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Adriano Persiani
Punto di partenza per Persiani sono i cartamodelli settecenteschi, e quindi il disegno trouvé che segue alla lettera come un manuale di istruzioni, allo stesso modo di un antico sarto di corte.
Comunicato stampa
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Collezione Persiani
Bisognerebbe essere un'opera d'arte
o, altrimenti, indossare un'opera d'arte.
Oscar Wilde
Adriano Persiani è uno scultore di buona fattura che del taglio e cucito ha voluto fare un'arte cinica e terribile, straniante e ludica. I suoi abiti e complementi sono ibridi allucinati figli di una sartorialità improbabile.
Le mode nascono e muoiono troppo in fretta perché qualcuno possa imparare ad amarle, disse Bettina Ballard, storica direttrice di Vogue.
Proprio la questione della continuità della produzione, forse più di ogni altro distinguo, è utile nel confronto dialettico tra il mercato della moda e quello dell'arte. Quando un artista scompare la sua produzione si ferma, mentre Il susseguirsi delle stagioni sulle passerelle costringe la moda a non fermare mai la macchina di lavoro. Nell'arte la mancata sostituzione o l'assenza dal mercato di nuovi talenti non è una catastrofe commerciale, il fashion invece non può permettersi stalli e deve lasciare un'eredità.
Che la moda ami saccheggiare a piene mani dalla storia dell'arte, iconografia e talenti, è vistosamente sotto i nostri occhi, in autunno/inverno e in primavera/estate. Diverso è l'atteggiamento dell'artista che alla moda si è spontaneamente avvicinato. Basti pensare a cravatte e panciotti futuristi, al Vestito trasformabile teorizzato nel Manifesto del vestito maschile futurista (1914) come un oggetto modificabile attraverso bottoni pneumatici e l'applicazione di stoffe diverse. La produzione sartoriale di Salvador Dalì comprende uno scheletro bianco su un abito nero, astici dipinti su un vestito da sera, bottoni-mosche in ceramica, una borsa-telefono e i cappelli-calamaio. Lucio Fontana disegna tre tubini spazialisti nei quali cita i suoi tagli. Andy Warhol presenta Brillo, una gonna in tessuto stampato che ripresenta il packaging del detersivo.
Il lavoro di Adriano Persiani si discosta da tali esempi in quanto l'abito non cita l'arte (altrui o dello stesso artista) ma, viceversa, la sua scultura imita la crinoline e il collage mima la tessitura. La tecnica sartoriale viene così sovvertita tra le mani di uno stilista impazzito che si ribella al concetto implicito di vestibilità. In tal senso è assimilabile invece ai concettuali e giganteschi reggiseni di Vito Acconci, alla Shirt/Jacket of Pockets (1993) in materiale plastico trasparente e a Leaf Shirt (1985), una camicia ricoperta di foglie verdi, altre famose creazioni dell’artista americano.
Punto di partenza per Persiani sono i cartamodelli settecenteschi, e quindi il disegno trouvé che segue alla lettera come un manuale di istruzioni, allo stesso modo di un antico sarto di corte. Su questi applica però materiali insoliti come la tovaglia di tela cerata che imita il legno in un abito barocco o la carta-tessuto da sala operatoria. Il mestiere diviene una pratica ludica che non ha per fine la praticità bensì lo spiazzamento. Persiani stranisce con lo stridente contrasto tra la diligente confezione del guardaroba e l'impossibilità di fruirne che ci si aspetterebbe da un abito. L'oggetto da pratico diventa scultoreo, da ben fatto a immaginifico.
Nell’osservare le invenzioni di Persiani, le curiose protesi che escono dai suoi oggetti, ci si aspetterebbe di vederle animate in una sorta di Cremaster in chiave disneyana, con Cenerentole e Cuccioli in versione gotica.
Il richiamo immediato va alla stilista britannica Vivienne Westwood, ideatrice del punk e sempiterna regina delle passerelle, da oltre venticinque anni. Le ossa utilizzate da Adriano Persiani, insieme ad altri proto-amuleti e simulacri, rimandano alle collezione Rock' and 'Perv' che la Westwood realizzò pensando ad abiti con applicate ossa di pollo come talismani. Famose sono anche le sue parodie dello stile establishment e l’uso improprio di tessuti classici, come l’Harry’s Tweed e il Tartan. Al contrario, ma in maniera similare, Persiani lavora alla reinterpretazione di forme classiche, per esempio corsetti, bustini e crinoline, con materiali impropri che poco spazio lasciano all'indossabilità, tessuti troppo pesanti o troppo leggeri, che spesso non consentono un buon portamento.
Persiani avrebbe potuto essere il costumista del pittore tardo barocco francese Antoine Watteau che mescolava Pierrot e Arlecchini alle cortigiane, ma anche scenografo del teatro di Molière fatto di travestimenti di truffatori e tipi umani dai tratti caricaturali.
