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Natura e Maniera – Le ceneri violette di Giorgione tra Tiziano e Caravaggio
Nello splendido scenario di Palazzo Te a Mantova tornano, dal 5 settembre 2004, i grandi protagonisti della pittura del Cinquecento nell’Italia del Nord.
trentini - era oriundo trentino egli stesso - e friulani; accanto ai bresciani, ai bergamaschi, ai lodigiani,
come il Palma, il Romanino e il Calisto. La sua arte, come quella di tutti costoro, è di una
sola fumata sorta su immensa dalle ceneri violette di Giorgione, mescolatasi nella dolce nebbia
della valle padana con qualche soffio gemente di espressionismo boreale, o diradatasi alla lucidezza
dell’antichissimo classicismo ritmico dell’Italia centrale che splendeva fisso verso il sud”.
Roberto Longhi
Nello splendido scenario di Palazzo Te a Mantova tornano, dal 5 settembre 2004, i grandi
protagonisti della pittura del Cinquecento nell’Italia del Nord.
Tiziano, Tintoretto,Veronese, Lotto, Moretto, Romanino, Dossi, Correggio, i Bassano, sono
solo alcuni degli artisti dell’attesa mostra curata da Vittorio Sgarbi in collaborazione con
Mauro Lucco, in programma fino al 9 gennaio 2005 nella città dei Gonzaga: “LE CENERI VIOLETTE
DI GIORGIONE. NATURA E MANIERA TRA TIZIANO E CARAVAGGIO”.
E proprio partendo dall’eredità di Giorgione - così efficacemente evocato in una famosa
frase del Longhi - si sviluppa la mostra, che dà conto dell’intrecciarsi, tra le nebbie della pianura
padana, di Natura e Maniera, di attenzione al dettaglio reale e virtuosismo formale, nell’arte
dei diversi interpreti del periodo: a dimostrazione di come la “Maniera Padana” sia in realtà
la combinazione di più “anime” e di più “maniere” diverse tra loro.
I tanti artisti che incontriamo in questo nutrito percorso – scandito da oltre 130 opere provenienti
da numerosi musei italiani ed esteri, da chiese parrocchiali, nonché da prestigiose collezioni
private – muovono infatti dalla lezione giorgionesca, di volta in volta interpretandola e
personalizzandola, ma senza mai prescinderne: ora seguendo le enfatiche inquietudini, ora i richiami
emotivi resi, talvolta, con una composizione più movimentata originaria del Centro Italia,
spesso rileggendo il crescente naturalismo diffuso nel Nord e il senso della luce nella tradizione
locale.
Il magico connubio tra figura e paesaggio innescato da Giorgione, le sue invenzioni cromatiche
costituiscono dunque un’eredità fondamentale, che non verrà dispersa ma che a contatto
con i crescenti fermenti manieristici, e con le inclinazioni personali di un’affollata generazione
di nuovi talenti, sfocerà in una “rivoluzionaria” rappresentazione della realtà - nella
straordinaria personalità di Caravaggio - capace di influenzare a sua volta la maniera del Centro
Italia.
Opere inedite, nuove attribuzioni e puntuali letture interpretative connotano l’importante
appuntamento espositivo in un excursus estremamente articolato, che ci porta a scoprire - accanto
ai “giganti” del tempo - autori di eccellente valore ed opere poco note, a causa della loro
collocazione “periferica”, e in molti casi delicatissime da movimentare: tanti sono i dipinti su
tavola esposti in questa eccezionale occasione.
Un lavoro di ricerca attento e complesso, per dar modo di confrontare le esperienze e le
differenti personalità che hanno prodotto nel corso del XVI secolo, nelle regioni della pianura
padana, una civiltà artistica straordinaria e un patrimonio senza paragoni nella storia della cultura
dell’intera Europa.
A promuovere l’evento, con un comitato scientifico particolarmente impegnato - Arturo
Calzona, David Jaffé, Mauro Lucco, Filippo Pedrocco e Claudio Strinati con il coordinamento
generale di Gilberto Algranti - è il Centro Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te insieme
al Comune di Mantova, con la collaborazione della Regione Lombardia e della Provincia di Mantova
e il sostegno di Fondazione Banca Agricola Mantovana e di Banca Agricola Mantovana.
