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La Sacra Selva. Scultura lignea in Liguria tra XII e XVI secolo
La mostra, che idealmente si ricollega a una pionieristica esposizione savonese curata nel 1952 da Pasquale Rotondi, consentirà di confrontare sculture di produzione locale (come il Compianto sul corpo di Cristo proveniente dal borgo di Lucinasco, nell’entroterra imperiese ), con altre provenienti da un diverso ambito culturale
Comunicato stampa
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Per un devoto del Quattrocento, l’immagine di un crocifisso evocava spontaneamente quella di un albero, dove le braccia erano i rami e il resto del corpo il tronco. La sacralità di cui i boschi erano avvolti contribuiva, del resto, a sottolineare quella dell’immagine scolpita, e se quest’ultima, col tempo, veniva messa da parte e sostituita con un’altra più aggiornata, non poteva comunque essere distrutta.
Nel campo della scultura, il Quattrocento ligure non rappresenta affatto un secolo “di marmo e di pietra”, come fino a qualche anno fa si continuava ad affermare. La ricerca sul territorio dell’antica Repubblica (Corsica inclusa) e su quelle aree nelle quali la presenza genovese era determinante ha prodotto una serie impressionante di ritrovamenti e di riscoperte: dai piccoli crocifissi delle confraternite alle grandi croci stazionali, dalle figure isolate di santi ai gruppi scultorei. Si tratta di alcune centinaia di opere, delle quali si è voluto fornire in questa mostra una campionatura significativa, che ne documentasse l’importanza e la multiforme stratificazione, sottolineate, non di rado, dal recupero dell’antica dimensione cromatica, reso possibile dai restauri, non pochi dei quali finalizzati a questa mostra. Questi restauri sono soltanto la punta dell’iceberg di un tenace lavoro sul territorio, fatto anche di sopralluoghi, schedature, ricerca d’archivio, contatti costanti con le Curie e delicati rapporti con piccole comunità affezionate al loro patrimonio: nella maggior parte dei casi, infatti, sono stati i piccoli centri a conservare con un certo scrupolo i manufatti più antichi, anche quando questi avessero da tempo abbandonato gli spazi destinati alla liturgia per rifugiarsi in locali bui e malagevoli.
La mostra, che idealmente si ricollega a una pionieristica esposizione savonese curata nel 1952 da Pasquale Rotondi, consentirà di confrontare sculture di produzione locale
(come il Compianto sul corpo di Cristo proveniente dal borgo di Lucinasco, nell’entroterra imperiese ), con altre provenienti da un diverso ambito culturale, spesso individuabile in quell’area fiamminga che intrattenne con Genova rapporti già noti e documentati in campo pittorico.
L’esemplare più antico, il Volto Santo di Bocca di Magra, appartiene al XII secolo ed è la più importante testimonianza disponibile in Liguria, in ambito scultoreo, dell’iconografia di Cristo che trionfa sulla morte e si manifesta in tutta la sua regale maestà; questa iconografia sarà sostituita, nel corso del XIII secolo, da quella del Cristo denudato, che mostra il corpo flagellato e piagato: a questo ambito appartengono, fra gli altri, due pezzi eccellenti presenti in mostra, provenienti dal Seminario di Savona e dalla chiesa della Maddalena di Genova.
L’iconografia mariana è rappresentata, per i secoli XIII e XIV, dalla Madonna col Bambino del Santuario delle Grazie di Genova e dall’inedita statua di Riomaggiore, vera e propria colonna di legno che fa dell’assetto verticale del tronco arboreo la sua cifra stilistica.
Le distinte raffigurazioni del Cristo piagato e di Maria come madre si fondono nell’iconografia del Vesperbild, locuzione tedesca che denota l’origine nordica di queste immagini, presenti su tutto il territorio ligure, da Soviore (Cinque Terre) a Sanremo.