Il Barocco, tra le epoche più bistrattate nella storia dell’arte, è spesso stato tacciato di disimpegno dagli Illuministi che nella pomposità, nel fasto estremo e fine a sé stesso scorgevano un segno per celare un sintomatico vuoto di contenuti. Il Barocco fu in realtà lo specchio di una conquista a opera della nuova borghesia, che per la prima volta aveva l'autorità di dettare legge sull'aristocrazia in questioni di gusto, imponendo quantomeno delle mode di costume. Il Barocco fu in tal senso un risarcimento sociale per mezzo di una legislatura di ordine estetico.
Il patrimonio kitsch di Persiani non si limita quindi all'analisi degli elementi della contemporanea affezione per le cianfrusaglie, ma risale all'origine del fenomeno, individuando nel Barocco il “big bang” del caotico sovradosaggio di oggetti e decori nel quale tuttora viviamo (nonostante vezzi minimali con i quali comunque non possiamo convivere pienamente nella vita pratica) perché abbiamo un bisogno fisiologico di centinaia di cose in altrettante varianti.
Persiani attinge dalla memoria storica e dall’attualità il bizzarro disordine che è materia prima delle sue creazioni in un trionfo di incoerenza. Risultato è un “Paese dei Balocchi” dedito al pret à porter che spesso sembra richiamare macabri giochi di bambini o “necro-zoo-poli” a tinte sgargianti. La tassidermia diventa patchwork e gli animali impagliati sono giocattoli per bambini. I complementi d'arredo e d'abbigliamento sono oggetti di design in crisi tra l'organico e il fashion. Vivono instabilmente tra la reminescenza della funzione che dovrebbe essere a loro associata e l'idea si tratti piuttosto di sacrari intoccabili. Come i servizi da the in pelliccia di Meret Oppenheim le opere di Persiani non offrono alcun servizio bensì rimandi a un grottesco e surreale decadentismo.
L'immaginario dell'artista è una dispensa di fantasie: può far pensare a broccati da toelette (nell'uso che fa degli asciugamani tessendone insieme gli arabeschi e le diverse grane), balli (dark) delle debuttanti e funebri passamanerie.
Tra l'orrido e il melò si situa quindi il lavoro di Persiani, fatto di maestria e invenzione, come un novello dottor Frankenstein in salsa glam.
Luca Beatrice
Bisognerebbe essere un'opera d'arte
o, altrimenti, indossare un'opera d'arte.
Oscar Wilde
Adriano Persiani è uno scultore di buona fattura che del taglio e cucito ha voluto fare un'arte cinica e terribile, straniante e ludica. I suoi abiti e complementi sono ibridi allucinati figli di una sartorialità improbabile.
Le mode nascono e muoiono troppo in fretta perché qualcuno possa imparare ad amarle, disse Bettina Ballard, storica direttrice di Vogue.
Proprio la questione della continuità della produzione, forse più di ogni altro distinguo, è utile nel confronto dialettico tra il mercato della moda e quello dell'arte. Quando un artista scompare la sua produzione si ferma, mentre Il susseguirsi delle stagioni sulle passerelle costringe la moda a non fermare mai la macchina di lavoro. Nell'arte la mancata sostituzione o l'assenza dal mercato di nuovi talenti non è una catastrofe commerciale, il fashion invece non può permettersi stalli e deve lasciare un'eredità.
Che la moda ami saccheggiare a piene mani dalla storia dell'arte, iconografia e talenti, è vistosamente sotto i nostri occhi, in autunno/inverno e in primavera/estate. Diverso è l'atteggiamento dell'artista che alla moda si è spontaneamente avvicinato. Basti pensare a cravatte e panciotti futuristi, al Vestito trasformabile teorizzato nel Manifesto del vestito maschile futurista (1914) come un oggetto modificabile attraverso bottoni pneumatici e l'applicazione di stoffe diverse. La produzione sartoriale di Salvador Dalì comprende uno scheletro bianco su un abito nero, astici dipinti su un vestito da sera, bottoni-mosche in ceramica, una borsa-telefono e i cappelli-calamaio. Lucio Fontana disegna tre tubini spazialisti nei quali cita i suoi tagli. Andy Warhol presenta Brillo, una gonna in tessuto stampato che ripresenta il packaging del detersivo.
Il lavoro di Adriano Persiani si discosta da tali esempi in quanto l'abito non cita l'arte (altrui o dello stesso artista) ma, viceversa, la sua scultura imita la crinoline e il collage mima la tessitura. La tecnica sartoriale viene così sovvertita tra le mani di uno stilista impazzito che si ribella al concetto implicito di vestibilità. In tal senso è assimilabile invece ai concettuali e giganteschi reggiseni di Vito Acconci, alla Shirt/Jacket of Pockets (1993) in materiale plastico trasparente e a Leaf Shirt (1985), una camicia ricoperta di foglie verdi, altre famose creazioni dell’artista americano.