L’organizzazione dell’esposizione è a cura di Tekne Associazione Culturale - Organizzazione
Grandi Eventi in collaborazione con Villaggio Globale International.
Il catalogo della mostra è edito da Skira.
* * * *
E’ il grande Tiziano ad aprire l’esposizione, in un percorso di mostra non strettamente cronologico
o geografico ma sviluppato per affinità e rimandi, capace di intessere un dialogo serrato
tra opere ed autori e di immettere i visitatori nel clima, artisticamente effervescente e ricco
di contaminazioni, di quegli anni.
A Venezia, Tiziano fonde l’eredità del cromatismo giorgionesco ad un importante impianto
compositivo e ad un’attenzione al dato reale, che anticipano la sensibilità manierista.
In mostra ben otto opere testimoniano il percorso di questo straordinario maestro, con alcuni
dipinti restituiti all’attenzione del pubblico e della critica grazie a recenti restauri.
E’ il caso delle “Stimmate di San Francesco” - dal Museo Civico Pepoli di Trapani - sottoposto
nel 2003 ad un intervento conservativo che permette di comprendere meglio l’dea iniziale
dell’artista, in un’opera - databile intorno al 1525 - ricca di naturalezza cromatica e di empito
poetico e in cui affiora, nell’accenno del bosco, il “ricordo sempre vivo del paesaggio dei
Tre Filosofi di Giorgione”.
La tela potrà ora essere confrontata con quella, di analogo soggetto, proveniente dalla Pinacoteca
Civica di Ascoli Piceno, che proprio questa mostra ha permesso di restaurare gettando
su di essa nuova luce e restituendole un ruolo di primo piano nel percorso artistico del longevo
pittore. Un lavoro - riconducibile alla fase estrema dell’attività dell’artista – che appare ora
di una “modernità sconcertante” , nel tratteggio rapido del pennello con cui Tiziano abbozza
le figure e gli elementi naturali.
Famosissimi inoltre, tra i dipinti di Tiziano esposti, lo stendardo con l’ “Ultima Cena” commissionato
dalla compagnia del Corpus Domini di Urbino e prestato dalla Galleria Nazionale
delle Marche, il “Ritratto di Baldassar Castiglione” dalla National Gallery of Ireland di Dublino
e La “Salomè con la testa del Battista” della Galleria Doria Pamphilj di Roma.
Proprio dall’esempio del grande artista cadorino, combinato con le loro particolari inclinazioni,
Sebastiano del Piombo, Palma il Vecchio, Pordenone, Tintoretto, Lotto e Bonifacio
Veronese derivano l’uso particolare della luce e di una calda e ricca tonalità di colore.
Tra le tante opere riunite nell’occasione, notevoli dipinti di Palma il Vecchio, la “Sacra Conversazione”
proveniente dalla Chiesa di Santo Stefano a Vicenza e la “Flagellazione” dall’Accademia
dei Concordi di Rovigo, che mostra il tentativo dell’ultimo Palma di animare le sue composizioni.
NaturaManieraComunicato(6) 30-08-2004 10:30 Pagina 2
Importante novità per il pubblico sarà anche la “Madonna col Bambino e i santi Giuseppe
e Gerolamo, adorati dal procuratore Gerolamo Marcello” eseguita dal giovane Tintoretto, notissima
in letteratura ma a lungo conservata in una inaccessibile collezione privata in Svizzera è solo
recentemente rientrata in Italia, acquistata da nuovi proprietari nel 2001.
Se già la Madonna, pur mantenendo un che di arcaico nella posa e nella tipologia, appare
graziosa ed elegante come una figura parmigianinesca, l’aspetto più eclatante del dipinto sta
nella straripante figura di san Gerolamo, ripresa di scorcio: “mai si era vista a Venezia un più
palese omaggio alle realizzazioni di Michelangelo…”.
Interessante è poi l’identificazione, suggerita dai curatori della mostra, dei personaggi di alcuni
ritratti di Lorenzo Lotto qui esposti, effettuata in base ad un esame attento del dato iconografico
e delle annotazioni del Libro dei conti, compilato dal pittore a partire dal 1538.