Alla fine del secolo XIV, in significativa coincidenza con l’ondata millenaristica dei bianchi ( un movimento penitenziale che si diffonde nell’Italia nord-occidentale nel 1399 ), inizia l’epopea dei cristi ponentini, e cioè delle immagini del Cristo crocifisso prodotte in quantità notevole, in base a schemi stilistici utilizzati per decenni, nelle botteghe attive nella Liguria di Ponente; da Taggia, Ceriana, Casanova Lerrone provengono alcuni degli esemplari esposti. Altrove si preferisce ricorrere all’importazione di crocifissi dalla Toscana (Levanto) o dalla Lombardia (Santa Margherita e Lerici); a questi flussi si aggiungono talvolta esemplari di rilevanza assoluta quali il San Bartolomeo senese di Quarto.
La sezione finale, dedicata alla prima metà del secolo XVI, testimonia la divaricazione fra i centri delle due Riviere, che continuano a commissionare statue lignee di notevole rilevanza ( si vedano la Vergine dolente di Pieve di Teco ed il San Rocco di Trebiano, opera del Franciosino ), e l’ambito genovese, ove trionfa il marmo di Carrara, al quale si ricorre – si veda il rilievo di Ceranesi – anche per le raffigurazioni che fino ad allora avevano trovato nel legno il materiale d’elezione. Due rilievi marmorei più antichi – una Madonna col Bambino di matrice campionese ed un Crocifisso di G. A. Amadeo da Pignone – attestano del persistente dialogo fra scultura litica e scultura lignea, mentre alla trecentesca tavola di Barnaba da Modena (Urbino, donazione Volponi) è affidato il compito di ricordare le strette correlazioni fra i domini della pittura e della scultura lignea.
Franco Boggero e Piero Donati
Piano Scientifico della Mostra
La Sacra Selva. Scultura lignea in Liguria tra XII e XVI secolo
La mostra, che si ricollega idealmente a quella – assolutamente sperimentale per quei tempi – realizzata dal soprintendente Pasquale Rotondi a Savona nel 1952, intende colmare una lacuna fortemente avvertita nel campo degli studi, non solo specialistici.
I funzionari di questa Soprintendenza sono da anni attivamente impegnati nel recupero di questo patrimonio misconosciuto, la cui consistenza in termini qualitativi e quantitativi è decisamente superiore a quanto si ritenesse solo una quindicina di anni fa. di conseguenza, gli stessi programmi di restauro stilati da quest’ ufficio nell’ultimo decennio sono stati in buona parte finalizzati al recupero di questo importante settore del patrimonio ligure.
La mostra si può sostanzialmente considerare bipartita: da un lato, opere scultoree che tutt’ora non hanno un adeguato contesto e che, non a caso, spesso nella tradizione popolare si identificavano, appunto, come venute dal mare (a cominciare dal Volto Santo di Bocca di Magra, che significativamente apre la rassegna). Dall’altro (secc. XV-XVI), quelle sculture che possono essere inserite in un contesto più o meno delineato (tasselli già identificati, altri da identificare) e per le quali si può, con la debita prudenza, ipotizzare che siano state prodotte, almeno in parte, da botteghe liguri: questo è il caso dei Crocifissi processionali legati all’attività delle confraternite.
Nella scelta delle opere (cfr. l’elenco allegato), oltre ad ovvi criteri storico-critici, si è tenuto conto dell’esigenza di valorizzare aspetti del patrimonio storico-artistico dei diversi comprensori della Liguria (così come la si intendeva fino al sec. XVIII, comprendendovi l’Oltregiogo e la Corsica); a differenza di quanto accade nel campo della pittura, infatti, Genova non ebbe in questo ambito una leadership riconosciuta fino al sec. XVII.
Il primo nucleo dei due sopra citati copre il periodo che va dal XII al XIV secolo e comprende una decina di pezzi, editi e inediti. Fra i primi ricordiamo, oltre al Volto Santo, la Madonna col Bambino del santuario delle Grazie di Genova, il Vesperbild del santuario di Soviore; fra gli altri il Crocifisso grande al naturale della chiesa genovese della Maddalena (completo di croce originale) e quello del Seminario di Savona.
