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Matteo Clementi – Subtratti
Cinepresa verso il mondo troppo reale, montaggio di immagini convulse e compulsive. Una sequenza ipercinetica dalla grana sporca, pixel e bande in evidenza, grida e rumori assordanti.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Galleria PiziArte, a Teramo in Viale F.Crucioli 75/a, il 30 ottobre
> 2004, alle ore 18.30, inaugura la nuovastagione espositiva
> 2004/2005 con la prima personale del giovane artista teramano MATTEO
> CLEMENTI.
> Matteo Clementi è nato nel 1972 a Macerata. Vive e lavora tra Teramo e
> Milano. Dopo un periodo di studi trascorso tra il politecnico di Milano e
> il dipartimento internazionale della Scuola di Architettura di Aarhus in
> Danimarca, si è laureato con lode, con una tesi in architettura eco
> sostenibile, presso il Politecnico di Milano nel 2003. Fin da giovanissimo
> ha sempre accompagnato allo studio la sua attività artistica.
> GIANLUCA MARZIANI nel testo in catalogo scrive:
>
> Cinepresa verso il mondo troppo reale, montaggio di immagini convulse e
> compulsive. Una sequenza ipercinetica dalla grana sporca, pixel e bande in
> evidenza, grida e rumori assordanti.
>
>
> Iraq, Palestina, Afghanistan, Israele, Pakistan, Ossezia, Nigeria,
> Colombia, Serbia e Montenegro, Cecenia, Albania, Kurdistan, Algeria.
> luoghi dove la carne sussulta, si spappola, esplode oltre la gravità
> scheletrica del corpo. Laggiù/lassù il presente dichiara la regola mai
> scritta del terrore violento, le guerre debordano oltre le consuetudini
> militaresche della trincea: e tutto, improvviso e poco improvvisato,
> diventa campo di battaglia. Il quotidiano si tramuta nella geografia
> sacrificale delle carni abrase, dissezionate, bruciate, dilaniate. Sale in
> aria un odore acre che gonfia le narici e scende in gola come acido
> gelido. Auscultiamo posti dove si muore con la medesima "normalità" che
> abbraccia l'ultimo respiro libero prima del fatale destino. Un breve
> attimo e il rosso colora l'intera atmosfera, rendendo impossibile la
> visione dilungata del futuro. L'olio pittorico del reale impressiona la
> pellicola recettiva degli sguardi: ed è una realtà dai rossi fangosi,
> carichi di sangue appiccicoso, densi come i lamenti acuminati dentro i
> mattatoi dalle piastrelle bianche.
>
>
> Cinepresa che si richiude verso il monitor del computer. Le parole
> scivolano come mercurio rilassato sul bianco del foglio in Word. Il
> sottoscritto torna tra le "sicurezze" del racconto, lontano dal disagio di
> un mondo inquieto.
>
>
> L'universo della violenza circonda il nostro quotidiano e chiede una
> posizione chiara, vigile, eticamente cosciente. A noi, giorno per giorno,
> il dilemma se intraprendere o meno una resistenza attiva. A noi, minuto
> dopo minuto, la chance dell'amore come vera arma di chi urla il rosso
> della passione, del cuore pulsante, del sangue dentro le vene.
>
>
> Cinepresa verso il primo piano sui quadri di Matteo Clementi. L'obiettivo
> carezza le opere, sfiora la materia densa, i gesti forti, la pienezza
> atmosferica. Dal computer alla pittura per un passaggio obbligato che
> porta la vita dentro ogni frangente creativo.
>
>
> Perché parlare di guerra davanti ai ritratti di Matteo Clementi?
> Innanzitutto perché il suo rosso somiglia ai toni sanguigni delle carni
> che soffrono. Poi perché le sue colature sgocciolano come cascate da
> ferite urlanti. Infine perché i suoi sconosciuti sembrano aver registrato
> qualcosa di molto duro, forse intollerabile da sopportare. Adesso appaiono
> immobili in un vuoto indefinito, galleggiano su fondali senza orizzonte.
> Sono soggetti neutri in cui proiettare le paure, i dilemmi, le tensioni ma
> anche la resistenza feroce di chi non abbassa lo sguardo davanti al male.
> In loro c'è qualcosa di fortemente compiuto, come se l'anomalia del mondo
> esterno si comprimesse dentro la geografia dello sguardo.
