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Giuseppe Rivadossi – Il custode del tempo
La mostra, che presenta circa ottanta opere, raccoglie gli esiti più significativi della produzione dell’artista: dalle terracotte ai bronzi, alle opere di design.
Comunicato stampa
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La Galleria d’Arte Moderna presenta un’antologica dell’artista bresciano Giuseppe Rivadossi che raccoglie circa 80 lavori, tra sculture e opere di design, dagli anni ’60 ad a oggi.
L’esposizione, a cura di Giorgio Cortenova, documenta, per la prima volta, l’intera produzione di Giuseppe Rivadossi secondo un itinerario cronologico.
Giovanissimo, poco più che ventenne, l’artista esordisce nelle discipline plastiche con opere che rivelano già una piena consapevolezza della forma. Risalgono agli anni 1958-60 alcune teste e figure in bronzo, terracotta e gesso che esprimono quello “sguardo” alla vita che sarà sempre tratto peculiare nella sua ricerca.
Giuseppe Rivadossi nasce nel 1935 a Nave (Brescia) dove vive.
Negli anni ’70 inizia la sua attività espositiva in Italia e all’estero, seguita con interesse da autorevoli critici ed artisti tra i quali Rossana Bossaglia, Marco Vallora, Roberto Tassi, Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi.
Rivadossi interpreta lo spazio dell’habitat come spazio della comunicazione per eccellenza. Nascono così il Grande contenitore trasparente, la Credenza in rovere, il Blocco Galla e le Arche dove affiora l’idea di una forma chiusa, forte e protettiva, ma animata da percorsi comunicanti, cavità e aperture.
Negli anni ’70 mette a punto una serie di strutture come grandi archetipi che definisce Custodie.
Nel disegno per la Custodia Trasparente del 1972 l’artista inscrive la forma dell’albero; nel tondo di un’altra custodia sono perfettamente accolte le proporzioni del corpo femminile, come nel celebre disegno di Leonardo. A questa serie appartengono creazioni in legno dalla solenne invadenza fisica quali gli Igloo, la Grande immagine chiusa, i Capanni, l’Alba, la Terra, La mia Casa, le Città Rifugio, le Custodie di primavera e altre custodie progettate tra il 1968 e il 1975.
In quegli anni anche la figura femminile viene considerata da Rivadossi un importante archetipo della vita. Nascono così i nudi bronzei di Paola, Sara, Giuseppina e alcune sculture in cirmolo come La Vestizione e la Figura su Stele.
Da una esigenza di leggerezza hanno origine i Grandi Archi e le Custodie trasparenti.
Dal 1980 al 1985 Rivadossi dedica maggiore attenzione alle proporzioni e alla funzionalità delle strutture senza per questo venir meno alla sua visione poetica. Tendenza che appare rispecchiata nella Madietta della siepe in olivo, inedita immagine dal taglio a prisma e dal frontale geometrico sfaccettato, e nella Credenza del Transetto.
Negli anni ’90 la Madia del pane segna l’avvio di un nuovo filone poetico legato a una grande linearità e a un piacere tattile nella definizione delle superfici come nei Dolmen e i Menhir dove la tecnica a scavo evoca l’idea della grotta o della casa rupestre.
Negli ultimi anni con la Madia Athos, la Custodia Petra, la Custodia Aurina , riconducibili all’immagine della vela, la sua ricerca si sviluppa nella direzione di una maggiore sintesi e leggerezza formale .
Vengono messe a punto pure le grandi Mater Amabilis e Mater Festosa realizzate in terracotta e pietra che si presentano frontalmente come archetipi di grande suggestività. Le Mater Amabilis in bronzo brunito invece sono inscritte in blocchi dove l’immagine è definita da solchi profondi, pieni d’ombra e da masse di materia (luce) che si sviluppano tutte sullo stesso piano leggermente convesso.
La mostra, a cura di Giorgio Cortenova, è corredata da un catalogo, edito da Marsilio, che contiene le riproduzioni di tutte le opere in mostra e i contributi critici di Mario Botta, Mauro Corradini, Giorgio Cortenova, Domenico Montalto e Patrizia Nuzzo.