Ecco allora ravvisare nel piccolo quadro proveniente dallo Staatliche Museen Gemaldegalerie
di Berlino il “Ritratto di Ludovico Avolante”, appartenente al ramo trevigiano della famiglia
di banchieri, commercianti e militari fiorentini, trasferitasi a Venezia ancora nel 1240. E
ancora, ecco identificato in un dipinto, da poco entrato nella letteratura lottesca, in collezione
privata milanese, il “Ritratto di Giovanni Maria Pizoni,” protonotario di Ancona.
Del Lotto, in mostra, anche il pendant con l’”Angelo Annunciante” e la” Vergine Annunciata”,
proveniente dalla Pinacoteca civica di Jesi, che ben evidenzia l’incontro in questo artista di
Natura e Maniera.
La seconda generazione dei pittori veneziani, tra Venezia e Padova, trova straordinari interpreti
in Battista Franco, Lambert Sustris e Paris Bordon, dei quali saranno esposti oltre ad
autentici capolavori - come il noto “Battesimo di Cristo” di Sustris già in collezione Julius Böhler
- anche opere inedite; e poi Jacopo Bassano, Andrea Schiavone, Porta Salviati, Domenico
Campagnola, Giovanni Demio ed El Greco, che qui sono magnificamente documentati.
L’influenza della pittura veneziana e dei suoi interpreti si diffonde in tutta la terraferma veneta.
A Verona, essa si manifesta nella pittura preziosa di Paolo Veronese, Farinati, Caroto e
Brusasorci; a Brescia, nelle luci drammatiche di Savoldo, nelle figure solenni e vere di Moretto
e nei personaggi espressionistici e nei tessuti cangianti di Romanino.
Fondamentale, tra le tante eccezionali novità di questa esposizione, è l’aver riunito la pala
dell’ “Annunciazione” di Savoldo, conservata al Museo di Pordenone, con un olio in collezione
privata raffigurante i “Tre Santi domenicani e Santa Veneranda”: due tele cucite insieme, che in
origine si trovavano appunto ai lati dell’Annunciazione, nella Cappella Caresini Massa della Chiesa
veneziana di San Domenico in Castello.
Giulio Romano, uno dei più illustri interpreti della Maniera Padana, realizza le sue opere
più significative a Mantova. Giulio porta alla corte dei Gonzaga l’eredità del classicismo di matrice
raffaellesca, lasciando un segno indelebile nella pittura di tutto il Nord Italia. Un percorso
incluso nella mostra porterà ad ammirare gli splendidi affreschi di Palazzo Te, da lui progettato
e decorato, attraversando la Sala di Psiche, la Sala dei Venti e la Sala dei Giganti, che sono
i più straordinari capolavori della Maniera nel Nord Italia. Una sezione della mostra, poi, esplorerà
le opere legate al territorio mantovano; sia in sede di mostra, con dipinti di, Bonsignori,
Gerolamo da Treviso e Badile, sia in un percorso parallelo, nel Duomo di Mantova, dove si
possono ammirare le pale d’altare di Brusasorci, del Moro, Farinati.
A Parma, Correggio e Parmigianino tramandano due lezioni diverse e parallele, la cui fortissima
eco riecheggerà nella pittura di tutto il secolo. L’atmosfera di Correggio, il suo colorismo
e la sua attenzione alla natura saranno fondamentali per tanti artisti nordici, arrivando ad
influenzare anche Caravaggio. Di Correggio in mostra vi è la bellissima “Maddalena”, proveniente
dalla National Gallery di Londra, dall’attribuzione incerta: resterebbe comunque una delle
più belle versioni esistenti tra le copie realizzate dall’originale correggesco.
NaturaManieraComunicato(6) 30-08-2004 10:30 Pagina 3
Di Parmigianino - la postura delle cui figure allungate resterà un dato caratterizzante di
tanta pittura, fino al Seicento – si può eccezionalmente apprezzare, dopo tanti anni di assenza,
un’opera di valore inestimabile: l’ “Adorazione dei Magi ” della Chiesa di San Domenico a Taggia
(Imperia).
