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Giovanni Verga Scrittore Fotografo
Le immagini esposte nella mostra sono immagini semplici, non pretenziose. Tuttavia il Verga fotografo, non sempre ineccepibile dal punto di vista tecnico, risulta essere efficace e immediato tanto quanto il Verga scrittore.
Comunicato stampa
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Un aspetto finora sconosciuto di uno dei padri del Verismo, Giovanni Verga: la sua passione per la fotografia. Un modo diverso e non noto per raccontare le sue storie, fermate in immagini di intensa semplicità, di racconti quotidiani, di facce comuni. Dal 7 al 26 settembre 2004 Milano svela al grande pubblico cento foto scattate da Giovanni Verga, tutte provenienti dall’Archivio Fotografico della Fondazione 3M, ed esposte per la prima volta al Palazzo dell’Arengario. Promossa dalla Fondazione 3M in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano e curata da Roberto Mutti, la mostra “Giovanni Verga Scrittore Fotografo” ha anche una finalità benefica: il ricavato dei biglietti e del catalogo sarà devoluto alla sezione milanese della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori a sostegno del progetto “Strada della guarigione”.
Le immagini esposte nella mostra sono immagini semplici, non pretenziose. Tuttavia il Verga fotografo, non sempre ineccepibile dal punto di vista tecnico, risulta essere efficace e immediato tanto quanto il Verga scrittore.
“Potrà forse apparire sorprendente che lo scrittore Giovanni Verga fosse anche un appassionato fotografo”, dichiara Roberto Mutti, curatore della mostra. “Proprio come i suoi amici Capuana e De Roberto (e come Émile Zola in Francia o Jack London in Inghilterra), Verga con le sue opere ribadisce lo stretto rapporto che lega letteratura e fotografia. Nonostante la scoperta delle lastre su cui lo scrittore siciliano aveva impresso le sue immagini risalga al 1970, la conoscenza delle sue fotografie è poco nota presso il grande pubblico. Con questa mostra ci poniamo l’obiettivo di colmare questa carenza e di dare un contributo al dibattito su rapporti e interdipendenze tra arti diverse”.
Così come nei suoi romanzi e nelle sue novelle, anche nella sua produzione fotografica Verga interpreta e cerca di riprodurre soprattutto un paesaggio umano. Accanto ai numerosi ritratti di parenti e amici, nella mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo” compaiono immagini della Catania non aristocratica che svelano una continuità con il Verga scrittore. Fattori, contadini, massari, cameriere e tutta una gran quantità di uomini e donne, sono ripresi nella loro semplicità, inseriti nel loro ambiente quotidiano o in luoghi comuni, come un terrazzino della casa catanese dello scrittore-fotografo, utilizzati come set fotografico in alternativa a muri decorati o semplici teli. Le posture, gli abiti, lo stesso modo di ripresa rappresentano indizi importanti capaci di comunicare molto dello stile di vita, dell’estetica e della storia del tempo.
Verga fotografo non si dedica solo al ritratto. Con uguale interesse realizza scatti di paesaggi. La Sicilia è spesso presente nelle sue visioni delle campagne come in quelle urbane (con evidenti analogie letterarie con quanto descriveva nelle pagine scritte). Ma altri e più inaspettati paesaggi sono quelli dei laghi lombardi o di Bormio e dei suoi dintorni, che Verga ebbe modo di visitare partendo da Milano.
Le cento immagini della mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo” provengono tutte dall’Archivio Fotografico della Fondazione 3M. Non si tratta di fotografie originali, ma di stampe recenti ricavate indirettamente, attraverso interventi digitali realizzati da Lorenzo Ceva Valla, dalle lastre in vetro verghiane. Queste, date le loro precarie condizioni, sono risultate troppo delicate per essere maneggiate: alcune lastre, infatti, hanno subito danni alle emulsioni (che in qualche caso si sono addirittura parzialmente distaccate per colpa dell’umidità) o sono state addirittura accidentalmente rotte.
L’Archivio Fotografico della Fondazione 3M Italia, oltre alle immagini di Verga, conserva trentamila fotografie tra lastre, dagherrotipi, stampe originali e negativi. In questo spazio è raccolta la storia del marchio Ferrania e dell’omonima rivista che, dal ’46 al ’67, ha raccontato la storia del nostro paese attraverso le foto e l’evoluzione del costume.
L’allestimento della mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo”, curato dagli architetti Ester Garzonio e Leonardo Nava, punta soprattutto sull’aspetto documentario cercando di esaltare la delicatezza e la schiettezza dell’autore; in questo si avvarranno del supporto tecnologico fornito da 3M per l’elaborazione e la stampa digitale raccontando la fotografia di un autore per molti versi ancor oggi sorprendente.