Il secondo nucleo, più nutrito, arriva grosso modo alla metà del sec. XVI, quando iniziano a maturare le premesse per un rinnovamento sostanziale del linguaggio scultoreo e dei caratteri dell’arredo ligneo. Questo settore sarà organizzato sul costante confronto tra la produzione locale e prestigiosi arrivi da altri contesti (il San Bartolomeo senese di Quarto, i Dolenti francesi di Sampierdarena, il Calvario fiammingo di Testana d’Avegno). Per quanto riguarda, in particolare, i Crocifissi si istituiranno confronti fra la tecnica della scultura lignea e altre tecniche (la pittura con riferimento agli stendardi processionali, la tarsia lignea e la stessa scultura in marmo, con un unico ma prestigioso pezzo proveniente da Pignone).
Oltre a sculture singole, saranno presentati gruppi - in particolare alcuni Compianti o Sepolcri, fra i quali spicca per completezza quello di Lucinasco -, per sottolineare la presenza in area ligure di una tipologia sinora considerata come tipicamente lombarda.
La sede della mostra è stata individuata nell’ex chiesa di Sant’ Agostino in piazza Sarzano, attigua al Museo della scultura e dell’architettura ligure, con i materiali del quale potrà istituire utilissimi confronti. Il progetto espositivo, affidato allo studio Tortelli e Frassoni di Brescia, prevede di realizzare uno stacco visivo e concettuale dei materiali rispetto allo spazio medievale della chiesa, fondale suggestivo e dialogante con le opere.
Quanto al sopratitolo della mostra, si è pensato con esso di rendere omaggio al ligure Felice Romani, librettista preferito di Vincenzo Bellini, il quale, nel primo atto della Norma (che sarà in cartellone per la stagione 2004/2005 del “Carlo Felice”), definisce “sacra selva” il bosco di querce nel quale la sacerdotessa druidica canta la celebre aria Casta diva. L’ultima settimana della mostra è stata fatta opportunamente coincidere con le prime rappresentazioni dell’opera.
Oltre a questo riferimento, il sopratitolo suggerisce uno degli aspetti essenziali della scultura lignea, e cioè la sacralità della quale spesso erano investite le immagini tridimensionali realizzate nel materiale dei boschi.
La cura di mostra e catalogo è stata affidata a due funzionari direttivi della Soprintendenza, Franco Boggero e Piero Donati, i quali si sono avvalsi degli apporti scientifici di studiosi esterni, e soprattutto della collaborazione dei colleghi.
Nel campo della scultura, il Quattrocento ligure non rappresenta affatto un secolo “di marmo e di pietra”, come fino a qualche anno fa si continuava ad affermare. La ricerca sul territorio dell’antica Repubblica (Corsica inclusa) e su quelle aree nelle quali la presenza genovese era determinante ha prodotto una serie impressionante di ritrovamenti e di riscoperte: dai piccoli crocifissi delle confraternite alle grandi croci stazionali, dalle figure isolate di santi ai gruppi scultorei. Si tratta di alcune centinaia di opere, delle quali si è voluto fornire in questa mostra una campionatura significativa, che ne documentasse l’importanza e la multiforme stratificazione, sottolineate, non di rado, dal recupero dell’antica dimensione cromatica, reso possibile dai restauri, non pochi dei quali finalizzati a questa mostra. Questi restauri sono soltanto la punta dell’iceberg di un tenace lavoro sul territorio, fatto anche di sopralluoghi, schedature, ricerca d’archivio, contatti costanti con le Curie e delicati rapporti con piccole comunità affezionate al loro patrimonio: nella maggior parte dei casi, infatti, sono stati i piccoli centri a conservare con un certo scrupolo i manufatti più antichi, anche quando questi avessero da tempo abbandonato gli spazi destinati alla liturgia per rifugiarsi in locali bui e malagevoli.
La mostra, che idealmente si ricollega a una pionieristica esposizione savonese curata nel 1952 da Pasquale Rotondi, consentirà di confrontare sculture di produzione locale
(come il Compianto sul corpo di Cristo proveniente dal borgo di Lucinasco, nell’entroterra imperiese ), con altre provenienti da un diverso ambito culturale, spesso individuabile in quell’area fiamminga che intrattenne con Genova rapporti già noti e documentati in campo pittorico.
