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Rodney McMillian – Untitled
Nell’ottica di un percorso creativo orientato verso tematiche dai chiari connotati sociali l’artista statunitense Rodney McMillian presenta alla Galleria Estro, per la sua prima mostra personale in Italia, un lavoro inedito basato sul complesso rapporto tra giustizia e società.
Comunicato stampa
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Nell’ottica di un percorso creativo orientato verso tematiche dai chiari connotati sociali l’artista statunitense Rodney McMillian presenta alla Galleria Estro, per la sua prima mostra personale in Italia, un lavoro inedito basato sul complesso rapporto tra giustizia e società. L’installazione prevede una grandi sagome cartacee raffiguranti la facciata del Supreme Court Building, con interventi a matita e inchiostro nero, e una coppia di bandiere degli Stati Uniti, anch’esse su carta, dipinte ad acquarello e collocate su aste ai lati delle grande sagoma. Alcuni ventilatori provocano uno sventolio meccanico e artificiale delle bandiere. Disegno, pittura, installazione e performance si mescolano in un linguaggio diventato negli anni sempre più definito e penetrante.
Introduce la mostra un testo critico di Stefano Pirovano.
Come si costruisce la storia? A quali bisogni risponde? Qual’è il suo significato? Nello spazio circoscritto da questi interrogativi, con uno spirito critico che molto ricorda il Vico della Scienza Nuova, si è mossa finora la ricerca artistica di Rodney McMillian, da Los Angeles a Padova per la sua prima personale in Italia. Una storia mai scritta, attenta alla percezione che la società americana ha di sé stessa e, in questa particolare occasione, al complesso rapporto che essa ha instaurato con l’idea di giustizia. La storia si trova nelle biblioteche e nei libri che esse custodiscono, negli edifici della politica e nelle redazioni dei giornali, come contenuto che in queste sedi trova le sue auctoritas. In quest’ottica il concetto di legge diventa complementare a quello di storia nel raccontare come il senso di obiettività possa tendere a divenire molto labile. E’ noto che la storia, quando diventa storiografia, non sempre rappresenta i fatti, così come la legge nelle sue infinite applicazioni non sempre significa giustizia.
McMillian esplora la soluzione di continuità tra storia e storiografia attraverso l’approfondimento di concetti come quelli di identità, crudeltà, appropriazione e sublime ponendo sempre un oggetto prelevato dalla realtà come punto di partenza. In una formula che tende istintivamente all’installazione, sono strumenti di questo riflettere il disegno, il collage, il video per un linguaggio fondato su una stretta relazione tra referente, materiale e segno. Come dire che il documento/oggetto è un testimone oculare a cui devi fare delle domande se vuoi ottenere delle risposte e che l’atto di nominazione può diventare un’informazione che si sovrappone a esso estendendone il significato. Con chiara attinenza a quanto avviene in archeologia questa scelta determina il percorso della narrazione storiografica ed è a sua volta determinata dalla capacità dello storico di trarre informazioni dal documento. In questo senso l’artista, con il suo occhio selettivo, si pone come fonte storica, nello specifico, come fonte di fonti storiche. La scelta dell’artista McMillian di mettere in vendita a poco prezzo le pagine di libri come la Current Biography o la Crime and Punishment Encyclopedias, o quella di esporre una vecchia poltrona trovata per strada (Chair, 2003), o ancora quella di fotografare e catalogare le lacune degli scaffali di un libreria (Untitled – ellipses, 2003), sono atti selettivi che segnano il perimetro di un ipotetico archivio in cui l’artista pone i suoi contenuti per elaborarli. In questo modo la storia diventa opera d’arte e l’approccio da storico all’oggetto un approccio intriso di artistica sensibilità dal momento che l’oggetto viene non solo scelto, ma in modo più o meno evidente manipolato. Dal punto di vista operativo si tratta sostanzialmente di un’equivalenza che rende attuale il meccanismo duchampiano del ready made attraverso la via dell’elaborazione formale. Selezionare un’immagine fortemente carica di significati sociali, come quella di un edificio della Corte Suprema, è soprattutto un modo per creare un spazio ideale (o supporto) sul quale far agire il segno. Il paleontologo Emanuel Annati è convinto che più si volge lo sguardo al passato e i documenti si fanno difficili da riconoscere, più la componente creativa diventa importante nel formalizzare le informazioni in essi contenute. Creatività dunque come strumento d’indagine che parte da un fatto, o meglio da un documento/oggetto “visto” dall’artista, per costruire un’idea complessa e strutturata. Questo pare il genere di approccio di McMillian alla contemporaneità, un approccio che scopre reperti del presente come se fossero pietruzze “lavorate” in una landa desertica o impercettibili segni sulla roccia (ricordo a proposito del rapporto tra archeologia e arte un illuminante incontro con Giulio Calegari, artista e archeologo direttore del Centro Studi di Archeologia Africana di Milano). Poi, trovato un luogo, McMillian lo trasforma in opera d’arte.