A corredo delle fotografie delle scrittore-fotografo, RAITECHE presenta “Verga visto dalla tv” di Silvana Palumbieri. Il programma breve “Verga visto dalla TV” è composto da registrazioni, letture, film a lungometraggio, balletti, opere liriche e sceneggiati delle opere letterarie verghiane. E consente anche di dar vita ad una proposta critica per comparare i modi di trasposizione messi in atto dai linguaggi visivi. Balletto e pièce teatrale ripresi dalla televisione (La Lupa), opera lirica, balletto e film (Cavalleria rusticana), riduzione televisiva e grande progetto filmico (I Malavoglia e La terra trema). In questo romanzo è di straordinario interesse confrontare e analizzare come il linguaggio cinematografico possa realizzare “l’impersonalità dell’arte” propugnata da Verga. Nella più importante opera televisiva verghiana Mastro Don Gesualdo – prima produzione RAI su pellicola – Giacomo Vaccari esperimenta profondità di campo, frasi dialettali e quadri corali anziché l’iterato ricorso ai primi piani degli sceneggiati degli anni ’60.
Completa la mostra il catalogo edito da De Agostini “Giovanni Verga Scrittore Fotografo”, che sarà in vendita in mostra al costo di 25 euro.
Guido Bezzola, che si è occupato dell’introduzione del catalogo della mostra, descrive così le opere dello scrittore-fotografo: “Abbiamo innanzi a noi una serie di fotografie verghiane scattate o fatte scattare in età relativamente tarda, per cui acquistano un valore particolare se vogliamo interpretarle appunto come un’altra opera di Verga, scritta con la luce invece che con la penna… può notare come certi sentimenti, certi legami, certa maniera nell’affrontare i soggetti mostrino senza dubbio una continuità non interrotta col Verga scrittore”.
Gianni Ravasi Presidente della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori di Milano racconta il motivo della finalizzazione della mostra al Progetto “Strada della Guarigione”.
“Giovanni Verga parla dell’uomo nei suoi romanzi, fotografa l’uomo nei ritratti: questo lo accomuna alle attività della nostra Associazione, che pone l’uomo, quello malato come quello sano, al centro di un sistema che lo informi, lo tuteli e salvaguardi il suo benessere, non solo fisico, ma anche psicologico.
La scelta della finalizzazione per il ricavato di questa mostra sottolinea questo legame.
Il Progetto “Strada della Guarigione” è un’iniziativa di assistenza per gli adulti e i bambini malati di tumore che risiedono a Milano, o giungono qui per cure presso i Centri Oncologici.
Per loro c’è un servizio di accompagnamento alle cure, di alloggio presso Case d’Accoglienza, di rimborso viaggi di trasferimento, un Centro d’ascolto e di assistenza per venire incontro alle loro necessità di ordine pratico e psicologico.
Nel 2003 abbiamo ospitato 830 pazienti, adulti e bambini, nelle nostre Case d’Accoglienza, abbiamo rimborsato 1756 viaggi di chi è giunto a Milano per cure, ed abbiamo accompagnato 6950 malati alle cure. Abbiamo fatto tutto questo, ma vogliamo e dobbiamo fare di più”.
MOSTRA “GIOVANNI VERGA, SCRITTORE FOTOGRAFO”
Potrà forse apparire sorprendente che lo scrittore Giovanni Verga, uno dei padri del Verismo, fosse anche un appassionato fotografo. Proprio come i suoi amici Capuana e De Roberto (e come Émile Zola in Francia o Jack London in Inghilterra), Verga ribadiva lo stretto rapporto che lega letteratura e fotografia.
Per quanto la scoperta delle lastre su cui lo scrittore siciliano aveva impresso le sue immagini risalga al 1970, la conoscenza delle sue fotografie è poco nota presso il grande pubblico, una carenza che questa mostra tenta di colmare.
Sono presentate cento immagini che provengono dall’archivio fotografico Fondazione 3M: non si tratta di fotografie originali perché queste sono inspiegabilmente andate perdute, ma di stampe recenti ricavate indirettamente dalle lastre verghiate che, date le loro precarie condizioni, sono troppo delicate per essere maneggiate. Erano infatti conservate in scatole abbandonate in un armadio e alcune di queste lastre (tutte in vetro) hanno subito danni alle emulsioni – che in qualche caso si sono addirittura parzialmente distaccate per colpa dell’umidità – o sono state addirittura accidentalmente rotte.
Autore attivo a cavallo fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, Verga non era sempre ineccepibile dal punto di vista tecnico, tanto da lamentarsi quando i risultati non gli apparivano soddisfacenti, ma è anche un fotografo efficace e immediato che si dedica con ugual interesse al paesaggio come al ritratto.
La Sicilia è spesso presente nelle sue visioni delle campagne come in quelle urbane (con evidenti analogie letterarie con quanto lo stesso autore descriveva nelle pagine scritte) ma altri e più inaspettati paesaggi sono quelli dei laghi lombardi o di Bormio e dei suoi dintorni che Verga ebbe modo di visitare partendo da Milano.
Ancora più ampia è la produzione di ritratti ed è curioso notare che, accanto ai numerosi parenti ed amici, compaiono spesso in queste immagini fattori, contadini, massari, cameriere e tutta una gran quantità di uomini e donne semplici che evidentemente non animavano solo i romanzi e le novelle di Giovanni Verga. Talvolta tutti costoro vengono ripresi nel loro ambiente, in altri casi in luoghi, come un terrazzino della sua casa catanese, che lo scrittore fotografo prediligeva per allestire i suoi set che, quando non utilizzavano i muri decorati, prevedevano come fondale un semplice telo.