>
>
> Cinepresa che torna sul computer mentre le riflessioni procedono oltre i
> quadri, oltre la loro evidenza formale. Le apparenze interiori del
> sottoscritto sembrano calme come un mare estivo. Eppure qualcosa accade in
> profondità, i fondali si agitano, le maree salgono.
>
>
> Quei ritratti non nascono soltanto dalla componente astratta del gesto. Né
> sono puri spaccati di colore dove pieni e vuoti dimensionano la forma. Qui
> gesto e colore si fondono con la stessa empatia dell'acqua dentro altra
> acqua. La materia amplifica così il controllo gestuale e la vitalità
> catartica dei colori prescelti. Il rosso domina la scena, prende il
> sopravvento e crea una tensione crescente. Finchè, come decompressioni
> necessarie, ecco altre tinte dilaganti, frutto di stadi emotivi che
> crescono e diminuiscono, dalle parti di blu e verdi che somigliano al
> mare, al cielo, allo spazio infinito. E poi, tornando ai rossi, vi
> compaiono strani momenti cromatici, improvvisi rallentamenti verso il rosa
> e il viola, accensioni lontane di bianco pannoso. La pittura, insomma,
> come radar delle variabili sentimentali, un viaggio del colore nelle
> emozioni davanti al mondo lontano, al mondo vicino, al mondo vicinissimo.
> Impasti che, come le emozioni necessarie, evocano cibi primordiali dove
> l'energia comunica coi cinque sensi in una strana polifonia pittorica.
>
>
> Cinepresa verso un mondo che speriamo ancora reale, montaggio di immagini
> che rallentano in maniera graduale. Una sequenza di stacchi immobili dalla
> grana colante, rumori ormai scomparsi, luoghi domestici per assicurare
> un'apparenza di tranquillità.
>
>
> L'occhio che ha visto la violenza sceglie il silenzio casalingo, la
> vitalità morbida del quotidiano da interni. Entra nel ritmo acustico di
> corpi normali, facce normali, storie normali. Gli sconosciuti di Clementi
> sono persone come noi che ribadiscono la propria verticalità attenta, il
> senso della vita che scorre davanti agli occhi sensibili. Chissà, forse
> non hanno scovato alcuna violenza benchè il nostro pensiero immagini un
> maligno come condizione della loro fermezza. Magari stiamo ipotizzando
> violenze che l'artista non aveva neanche immaginato. Oppure, intuitivi e
> "fortunati", tocchiamo la lunghezza d'onda che guidava la mano pittorica,
> quando il gesto voleva dimensionare, chissà, la condizione di un disagio
> interiore. La qualità di Clementi sta nel dubbio persistente che sentiamo
> davanti ad ogni quadro: dramma o ipnosi, tragedia o ascolto, paura o
> vuoto, ansia o stanchezza, tensione o apatia. lo sguardo libero nuota nel
> guado tra divergenze e contrasti, gli opposti si tramutano nella
> costituzione senza regole della libertà interiore.
>
>
> La nudità neutralizzata si sospende nel vuoto della superficie. La pelle
> degli sconosciuti ascolta i nostri sguardi. Le colature piangono i mali di
> un mondo mai troppo lontano. Il colore si prepara al sacrificio
> necessario. Dentro i quadri di Clementi non esistono più attimi normali
> (nella loro normalità) ma solamente gesti assoluti (nella loro normalità),
> unici nel fermarsi lungo il tempo anomalo del dipingere.
>
>
> La ferita del quotidiano sanguina dentro i nostri occhi. Le stanze
> domestiche in cui ci "rifugiamo", lontani ma vicini alle urla del
> sacrificio, sono il teatro mediatico di una battaglia in differita, un
> registratore del caos che cambia la percezione del corpo intero, dei
> singoli gesti, di ogni sguardo. Emozioni e carne si fondono dietro i volti
> degli sconosciuti di Matteo Clementi.
>
>
> Cinepresa di nuovo verso il mondo troppo reale. Si scelgono inquadrature
> dove l'immagine ferisce e riapre cicatrici mai definitive. Gli occhi
> vedono i colori del male, il cuore batte sopra le colature rosse, la mano
> tocca la materia che ribolle.
