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Jan Fabre – L’uomo che misura le nuvole
L’artista belga di fama mondiale Jan Fabre torna a Napoli con un nuovo progetto che coinvolge quattro luoghi di grande prestigio: il Museo e Real Bosco di Capodimonte, la chiesa del Pio Monte della Misericordia, il Museo Madre e la galleria Studio Trisorio.
Comunicato stampa
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Al Museo e Real Bosco di Capodimonte, l’artista esporrà un gruppo di lavori in dialogo con una selezione speciale di opere d’arte provenienti dalla collezione permanente del museo e da altre istituzioni museali napoletane .
La mostra, dal titolo Oro Rosso. Sculture d’oro e corallo, disegni di sangue, curata da Stefano Causa insieme a Blandine Gwizdala, inaugurerà il 30 marzo e vedrà sculture in oro e disegni di sangue creati dall’artista dagli anni Settanta ad oggi, oltre a una serie inedita e sorprendente di sculture in corallo rosso, realizzata appositamente per Capodimonte.
Le opere di Fabre si porranno in dialogo con alcuni capolavori pittorici e splendidi oggetti d’arte decorativa di epoca rinascimentale, manierista e barocca selezionati Stefano Causa; come dice lo stesso curatore: “Fabre racconta, in una lingua non troppo diversa, una vicenda di metamorfosi incessanti; di materiali che mutano destinazione e funzione; una storia di sangue e umori corporali, inganni e trappole del senso; pietre preziose, coralli e scarabei, usciti a pioggia dai residuati di una tomba egizia, frammenti di armature, sequenze di numeri e citazioni dalle Scritture, dentro un universo centrifugo di segni…che, talvolta, diventa un sottobosco nel quale calarsi con i pennellini di uno specialista fiammingo di nature morte”.
In mostra, le sculture dorate di Jan Fabre danno corpo prezioso alle idee dell’artista sulla creazione, sull’arte e sul suo rapporto con i grandi maestri del passato. Nei disegni di sangue si ritrovano invece le più profonde motivazioni dell’artista, le sue sperimentazioni, il suo manifesto poetico, fisico, intimo.
“Il sangue oggi è oro” - dice Jan Fabre - e nell’esposizione al Museo di Capodimonte l’artista mette in scena un intero universo di simboli che parlano d’arte e di bellezza, di forza e fragilità del genere umano, del ciclo continuo di vita-morte-rinascita.
Il corallo è stato chiamato “oro rosso”, per la sua preziosità e per la sua valenza apotropaica. Come scrive la critica d’arte Melania Rossi sul catalogo della mostra edito da Electa: “Le dieci nuove sculture di corallo rosso che il maestro belga ha creato per la sua mostra personale al museo di Capodimonte sembrano un tesoro proveniente dagli abissi della mente dell’artista. Concrezioni che fanno pensare a fantasiose barriere coralline assumono alcune tra le forme più care a Fabre: teschi, cuori anatomici, croci, spade e pugnali. A loro volta, poi, costellati d’immagini e segni che alludono ad altri significati e ad altre storie, in un ciclo continuo di connessioni fino a creare antichi ibridi tra natura e simbolo, nuovi idoli tra passato e futuro”.
Sempre dal 30 marzo, a cura di Melania Rossi, la scultura di Jan Fabre The man who bears the cross (L’uomo che sorregge la croce) (2015), sarà visibile nella chiesa del Pio Monte della Misericordia, in dialogo diretto con il capolavoro di Caravaggio Sette opere di Misericordia (1606-1607).
La scultura, realizzata completamente in cera, è un autoritratto dell’artista, basato sui tratti somatici dello zio Jaak Fabre, che tiene in bilico una croce di oltre due metri sul palmo della mano. Nel rituale auto-rappresentativo l’artista esce da sé stesso e diviene qualunque uomo, lo specchio di ognuno di noi.
Scrive la curatrice: “L’uomo che sorregge la croce (2015) è la rappresentazione dell’interrogarsi, è la celebrazione del dubbio, e con la sua collocazione all’interno del Pio Monte della Misericordia sembra aggiungere un’ottava Opera di Misericordia: confortare chi dubita. Nel dipinto di Caravaggio, il bello e il vero coincidono mirabilmente e la sua opera è un incredibile intreccio di luce e buio in cui la volontà di rappresentare la verità dell’essere umano del 1600 trova piena soddisfazione. Tutta la ricerca di Jan Fabre, artista del nostro tempo, va nella stessa direzione; il ciclo vita-morte-rinascita è centrale nel suo pensiero in cui religione e scienza, simbolo e corpo si compenetrano in un vortice geniale di immagini e azioni”. Il confronto tra il linguaggio seicentesco di Caravaggio e quello contemporaneo fiammingo di Fabre accenderà nuove riflessioni, segnando un ideale e virtuoso passaggio di testimone tra passato e presente artistici.