Le posture, gli abiti, lo stesso modo di ripresa sono ora per noi indizi importanti capaci di dirci molto dello stile di vita, dell’estetica e della storia del tempo.
La mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo” intende ricostruire tutto ciò in un allestimento suggestivo che punta soprattutto sull’aspetto di documentazione e sfrutta tutta la spettacolarità delle nuove tecnologie per parlarci della fotografia di un autore per molti versi ancor oggi sorprendente.
DIDASCALIE FOTOGRAFIE DI GIOVANNI VERGA
DISPONIBILI PER LA STAMPA
001 Autoritratto, 4 dicembre 1887 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
032 Mario Verga, fratello di Giovanni, con i nipoti / Archivio Fotografico Fondazione 3M
046 Premadio (Bormio): Giulia e Guido Treves, 13 agosto 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
053 Catania, Novaluccello: bambina alla finestra, 1911 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
054 Novaluccello, Catania: il cacciatore Cristalli, 1911 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
057 Vizzini, 3 maggio 1892 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
058 Vizzini, lato sud della Chiesa Matrice, 3 maggio 1892 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
063 Vizzini, lato sud da via per il cucco, 3 maggio 1892 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
073 Tebidi, 1897: Lucia Angelico e Giovanna detta “Pampinedda”, cameriera di casa Verga / Archivio Fotografico Fondazione 3M
089 Il Duomo di Como, 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
092 Pontile sul lago di Como, 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
096 Barche a vela sul lago di Como, 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
106 Loverciano (dintorni di Mendrisio): ritratto di Paolina / Archivio Fotografico Fondazione 3M
*N.B. La dizione / Archivio Fotografico Fondazione 3M è obbligatoria
**N.B: il numero si riferisce al codice che accompagna le immagini nel CD e trascritto a matita sulle diapositive
GIOVANNI VERGA E LA FOTOGRAFIA
Le fotografie di Giovanni Verga per molto tempo sono rimaste sconosciute: solo il ritrovamento alla fine degli anni Sessanta da parte di uno studioso, il prof. Giovanni Garra Agosta, di molte lastre in vetro e di negativi in pellicola in un armadio della casa dello scrittore, ha permesso di scoprire questa dimensione dell’espressività dello scrittore siciliano. Iniziato alla fotografia dall’amico Luigi Capuana, in realtà Giovanni Verga appare, nei suoi primi esperimenti iniziati nel 1878, un amateur alla continua ricerca di un miglioramento tecnico ed estetico. Se si mettono a confronto le sue immagini con quelle di Émile Zola, per fare un esempio di un suo contemporaneo di valore, ci si rende conto che spesso Verga non possedeva quella disinvoltura grazie a cui si potevano realizzare paesaggi o ritratti di grande efficacia. Se è vero che la sua Sicilia appare in gran parte della sua produzione, non si coglie la mano del documentarista capace di descrivere una realtà né del fotografo di paesaggio che individua le specificità di un luogo. Si ha, al contrario, la sensazione che di fronte all’obiettivo di Verga passi una sorte di grande famiglia allargata: i protagonisti sono i fratelli, i nipoti, le cognate, le persone di servitù e i contadini, i paesaggi sono quasi sempre le proprietà che fanno da sfondo mentre raramente si arriva fino al non lontano mare. Perfino per le ambientazioni lo scrittore fotografo predilige il cortile o il terrazzo di casa. Quando però lascia la sua Sicilia per spingersi in Lombardia, anche le fotografie cambiano: prevale il paesaggio – dei laghi, di Bormio, dei viaggi e soggiorni in Svizzera – ma quando ricompaiono i ritratti sono più briosi, originali, freschi. Sarebbe tuttavia un errore confrontarsi con il Verga fotografo per constatare che aveva meno disinvoltura che con la penna: se si sa andare oltre le iniziali incertezze, si può anche scoprire un fotografo capace di migliorarsi e di arrivare, in alcuni casi, a esiti pregevoli. Se è vero che alcuni amici come il conte Premoli e lo stesso Capuana dimostravano uno stile più personale e una indubbia padronanza della tecnica, Giovanni Verga mette in luce una espressività con cui bisogna fare i conti anche perché spesso molto ci dice del suo approccio alla vita, della sua attenzione per il mondo, del suo modo di esprimersi parallelamente con la pagina scritta e con l’immagine fotografica.
Roberto Mutti
PRIMA DEL “SECOLO BREVE”
In una situazione internazionale caratterizzata dalla grave crisi del periodo 1870-1890, l’Italia conosce nel 1876 quello che poteva essere un profondo mutamento politico perché diviene primo ministro Agostino Depretis, esponente della Sinistra Storica, movimento in cui convergevano forze diverse che andavano dai radicali ex mazziniani e garibaldini ai moderati esponenti degli interessi della borghesia terriera meridionale. Per quanto avesse presentato, in un discorso elettorale tenuto a Stradella nel 1875, un programma coraggioso, arrivato al potere subito deve abbandonare l’idea del decentramento amministrativo, smussare gli angoli della sua politica fiscale, rinunciare al suffragio universale sostituito da un ampliamento della base elettorale e prevedere un ridimensionamento dell’idea di una istruzione elementare gratuita e laica. La legge Coppino del 1877 non risolve i veri problemi dell’istruzione in Italia: essendo le scuole comunali, nelle zone più povere non ci sono fondi sufficienti per gestirle e questo spiega come nel sud l’evasione scolastica raggiunga il 90% mentre nel nord sfiora il 10%. Va ricordato che la stessa legge fissa in settanta il numero massimo di alunni per classe!
