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Giovanbattista Pastorelli – L’opera decostruita
L’artista, uno degli artisti riferimento dell’arte decostruzionista, presenta la sua ultima ricerca condotta nell’arco di 4-5 anni e finora assolutamente inedita. Alla Posteria di Milano sono esposte circa 100 opere che ben rappresentano il suo cammino
Comunicato stampa
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Si inaugura sabato 20 novembre alle ore 18 la mostra monografica L’opera decostruita di Giovanbattista Pastorelli. L’artista, uno degli artisti riferimento dell’arte decostruzionista, presenta la sua ultima ricerca condotta nell’arco di 4-5 anni e finora assolutamente inedita. Alla Posteria di Milano sono esposte circa 100 opere che ben rappresentano il suo cammino teso a incidere nell’ambito della Decostruzione.
Pastorelli non è nuovo a questo tipo di imprese. Lo ha fatto con le precedenti esperienze, ciascuna delle quali, pur diversa e innovativa, al fondo costituisce una tappa di un percorso di coerenza e di confronto continuo con le variegate manifestazioni di quella corrente.
La Decostruzione in realtà si avvia nell’ambito dell’architettura a partire dalla metà degli anni Settanta del secolo passato e nel tempo è divenuta persino popolare grazie particolarmente a opere come il Parc de la Villette a Parigi, di Bernard Tschumi con la partecipazione del filosofo decostruzionista per eccellenza che è Jacques Derrida, e, in tempi più recenti, col Guggenheim di Bilbao firmato da Franck O’Gehry. Anche l’arte, sia pure sull’onda della produzione architettonica, si è votata al Decostruzionismo. La messa a fuoco teorica di questo trasferimento dall’architettura all’arte è opera di Carmelo Strano, che ha indagato il fenomeno anche in relazione agli analoghi modi di “smantellamento” delle forme, come la destrutturazione, la parcellizzazione ecc. Esempi interessanti di artisti considerati decostruzionisti (o anche tali) sono Valerio Adami, Zoe Zenghelis, Francio Bacon. In questo quadro di ricerca, l’opera di Pastorelli, a cui Strano ha dedicato una monografia per le edizioni Mazzotta nel 1990, rivela il suo forte raccordo con le istanze e le urgenze più autentiche della vera Decostruzione sia sul piano dell’architettura sia sul piano del pensiero filosofico.
Come dimostrano le opere oggetto di questa mostra, Pastorelli smantella l’immagine nel senso “canonico” di “mostrare le costruzioni” (come dice Derrida), ossia tutti gli elementi della composizione per poi passare al loro “reset” fatto all’insegna di una “costruzione” (non importa che si tratti di un edificio o di un dipinto) instabile.
Sicché la poetica di Pastorelli, anche se fortemente figurativa, subisce questo attacco di smantellamento e consolida le condizioni di una comunicazione e di un’atmosfera rappresentativa molto intriganti.
Questi dipinti (le cui misure ricorrenti sono di circa cm. 120 x 120) non sono meramente bidimensionali, essendo dotati di articolazioni tridimensionali in cui peraltro la cornice è parte integrante dell’opera.
Il catalogo è edito da Mazzotta e contiene il saggio del curatore Carmelo Strano.
Con il contributo di Mariflex
Pastorelli non è nuovo a questo tipo di imprese. Lo ha fatto con le precedenti esperienze, ciascuna delle quali, pur diversa e innovativa, al fondo costituisce una tappa di un percorso di coerenza e di confronto continuo con le variegate manifestazioni di quella corrente.
La Decostruzione in realtà si avvia nell’ambito dell’architettura a partire dalla metà degli anni Settanta del secolo passato e nel tempo è divenuta persino popolare grazie particolarmente a opere come il Parc de la Villette a Parigi, di Bernard Tschumi con la partecipazione del filosofo decostruzionista per eccellenza che è Jacques Derrida, e, in tempi più recenti, col Guggenheim di Bilbao firmato da Franck O’Gehry. Anche l’arte, sia pure sull’onda della produzione architettonica, si è votata al Decostruzionismo. La messa a fuoco teorica di questo trasferimento dall’architettura all’arte è opera di Carmelo Strano, che ha indagato il fenomeno anche in relazione agli analoghi modi di “smantellamento” delle forme, come la destrutturazione, la parcellizzazione ecc. Esempi interessanti di artisti considerati decostruzionisti (o anche tali) sono Valerio Adami, Zoe Zenghelis, Francio Bacon. In questo quadro di ricerca, l’opera di Pastorelli, a cui Strano ha dedicato una monografia per le edizioni Mazzotta nel 1990, rivela il suo forte raccordo con le istanze e le urgenze più autentiche della vera Decostruzione sia sul piano dell’architettura sia sul piano del pensiero filosofico.
Come dimostrano le opere oggetto di questa mostra, Pastorelli smantella l’immagine nel senso “canonico” di “mostrare le costruzioni” (come dice Derrida), ossia tutti gli elementi della composizione per poi passare al loro “reset” fatto all’insegna di una “costruzione” (non importa che si tratti di un edificio o di un dipinto) instabile.
Sicché la poetica di Pastorelli, anche se fortemente figurativa, subisce questo attacco di smantellamento e consolida le condizioni di una comunicazione e di un’atmosfera rappresentativa molto intriganti.
Questi dipinti (le cui misure ricorrenti sono di circa cm. 120 x 120) non sono meramente bidimensionali, essendo dotati di articolazioni tridimensionali in cui peraltro la cornice è parte integrante dell’opera.
Il catalogo è edito da Mazzotta e contiene il saggio del curatore Carmelo Strano.
Con il contributo di Mariflex
20
novembre 2004
Giovanbattista Pastorelli – L’opera decostruita
Dal 20 al 28 novembre 2004
arte contemporanea
Location
LA POSTERIA
Milano, Via Giuseppe Sacchi, 5/7, (Milano)
Milano, Via Giuseppe Sacchi, 5/7, (Milano)
Orario di apertura
tutti i giorni 10-19.30
Vernissage
20 Novembre 2004, ore 18
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