Trafugato drammaticamente nel 1996, l’importante dipinto è stato recuperato con una operazione
di polizia solo nella primavera del 2003 e quindi, sottoposto a restauro da parte della
Soprintendenza della Liguria, è tornato a Taggia solo da pochi mesi.
Questa è dunque la prima occasione in cui si potrà riammirare il capolavoro del Parmigiano.
A Ferrara, Dosso Dossi combina il cromatismo veneto di Giorgione e Tiziano con l’atmosfera
sofisticata dell’ambiente culturale patrocinato dai duchi d’Este e con gli influssi più aggiornati
della cultura del centro Italia, creando soluzioni di grande originalità e vivacità coloristica.
L’eredità di Dosso - che in mostra a Mantova ammiriamo per esempio nella tavoletta della
Galleria Nazionale di Parma raffigurante la “Madonna con il Bambino”, detta “La zingarella,
dalla forte suggestione giorgionesca, e nella “Ninfa e Satiro” della Galleria Palatina di Firenze,
per lungo tempo attribuita allo stesso Giorgione - viene raccolta e interpretata da numerosi artisti
presenti in mostra, come Garofalo, Girolamo da Carpi, Scarsellino, Bastianino e Bononi.
In particolare Mazzolino, di cui è esposta un’interessante “Lamentazione” da Londra, combina
le radici dossesche con la fantasia grottesca nordicizzante, derivata da rapporti con l’arte
tedesca, probabilmente con Dürer stesso, mentre in Ortolano un’ispirazione religiosa, forse di
matrice savonaroliana, le traduce in un realismo illusionistico, quasi un “classicismo naturalizzato”.
A Bologna, il Manierismo trova un’ennesima diversa declinazione.
La lezione classicista di Raffaello si combina qui alla fluida linea di Parmigianino e alla limpidezza
compositiva di Girolamo da Carpi – che nell‘ “Adorazione dei Magi” prestata dalla National
Gallery di Londra cita chiaramente le invenzioni di Giulio Romano - e si rinnova grazie
alle suggestioni dell’ultimo Manierismo romano, come avviene nelle opere di Lelio Orsi.
La realizzazione del ciclo di affreschi del Duomo di Cremona, attirando tanti pittori da
fuori città, apre gli artisti locali alle suggestioni provenienti dal Veneto e dall’Emilia, maturandoli
sugli esempi di Tiziano, del dinamismo espressivo di Pordenone, del classicismo di Giulio
Romano e delle atmosfere di Correggio.
Tra gli artisti in mostra: Altobello Melone, Callisto Piazza, Giulio Campi, che impreziosisce
l’eredità raffaellesca combinandola con gli sfumati dell’atmosfera lombarda; Antonio Campi,
ricco di riferimenti colti e di effetti teatrali; Bernardino Campi, con la preziosità calligrafica
della sua pittura aggiornata al linguaggio moderno di Parmigianino; Camillo Boccaccino,
che combina le componenti culturali tizianesche e pordenoniane alla conoscenza della pittura
di Dosso, e Vincenzo Campi, la cui naturalistica attenzione a uomini e cose troverà una eco
anche nella pittura di Caravaggio.
Non dunque un manierismo ortodosso giunge al Nord, calato dalle regioni del Centro Italia,
ma atmosfere, suggestioni, tendenze, esempi da re-interpretare, da ri-calibrare, da ripensare
alla luce dell’eredita giorgionesca, per dare nuova linfa e nuovi contributi all’arte internazionale.
Il percorso della mostra si conclude con un sorprendente prestito del Caravaggio. La
preziosissima tavola (cui è stato riconosciuto un valore assicurativo di oltre 50 milioni di €)
con la “Conversione di Saulo”, è l’opera forse più manierista del pittore il quale - erede della
tradizione artistica della Val Padana - dalla Lombardia riporta a Roma, alla fine del Cinquecento,
una nuova rappresentazione della realtà, che, ormai, non sembra inadeguato definire
rivoluzionaria.
NaturaManieraComunicato(6) 30-08-2004 10:30 Pagina 4
Natura e Maniera – Le ceneri violette di Giorgione tra Tiziano e Caravaggio
Mantova, Viale Te, 19, (Mantova)