…Tutto è passaggio raffinato tra chiaro e scuro, tra consistenze fragili e durevoli. Si avverte, fortemente, il senso di precarietà, quella vivacità leggera, sufficiente a far vibrare anche gli ingranaggi più costanti. I segni, sempre taglienti e minimali, tessono una rete che unisce la “cosa” all’uomo, il “muro all’umanità”, ma è sospensione ieratica, quasi un luogo in un altro luogo. Così le installazioni di Alberto Timossi sono perfetto incastro di tagli prospettici inaspettati, tarsie che incrociano sovrane, lisce superfici d’inspiegabile quiete.


Mario Savini