Rapidamente, quanto può apparire innovativo scompare nel turbine di una nuova linea, quella del Trasformismo: la inusuale alleanza fra esponenti della Destra e della Sinistra Storiche consolida il potere in un unico gruppo dirigente perdendo così l’occasione di creare le condizioni per un’alternanza fra i due schieramenti. Ancora una volta si può dire che tutto era cambiato perché nulla cambiasse. Il potere passa quindi nel 1887 a Francesco Crispi, avvocato siciliano in passato vicino alle posizioni garibaldine ma poi a quelle di Bismarck, che attua una politica estera caratterizzata da infelici avventure coloniali e una interna fieramente avversa al movimento operaio. Ma è proprio quest’ultimo a farsi sentire con più forza: nel 1882 nasce a Milano il Partito Operaio Italiano diventato undici anni dopo Partito Socialista Italiano, nel 1891 nasce sempre a Milano la prima Camera del Lavoro e in quello stesso anno Catania vede la nascita del primo dei Fasci siciliani, strutture organizzative e sindacali molto combattive che nel 1893 danno vita al primo grande sciopero agrario italiano e l’anno dopo vengono sciolte per decreto dal governo di Crispi. Alla sua caduta nel 1896 la possibile alternativa verso sinistra viene bloccata dalle forze più retrive che puntano sul marchese Di Rudinì e gli piazzano pure a destra, come pungolo, il reazionario Sidney Sonnino. Non contente di tutto ciò, a fronte dei moti scoppiati in tutta Italia per il caro vita, scatenano una repressione che vede il culmine a Milano il 6 maggio del 1898 quando l’esercito comandato dal generale Bava Beccaris cannoneggia ad alzo zero la folla uccidendo 80 persone. A questo punto si sfiora più volte il colpo di stato: ne sono protagonisti lo stesso Di Rudinì che vorrebbe lo scioglimento delle camere, il re che solo all’ultimo viene dissuaso dal farlo e il generale Pelloux che, chiamato a creare un nuovo governo, propone subito tali limitazioni alle libertà costituzionali da indurre la sinistra all’ostruzionismo parlamentare. Il 6 aprile 1900 si indicono nuove elezioni che vedono il successo dell’opposizione di sinistra, provocano le dimissioni di Pelloux e aprono la strada che, nel giro di due anni porta al potere Giovanni Giolitti, uno dei pochi uomini politici che nella storia del nostro Paese abbia lasciato l’impronta dell’autentico statista. L’età giolittiana, come è stato definito il periodo che si conclude nel 1914, segna un’epoca politica nuova caratterizzata soprattutto da un livello alto delle istituzioni che Giolitti non volle mai direttamente coinvolte nello scontro di classe. Ben altre tragedie, caratterizzate dallo scoppio della Grande Guerra e dalla caduta di ogni illusione sulle “magnifiche sorti e progressive” della belle époque, erano alle porte per inaugurare quello che Eric J. Hobsbawm ha definito con felice intuizione “il secolo breve”. Ma questa è un’altra storia.
UN’EPOCA DI INVENZIONI
Fra la seconda metà dell’Ottocento e il primo decennio del secolo successivo si susseguono scoperte e invenzioni che modificano il modo di produrre e distribuire le merci incidendo profondamente sulla realtà quotidiana di milioni di persone modificando e talvolta rivoluzionando la loro vita e quella delle generazioni successive.
1839 La ricerca di un processo fotografico precede di molto la data in cui l’invenzione viene annunciata al mondo, ma la ricerca prosegue e nel 1880 si arriva a proporre macchine di piccolo dimensioni e quindi adatte al gran pubblico. Nello stesso 1839 si inaugura la Napoli-Portici, prima linea ferroviaria italiana
1840 Invenzione dei fiammiferi a sfregamento
1843 Morse inventa il telegrafo elettrico
1851 Singer mette in produzione la sua invenzione, la macchina da cucire
1859 Darwin pubblica “L’origine della specie attraverso la selezione naturale”
1863 A Londra si inaugura la prima metropolitana sotterranea
1865 Mendel scopre le leggi sull’ereditarietà
1867 All’Esposizione Universale di Parigi viene presentato il primo ascensore; scoperta la celluloide, prima materia plastica artificiale; Bell brevetta il telefono.
