Le geometrie urbane di Caruso non si possono certamente riferire alle architetture antiche in cui la storia sembra imprimere il proprio segno, sono altresì il frutto di un mega accrescimento umano che le ha prodotte creando un ritmo di trama ed ordito in cui la luce ed il colore la fanno da padrone assorbendo in sé la frenesia del mondo moderno. Il Critico Carlo Fabrizio Carli nel presentare la mostra scrive “ il tema che impronta in modo quasi esclusivo il più recente decennio della pittura di Fabio Massimo Caruso è la città. E all’artista, romano se non di nascita, certo di lunga adozione, la città interessa nella sua visione dilatata e finanche parossistica, ovvero la metropoli, o senz’altro la megalopoli, intesa quale smisurato organismo biologico in continua crescita e modificazione. Un organismo che riesce istintivo immaginare improntata a lineamenti multiculturali e multietnici nello sgargiante rutilare, nel frenetico addizionarsi di colori, di forme, di impulsi vitali.
Un accrescimento, ma non illimitato disordine, perché anzi Caruso organizza con ferreo controllo la sua trama di segni, di concordanze, di allusioni struttive, senza perdere mai il filo dell’ordito”.