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Wolf Vostell – diventare e lasciarsi diventare
La mostra intende dar conto di un’esperienza basilare per le ricerche artistiche contemporanee, impossibile da accantonare, attraverso la presentazione di opere sintomatiche, valide ad osservare ed informare criticamente il percorso dell’autore.
Comunicato stampa
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Le opere di Vostell (Leverkusen 1932-Berlino 1998) tendono ad eliminare lo scarto che separa l’espressione artistica dal vissuto, nascono da una promiscuità feconda col retaggio della memoria collettiva e personale, con l’ambiente sociale e le immagini della realtà politica.
Per l’artista tedesco, l’arte non può essere silenziosa, ma anzi deve essere polemica, deve stimolare una coscienza critica, “screditando” i sistemi morali e le ideologie affermate dalla Storia, gli eventi connessi alla seconda guerra mondiale e alla guerra fredda.
Partito dal significato lessicale della parola francese dé-collage, che oltre a individuare il decollo, l’elevazione di un aereo da terra, vuol dire anche separazione, distacco, morte, giunge a porre l’accento sugli aspetti contraddittori della realtà, sui fenomeni complessi e assurdi del tempo in cui vive.
L’opera di Vostell si configura come un perpetuo innestarsi di forme aperte e scardinate, di linguaggi tradizionali quali disegno, pittura e collage, come un continuo alternarsi di costruzione e distruzione in environment ed happening trasgressivi e di impatto violento.
Dal 1962, con la partecipazione al gruppo Fluxus, l’assemblamento di oggetti, la distruzione di televisori e pianoforti, la manipolazione di immagini televisive, lo smembramento di automobili, sembrano acquisire il significato di un flusso vitale imprevisto in cui la vita diviene anche un processo musicale attraverso il quale cogliere il senso profondo di ogni suono o rumore.
Nella serie Zyklus Calatayud (1973), presentata negli spazi de La Nuova Pesa Centro per l’Arte Contemporanea, Vostell utilizza fogli di piombo simili a sipari e pagine di giornali, per condurre un discorso che parte dalla testimonianza della conversione in massa degli ebrei della città spagnola di Calatayud nel 1413 e comprende le immagini delle rappresaglie naziste, della presa di Berlino da parte dell’Armata Rossa, della guerra del Vietnam.
La presenza costante di interventi pittorici e sovrapposizioni cromatiche sembra esprimere l’azione ossessiva dell’artista impegnata a intaccare la compostezza retorica delle immagini mediatiche ufficiali e porre nel dubbio le certezze morali della storia. Alcune forme squadrate ci richiamano le cementazioni di corpi e oggetti realizzati da Vostell a partire dalla fine degli anni Sessanta: l’uso del cemento che ingloba la realtà e risucchia gli emblemi della civiltà tecnologica non fa che bloccare “psicologicamente” la nostra coscienza delle cose e conferirne pesantezza.
Instancabile testimone della realtà, Vostell realizza, in occasione della caduta del muro di Berlino, una serie di lavori permeati da una profonda riflessione sul tema del muro come metafora della paura e delle chiusure politiche ed economiche che bloccano l’uomo nella sua aspirazione alla libertà, al desiderio di una attualità differente del proprio agire: “Nello stesso tempo vivere all’interno di molteplici contraddizioni è una delle esperienze più sublimi della vita e in ciò devo essere come una montagna in mezzo al mare agitato”.
(Giacomo Zaza)
Per l’artista tedesco, l’arte non può essere silenziosa, ma anzi deve essere polemica, deve stimolare una coscienza critica, “screditando” i sistemi morali e le ideologie affermate dalla Storia, gli eventi connessi alla seconda guerra mondiale e alla guerra fredda.
Partito dal significato lessicale della parola francese dé-collage, che oltre a individuare il decollo, l’elevazione di un aereo da terra, vuol dire anche separazione, distacco, morte, giunge a porre l’accento sugli aspetti contraddittori della realtà, sui fenomeni complessi e assurdi del tempo in cui vive.
L’opera di Vostell si configura come un perpetuo innestarsi di forme aperte e scardinate, di linguaggi tradizionali quali disegno, pittura e collage, come un continuo alternarsi di costruzione e distruzione in environment ed happening trasgressivi e di impatto violento.
Dal 1962, con la partecipazione al gruppo Fluxus, l’assemblamento di oggetti, la distruzione di televisori e pianoforti, la manipolazione di immagini televisive, lo smembramento di automobili, sembrano acquisire il significato di un flusso vitale imprevisto in cui la vita diviene anche un processo musicale attraverso il quale cogliere il senso profondo di ogni suono o rumore.
Nella serie Zyklus Calatayud (1973), presentata negli spazi de La Nuova Pesa Centro per l’Arte Contemporanea, Vostell utilizza fogli di piombo simili a sipari e pagine di giornali, per condurre un discorso che parte dalla testimonianza della conversione in massa degli ebrei della città spagnola di Calatayud nel 1413 e comprende le immagini delle rappresaglie naziste, della presa di Berlino da parte dell’Armata Rossa, della guerra del Vietnam.
La presenza costante di interventi pittorici e sovrapposizioni cromatiche sembra esprimere l’azione ossessiva dell’artista impegnata a intaccare la compostezza retorica delle immagini mediatiche ufficiali e porre nel dubbio le certezze morali della storia. Alcune forme squadrate ci richiamano le cementazioni di corpi e oggetti realizzati da Vostell a partire dalla fine degli anni Sessanta: l’uso del cemento che ingloba la realtà e risucchia gli emblemi della civiltà tecnologica non fa che bloccare “psicologicamente” la nostra coscienza delle cose e conferirne pesantezza.
Instancabile testimone della realtà, Vostell realizza, in occasione della caduta del muro di Berlino, una serie di lavori permeati da una profonda riflessione sul tema del muro come metafora della paura e delle chiusure politiche ed economiche che bloccano l’uomo nella sua aspirazione alla libertà, al desiderio di una attualità differente del proprio agire: “Nello stesso tempo vivere all’interno di molteplici contraddizioni è una delle esperienze più sublimi della vita e in ciò devo essere come una montagna in mezzo al mare agitato”.
(Giacomo Zaza)
16
dicembre 2004
Wolf Vostell – diventare e lasciarsi diventare
Dal 16 dicembre 2004 al 31 gennaio 2005
arte contemporanea
Location
LA NUOVA PESA CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Del Corso, 530, (Roma)
Roma, Via Del Corso, 530, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì ore 10.30-13.00 15.30-19.00
Vernissage
16 Dicembre 2004, ore 18.30
Autore
Curatore