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16
dicembre 2013
L’Intervista/Annalisa Zanni, Lavinia Galli e Martina Mazzotta Wow che meraviglia l’arte!
Senza categoria
Un cranio umano con corallo rosso, una zanna di elefante, un giovane coccodrillo del Nilo, granchi e altre cento mirabilia ospitate in due prestigiose sedi milanesi srotolano in un’unica e sorprendente mostra, “Wunderkammer Arte, Natura, Meraviglia di ieri e di oggi ”, un percorso raro intorno a un fenomeno culturale che ha contagiato l’Europa dal Rinascimento al nuovo millennio
Annalisa Zanni, direttrice del Museo Poldi Pezzoli e le curatrici Lavinia Galli, conservatrice dello stesso museo e Martina Mazzotta, direttrice della Fondazione Mazzotta, ci guidano in un immaginario fantastico tra naturale e artificiale, fino all’essenza di un tema dell’arte sempre contemporaneo.
Annalisa Zanni, da anni lei conduce una politica di valorizzazione del patrimonio culturale della casa-museo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, dove la meraviglia e la scienza convivono. Perché questo scrigno d’arte fuori dal tempo è il più adatto per ospitare la parte storica della mostra in corso dedicata alla “Wunderkammer”?
«Perché esso stesso è una Wunderkammer, un luogo nato anche per accogliere oggetti rari e preziosi provenienti da terre lontane, raccolti in un piccolo cabinet des curiosités quale era lo studiolo dantesco, il secondo ambiente dopo la sala d’armi fatto realizzare da Gian Giacomo Poldi Pezzoli tra il 1851 e il 1853. Proporre una riflessione su questo argomento attraverso la mostra, equivale al porsi domande sull’identità della casa-museo all’interno di uno dei macro-fenomeni italiani ed europei che ne hanno caratterizzato la storia».
Lavinia Galli, cosa significa Wunderkammer e quando e perché ha generato un gusto collezionistico delle cose bizzarre?
«Wunderkammer significa stanza delle meraviglie o camera delle meraviglie. È un termine tedesco che compare per la prima volta a metà del Cinquecento negli inventari imperiali asburgici e indica una collezione privata ricca di oggetti meravigliosi, che stupiscono, tratti dal mondo naturale e dall’arte. Il Rinascimento riscopre la natura e la sua straordinarietà. Tra metà del Cinquecento e metà del Seicento nelle corti di tutta Europa, non solo in area tedesca dove però il fenomeno è più sviluppato, si diffonde un gusto per il collezionismo enciclopedico che mira a rappresentare un teatro del mondo. È il desiderio utopico di “raccogliere il mondo in una stanza”, in un unico ambiente dove lo sguardo dell’uomo possa abbracciare quanto di più straordinario la natura, o l’uomo nel lavorarla, ha prodotto. Non esiste cioè una cesura tra natura e arte».
Quando nasce, Annalisa Zanni, l’idea della mostra “Wunderkammer –Arte, natura, Meraviglia ieri e oggi” e perché il percorso espositivo inizia nella casa-museo Poldi Pezzoli e continua nelle Gallerie d’Italia ?
«Lo studio e le ricerche intorno alla figura del collezionista Poldi Pezzoli, iniziate due anni fa con la mostra a lui dedicata in occasione dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, hanno fatto scoprire numerosi nuovi documenti e le indagini per questa mostra hanno confermato la continuità del fenomeno delle Wunderkammer nel corso del XIX secolo anche in Italia. L’incontro con Fondazione Mazzotta, che da anni indaga su questo fenomeno anche nel contemporaneo, è stato determinante. Il terzo attore in ordine di tempo, Gallerie d’Italia, ha svolto un ruolo fondamentale nel sottolineare la possibilità di creare una collaborazione tra musei costituiti da raccolte nate dal collezionismo privato, con l’obiettivo di valorizzare le proprie opere mettendole a disposizione della comunità».
Lavinia Galli, l’universo della Wunderkammer è vastissimo, ma c’è un inizio e una fine di questo fenomeno culturale che ha contagiato Germania, Austria e Italia: quali sono stati i più accaniti collezionisti italiani di oggetti meravigliosi, anche kitsch?
«In Italia, si è diffuso un fenomeno precedente e poi parallelo a quello tedesco nella seconda metà del Cinquecento e poi per tutto il Seicento. I principali protagonisti sono quelli che abbiamo voluto presentare in mostra: Ulisse Aldrovandi a metà Cinquecento, collezionista del più vasto e completo museo di storia naturale e nel Seicento il bolognese Ferdinando Cospi, il milanese Manfredo Settala, oltre al gesuita Athanasius Kircher. Ma forse non tutti sanno che sono gli stessi Medici agli Uffizi ad organizzare così le loro raccolte: riunendo campioni del mondo naturale e oggetti artistici: una passione e un modello di collezionismo che contagerà le altri corti italiane, come quelle dei Gonzaga e degli Este».
Annalisa Zanni, è la prima volta che il Museo Poldi Pezzoli e le Gallerie Italia “fanno sistema” e condividono un progetto culturale orientato alla valorizzazione del patrimonio museale di entrambe le sedi e, più in generale, alla centralizzazione della cultura tra Piazza della Scala e via Manzoni, la via della storia di Milano austriaca e verdiana. Quali sono state le difficoltà di realizzazione della mostra e, potendo cambiare, cosa farebbe?