L’esemplare più antico, il Volto Santo di Bocca di Magra, appartiene al XII secolo ed è la più importante testimonianza disponibile in Liguria, in ambito scultoreo, dell’iconografia di Cristo che trionfa sulla morte e si manifesta in tutta la sua regale maestà; questa iconografia sarà sostituita, nel corso del XIII secolo, da quella del Cristo denudato, che mostra il corpo flagellato e piagato: a questo ambito appartengono, fra gli altri, due pezzi eccellenti presenti in mostra, provenienti dal Seminario di Savona e dalla chiesa della Maddalena di Genova.
L’iconografia mariana è rappresentata, per i secoli XIII e XIV, dalla Madonna col Bambino del Santuario delle Grazie di Genova e dall’inedita statua di Riomaggiore, vera e propria colonna di legno che fa dell’assetto verticale del tronco arboreo la sua cifra stilistica.
Le distinte raffigurazioni del Cristo piagato e di Maria come madre si fondono nell’iconografia del Vesperbild, locuzione tedesca che denota l’origine nordica di queste immagini, presenti su tutto il territorio ligure, da Soviore (Cinque Terre) a Sanremo.
Alla fine del secolo XIV, in significativa coincidenza con l’ondata millenaristica dei bianchi ( un movimento penitenziale che si diffonde nell’Italia nord-occidentale nel 1399 ), inizia l’epopea dei cristi ponentini, e cioè delle immagini del Cristo crocifisso prodotte in quantità notevole, in base a schemi stilistici utilizzati per decenni, nelle botteghe attive nella Liguria di Ponente; da Taggia, Ceriana, Casanova Lerrone provengono alcuni degli esemplari esposti. Altrove si preferisce ricorrere all’importazione di crocifissi dalla Toscana (Levanto) o dalla Lombardia (Santa Margherita e Lerici); a questi flussi si aggiungono talvolta esemplari di rilevanza assoluta quali il San Bartolomeo senese di Quarto.
La sezione finale, dedicata alla prima metà del secolo XVI, testimonia la divaricazione fra i centri delle due Riviere, che continuano a commissionare statue lignee di notevole rilevanza ( si vedano la Vergine dolente di Pieve di Teco ed il San Rocco di Trebiano, opera del Franciosino ), e l’ambito genovese, ove trionfa il marmo di Carrara, al quale si ricorre – si veda il rilievo di Ceranesi – anche per le raffigurazioni che fino ad allora avevano trovato nel legno il materiale d’elezione. Due rilievi marmorei più antichi – una Madonna col Bambino di matrice campionese ed un Crocifisso di G. A. Amadeo da Pignone – attestano del persistente dialogo fra scultura litica e scultura lignea, mentre alla trecentesca tavola di Barnaba da Modena (Urbino, donazione Volponi) è affidato il compito di ricordare le strette correlazioni fra i domini della pittura e della scultura lignea.
Franco Boggero e Piero Donati
Piano Scientifico della Mostra
La Sacra Selva. Scultura lignea in Liguria tra XII e XVI secolo
La mostra, che si ricollega idealmente a quella – assolutamente sperimentale per quei tempi – realizzata dal soprintendente Pasquale Rotondi a Savona nel 1952, intende colmare una lacuna fortemente avvertita nel campo degli studi, non solo specialistici.
I funzionari di questa Soprintendenza sono da anni attivamente impegnati nel recupero di questo patrimonio misconosciuto, la cui consistenza in termini qualitativi e quantitativi è decisamente superiore a quanto si ritenesse solo una quindicina di anni fa. di conseguenza, gli stessi programmi di restauro stilati da quest’ ufficio nell’ultimo decennio sono stati in buona parte finalizzati al recupero di questo importante settore del patrimonio ligure.
La mostra si può sostanzialmente considerare bipartita: da un lato, opere scultoree che tutt’ora non hanno un adeguato contesto e che, non a caso, spesso nella tradizione popolare si identificavano, appunto, come venute dal mare (a cominciare dal Volto Santo di Bocca di Magra, che significativamente apre la rassegna). Dall’altro (secc. XV-XVI), quelle sculture che possono essere inserite in un contesto più o meno delineato (tasselli già identificati, altri da identificare) e per le quali si può, con la debita prudenza, ipotizzare che siano state prodotte, almeno in parte, da botteghe liguri: questo è il caso dei Crocifissi processionali legati all’attività delle confraternite.