Dal 30 marzo, inoltre, il Museo Madre, a cura di Andrea Viliani, Melania Rossi e Laura Trisorio, ospiterà in anteprima l'iconica scultura L’uomo che misura le nuvole (2018), in un’inedita versione in marmo di Carrara allestita nel Cortile d'onore del museo regionale d'arte contemporanea.
Dopo la presentazione nel 2008 e nel 2017 della versione in bronzo della stessa scultura in Piazza del Plebiscito e sul terrazzo del museo, Jan Fabre torna a celebrare al Madre la capacità di immaginare, sognare e conoscere, elevandosi oltre il nostro destino di esseri umani. L’uomo che misura le nuvole si ispira dall’affermazione che l’ornitologo Robert Stroud pronunciò nel momento della liberazione dalla prigione di Alcatraz, quando dichiarò che si sarebbe d’ora in poi dedicato appunto a “misurare le nuvole”. Come artista e ricercatore, Fabre tenta costantemente, in effetti, di misurare le nuvole, ovvero di dichiarare con la sua opera che se la tensione verso il sapere ha limiti invalicabili è però possibile esprimere l’inesprimibile attraverso la ricerca artistica, e dare quindi rappresentazione all’intrinseca e fondativa bellezza umana e universale.
Presso la storica galleria Studio Trisorio, sarà esposta una selezione di opere di Jan Fabre realizzate completamente con di gusci di scarabei iridescenti.
La mostra, dal titolo Tribute to Hieronymus Bosch in Congo (Omaggio a Hieronymus Bosch in Congo), a cura di Melania Rossi e Laura Trisorio, inaugurerà il 29 marzo e vedrà dei grandi pannelli e delle sculture a mosaico di scarabei ispirati alla triste e violenta storia della colonizzazione del Congo belga. In queste opere, l’ispirazione storica si unisce alla simbologia medioevale tratta da uno dei più grandi maestri fiamminghi, uno dei maestri putativi di Jan Fabre, Hieronymus Bosch, e in particolare dal suo capolavoro Il Giardino delle Delizie (1480-1490).
L'inferno di Bosch, ammirato per la sua spiccata inventiva, per molti aspetti divenne una realtà raccapricciante nel Congo Belga. L'opera d'arte è proprio questa combinazione unica di forma e contenuto.
L’artista ci porta in una zona indefinita, tra il Paradiso e il Congo Belga, in un'illusione di libertà, in un luogo lontano, sia mitico che concreto, attraverso una polisemia di immagini dell’esistenza umana.
La mostra, dal titolo Oro Rosso. Sculture d’oro e corallo, disegni di sangue, curata da Stefano Causa insieme a Blandine Gwizdala, inaugurerà il 30 marzo e vedrà sculture in oro e disegni di sangue creati dall’artista dagli anni Settanta ad oggi, oltre a una serie inedita e sorprendente di sculture in corallo rosso, realizzata appositamente per Capodimonte.
Le opere di Fabre si porranno in dialogo con alcuni capolavori pittorici e splendidi oggetti d’arte decorativa di epoca rinascimentale, manierista e barocca selezionati Stefano Causa; come dice lo stesso curatore: “Fabre racconta, in una lingua non troppo diversa, una vicenda di metamorfosi incessanti; di materiali che mutano destinazione e funzione; una storia di sangue e umori corporali, inganni e trappole del senso; pietre preziose, coralli e scarabei, usciti a pioggia dai residuati di una tomba egizia, frammenti di armature, sequenze di numeri e citazioni dalle Scritture, dentro un universo centrifugo di segni…che, talvolta, diventa un sottobosco nel quale calarsi con i pennellini di uno specialista fiammingo di nature morte”.
In mostra, le sculture dorate di Jan Fabre danno corpo prezioso alle idee dell’artista sulla creazione, sull’arte e sul suo rapporto con i grandi maestri del passato. Nei disegni di sangue si ritrovano invece le più profonde motivazioni dell’artista, le sue sperimentazioni, il suo manifesto poetico, fisico, intimo.
“Il sangue oggi è oro” - dice Jan Fabre - e nell’esposizione al Museo di Capodimonte l’artista mette in scena un intero universo di simboli che parlano d’arte e di bellezza, di forza e fragilità del genere umano, del ciclo continuo di vita-morte-rinascita.
Il corallo è stato chiamato “oro rosso”, per la sua preziosità e per la sua valenza apotropaica. Come scrive la critica d’arte Melania Rossi sul catalogo della mostra edito da Electa: “Le dieci nuove sculture di corallo rosso che il maestro belga ha creato per la sua mostra personale al museo di Capodimonte sembrano un tesoro proveniente dagli abissi della mente dell’artista. Concrezioni che fanno pensare a fantasiose barriere coralline assumono alcune tra le forme più care a Fabre: teschi, cuori anatomici, croci, spade e pugnali. A loro volta, poi, costellati d’immagini e segni che alludono ad altri significati e ad altre storie, in un ciclo continuo di connessioni fino a creare antichi ibridi tra natura e simbolo, nuovi idoli tra passato e futuro”.