Punto di partenza per Persiani sono i cartamodelli settecenteschi, e quindi il disegno trouvé che segue alla lettera come un manuale di istruzioni, allo stesso modo di un antico sarto di corte. Su questi applica però materiali insoliti come la tovaglia di tela cerata che imita il legno in un abito barocco o la carta-tessuto da sala operatoria. Il mestiere diviene una pratica ludica che non ha per fine la praticità bensì lo spiazzamento. Persiani stranisce con lo stridente contrasto tra la diligente confezione del guardaroba e l'impossibilità di fruirne che ci si aspetterebbe da un abito. L'oggetto da pratico diventa scultoreo, da ben fatto a immaginifico.
Nell’osservare le invenzioni di Persiani, le curiose protesi che escono dai suoi oggetti, ci si aspetterebbe di vederle animate in una sorta di Cremaster in chiave disneyana, con Cenerentole e Cuccioli in versione gotica.
Il richiamo immediato va alla stilista britannica Vivienne Westwood, ideatrice del punk e sempiterna regina delle passerelle, da oltre venticinque anni. Le ossa utilizzate da Adriano Persiani, insieme ad altri proto-amuleti e simulacri, rimandano alle collezione Rock' and 'Perv' che la Westwood realizzò pensando ad abiti con applicate ossa di pollo come talismani. Famose sono anche le sue parodie dello stile establishment e l’uso improprio di tessuti classici, come l’Harry’s Tweed e il Tartan. Al contrario, ma in maniera similare, Persiani lavora alla reinterpretazione di forme classiche, per esempio corsetti, bustini e crinoline, con materiali impropri che poco spazio lasciano all'indossabilità, tessuti troppo pesanti o troppo leggeri, che spesso non consentono un buon portamento.
Persiani avrebbe potuto essere il costumista del pittore tardo barocco francese Antoine Watteau che mescolava Pierrot e Arlecchini alle cortigiane, ma anche scenografo del teatro di Molière fatto di travestimenti di truffatori e tipi umani dai tratti caricaturali.
Il Barocco, tra le epoche più bistrattate nella storia dell’arte, è spesso stato tacciato di disimpegno dagli Illuministi che nella pomposità, nel fasto estremo e fine a sé stesso scorgevano un segno per celare un sintomatico vuoto di contenuti. Il Barocco fu in realtà lo specchio di una conquista a opera della nuova borghesia, che per la prima volta aveva l'autorità di dettare legge sull'aristocrazia in questioni di gusto, imponendo quantomeno delle mode di costume. Il Barocco fu in tal senso un risarcimento sociale per mezzo di una legislatura di ordine estetico.
Il patrimonio kitsch di Persiani non si limita quindi all'analisi degli elementi della contemporanea affezione per le cianfrusaglie, ma risale all'origine del fenomeno, individuando nel Barocco il “big bang” del caotico sovradosaggio di oggetti e decori nel quale tuttora viviamo (nonostante vezzi minimali con i quali comunque non possiamo convivere pienamente nella vita pratica) perché abbiamo un bisogno fisiologico di centinaia di cose in altrettante varianti.
Persiani attinge dalla memoria storica e dall’attualità il bizzarro disordine che è materia prima delle sue creazioni in un trionfo di incoerenza. Risultato è un “Paese dei Balocchi” dedito al pret à porter che spesso sembra richiamare macabri giochi di bambini o “necro-zoo-poli” a tinte sgargianti. La tassidermia diventa patchwork e gli animali impagliati sono giocattoli per bambini. I complementi d'arredo e d'abbigliamento sono oggetti di design in crisi tra l'organico e il fashion. Vivono instabilmente tra la reminescenza della funzione che dovrebbe essere a loro associata e l'idea si tratti piuttosto di sacrari intoccabili. Come i servizi da the in pelliccia di Meret Oppenheim le opere di Persiani non offrono alcun servizio bensì rimandi a un grottesco e surreale decadentismo.
L'immaginario dell'artista è una dispensa di fantasie: può far pensare a broccati da toelette (nell'uso che fa degli asciugamani tessendone insieme gli arabeschi e le diverse grane), balli (dark) delle debuttanti e funebri passamanerie.
Tra l'orrido e il melò si situa quindi il lavoro di Persiani, fatto di maestria e invenzione, come un novello dottor Frankenstein in salsa glam.
Luca Beatrice
21
gennaio 2005
Adriano Persiani
Dal 21 gennaio al 21 febbraio 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA CARINI & DONATINI
San Giovanni Valdarno, Via Gruccia, 192b, (Arezzo)
San Giovanni Valdarno, Via Gruccia, 192b, (Arezzo)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 10e13 e 16-20
Vernissage
21 Gennaio 2005, ore 18
Autore