Stefano Pirovano
Rodney McMillian è nato nel 1969 in Columbia (South Carolina). Vive e lavora a Los Angeles, CA.
Introduce la mostra un testo critico di Stefano Pirovano.
Come si costruisce la storia? A quali bisogni risponde? Qual’è il suo significato? Nello spazio circoscritto da questi interrogativi, con uno spirito critico che molto ricorda il Vico della Scienza Nuova, si è mossa finora la ricerca artistica di Rodney McMillian, da Los Angeles a Padova per la sua prima personale in Italia. Una storia mai scritta, attenta alla percezione che la società americana ha di sé stessa e, in questa particolare occasione, al complesso rapporto che essa ha instaurato con l’idea di giustizia. La storia si trova nelle biblioteche e nei libri che esse custodiscono, negli edifici della politica e nelle redazioni dei giornali, come contenuto che in queste sedi trova le sue auctoritas. In quest’ottica il concetto di legge diventa complementare a quello di storia nel raccontare come il senso di obiettività possa tendere a divenire molto labile. E’ noto che la storia, quando diventa storiografia, non sempre rappresenta i fatti, così come la legge nelle sue infinite applicazioni non sempre significa giustizia.
McMillian esplora la soluzione di continuità tra storia e storiografia attraverso l’approfondimento di concetti come quelli di identità, crudeltà, appropriazione e sublime ponendo sempre un oggetto prelevato dalla realtà come punto di partenza. In una formula che tende istintivamente all’installazione, sono strumenti di questo riflettere il disegno, il collage, il video per un linguaggio fondato su una stretta relazione tra referente, materiale e segno. Come dire che il documento/oggetto è un testimone oculare a cui devi fare delle domande se vuoi ottenere delle risposte e che l’atto di nominazione può diventare un’informazione che si sovrappone a esso estendendone il significato. Con chiara attinenza a quanto avviene in archeologia questa scelta determina il percorso della narrazione storiografica ed è a sua volta determinata dalla capacità dello storico di trarre informazioni dal documento. In questo senso l’artista, con il suo occhio selettivo, si pone come fonte storica, nello specifico, come fonte di fonti storiche. La scelta dell’artista McMillian di mettere in vendita a poco prezzo le pagine di libri come la Current Biography o la Crime and Punishment Encyclopedias, o quella di esporre una vecchia poltrona trovata per strada (Chair, 2003), o ancora quella di fotografare e catalogare le lacune degli scaffali di un libreria (Untitled – ellipses, 2003), sono atti selettivi che segnano il perimetro di un ipotetico archivio in cui l’artista pone i suoi contenuti per elaborarli. In questo modo la storia diventa opera d’arte e l’approccio da storico all’oggetto un approccio intriso di artistica sensibilità dal momento che l’oggetto viene non solo scelto, ma in modo più o meno evidente manipolato. Dal punto di vista operativo si tratta sostanzialmente di un’equivalenza che rende attuale il meccanismo duchampiano del ready made attraverso la via dell’elaborazione formale. Selezionare un’immagine fortemente carica di significati sociali, come quella di un edificio della Corte Suprema, è soprattutto un modo per creare un spazio ideale (o supporto) sul quale far agire il segno. Il paleontologo Emanuel Annati è convinto che più si volge lo sguardo al passato e i documenti si fanno difficili da riconoscere, più la componente creativa diventa importante nel formalizzare le informazioni in essi contenute. Creatività dunque come strumento d’indagine che parte da un fatto, o meglio da un documento/oggetto “visto” dall’artista, per costruire un’idea complessa e strutturata. Questo pare il genere di approccio di McMillian alla contemporaneità, un approccio che scopre reperti del presente come se fossero pietruzze “lavorate” in una landa desertica o impercettibili segni sulla roccia (ricordo a proposito del rapporto tra archeologia e arte un illuminante incontro con Giulio Calegari, artista e archeologo direttore del Centro Studi di Archeologia Africana di Milano). Poi, trovato un luogo, McMillian lo trasforma in opera d’arte.
Stefano Pirovano
Rodney McMillian è nato nel 1969 in Columbia (South Carolina). Vive e lavora a Los Angeles, CA.
26
febbraio 2005
Rodney McMillian – Untitled
Dal 26 febbraio al 30 aprile 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA ESTRO
Padova, Via San Prosdocimo, 30, (Padova)
Padova, Via San Prosdocimo, 30, (Padova)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-19,30
Vernissage
26 Febbraio 2005, ore 18
Autore