Sempre dal 30 marzo, a cura di Melania Rossi, la scultura di Jan Fabre The man who bears the cross (L’uomo che sorregge la croce) (2015), sarà visibile nella chiesa del Pio Monte della Misericordia, in dialogo diretto con il capolavoro di Caravaggio Sette opere di Misericordia (1606-1607).
La scultura, realizzata completamente in cera, è un autoritratto dell’artista, basato sui tratti somatici dello zio Jaak Fabre, che tiene in bilico una croce di oltre due metri sul palmo della mano. Nel rituale auto-rappresentativo l’artista esce da sé stesso e diviene qualunque uomo, lo specchio di ognuno di noi.
Scrive la curatrice: “L’uomo che sorregge la croce (2015) è la rappresentazione dell’interrogarsi, è la celebrazione del dubbio, e con la sua collocazione all’interno del Pio Monte della Misericordia sembra aggiungere un’ottava Opera di Misericordia: confortare chi dubita. Nel dipinto di Caravaggio, il bello e il vero coincidono mirabilmente e la sua opera è un incredibile intreccio di luce e buio in cui la volontà di rappresentare la verità dell’essere umano del 1600 trova piena soddisfazione. Tutta la ricerca di Jan Fabre, artista del nostro tempo, va nella stessa direzione; il ciclo vita-morte-rinascita è centrale nel suo pensiero in cui religione e scienza, simbolo e corpo si compenetrano in un vortice geniale di immagini e azioni”. Il confronto tra il linguaggio seicentesco di Caravaggio e quello contemporaneo fiammingo di Fabre accenderà nuove riflessioni, segnando un ideale e virtuoso passaggio di testimone tra passato e presente artistici.
Dal 30 marzo, inoltre, il Museo Madre, a cura di Andrea Viliani, Melania Rossi e Laura Trisorio, ospiterà in anteprima l'iconica scultura L’uomo che misura le nuvole (2018), in un’inedita versione in marmo di Carrara allestita nel Cortile d'onore del museo regionale d'arte contemporanea.
Dopo la presentazione nel 2008 e nel 2017 della versione in bronzo della stessa scultura in Piazza del Plebiscito e sul terrazzo del museo, Jan Fabre torna a celebrare al Madre la capacità di immaginare, sognare e conoscere, elevandosi oltre il nostro destino di esseri umani. L’uomo che misura le nuvole si ispira dall’affermazione che l’ornitologo Robert Stroud pronunciò nel momento della liberazione dalla prigione di Alcatraz, quando dichiarò che si sarebbe d’ora in poi dedicato appunto a “misurare le nuvole”. Come artista e ricercatore, Fabre tenta costantemente, in effetti, di misurare le nuvole, ovvero di dichiarare con la sua opera che se la tensione verso il sapere ha limiti invalicabili è però possibile esprimere l’inesprimibile attraverso la ricerca artistica, e dare quindi rappresentazione all’intrinseca e fondativa bellezza umana e universale.
Presso la storica galleria Studio Trisorio, sarà esposta una selezione di opere di Jan Fabre realizzate completamente con di gusci di scarabei iridescenti.
La mostra, dal titolo Tribute to Hieronymus Bosch in Congo (Omaggio a Hieronymus Bosch in Congo), a cura di Melania Rossi e Laura Trisorio, inaugurerà il 29 marzo e vedrà dei grandi pannelli e delle sculture a mosaico di scarabei ispirati alla triste e violenta storia della colonizzazione del Congo belga. In queste opere, l’ispirazione storica si unisce alla simbologia medioevale tratta da uno dei più grandi maestri fiamminghi, uno dei maestri putativi di Jan Fabre, Hieronymus Bosch, e in particolare dal suo capolavoro Il Giardino delle Delizie (1480-1490).
L'inferno di Bosch, ammirato per la sua spiccata inventiva, per molti aspetti divenne una realtà raccapricciante nel Congo Belga. L'opera d'arte è proprio questa combinazione unica di forma e contenuto.
L’artista ci porta in una zona indefinita, tra il Paradiso e il Congo Belga, in un'illusione di libertà, in un luogo lontano, sia mitico che concreto, attraverso una polisemia di immagini dell’esistenza umana.
30
marzo 2019
Jan Fabre – L’uomo che misura le nuvole
Dal 30 marzo al 30 settembre 2019
arte contemporanea
Location
MADRE – MUSEO D’ARTE DONNA REGINA
Napoli, Via Luigi Settembrini, 79, (Napoli)
Napoli, Via Luigi Settembrini, 79, (Napoli)
Autore
Curatore