«Il debutto della collaborazione si è rivelato assolutamente positivo. Non credo ci sia nulla da cambiare, ma l’auspicio è quello di un consolidamento della partnership, che metta in condivisione le professionalità migliori di ognuna delle istituzioni (progettualità scientifica, organizzazione, comunicazione, didattica). L’economia di scala permette di migliorare i servizi al pubblico e risparmiare le scarse seppure brillanti risorse umane a disposizione».
Lavinia Galli, quali sono secondo lei gli oggetti e le opere più “mirabili” esposte nel Museo Poldi Pezzoli?
«I prestiti sono stati molto difficili da ottenere, perché molti oggetti sono rarissimi, fragili e preziosi. Tra i naturalia spicca il corno dell’unicorno del cardinal Flavio Chigi, tra gli artificialia le tazze in lapislazzuli di Gasparo Miseroni provenienti dalle collezioni medicee, lo stipo d’ambra delle collezioni estensi, il nautilus inciso del Museo Poldi Pezzoli, tra gli exotica la maschera atzeca di Ulisse Aldrovandi, tra gli scientifica l’automa Carro di Diana del Museo Poldi Pezzoli»
Lei è un esperta dell’iconografia del fenomeno della Wunderkammerr, ma perché la conchiglia, l’uovo, il coccodrillo, le zanne di elefante e maschere esotiche sono tra gli oggetti più ricorrenti di questa passione per le cose meravigliose?
«L’amore per la natura porta a raccogliere gli oggetti considerati più stupefacenti. Il coccodrillo, quasi il simbolo delle Wunderkammer, assomigliava ad un drago e arrivava dall’Africa, per questo stupiva e meravigliava e veniva anche appeso alle navate delle chiese con significato apotropaico. L’uovo di struzzo stupiva per dimensioni ed esoticità, le zanne di elefante pure. Le conchiglie erano apprezzate per le loro forme e tra queste la più rara era il nautilus, un mollusco dalla enorme conchiglia madreperlacea, la cui spirale aumenta con regolarità matematica e che veniva pescato nei lontanissimi mari della Cina e quindi intagliato in Olanda. Ma dalla scoperta dell’America in avanti è il Nuovo Mondo quello di cui i collezionisti vogliono possedere almeno una testimonianza, meglio se di un popolazione finora sconosciuta. Ecco perché tutto ciò che è prodotto dalle culture maya, atzeche o inca è ricercatissimo e considerato prezioso».
Ancora, Lavinia Galli, quanti sono gli artisti che hanno realizzato nuove opere in occasione della mostra e dove sono esposte?
«Al Museo Poldi hanno lavorato ad hoc VedovaMazzei, Chiara Lecca, Josè Molina e su opere del Poldi ha lavorato Elisa Sighicelli, anche se la sua foto è esposta a Gallerie d’Italia. Hanno collaborato importanti istituzioni milanesi, prestando opere: il Museo di Scienze Naturali tramite un suo conservatore Giorgio Bardelli e altri prestiti sono arrivati anche dalle Raccolte d’Arte Applicata del Castello Sforzesco e dalla Raccolta Bertarelli»
Martina Mazzotta, lei si è laureata con una tesi di specializzazione sul tema della Wunderkammer in Storia dell’Arte e ha curato la mostra dedicata alla sezione di arte contemporanea di scena nelle Gallerie d’Italia, ma perché è così di moda questo tema indagato anche nell’ultima Biennale di Venezia?
«In verità se alla Biennale si insegue l’anelito verso una conoscenza universale in termini molto generici, Le Wunderkammer si sono identificate con l’anelito rinascimentale di possedere l’Anima Mundi entro un contenitore (stanza, stipo, scatola che fosse). Il concetto di Wunderkammer comprende cose naturali e artificiali, in sintesi è un presupposto formale di ricerca che si è esteso a tutto ciò che rappresenta in maniera esaustiva l’intuizione artistica. Dopo la censura dell’Illuminismo, che ha separato generi, tipologie e saperi, la Wunderkammer torna attuale, incarna il linguaggio dell’arte dal 900, a partire dal Surrealismo, fino al Post Human degli anni ’90 ad aggi».
Mazzotta, quale criterio ha adottato per la scelta degli artisti e quali opere sono state realizzate ad hoc per la sezione contemporanea della mostra?
«Il criterio è stato per lo più “a Km 0”, come slow food. Collezionisti privati, archivi, artisti stessi e gallerie (poche) sono stati gli interlocutori privilegiati. Hanno realizzato opere per la mostra Emilio Isgrò, Maria Cristina Carlini, Giuliana Cuneaz, Silver Mark e ho recuperato diverse opere di Claudio Costa, ingiustamente dimenticato».
Perché l’allestimento della mostra è stato concepito come uno scrigno rosso “opera”: un ambiente decontestualizzato seppure in relazione con lo spazio circostante, sia nel Museo Poldi Pezzoli, sia nelle Gallerie Italia?
«Il rosso è prezioso come la vita, comunica qualcosa di seducente come il corallo o il velluto principesco, rievoca il mondo magico e onirico del teatro, è un colore che avvolge, contiene un campo visivo, scelto come segno forte immediatamente riconoscibile dell’allestimento nelle due sedi espositive, diverse per contenuti e tipologia strutturale, entrambe realizzate dagli architetti Luca Rolla e Alberto Bertini».