce figlio spirituale d’Aragon, Soupault, Apollinaire, Breton, Char, Man Ray, Eluard, Picabia, Artaud e Jarry. E’ l’insolito della realtà ad attirarlo più che la ragione, un surrealista cittadino.
Legame indissolubile e incomprensibile fra la parola e la sua immagine: le sue opere sono espressione dei titoli e viceversa, nati da errori d’ortografia voluti, lapsus, scambi fra memoria e invenzione, intraducibilità dei diversi linguaggi: “La notte porta coniglio”, “la mort dans l’âne”, “Home sweet hommes”, “MoZZart e il pappagallo”… Sulla distesa di carta torchon Velin d’Arche ecco comparire i fantasmi più coloriti e colorati del gioco fra errore, eccezione e logica del non-senso: il Pappagallo, non a caso ripetente e ripetitore di suoni senza significato, l’Asino di Buridano, emblema di libertà, Pinocchio erotico, dal titolo in apparenza distante come “Drive by shooting”, ‘gioco’ così intitolato da alcuni individui in America i quali usavano abbassare i finestrini delle loro auto in marcia e sparare su un qualunque passante.
La rapidità dell’operazione d’associazione libera supera l’idea di partenza dell’opera e il gesto dell’artista, libero anch’esso dalla mente-guida, con una sterzata vira e fissa sulla carta l’imprevisto. La tecnica si appropria anch’essa dello stesso meccanismo: dallo schema iniziale del disegno ecco sopraggiungere a scavalcare il progetto collage, applicazioni, figurine demodé, lembi di carta da parati anni ’50, lacca, applicazioni di carta, oggetti e scritte che scivolano sulla carta e vi s’imprimono con determinazione, per non essere rimossi dalla ragione. Lo schizzo, il fuori programma, come la nota e la parola, in Pierre Martin esprimono la possibilità dell’irrisorio, fondamento della libertà, sgambetto per lasciare accesso al dubbio, assegnarli un’icona e perciò una memoria, e consacrarlo a una vita ufficiale imprimendolo sulla carta come un francobollo sulla busta della nostra vita.
13
marzo 2005
Pierre Martin – Rome se couche moi aussi 1993-2003
Dal 13 marzo al 16 aprile 2005
arte contemporanea
Location
CAFE’ EUROPE
Roma, Via Filippo Civinini, 69, (Roma)
Roma, Via Filippo Civinini, 69, (Roma)
Orario di apertura
mart.-ven. 11-13 e 16.30-19, sab. 11-13
Vernissage
13 Marzo 2005, ore 11
Autore