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Andrea Grandese – I Veneziani negli anni ‘60
Venezia, anni ’60 del secolo scorso. Un ventenne gira per la città. Non è un turista. È un giovane veneziano solitario che percorre le calli, i campielli, la Piazza guardandosi attorno con occhi attenti e curiosi. Ogni tanto qualcosa, o per meglio dire, qualcuno, cattura la sua attenzione, allora si ferma e coglie quell’attimo in uno scatto
Comunicato stampa
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La mostra è stata resa possibile dal sostegno di: G. Benevento snc, Millevini Enoteca, Pellegrini SpA
e la collaborazione di; Giorgio Camuffo, Adriano Cincotto, Mario Gabbiato, Madile Gambier, Paolo Neidhardt
e il catering di: i&s la Farm biologica di Sant’Erasmo, Trattoria Alle due gondolete e Ruggeri SpA.
La mostra è a cura di Mario Trevisan, noto collezionista e studioso della fotografia del Novecento.
La stampa delle foto su carta Fiber Silk Barrity e inchiostri a pigmenti è a cura di bianconero di Vittorio Pavan.
Il volume I veneziani negli anni ‘60, con la prefazione di Silvio Testa, è pubblicato da Gambier&Keller editori di
Venezia, contiene la versione in lingua inglese dei testi e viene venduto in mostra al prezzo speciale di €20,–.
La mostra si divide in cinque sezioni:
1. Venezia città operosa (i mestieri). Il commercio minuto e necessario era gestito da uomini e donne pigramente
dedicati al loro lavoro quotidiano, ineluttabile e sereno.
2. Venezia città antica (gli anziani). I vecchi, poveri o no, trovavano dovunque i loro spazi tranquilli in riva degli
schiavoni o nei bar alla periferia del centro storico.
3. Venezia città chiassosa (i bambini). Nei favolosi anni sessanta i bambini giocavano nei campi e nuotavano nei
canali, correndo rischi oggi impensabili, in splendida assenza di madri affaccendate a tenere in ordine la casa in
affitto e di padri occupati nell’accumulazione di beni primari e non.
4. Venezia città viva (la gente). Ma dove sono finiti tutti? Quando è cominciato l’esodo? E perché? Non lo so. So
però che la vita di quelli che l’hanno costruita è tutta ancora nelle pietre, nelle strade, nelle opere che oggi tutti
gli “altri” usano e che “noi” vorremmo salvare quale reperto storico irriproducibile. Per “noi” la città è sempre
stata lì, immancabile, presente, nella quale era normale vivere, usabile senza paura, vissuta da tutti, perfetta,
“nostra”.
5. Venezia città silente (i luoghi della quotidianità). Fotografie in bianco e nero, dunque, scattate con una reflex
Pentax da un ventenne curioso e solitario alla ricerca della vita. Oggi queste foto ci aiutano a comprendere
“quanta acqua sia passata sotto i ponti” di questa città cresciuta sull’acqua e per la quale è sempre più
necessario chiedere ad alta voce: salvemo almanco ‘e piere (salviamo almeno le pietre).
Andrea Grandese, classe 1946, nasce a Rialto, risiede a Cannaregio, veneziano doc,
madre di Burano e padre di Rialto, liceo classico, laurea in sociologia a Trento. Dopo
molte e differenti esperienze lavorative e creative si trasforma infine in editore, prima
veneziano e poi internazionale, collaborando con le più importanti case editrici di libri
illustrati e d’arte del mondo. Solitario, schivo, lontano dal potere in tutte le sue forme,
tranne quelle che il suo pessimo carattere non riusciva a evitare, vive da sempre a
Venezia, da cui è fuggito continuamente cercando di dimenticarne il progressivo
degrado e in cui, nonostante tutto, è sempre ritornato.
-------------- Testi tratti dal volume I veneziani negli anni ‘60 edito da Gambier&Keller Editori --------------
Dal testo di Andrea Grandese
Io ci sono nato, in questa città. Sembra che oggi non sia così diffusa questa caratteristica. A Venezia, infatti, sono
nate un certo numero di persone che non ci vivono più e ci vivono un certo numero di persone che non ci sono
nate. Naturalmente è così in tutti i luoghi del mondo, ma forse in nessun’altro luogo si vive questo fatto come un
impoverimento. Non solo il totale netto, la differenza fra dare e avere, è negativo, ma l’avere è anche provvisorio.
