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È notizia di queste ore che altre 60 opere d’arte sono state trovate nella casa di Salisburgo di Cornelius Gurlitt, l’81enne che nel 2012 (anche se la notizia era stata fatta uscire solo lo scorso novembre, dopo anni di indagini), era stato trovato in possesso di un tesoro che contava qualcosa come mille e 500 opere d’ “arte degenerata”, sequestrate dai musei tedeschi nel 1937, o poco dopo, per volere del regime nazista. Tra le opere recuperate nell’altra abitazione di Gurlitt figurano anche Monet, Picasso e Renoir.
Certo è che si tratta di un’ottima coincidenza, se così vogliamo definirla, in un periodo dove si parla moltissimo di come, durante i conflitti e i periodi di crisi, ci siano diverse attività che i governi mettono in atto. Ne citiamo una? Raccogliere, salvare, o arraffare, più arte possibile.
Lo raccontano anche tre volumi dedicati alla figura di Rodolfo Siviero (di cui uno fresco di stampa edito da Skira: Luca Scarlini, “Siviero contro Hitler”) che negli anni ’60 recuperò opere trafugate dagli Uffizi a Pasadena (Los Angeles), finite illegalmente negli Stati Uniti dopo la mancata riconsegna da parte del governo tedesco all’Italia.
Come del resto è stato impossibile restituire ai legittimi proprietari tutto quello che era stato depredato, almeno seguendo solamente le vie ufficiali.
E poi c’è la Berlinale, che ha visto l’anteprima di The Monuments Men, il film di George Clooney tratto da un libro di Robert M. Edsel e dedicato agli studiosi americani che durante il conflitto tentarono, arruolati dall’esercito, di mettere in salvo più opere possibile. Insomma, Gurlitt in questo momento sembra solo la punta dell’iceberg di una serie di antiche vicende che dovrebbero farci molto riflettere. Che cosa si salva, o si ruba per il proprio Paese, durante i disastri dell’umanità? L’arte. Che oggi più che degenerata appare, almeno a certe latitudini, completamente ignorata.