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Omaggio ad Alberto Martini (1876-1954)
Il maestro simbolista è celebrato nel cinquantesimo della scomparsa con una esposizione di quaranta opere che mette in evidenza le conquiste espressive della sua figurazione.
Comunicato stampa
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Il primo appuntamento degli spazi espositivi di Villa Gianetti a Saronno, dopo la nascita del Centro Studi sul Chiarismo, è la mostra dedicata ad Alberto Martini (Oderzo - Treviso 1876 - Milano 1954).
Il maestro simbolista è celebrato nel cinquantesimo della scomparsa con una esposizione di quaranta opere che mette in evidenza le conquiste espressive della sua figurazione.
Citato abitualmente come precursore dell'arte onirica e quindi del Surrealismo, Martini fu apprezzato in Europa sin dai primi anni del novecento grazie al sostegno del critico Vittorio Pica, direttore della rivista d'arte "Emporium" e segretario della Biennale di Venezia, che promosse la visionarietà martiniana e la sua arte in "bianco e nero" a Londra, dove l'artista espose in alcune personali alla Leicester Gallery nel 1907 e nel 1918 e alla Galleria Goupil nel 1914.
Il 1907 fu l'anno della sala personale intitolata "L'arte del sogno" alla VII Biennale di Venezia: l'aderenza di alcuni aspetti della sua opera con la poetica del Surrealismo, al quale fu chiamato a partecipare da André Breton nel 1927, non risultò motivo di convincimento per Martini ad entrare nel gruppo, con il quale ebbe contatti durante il suo soggiorno parigino dal 1928 al 1934.
In questa fase si delineano tuttavia alcuni cicli stilistici della produzione ad olio: la "Maniera nera", suggerita all'artista dal buio notturno e dai fantasmi che lo popolano, che è rappresentata tecnicamente attraverso zone neutre del quadro che producono effetti spaesanti (Fiore dello scoglio, 1928); La "Maniera chiara", ispirata all'infinito, per cui le figure dissolvono la volumetria in una materia pittorica diluita, dagli effetti fantasmatici, e dove prolifera il motivo simbolista dell'occhio, (Occhi languidi e Danzatrice, entrambi del 1931); la "pittura poliedrica" che gioca in modo alchemico tra luce e ombra, a significare la bipolarità che governa l'esistenza, ovvero la lotta tra spirito e materia.
Martini fu straordinario incisore e interprete grafico di opere letterarie . Tra le più celebriLa secchia rapita di Alessandro Tassoni (1903), le varie edizioni de La Divina Commedia (1902, 1922, 1944) e dei Racconti di Edgar Allan Poe (1905), gli shakespeariani Macbeth e Amleto (1908-11), le raccolte di poesie di Rimbaud e Verlaine.
In mostra sono alcuni esempi della sua impegnata opera di disegnatore capace di muoversi fra socialismo umanitario e deformazioni pre-espressionistiche, moralismo sarcastico e gusto per il grottesco e il truculento.
L 'esposizione comprende una serie di paesaggi e di ritratti che furono generi non trascurati da Martini, pur amando, al contempo, inoltrarsi in ambiti visionari e inconsci: l'artista soleva osservare le sue espressioni facciali e la sua anima allo specchio, ne derivarono spunti per un'intera sfilata di soggetti inquietanti (Giovin signore 1905/1911, L'uomo pallido 1923, Cappotto e cappello verde 1927).
Il maestro simbolista è celebrato nel cinquantesimo della scomparsa con una esposizione di quaranta opere che mette in evidenza le conquiste espressive della sua figurazione.
Citato abitualmente come precursore dell'arte onirica e quindi del Surrealismo, Martini fu apprezzato in Europa sin dai primi anni del novecento grazie al sostegno del critico Vittorio Pica, direttore della rivista d'arte "Emporium" e segretario della Biennale di Venezia, che promosse la visionarietà martiniana e la sua arte in "bianco e nero" a Londra, dove l'artista espose in alcune personali alla Leicester Gallery nel 1907 e nel 1918 e alla Galleria Goupil nel 1914.
Il 1907 fu l'anno della sala personale intitolata "L'arte del sogno" alla VII Biennale di Venezia: l'aderenza di alcuni aspetti della sua opera con la poetica del Surrealismo, al quale fu chiamato a partecipare da André Breton nel 1927, non risultò motivo di convincimento per Martini ad entrare nel gruppo, con il quale ebbe contatti durante il suo soggiorno parigino dal 1928 al 1934.
In questa fase si delineano tuttavia alcuni cicli stilistici della produzione ad olio: la "Maniera nera", suggerita all'artista dal buio notturno e dai fantasmi che lo popolano, che è rappresentata tecnicamente attraverso zone neutre del quadro che producono effetti spaesanti (Fiore dello scoglio, 1928); La "Maniera chiara", ispirata all'infinito, per cui le figure dissolvono la volumetria in una materia pittorica diluita, dagli effetti fantasmatici, e dove prolifera il motivo simbolista dell'occhio, (Occhi languidi e Danzatrice, entrambi del 1931); la "pittura poliedrica" che gioca in modo alchemico tra luce e ombra, a significare la bipolarità che governa l'esistenza, ovvero la lotta tra spirito e materia.
Martini fu straordinario incisore e interprete grafico di opere letterarie . Tra le più celebriLa secchia rapita di Alessandro Tassoni (1903), le varie edizioni de La Divina Commedia (1902, 1922, 1944) e dei Racconti di Edgar Allan Poe (1905), gli shakespeariani Macbeth e Amleto (1908-11), le raccolte di poesie di Rimbaud e Verlaine.
In mostra sono alcuni esempi della sua impegnata opera di disegnatore capace di muoversi fra socialismo umanitario e deformazioni pre-espressionistiche, moralismo sarcastico e gusto per il grottesco e il truculento.
L 'esposizione comprende una serie di paesaggi e di ritratti che furono generi non trascurati da Martini, pur amando, al contempo, inoltrarsi in ambiti visionari e inconsci: l'artista soleva osservare le sue espressioni facciali e la sua anima allo specchio, ne derivarono spunti per un'intera sfilata di soggetti inquietanti (Giovin signore 1905/1911, L'uomo pallido 1923, Cappotto e cappello verde 1927).
30
ottobre 2004
Omaggio ad Alberto Martini (1876-1954)
Dal 30 ottobre al 27 novembre 2004
arte contemporanea
Location
VILLA GIANETTI – ASSOCIAZIONE CENTRO STUDI SUL CHIARISMO
Saronno, Via Roma, 22, (Varese)
Saronno, Via Roma, 22, (Varese)
Vernissage
30 Ottobre 2004, ore 17