...
Non possiamo non ammettere che, da secoli, “noi veneziani” stiamo vivendo di rendita sul patrimonio accumulato
nel passato, che per fortuna o per furbizia o per caso siamo riusciti, per il momento, a non dilapidare. Un
patrimonio talmente immenso e al di là della storia, che nemmeno la storia stessa è riuscito a distruggerlo.
Dalla prefazione di Silvio Testa
Negli anni ‘60 quella era ancora una Venezia per la quale Sebastiano Venier, comandante della flotta veneziana
a Lepanto, avrebbe ritenuto giusto combattere! Certo non era più la potente, orgogliosa Serenissima Repubblica
— caduta all’incirca due secoli prima —, ma era pur sempre la città dei veneziani, all’incirca uguale a quella di
prima, nella quale il nostro Sebastiano, mutatis mutandis, si sarebbe riconosciuto. Avrebbe capito, e avrebbe
potuto viverci.
Dal risvolto di copertina di Annalisa Bruni
Venezia, anni ’60 del secolo scorso. Un ventenne gira per la città. Non è un turista. È un giovane veneziano
solitario che percorre le calli, i campielli, la Piazza guardandosi attorno con occhi attenti e curiosi. Ogni tanto
qualcosa, o per meglio dire, qualcuno, cattura la sua attenzione, allora si ferma e coglie quell’attimo in uno
scatto. Quegli scatti appartengono a pieno titolo al filone della street photography, che in quegli anni vedeva
protagonisti grandi maestri come Willy Ronis, Henry Cartier-Bresson, Robert Doisneau e, a Venezia, molti
esponenti del Circolo la Gondola.
...
Sono attimi di vita quotidiana rubati, nessuno è in posa, le persone vengono colte senza che si accorgano di
essere riprese, mentre lavorano, passeggiano, si divertono, leggono il giornale, sferruzzano al sole, si riposano su una panchina. Mentre vivono, insomma.
e la collaborazione di; Giorgio Camuffo, Adriano Cincotto, Mario Gabbiato, Madile Gambier, Paolo Neidhardt
e il catering di: i&s la Farm biologica di Sant’Erasmo, Trattoria Alle due gondolete e Ruggeri SpA.
La mostra è a cura di Mario Trevisan, noto collezionista e studioso della fotografia del Novecento.
La stampa delle foto su carta Fiber Silk Barrity e inchiostri a pigmenti è a cura di bianconero di Vittorio Pavan.
Il volume I veneziani negli anni ‘60, con la prefazione di Silvio Testa, è pubblicato da Gambier&Keller editori di
Venezia, contiene la versione in lingua inglese dei testi e viene venduto in mostra al prezzo speciale di €20,–.
La mostra si divide in cinque sezioni:
1. Venezia città operosa (i mestieri). Il commercio minuto e necessario era gestito da uomini e donne pigramente
dedicati al loro lavoro quotidiano, ineluttabile e sereno.
2. Venezia città antica (gli anziani). I vecchi, poveri o no, trovavano dovunque i loro spazi tranquilli in riva degli
schiavoni o nei bar alla periferia del centro storico.
3. Venezia città chiassosa (i bambini). Nei favolosi anni sessanta i bambini giocavano nei campi e nuotavano nei
canali, correndo rischi oggi impensabili, in splendida assenza di madri affaccendate a tenere in ordine la casa in
affitto e di padri occupati nell’accumulazione di beni primari e non.
4. Venezia città viva (la gente). Ma dove sono finiti tutti? Quando è cominciato l’esodo? E perché? Non lo so. So
però che la vita di quelli che l’hanno costruita è tutta ancora nelle pietre, nelle strade, nelle opere che oggi tutti
gli “altri” usano e che “noi” vorremmo salvare quale reperto storico irriproducibile. Per “noi” la città è sempre
stata lì, immancabile, presente, nella quale era normale vivere, usabile senza paura, vissuta da tutti, perfetta,
“nostra”.
