Ambito di ricerca dell’artista è, non da oggi, la crisi delle ideologie nell’età contemporanea che egli intende mai in modo autoreferenziale o nostalgico e piuttosto usa a pretesto per svelarne paradossali deviazioni e derive. L’ironia non è il collante che lega la sua produzione, semmai è ingrediente incidentale che serve per scaricare e intercalare una pressione ed una tensione, questa sì, sempre palpabile ed incombente, che obbliga ad una lucida presa di coscienza delle problematiche trattate. Sono i simboli del comunismo ad essere i principali protagonisti, ognuno rappresentato nella sua triviale fatiscenza, nella malinconica riduzione a souvenir: il cadavere di Che Guevara diventa scenografia dozzinale per il divertimento del pubblico, il volto di Marx, filmato e rigato da una lacrima, si trasforma in una sorta di documento di un evento miracoloso da polpettone televisivo di mezzo pomeriggio, la falce e il martello, da simbolo del comunismo appare trasfigurato in forma realista per una devozione domestica e quotidiana. Cvijanović si muove perennemente sul filo del rasoio utilizzando con disinvoltura i registri più diversi, dall’installazione alla fotografia, dal video alla scultura, fino alla pittura che ha caratterizzato la sua formazione. 3 opere che accompagnano lo spettatore attraverso un immaginario percorso, dalla presa di coscienza nell’immedesimazione del mito al raccoglimento in una sorta di finto sancta sanctorum deterritorializzato e secolarizzato, in cui la simbologia appare sfigurata e contaminata, fino alla partecipazione collettiva all’evento miracoloso, protagonista ancora una volta una falsa effige, una foto che non è tale ma appare nella sua deviazione pseudotelevisiva.

Natura Morta (Still life) is a project that takes a critical look at the fate of the revolutionary ideologies and communism in modern-day society. In his first Neapolitan one-man exhibition Nemanja Cvijanović (Rijeka - HR, 1972) questions the meaning of the classical concept of painting by interpreting it critically, and by extending it to a sociological analysis of a meta-linguistic kind. The aim of the artist’s research has been, for a long time, the crisis of ideologies in our times, which is never meant in a self-referring or nostalgic way. He uses it more as an excuse to reveal their paradoxical deviations and aberrations. Irony, however, is not what links his production, it’s more an accidental ingredient used to release and alternate a pressure and tension, which is always palpable and impending, enforcing a clear self-awareness about the issues addressed in his work.The symbols of communism are the main protagonists, and each one of them is represented in its trivial decay, in its melancholic reduction to souvenir: the corpse of Che Guevara becomes a second-rate setting to entertain the audience, the face of Marx, filmed and marked by a teardrop, becomes a sort of document of a miraculous event that is broadcast during a trashy afternoon TV show, the hammer and sickle, is transformed from the symbol of communism into a royalist shape for daily domestic devotion. Cvijanović is always on thin ice, casually resorting to various forms of art, from installations to photography, from video to sculpture, and finally painting, which has characterised his formation. 3 works accompany the spectator along an imaginary route, from the new awareness in the self-identification of the myth to the concentration in a sort of fake “de-territorialized” and secularised sancta sanctorum, in which the symbology looks distorted and contaminated, culminating in the collective participation in the miraculous event, with once again a fake effigy as protagonist, a picture that is not a picture, but merely a pseudo-TV deviation.