1875 Il nuovo procedimento dei fratelli Martin per produrre acciaio abbatte i costi del 50%
1878 Thomas Alva Edison inventa il fonografo e la lampadina a filamento
1884 Primi coloranti e prime fibre sintetiche per costruire tessuti; Mergenthauer inventa la “linotype” per tecniche tipografiche
1886 Daimler costruisce la prima motocicletta (ha sella da cavallo e telaio in legno)
1887 Zamenhof inventa l’esperanto mondolingva, tentativo di creare una lingua universale
1895 Grazie alle ricerche dei fratelli Lumiére fa la sua comparsa l’immagine in movimento: è nato il cinematografo.
1896 Giuseppe Marconi inventa il telegrafo senza fili; nasce la radio
1890 Il motore a scoppio – inventato 28 anni prima – viene montato sulle prime automobili
Le immagini esposte nella mostra sono immagini semplici, non pretenziose. Tuttavia il Verga fotografo, non sempre ineccepibile dal punto di vista tecnico, risulta essere efficace e immediato tanto quanto il Verga scrittore.
“Potrà forse apparire sorprendente che lo scrittore Giovanni Verga fosse anche un appassionato fotografo”, dichiara Roberto Mutti, curatore della mostra. “Proprio come i suoi amici Capuana e De Roberto (e come Émile Zola in Francia o Jack London in Inghilterra), Verga con le sue opere ribadisce lo stretto rapporto che lega letteratura e fotografia. Nonostante la scoperta delle lastre su cui lo scrittore siciliano aveva impresso le sue immagini risalga al 1970, la conoscenza delle sue fotografie è poco nota presso il grande pubblico. Con questa mostra ci poniamo l’obiettivo di colmare questa carenza e di dare un contributo al dibattito su rapporti e interdipendenze tra arti diverse”.
Così come nei suoi romanzi e nelle sue novelle, anche nella sua produzione fotografica Verga interpreta e cerca di riprodurre soprattutto un paesaggio umano. Accanto ai numerosi ritratti di parenti e amici, nella mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo” compaiono immagini della Catania non aristocratica che svelano una continuità con il Verga scrittore. Fattori, contadini, massari, cameriere e tutta una gran quantità di uomini e donne, sono ripresi nella loro semplicità, inseriti nel loro ambiente quotidiano o in luoghi comuni, come un terrazzino della casa catanese dello scrittore-fotografo, utilizzati come set fotografico in alternativa a muri decorati o semplici teli. Le posture, gli abiti, lo stesso modo di ripresa rappresentano indizi importanti capaci di comunicare molto dello stile di vita, dell’estetica e della storia del tempo.
Verga fotografo non si dedica solo al ritratto. Con uguale interesse realizza scatti di paesaggi. La Sicilia è spesso presente nelle sue visioni delle campagne come in quelle urbane (con evidenti analogie letterarie con quanto descriveva nelle pagine scritte). Ma altri e più inaspettati paesaggi sono quelli dei laghi lombardi o di Bormio e dei suoi dintorni, che Verga ebbe modo di visitare partendo da Milano.
Le cento immagini della mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo” provengono tutte dall’Archivio Fotografico della Fondazione 3M. Non si tratta di fotografie originali, ma di stampe recenti ricavate indirettamente, attraverso interventi digitali realizzati da Lorenzo Ceva Valla, dalle lastre in vetro verghiane. Queste, date le loro precarie condizioni, sono risultate troppo delicate per essere maneggiate: alcune lastre, infatti, hanno subito danni alle emulsioni (che in qualche caso si sono addirittura parzialmente distaccate per colpa dell’umidità) o sono state addirittura accidentalmente rotte.
L’Archivio Fotografico della Fondazione 3M Italia, oltre alle immagini di Verga, conserva trentamila fotografie tra lastre, dagherrotipi, stampe originali e negativi. In questo spazio è raccolta la storia del marchio Ferrania e dell’omonima rivista che, dal ’46 al ’67, ha raccontato la storia del nostro paese attraverso le foto e l’evoluzione del costume.
L’allestimento della mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo”, curato dagli architetti Ester Garzonio e Leonardo Nava, punta soprattutto sull’aspetto documentario cercando di esaltare la delicatezza e la schiettezza dell’autore; in questo si avvarranno del supporto tecnologico fornito da 3M per l’elaborazione e la stampa digitale raccontando la fotografia di un autore per molti versi ancor oggi sorprendente.
A corredo delle fotografie delle scrittore-fotografo, RAITECHE presenta “Verga visto dalla tv” di Silvana Palumbieri. Il programma breve “Verga visto dalla TV” è composto da registrazioni, letture, film a lungometraggio, balletti, opere liriche e sceneggiati delle opere letterarie verghiane. E consente anche di dar vita ad una proposta critica per comparare i modi di trasposizione messi in atto dai linguaggi visivi. Balletto e pièce teatrale ripresi dalla televisione (La Lupa), opera lirica, balletto e film (Cavalleria rusticana), riduzione televisiva e grande progetto filmico (I Malavoglia e La terra trema). In questo romanzo è di straordinario interesse confrontare e analizzare come il linguaggio cinematografico possa realizzare “l’impersonalità dell’arte” propugnata da Verga. Nella più importante opera televisiva verghiana Mastro Don Gesualdo – prima produzione RAI su pellicola – Giacomo Vaccari esperimenta profondità di campo, frasi dialettali e quadri corali anziché l’iterato ricorso ai primi piani degli sceneggiati degli anni ’60.
Completa la mostra il catalogo edito da De Agostini “Giovanni Verga Scrittore Fotografo”, che sarà in vendita in mostra al costo di 25 euro.