5. Venezia città silente (i luoghi della quotidianità). Fotografie in bianco e nero, dunque, scattate con una reflex
Pentax da un ventenne curioso e solitario alla ricerca della vita. Oggi queste foto ci aiutano a comprendere
“quanta acqua sia passata sotto i ponti” di questa città cresciuta sull’acqua e per la quale è sempre più
necessario chiedere ad alta voce: salvemo almanco ‘e piere (salviamo almeno le pietre).
Andrea Grandese, classe 1946, nasce a Rialto, risiede a Cannaregio, veneziano doc,
madre di Burano e padre di Rialto, liceo classico, laurea in sociologia a Trento. Dopo
molte e differenti esperienze lavorative e creative si trasforma infine in editore, prima
veneziano e poi internazionale, collaborando con le più importanti case editrici di libri
illustrati e d’arte del mondo. Solitario, schivo, lontano dal potere in tutte le sue forme,
tranne quelle che il suo pessimo carattere non riusciva a evitare, vive da sempre a
Venezia, da cui è fuggito continuamente cercando di dimenticarne il progressivo
degrado e in cui, nonostante tutto, è sempre ritornato.
-------------- Testi tratti dal volume I veneziani negli anni ‘60 edito da Gambier&Keller Editori --------------
Dal testo di Andrea Grandese
Io ci sono nato, in questa città. Sembra che oggi non sia così diffusa questa caratteristica. A Venezia, infatti, sono
nate un certo numero di persone che non ci vivono più e ci vivono un certo numero di persone che non ci sono
nate. Naturalmente è così in tutti i luoghi del mondo, ma forse in nessun’altro luogo si vive questo fatto come un
impoverimento. Non solo il totale netto, la differenza fra dare e avere, è negativo, ma l’avere è anche provvisorio.
...
Non possiamo non ammettere che, da secoli, “noi veneziani” stiamo vivendo di rendita sul patrimonio accumulato
nel passato, che per fortuna o per furbizia o per caso siamo riusciti, per il momento, a non dilapidare. Un
patrimonio talmente immenso e al di là della storia, che nemmeno la storia stessa è riuscito a distruggerlo.
Dalla prefazione di Silvio Testa
Negli anni ‘60 quella era ancora una Venezia per la quale Sebastiano Venier, comandante della flotta veneziana
a Lepanto, avrebbe ritenuto giusto combattere! Certo non era più la potente, orgogliosa Serenissima Repubblica
— caduta all’incirca due secoli prima —, ma era pur sempre la città dei veneziani, all’incirca uguale a quella di
prima, nella quale il nostro Sebastiano, mutatis mutandis, si sarebbe riconosciuto. Avrebbe capito, e avrebbe
potuto viverci.
Dal risvolto di copertina di Annalisa Bruni
Venezia, anni ’60 del secolo scorso. Un ventenne gira per la città. Non è un turista. È un giovane veneziano
solitario che percorre le calli, i campielli, la Piazza guardandosi attorno con occhi attenti e curiosi. Ogni tanto
qualcosa, o per meglio dire, qualcuno, cattura la sua attenzione, allora si ferma e coglie quell’attimo in uno
scatto. Quegli scatti appartengono a pieno titolo al filone della street photography, che in quegli anni vedeva
protagonisti grandi maestri come Willy Ronis, Henry Cartier-Bresson, Robert Doisneau e, a Venezia, molti
esponenti del Circolo la Gondola.
...
Sono attimi di vita quotidiana rubati, nessuno è in posa, le persone vengono colte senza che si accorgano di
essere riprese, mentre lavorano, passeggiano, si divertono, leggono il giornale, sferruzzano al sole, si riposano su una panchina. Mentre vivono, insomma.
23
marzo 2019
Andrea Grandese – I Veneziani negli anni ‘60
Dal 23 marzo al 14 aprile 2019
fotografia
Location
MULTIMEDIAL LABORATORY ART CONSERVATION
Venezia, Fondamenta De La Misericordia, 2589, (Venezia)
Venezia, Fondamenta De La Misericordia, 2589, (Venezia)
Orario di apertura
sab. e dom. 11–20; mar. mer. gio. ven. 16 –20; lunedì chiuso
Vernissage
23 Marzo 2019, ore 17.30
Autore
Curatore