>
> 2004, alle ore 18.30, inaugura la nuovastagione espositiva
> 2004/2005 con la prima personale del giovane artista teramano MATTEO
> CLEMENTI.
> Matteo Clementi è nato nel 1972 a Macerata. Vive e lavora tra Teramo e
> Milano. Dopo un periodo di studi trascorso tra il politecnico di Milano e
> il dipartimento internazionale della Scuola di Architettura di Aarhus in
> Danimarca, si è laureato con lode, con una tesi in architettura eco
> sostenibile, presso il Politecnico di Milano nel 2003. Fin da giovanissimo
> ha sempre accompagnato allo studio la sua attività artistica.
> GIANLUCA MARZIANI nel testo in catalogo scrive:
>
> Cinepresa verso il mondo troppo reale, montaggio di immagini convulse e
> compulsive. Una sequenza ipercinetica dalla grana sporca, pixel e bande in
> evidenza, grida e rumori assordanti.
>
>
> Iraq, Palestina, Afghanistan, Israele, Pakistan, Ossezia, Nigeria,
> Colombia, Serbia e Montenegro, Cecenia, Albania, Kurdistan, Algeria.
> luoghi dove la carne sussulta, si spappola, esplode oltre la gravità
> scheletrica del corpo. Laggiù/lassù il presente dichiara la regola mai
> scritta del terrore violento, le guerre debordano oltre le consuetudini
> militaresche della trincea: e tutto, improvviso e poco improvvisato,
> diventa campo di battaglia. Il quotidiano si tramuta nella geografia
> sacrificale delle carni abrase, dissezionate, bruciate, dilaniate. Sale in
> aria un odore acre che gonfia le narici e scende in gola come acido
> gelido. Auscultiamo posti dove si muore con la medesima "normalità" che
> abbraccia l'ultimo respiro libero prima del fatale destino. Un breve
> attimo e il rosso colora l'intera atmosfera, rendendo impossibile la
> visione dilungata del futuro. L'olio pittorico del reale impressiona la
> pellicola recettiva degli sguardi: ed è una realtà dai rossi fangosi,
> carichi di sangue appiccicoso, densi come i lamenti acuminati dentro i
> mattatoi dalle piastrelle bianche.
>
>
> Cinepresa che si richiude verso il monitor del computer. Le parole
> scivolano come mercurio rilassato sul bianco del foglio in Word. Il
> sottoscritto torna tra le "sicurezze" del racconto, lontano dal disagio di
> un mondo inquieto.
>
>
> L'universo della violenza circonda il nostro quotidiano e chiede una
> posizione chiara, vigile, eticamente cosciente. A noi, giorno per giorno,
> il dilemma se intraprendere o meno una resistenza attiva. A noi, minuto
> dopo minuto, la chance dell'amore come vera arma di chi urla il rosso
> della passione, del cuore pulsante, del sangue dentro le vene.
>
>
> Cinepresa verso il primo piano sui quadri di Matteo Clementi. L'obiettivo
> carezza le opere, sfiora la materia densa, i gesti forti, la pienezza
> atmosferica. Dal computer alla pittura per un passaggio obbligato che
> porta la vita dentro ogni frangente creativo.
>
>
> Perché parlare di guerra davanti ai ritratti di Matteo Clementi?
> Innanzitutto perché il suo rosso somiglia ai toni sanguigni delle carni
> che soffrono. Poi perché le sue colature sgocciolano come cascate da
> ferite urlanti. Infine perché i suoi sconosciuti sembrano aver registrato
> qualcosa di molto duro, forse intollerabile da sopportare. Adesso appaiono
> immobili in un vuoto indefinito, galleggiano su fondali senza orizzonte.
> Sono soggetti neutri in cui proiettare le paure, i dilemmi, le tensioni ma
> anche la resistenza feroce di chi non abbassa lo sguardo davanti al male.
> In loro c'è qualcosa di fortemente compiuto, come se l'anomalia del mondo
> esterno si comprimesse dentro la geografia dello sguardo.
>
>
> Cinepresa che torna sul computer mentre le riflessioni procedono oltre i
> quadri, oltre la loro evidenza formale. Le apparenze interiori del
> sottoscritto sembrano calme come un mare estivo. Eppure qualcosa accade in
> profondità, i fondali si agitano, le maree salgono.