Guido Bezzola, che si è occupato dell’introduzione del catalogo della mostra, descrive così le opere dello scrittore-fotografo: “Abbiamo innanzi a noi una serie di fotografie verghiane scattate o fatte scattare in età relativamente tarda, per cui acquistano un valore particolare se vogliamo interpretarle appunto come un’altra opera di Verga, scritta con la luce invece che con la penna… può notare come certi sentimenti, certi legami, certa maniera nell’affrontare i soggetti mostrino senza dubbio una continuità non interrotta col Verga scrittore”.
Gianni Ravasi Presidente della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori di Milano racconta il motivo della finalizzazione della mostra al Progetto “Strada della Guarigione”.
“Giovanni Verga parla dell’uomo nei suoi romanzi, fotografa l’uomo nei ritratti: questo lo accomuna alle attività della nostra Associazione, che pone l’uomo, quello malato come quello sano, al centro di un sistema che lo informi, lo tuteli e salvaguardi il suo benessere, non solo fisico, ma anche psicologico.
La scelta della finalizzazione per il ricavato di questa mostra sottolinea questo legame.
Il Progetto “Strada della Guarigione” è un’iniziativa di assistenza per gli adulti e i bambini malati di tumore che risiedono a Milano, o giungono qui per cure presso i Centri Oncologici.
Per loro c’è un servizio di accompagnamento alle cure, di alloggio presso Case d’Accoglienza, di rimborso viaggi di trasferimento, un Centro d’ascolto e di assistenza per venire incontro alle loro necessità di ordine pratico e psicologico.
Nel 2003 abbiamo ospitato 830 pazienti, adulti e bambini, nelle nostre Case d’Accoglienza, abbiamo rimborsato 1756 viaggi di chi è giunto a Milano per cure, ed abbiamo accompagnato 6950 malati alle cure. Abbiamo fatto tutto questo, ma vogliamo e dobbiamo fare di più”.
MOSTRA “GIOVANNI VERGA, SCRITTORE FOTOGRAFO”
Potrà forse apparire sorprendente che lo scrittore Giovanni Verga, uno dei padri del Verismo, fosse anche un appassionato fotografo. Proprio come i suoi amici Capuana e De Roberto (e come Émile Zola in Francia o Jack London in Inghilterra), Verga ribadiva lo stretto rapporto che lega letteratura e fotografia.
Per quanto la scoperta delle lastre su cui lo scrittore siciliano aveva impresso le sue immagini risalga al 1970, la conoscenza delle sue fotografie è poco nota presso il grande pubblico, una carenza che questa mostra tenta di colmare.
Sono presentate cento immagini che provengono dall’archivio fotografico Fondazione 3M: non si tratta di fotografie originali perché queste sono inspiegabilmente andate perdute, ma di stampe recenti ricavate indirettamente dalle lastre verghiate che, date le loro precarie condizioni, sono troppo delicate per essere maneggiate. Erano infatti conservate in scatole abbandonate in un armadio e alcune di queste lastre (tutte in vetro) hanno subito danni alle emulsioni – che in qualche caso si sono addirittura parzialmente distaccate per colpa dell’umidità – o sono state addirittura accidentalmente rotte.
Autore attivo a cavallo fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, Verga non era sempre ineccepibile dal punto di vista tecnico, tanto da lamentarsi quando i risultati non gli apparivano soddisfacenti, ma è anche un fotografo efficace e immediato che si dedica con ugual interesse al paesaggio come al ritratto.
La Sicilia è spesso presente nelle sue visioni delle campagne come in quelle urbane (con evidenti analogie letterarie con quanto lo stesso autore descriveva nelle pagine scritte) ma altri e più inaspettati paesaggi sono quelli dei laghi lombardi o di Bormio e dei suoi dintorni che Verga ebbe modo di visitare partendo da Milano.
Ancora più ampia è la produzione di ritratti ed è curioso notare che, accanto ai numerosi parenti ed amici, compaiono spesso in queste immagini fattori, contadini, massari, cameriere e tutta una gran quantità di uomini e donne semplici che evidentemente non animavano solo i romanzi e le novelle di Giovanni Verga. Talvolta tutti costoro vengono ripresi nel loro ambiente, in altri casi in luoghi, come un terrazzino della sua casa catanese, che lo scrittore fotografo prediligeva per allestire i suoi set che, quando non utilizzavano i muri decorati, prevedevano come fondale un semplice telo.
Le posture, gli abiti, lo stesso modo di ripresa sono ora per noi indizi importanti capaci di dirci molto dello stile di vita, dell’estetica e della storia del tempo.
La mostra “Giovanni Verga, scrittore fotografo” intende ricostruire tutto ciò in un allestimento suggestivo che punta soprattutto sull’aspetto di documentazione e sfrutta tutta la spettacolarità delle nuove tecnologie per parlarci della fotografia di un autore per molti versi ancor oggi sorprendente.
