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Vi è ma capitato, camminando nella vostra città, di imbattervi in una zona chiusa per lavori e non sapere assolutamente che opera stiano costruendo (generalmente c’è uno smilzo cartello con scritto “comune di… vietato l’accesso”)? Poi un giorno si tolgono finalmente le transenne e ne emerge un’ “opera” orribile.
La discussione che si è svolta alla Triennale di Milano venerdì 12 dicembre partendo dal libro di Cecilia Guida “Spatial Practices” a cui erano presenti, oltre all’autrice, Antoni Muntadas, Edoardo Bonaspetti, Stella Succi e Alessandra Donati ha aiutato a compiere un passo in avanti verso l’identificazione dei problemi alla base dello scollamento tra le opere “pubbliche” e la comunità che le vive quotidianamente. Innanzitutto il fatto che la nostra legge sui beni artistici si basa tutt’oggi sui concetti della legge Bottai del 39 e che le committente di opere pubbliche sono sancite da dinamiche di potere e di denaro.
(Se volete approfondire in merito leggete l’intervista ad Alessandra Donati, Docente di Diritto Comparato all’Università Bicocca di Milano: www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=41320&IDCategoria=204).
Scopriamo anche che in un processo edilizio di beni di pregio l’artista coinvolto – quando coinvolto – non collabora con l’architetto sin dall’inizio del progetto, ma viene chiamato alla fine, causando spesso un totale scollamento nel risultato.
La ricerca di Guida, profonda e tassellata da numerose esperienze tra cui quelle alla Fondazione Pistoletto, alla Columbia University e alla New School for Social Research e basata sulla proposizione di una nuova terminologia – in primis quella di spazio pubblico che diventa spazio espanso, in cui non interessa più distinguere il reale dalla rete ma il modo in cui avviene il processo di concepimento di un’opera – ha attivato meccanismi virtuosi di dialogo con figure professionali esterne al mondo dell’arte. La giurista Alessandra Donati si sta impegnando nella formulazione di una proposta di legge studiata in sinergia con artisti, operatori culturali e associazioni tra cui ARTInRete della Fondazione Pistoletto. Ascoltarla affermare: «Dobbiamo riformulare le proposte di legge partendo dal concetto di “spazio espanso”» posiziona l’arte in dialogo con la vita . Come ha affermato Muntadas durante l’incontro: «Se un artista fa una performance in un luogo aperto ha importanza, se quella performance diventa abitudine della comunità assume un impatto fondamentale».
Ci auguriamo vivamente che i temi trattati diventino pratica oltre i confini della Triennale.
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that’s contemporary mappa l’arte contemporanea a Milano dal 2011.
that’s contemporary è un progetto curatoriale in forma di agenzia di produzione.
that’s contemporary commissiona, produce e cura progetti a metà strada tra la pratica artistica e un uso creativo delle tecnologie e dei meccanismi della comunicazione.
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