Nella scelta delle opere (cfr. l’elenco allegato), oltre ad ovvi criteri storico-critici, si è tenuto conto dell’esigenza di valorizzare aspetti del patrimonio storico-artistico dei diversi comprensori della Liguria (così come la si intendeva fino al sec. XVIII, comprendendovi l’Oltregiogo e la Corsica); a differenza di quanto accade nel campo della pittura, infatti, Genova non ebbe in questo ambito una leadership riconosciuta fino al sec. XVII.
Il primo nucleo dei due sopra citati copre il periodo che va dal XII al XIV secolo e comprende una decina di pezzi, editi e inediti. Fra i primi ricordiamo, oltre al Volto Santo, la Madonna col Bambino del santuario delle Grazie di Genova, il Vesperbild del santuario di Soviore; fra gli altri il Crocifisso grande al naturale della chiesa genovese della Maddalena (completo di croce originale) e quello del Seminario di Savona.
Il secondo nucleo, più nutrito, arriva grosso modo alla metà del sec. XVI, quando iniziano a maturare le premesse per un rinnovamento sostanziale del linguaggio scultoreo e dei caratteri dell’arredo ligneo. Questo settore sarà organizzato sul costante confronto tra la produzione locale e prestigiosi arrivi da altri contesti (il San Bartolomeo senese di Quarto, i Dolenti francesi di Sampierdarena, il Calvario fiammingo di Testana d’Avegno). Per quanto riguarda, in particolare, i Crocifissi si istituiranno confronti fra la tecnica della scultura lignea e altre tecniche (la pittura con riferimento agli stendardi processionali, la tarsia lignea e la stessa scultura in marmo, con un unico ma prestigioso pezzo proveniente da Pignone).
Oltre a sculture singole, saranno presentati gruppi - in particolare alcuni Compianti o Sepolcri, fra i quali spicca per completezza quello di Lucinasco -, per sottolineare la presenza in area ligure di una tipologia sinora considerata come tipicamente lombarda.
La sede della mostra è stata individuata nell’ex chiesa di Sant’ Agostino in piazza Sarzano, attigua al Museo della scultura e dell’architettura ligure, con i materiali del quale potrà istituire utilissimi confronti. Il progetto espositivo, affidato allo studio Tortelli e Frassoni di Brescia, prevede di realizzare uno stacco visivo e concettuale dei materiali rispetto allo spazio medievale della chiesa, fondale suggestivo e dialogante con le opere.
Quanto al sopratitolo della mostra, si è pensato con esso di rendere omaggio al ligure Felice Romani, librettista preferito di Vincenzo Bellini, il quale, nel primo atto della Norma (che sarà in cartellone per la stagione 2004/2005 del “Carlo Felice”), definisce “sacra selva” il bosco di querce nel quale la sacerdotessa druidica canta la celebre aria Casta diva. L’ultima settimana della mostra è stata fatta opportunamente coincidere con le prime rappresentazioni dell’opera.
Oltre a questo riferimento, il sopratitolo suggerisce uno degli aspetti essenziali della scultura lignea, e cioè la sacralità della quale spesso erano investite le immagini tridimensionali realizzate nel materiale dei boschi.
La cura di mostra e catalogo è stata affidata a due funzionari direttivi della Soprintendenza, Franco Boggero e Piero Donati, i quali si sono avvalsi degli apporti scientifici di studiosi esterni, e soprattutto della collaborazione dei colleghi.
17
dicembre 2004
La Sacra Selva. Scultura lignea in Liguria tra XII e XVI secolo
Dal 17 dicembre 2004 al 13 marzo 2005
arte antica
Location
CHIOSTRO DI SANT’AGOSTINO
Genova, Piazza Sant'agostino, (Genova)
Genova, Piazza Sant'agostino, (Genova)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 9.00 / 19.00
sabato e domenica 10.00 / 19.00
lunedì chiuso