DIDASCALIE FOTOGRAFIE DI GIOVANNI VERGA
DISPONIBILI PER LA STAMPA
001 Autoritratto, 4 dicembre 1887 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
032 Mario Verga, fratello di Giovanni, con i nipoti / Archivio Fotografico Fondazione 3M
046 Premadio (Bormio): Giulia e Guido Treves, 13 agosto 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
053 Catania, Novaluccello: bambina alla finestra, 1911 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
054 Novaluccello, Catania: il cacciatore Cristalli, 1911 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
057 Vizzini, 3 maggio 1892 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
058 Vizzini, lato sud della Chiesa Matrice, 3 maggio 1892 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
063 Vizzini, lato sud da via per il cucco, 3 maggio 1892 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
073 Tebidi, 1897: Lucia Angelico e Giovanna detta “Pampinedda”, cameriera di casa Verga / Archivio Fotografico Fondazione 3M
089 Il Duomo di Como, 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
092 Pontile sul lago di Como, 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
096 Barche a vela sul lago di Como, 1893 / Archivio Fotografico Fondazione 3M
106 Loverciano (dintorni di Mendrisio): ritratto di Paolina / Archivio Fotografico Fondazione 3M
*N.B. La dizione / Archivio Fotografico Fondazione 3M è obbligatoria
**N.B: il numero si riferisce al codice che accompagna le immagini nel CD e trascritto a matita sulle diapositive
GIOVANNI VERGA E LA FOTOGRAFIA
Le fotografie di Giovanni Verga per molto tempo sono rimaste sconosciute: solo il ritrovamento alla fine degli anni Sessanta da parte di uno studioso, il prof. Giovanni Garra Agosta, di molte lastre in vetro e di negativi in pellicola in un armadio della casa dello scrittore, ha permesso di scoprire questa dimensione dell’espressività dello scrittore siciliano. Iniziato alla fotografia dall’amico Luigi Capuana, in realtà Giovanni Verga appare, nei suoi primi esperimenti iniziati nel 1878, un amateur alla continua ricerca di un miglioramento tecnico ed estetico. Se si mettono a confronto le sue immagini con quelle di Émile Zola, per fare un esempio di un suo contemporaneo di valore, ci si rende conto che spesso Verga non possedeva quella disinvoltura grazie a cui si potevano realizzare paesaggi o ritratti di grande efficacia. Se è vero che la sua Sicilia appare in gran parte della sua produzione, non si coglie la mano del documentarista capace di descrivere una realtà né del fotografo di paesaggio che individua le specificità di un luogo. Si ha, al contrario, la sensazione che di fronte all’obiettivo di Verga passi una sorte di grande famiglia allargata: i protagonisti sono i fratelli, i nipoti, le cognate, le persone di servitù e i contadini, i paesaggi sono quasi sempre le proprietà che fanno da sfondo mentre raramente si arriva fino al non lontano mare. Perfino per le ambientazioni lo scrittore fotografo predilige il cortile o il terrazzo di casa. Quando però lascia la sua Sicilia per spingersi in Lombardia, anche le fotografie cambiano: prevale il paesaggio – dei laghi, di Bormio, dei viaggi e soggiorni in Svizzera – ma quando ricompaiono i ritratti sono più briosi, originali, freschi. Sarebbe tuttavia un errore confrontarsi con il Verga fotografo per constatare che aveva meno disinvoltura che con la penna: se si sa andare oltre le iniziali incertezze, si può anche scoprire un fotografo capace di migliorarsi e di arrivare, in alcuni casi, a esiti pregevoli. Se è vero che alcuni amici come il conte Premoli e lo stesso Capuana dimostravano uno stile più personale e una indubbia padronanza della tecnica, Giovanni Verga mette in luce una espressività con cui bisogna fare i conti anche perché spesso molto ci dice del suo approccio alla vita, della sua attenzione per il mondo, del suo modo di esprimersi parallelamente con la pagina scritta e con l’immagine fotografica.
Roberto Mutti
PRIMA DEL “SECOLO BREVE”
In una situazione internazionale caratterizzata dalla grave crisi del periodo 1870-1890, l’Italia conosce nel 1876 quello che poteva essere un profondo mutamento politico perché diviene primo ministro Agostino Depretis, esponente della Sinistra Storica, movimento in cui convergevano forze diverse che andavano dai radicali ex mazziniani e garibaldini ai moderati esponenti degli interessi della borghesia terriera meridionale. Per quanto avesse presentato, in un discorso elettorale tenuto a Stradella nel 1875, un programma coraggioso, arrivato al potere subito deve abbandonare l’idea del decentramento amministrativo, smussare gli angoli della sua politica fiscale, rinunciare al suffragio universale sostituito da un ampliamento della base elettorale e prevedere un ridimensionamento dell’idea di una istruzione elementare gratuita e laica. La legge Coppino del 1877 non risolve i veri problemi dell’istruzione in Italia: essendo le scuole comunali, nelle zone più povere non ci sono fondi sufficienti per gestirle e questo spiega come nel sud l’evasione scolastica raggiunga il 90% mentre nel nord sfiora il 10%. Va ricordato che la stessa legge fissa in settanta il numero massimo di alunni per classe!
