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Valeria Floris – Fotografie
La posa delle modelle della Floris, compresa se stessa fuoriescono dall’oscurità articolandosi. Come in alcune immagini di Weston, investiti da una lama di luce, i corpi s’offrono con una plasticità al limite dell’astrazione
Comunicato stampa
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In un recente saggio sul nudo ho letto questa conclusione:
“Évanouissement di ogni interiorità, esposizione del nudo, attestazione di una presenza. Pura esposizione dell’intimità del sé, posto fuori dal sé, nell’assenza di (un) sé, ed esposto all’altro (da) sé. Movimento della presenza da sé a sé nella nudità di uno spazio spoglio.” Trattasi di un tipo di fotografia che sfrutta lo spettro di una presenza guardando un ombra.
La skiagrafia necessaria al soggetto stesso per identificare l’opacità del corpo, a certificare una mondanità una volta avviato un dispositivo di annullamento. Questo meccanismo è la trappola in un buio affilato pronto a chiudere graficamente l’immagine dopo aver tagliato via testa e parte degli arti e schiacciato sul muro un’ombra quasi cercasse, nella proiezione esterna del corpo nudo, un’alterazione costante del percorso tipico dell’occhio che scorre sulla pelle per formare un paesaggio umano. Questa alterazione è dovuta ai cuts delle ombre nette sono le anamorfosi degli specchi. Oltrepassata la verifica della presenza mondana, chi staziona davanti ad una superficie specchiante si ritrova in un mondo di magica virtualità, s’accosta e si separa dalla corporalità dal momento che lascia alla vista ciò che il tatto non può avvertire, l’iperbole del desiderio, la sua più crudele ed esatta esaltazione. Guardare e guardarsi, vedersi guardati in questa metafora dell’occhio, alienato dalla perizia del particolare, dal vertiginoso rovesciamento dell’io nell’altro che poi siamo sempre noi stessi. Le fotografie di Valeria Floris sono immagini che rimandano alle nudità acefale della Woodman ma senza tagliar fuori la tragica presenza della mattonella domestica che corona l’artificio di un sapore privato. Ogni tuffo dello sguardo nei recessi di un’oscurità netta corrisponde all’emersione del corpo nudo che “regola” lo stato effettivo della visone una inquadratura in cui piccole “nature morte” partecipano alla scena. La posa delle modelle della Floris, compresa se stessa fuoriescono dall’oscurità articolandosi. Come in alcune immagini di Weston, investiti da una lama di luce, i corpi s’offrono con una plasticità al limite dell’astrazione sfidando l’inquadratura e si deformano intorno alla presenza oggettiva che sembra compenetrarle proprio tramite l’amalgama del buio.
Marcello Carriero
“Évanouissement di ogni interiorità, esposizione del nudo, attestazione di una presenza. Pura esposizione dell’intimità del sé, posto fuori dal sé, nell’assenza di (un) sé, ed esposto all’altro (da) sé. Movimento della presenza da sé a sé nella nudità di uno spazio spoglio.” Trattasi di un tipo di fotografia che sfrutta lo spettro di una presenza guardando un ombra.
La skiagrafia necessaria al soggetto stesso per identificare l’opacità del corpo, a certificare una mondanità una volta avviato un dispositivo di annullamento. Questo meccanismo è la trappola in un buio affilato pronto a chiudere graficamente l’immagine dopo aver tagliato via testa e parte degli arti e schiacciato sul muro un’ombra quasi cercasse, nella proiezione esterna del corpo nudo, un’alterazione costante del percorso tipico dell’occhio che scorre sulla pelle per formare un paesaggio umano. Questa alterazione è dovuta ai cuts delle ombre nette sono le anamorfosi degli specchi. Oltrepassata la verifica della presenza mondana, chi staziona davanti ad una superficie specchiante si ritrova in un mondo di magica virtualità, s’accosta e si separa dalla corporalità dal momento che lascia alla vista ciò che il tatto non può avvertire, l’iperbole del desiderio, la sua più crudele ed esatta esaltazione. Guardare e guardarsi, vedersi guardati in questa metafora dell’occhio, alienato dalla perizia del particolare, dal vertiginoso rovesciamento dell’io nell’altro che poi siamo sempre noi stessi. Le fotografie di Valeria Floris sono immagini che rimandano alle nudità acefale della Woodman ma senza tagliar fuori la tragica presenza della mattonella domestica che corona l’artificio di un sapore privato. Ogni tuffo dello sguardo nei recessi di un’oscurità netta corrisponde all’emersione del corpo nudo che “regola” lo stato effettivo della visone una inquadratura in cui piccole “nature morte” partecipano alla scena. La posa delle modelle della Floris, compresa se stessa fuoriescono dall’oscurità articolandosi. Come in alcune immagini di Weston, investiti da una lama di luce, i corpi s’offrono con una plasticità al limite dell’astrazione sfidando l’inquadratura e si deformano intorno alla presenza oggettiva che sembra compenetrarle proprio tramite l’amalgama del buio.
Marcello Carriero
20
novembre 2004
Valeria Floris – Fotografie
Dal 20 novembre al 04 dicembre 2004
fotografia
Location
STUDIO FONTAINE
Viterbo, Via Cardinale La Fontaine, 98/A, (Viterbo)
Viterbo, Via Cardinale La Fontaine, 98/A, (Viterbo)
Orario di apertura
18-20
Vernissage
20 Novembre 2004, ore 18.30