L’esposizione, a cura di Giorgio Cortenova, documenta, per la prima volta, l’intera produzione di Giuseppe Rivadossi secondo un itinerario cronologico.
Giovanissimo, poco più che ventenne, l’artista esordisce nelle discipline plastiche con opere che rivelano già una piena consapevolezza della forma. Risalgono agli anni 1958-60 alcune teste e figure in bronzo, terracotta e gesso che esprimono quello “sguardo” alla vita che sarà sempre tratto peculiare nella sua ricerca.
Giuseppe Rivadossi nasce nel 1935 a Nave (Brescia) dove vive.
Negli anni ’70 inizia la sua attività espositiva in Italia e all’estero, seguita con interesse da autorevoli critici ed artisti tra i quali Rossana Bossaglia, Marco Vallora, Roberto Tassi, Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi.
Rivadossi interpreta lo spazio dell’habitat come spazio della comunicazione per eccellenza. Nascono così il Grande contenitore trasparente, la Credenza in rovere, il Blocco Galla e le Arche dove affiora l’idea di una forma chiusa, forte e protettiva, ma animata da percorsi comunicanti, cavità e aperture.
Negli anni ’70 mette a punto una serie di strutture come grandi archetipi che definisce Custodie.
Nel disegno per la Custodia Trasparente del 1972 l’artista inscrive la forma dell’albero; nel tondo di un’altra custodia sono perfettamente accolte le proporzioni del corpo femminile, come nel celebre disegno di Leonardo. A questa serie appartengono creazioni in legno dalla solenne invadenza fisica quali gli Igloo, la Grande immagine chiusa, i Capanni, l’Alba, la Terra, La mia Casa, le Città Rifugio, le Custodie di primavera e altre custodie progettate tra il 1968 e il 1975.
In quegli anni anche la figura femminile viene considerata da Rivadossi un importante archetipo della vita. Nascono così i nudi bronzei di Paola, Sara, Giuseppina e alcune sculture in cirmolo come La Vestizione e la Figura su Stele.
Da una esigenza di leggerezza hanno origine i Grandi Archi e le Custodie trasparenti.
Dal 1980 al 1985 Rivadossi dedica maggiore attenzione alle proporzioni e alla funzionalità delle strutture senza per questo venir meno alla sua visione poetica. Tendenza che appare rispecchiata nella Madietta della siepe in olivo, inedita immagine dal taglio a prisma e dal frontale geometrico sfaccettato, e nella Credenza del Transetto.
Negli anni ’90 la Madia del pane segna l’avvio di un nuovo filone poetico legato a una grande linearità e a un piacere tattile nella definizione delle superfici come nei Dolmen e i Menhir dove la tecnica a scavo evoca l’idea della grotta o della casa rupestre.
Negli ultimi anni con la Madia Athos, la Custodia Petra, la Custodia Aurina , riconducibili all’immagine della vela, la sua ricerca si sviluppa nella direzione di una maggiore sintesi e leggerezza formale .
Vengono messe a punto pure le grandi Mater Amabilis e Mater Festosa realizzate in terracotta e pietra che si presentano frontalmente come archetipi di grande suggestività. Le Mater Amabilis in bronzo brunito invece sono inscritte in blocchi dove l’immagine è definita da solchi profondi, pieni d’ombra e da masse di materia (luce) che si sviluppano tutte sullo stesso piano leggermente convesso.
La mostra, a cura di Giorgio Cortenova, è corredata da un catalogo, edito da Marsilio, che contiene le riproduzioni di tutte le opere in mostra e i contributi critici di Mario Botta, Mauro Corradini, Giorgio Cortenova, Domenico Montalto e Patrizia Nuzzo.
11
marzo 2005
Giuseppe Rivadossi – Il custode del tempo
Dall'undici marzo al 14 agosto 2005
design
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE MODERNA ACHILLE FORTI
Verona, Cortile Del Mercato Vecchio, (Verona)
Verona, Cortile Del Mercato Vecchio, (Verona)
Orario di apertura
10–18 (chiusura biglietteria ore 17). Lunedì chiuso
Vernissage
11 Marzo 2005, ore 18
Editore
MARSILIO
Ufficio stampa
CLP
Autore
Curatore