Rapidamente, quanto può apparire innovativo scompare nel turbine di una nuova linea, quella del Trasformismo: la inusuale alleanza fra esponenti della Destra e della Sinistra Storiche consolida il potere in un unico gruppo dirigente perdendo così l’occasione di creare le condizioni per un’alternanza fra i due schieramenti. Ancora una volta si può dire che tutto era cambiato perché nulla cambiasse. Il potere passa quindi nel 1887 a Francesco Crispi, avvocato siciliano in passato vicino alle posizioni garibaldine ma poi a quelle di Bismarck, che attua una politica estera caratterizzata da infelici avventure coloniali e una interna fieramente avversa al movimento operaio. Ma è proprio quest’ultimo a farsi sentire con più forza: nel 1882 nasce a Milano il Partito Operaio Italiano diventato undici anni dopo Partito Socialista Italiano, nel 1891 nasce sempre a Milano la prima Camera del Lavoro e in quello stesso anno Catania vede la nascita del primo dei Fasci siciliani, strutture organizzative e sindacali molto combattive che nel 1893 danno vita al primo grande sciopero agrario italiano e l’anno dopo vengono sciolte per decreto dal governo di Crispi. Alla sua caduta nel 1896 la possibile alternativa verso sinistra viene bloccata dalle forze più retrive che puntano sul marchese Di Rudinì e gli piazzano pure a destra, come pungolo, il reazionario Sidney Sonnino. Non contente di tutto ciò, a fronte dei moti scoppiati in tutta Italia per il caro vita, scatenano una repressione che vede il culmine a Milano il 6 maggio del 1898 quando l’esercito comandato dal generale Bava Beccaris cannoneggia ad alzo zero la folla uccidendo 80 persone. A questo punto si sfiora più volte il colpo di stato: ne sono protagonisti lo stesso Di Rudinì che vorrebbe lo scioglimento delle camere, il re che solo all’ultimo viene dissuaso dal farlo e il generale Pelloux che, chiamato a creare un nuovo governo, propone subito tali limitazioni alle libertà costituzionali da indurre la sinistra all’ostruzionismo parlamentare. Il 6 aprile 1900 si indicono nuove elezioni che vedono il successo dell’opposizione di sinistra, provocano le dimissioni di Pelloux e aprono la strada che, nel giro di due anni porta al potere Giovanni Giolitti, uno dei pochi uomini politici che nella storia del nostro Paese abbia lasciato l’impronta dell’autentico statista. L’età giolittiana, come è stato definito il periodo che si conclude nel 1914, segna un’epoca politica nuova caratterizzata soprattutto da un livello alto delle istituzioni che Giolitti non volle mai direttamente coinvolte nello scontro di classe. Ben altre tragedie, caratterizzate dallo scoppio della Grande Guerra e dalla caduta di ogni illusione sulle “magnifiche sorti e progressive” della belle époque, erano alle porte per inaugurare quello che Eric J. Hobsbawm ha definito con felice intuizione “il secolo breve”. Ma questa è un’altra storia.
UN’EPOCA DI INVENZIONI
Fra la seconda metà dell’Ottocento e il primo decennio del secolo successivo si susseguono scoperte e invenzioni che modificano il modo di produrre e distribuire le merci incidendo profondamente sulla realtà quotidiana di milioni di persone modificando e talvolta rivoluzionando la loro vita e quella delle generazioni successive.
1839 La ricerca di un processo fotografico precede di molto la data in cui l’invenzione viene annunciata al mondo, ma la ricerca prosegue e nel 1880 si arriva a proporre macchine di piccolo dimensioni e quindi adatte al gran pubblico. Nello stesso 1839 si inaugura la Napoli-Portici, prima linea ferroviaria italiana
1840 Invenzione dei fiammiferi a sfregamento
1843 Morse inventa il telegrafo elettrico
1851 Singer mette in produzione la sua invenzione, la macchina da cucire
1859 Darwin pubblica “L’origine della specie attraverso la selezione naturale”
1863 A Londra si inaugura la prima metropolitana sotterranea
1865 Mendel scopre le leggi sull’ereditarietà
1867 All’Esposizione Universale di Parigi viene presentato il primo ascensore; scoperta la celluloide, prima materia plastica artificiale; Bell brevetta il telefono.
1875 Il nuovo procedimento dei fratelli Martin per produrre acciaio abbatte i costi del 50%
1878 Thomas Alva Edison inventa il fonografo e la lampadina a filamento
1884 Primi coloranti e prime fibre sintetiche per costruire tessuti; Mergenthauer inventa la “linotype” per tecniche tipografiche
1886 Daimler costruisce la prima motocicletta (ha sella da cavallo e telaio in legno)
1887 Zamenhof inventa l’esperanto mondolingva, tentativo di creare una lingua universale
1895 Grazie alle ricerche dei fratelli Lumiére fa la sua comparsa l’immagine in movimento: è nato il cinematografo.
1896 Giuseppe Marconi inventa il telegrafo senza fili; nasce la radio
1890 Il motore a scoppio – inventato 28 anni prima – viene montato sulle prime automobili
07
settembre 2004
Giovanni Verga Scrittore Fotografo
Dal 07 al 26 settembre 2004
fotografia
Location
ARENGARIO
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Biglietti
Intero 5 euro; ridotto 4 euro; scolaresche 3 euro
Orario di apertura
Da martedì a domenica ore 9.30 - 17.30 – Lunedì chiuso
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Curatore