>
>
> Quei ritratti non nascono soltanto dalla componente astratta del gesto. Né
> sono puri spaccati di colore dove pieni e vuoti dimensionano la forma. Qui
> gesto e colore si fondono con la stessa empatia dell'acqua dentro altra
> acqua. La materia amplifica così il controllo gestuale e la vitalità
> catartica dei colori prescelti. Il rosso domina la scena, prende il
> sopravvento e crea una tensione crescente. Finchè, come decompressioni
> necessarie, ecco altre tinte dilaganti, frutto di stadi emotivi che
> crescono e diminuiscono, dalle parti di blu e verdi che somigliano al
> mare, al cielo, allo spazio infinito. E poi, tornando ai rossi, vi
> compaiono strani momenti cromatici, improvvisi rallentamenti verso il rosa
> e il viola, accensioni lontane di bianco pannoso. La pittura, insomma,
> come radar delle variabili sentimentali, un viaggio del colore nelle
> emozioni davanti al mondo lontano, al mondo vicino, al mondo vicinissimo.
> Impasti che, come le emozioni necessarie, evocano cibi primordiali dove
> l'energia comunica coi cinque sensi in una strana polifonia pittorica.
>
>
> Cinepresa verso un mondo che speriamo ancora reale, montaggio di immagini
> che rallentano in maniera graduale. Una sequenza di stacchi immobili dalla
> grana colante, rumori ormai scomparsi, luoghi domestici per assicurare
> un'apparenza di tranquillità.
>
>
> L'occhio che ha visto la violenza sceglie il silenzio casalingo, la
> vitalità morbida del quotidiano da interni. Entra nel ritmo acustico di
> corpi normali, facce normali, storie normali. Gli sconosciuti di Clementi
> sono persone come noi che ribadiscono la propria verticalità attenta, il
> senso della vita che scorre davanti agli occhi sensibili. Chissà, forse
> non hanno scovato alcuna violenza benchè il nostro pensiero immagini un
> maligno come condizione della loro fermezza. Magari stiamo ipotizzando
> violenze che l'artista non aveva neanche immaginato. Oppure, intuitivi e
> "fortunati", tocchiamo la lunghezza d'onda che guidava la mano pittorica,
> quando il gesto voleva dimensionare, chissà, la condizione di un disagio
> interiore. La qualità di Clementi sta nel dubbio persistente che sentiamo
> davanti ad ogni quadro: dramma o ipnosi, tragedia o ascolto, paura o
> vuoto, ansia o stanchezza, tensione o apatia. lo sguardo libero nuota nel
> guado tra divergenze e contrasti, gli opposti si tramutano nella
> costituzione senza regole della libertà interiore.
>
>
> La nudità neutralizzata si sospende nel vuoto della superficie. La pelle
> degli sconosciuti ascolta i nostri sguardi. Le colature piangono i mali di
> un mondo mai troppo lontano. Il colore si prepara al sacrificio
> necessario. Dentro i quadri di Clementi non esistono più attimi normali
> (nella loro normalità) ma solamente gesti assoluti (nella loro normalità),
> unici nel fermarsi lungo il tempo anomalo del dipingere.
>
>
> La ferita del quotidiano sanguina dentro i nostri occhi. Le stanze
> domestiche in cui ci "rifugiamo", lontani ma vicini alle urla del
> sacrificio, sono il teatro mediatico di una battaglia in differita, un
> registratore del caos che cambia la percezione del corpo intero, dei
> singoli gesti, di ogni sguardo. Emozioni e carne si fondono dietro i volti
> degli sconosciuti di Matteo Clementi.
>
>
> Cinepresa di nuovo verso il mondo troppo reale. Si scelgono inquadrature
> dove l'immagine ferisce e riapre cicatrici mai definitive. Gli occhi
> vedono i colori del male, il cuore batte sopra le colature rosse, la mano
> tocca la materia che ribolle.
>
30
ottobre 2004
Matteo Clementi – Subtratti
Dal 30 ottobre al 04 dicembre 2004
arte contemporanea
Location
PIZIARTE
Teramo, Viale Cavour, 39, (Teramo)
Teramo, Viale Cavour, 39, (Teramo)
Orario di apertura
martedì - sabato 10/13 - 16/20 e su appuntamento
Vernissage
30 Ottobre 2004, ore 18.30