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Un con.fine infinito – Derive sulla condivisione
L’esposizione, Un con.fine infinito, nasce dalla collaborazione tra un gruppo di studenti del “Corso di laurea di Design-Interni” del Politecnico di Milano-Bovisa e l’Atelier di arti visive dell’Unità Operativa di Psichiatria n. 1, dell’Azienda Ospedaliera di Varese.
Comunicato stampa
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L’esposizione, Un con.fine infinito, nasce dalla collaborazione tra un gruppo di studenti del “Corso di laurea di Design-Interni” del Politecnico di Milano-Bovisa e l’Atelier di arti visive dell'Unità Operativa di Psichiatria n. 1, dell’Azienda Ospedaliera di Varese, con l’obiettivo di esplorare, attraverso lo strumento delle pittura, gli aspetti educativi e riabilitativi della creatività artistica e i loro risvolti sul terreno della socialità e della condivisione.
Come è noto, da più di un secolo, oramai, in Europa e, in Italia in particolare, gli sviluppi delle terapie legate alla talking-cure e alla “libera espressione” affiancano le infinite storie della vita offesa, integrando le terapie farmacologiche non solo con l’intento di alleviare i sintomi più dolorosi della sofferenza psichica, ma di ricercarne in profondità i suoi significati.
Questa collaborazione rappresenta anche un contributo inedito ad un nuovo modo di sensibilizzare il mondo dell’Università con le realtà marginali della condizione umana, al di là delle vecchie logiche asiliari e di contenimento, al solo fine di migliorare ciò che è fondativo sul piano della socialità: l’incontro con l’Altro, il rispetto della diversità, l’esperienza di essere liberi nel proprio desiderio.
L’unicità di tale esperienza formativa, di cui Un con.fine infinito è il risultato, è rappresentata dalle particolari tecniche adottate dall’Atelier di arti visive, che non si esauriscono nell’esplorazione estetica o ricreativa delle poetiche artistiche, ma tendono, attraverso il fare pittorico, alla “formazione” di una coscienza percettiva, strutturata e funzionale, conseguita attraverso “la funzione regolativa del set” (ustanovka, negli studi di D.N. Uznadze, che per primo la elaborò all’interno del dipartimento di psicologia dell’Università di Tbilisi, in Georgia), per intendere quel mutamento non cosciente e non direttamente percepito dallo stato funzionale del sistema nervoso che ha un’importanza capitale per la successiva dinamica delle percezioni di carattere cosciente.
Una funzione regolativa che, sul campo, si presenta non finalizzata e consente di introdurre nel corso della sua sperimentazione, altri aspetti dell’essere soggetto, quelli legati alla conoscenza, alla sensazione e alla volontà.
Il risultato di tutto ciò è duplice. Da una parte, si possono rilevare, nonostante la persistenza dei sintomi, delle trasformazioni sensibili negli atteggiamenti della vita corrente, anche se temporanei. Dall’altra, le opere, di grande formato e complessità stilistica, oltre a costituire dei protocolli di studio sull’attività dell’Atelier, mostrano come l’esperienza artistica “brut”, dell’homme commun à l’ouvrage, nella definizione di Jean Dubuffet, non solo sfida le illusioni culturali della modernità, ma esalta le potenzialità creative “che sono presenti allo stato latente in ogni individuo”.
Ringraziamo per il contributo dato alla realizzazione di questa mostra (in ordine alfabetico):
Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi - Varese, Dipartimento di Salute Mentale - Unità Operativa di Psichiatria n. 1: Ave Bellintani, Isidoro Cioffi, Marta Langè, Lorenzo Moranzoni, Roberto Rotasperti, Adelina Salzillo, Simone Vender;
Politecnico di Milano (Facoltà del Design), “C.I. Laboratorio di progettazione di interni – concept”: Alessandro Guerriero, Mariapia Bobbioni, Anna Detheridge, Gianni Emilio Simonetti con Davide Crippa e Barbara Di Prete
Come è noto, da più di un secolo, oramai, in Europa e, in Italia in particolare, gli sviluppi delle terapie legate alla talking-cure e alla “libera espressione” affiancano le infinite storie della vita offesa, integrando le terapie farmacologiche non solo con l’intento di alleviare i sintomi più dolorosi della sofferenza psichica, ma di ricercarne in profondità i suoi significati.
Questa collaborazione rappresenta anche un contributo inedito ad un nuovo modo di sensibilizzare il mondo dell’Università con le realtà marginali della condizione umana, al di là delle vecchie logiche asiliari e di contenimento, al solo fine di migliorare ciò che è fondativo sul piano della socialità: l’incontro con l’Altro, il rispetto della diversità, l’esperienza di essere liberi nel proprio desiderio.
L’unicità di tale esperienza formativa, di cui Un con.fine infinito è il risultato, è rappresentata dalle particolari tecniche adottate dall’Atelier di arti visive, che non si esauriscono nell’esplorazione estetica o ricreativa delle poetiche artistiche, ma tendono, attraverso il fare pittorico, alla “formazione” di una coscienza percettiva, strutturata e funzionale, conseguita attraverso “la funzione regolativa del set” (ustanovka, negli studi di D.N. Uznadze, che per primo la elaborò all’interno del dipartimento di psicologia dell’Università di Tbilisi, in Georgia), per intendere quel mutamento non cosciente e non direttamente percepito dallo stato funzionale del sistema nervoso che ha un’importanza capitale per la successiva dinamica delle percezioni di carattere cosciente.
Una funzione regolativa che, sul campo, si presenta non finalizzata e consente di introdurre nel corso della sua sperimentazione, altri aspetti dell’essere soggetto, quelli legati alla conoscenza, alla sensazione e alla volontà.
Il risultato di tutto ciò è duplice. Da una parte, si possono rilevare, nonostante la persistenza dei sintomi, delle trasformazioni sensibili negli atteggiamenti della vita corrente, anche se temporanei. Dall’altra, le opere, di grande formato e complessità stilistica, oltre a costituire dei protocolli di studio sull’attività dell’Atelier, mostrano come l’esperienza artistica “brut”, dell’homme commun à l’ouvrage, nella definizione di Jean Dubuffet, non solo sfida le illusioni culturali della modernità, ma esalta le potenzialità creative “che sono presenti allo stato latente in ogni individuo”.
Ringraziamo per il contributo dato alla realizzazione di questa mostra (in ordine alfabetico):
Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi - Varese, Dipartimento di Salute Mentale - Unità Operativa di Psichiatria n. 1: Ave Bellintani, Isidoro Cioffi, Marta Langè, Lorenzo Moranzoni, Roberto Rotasperti, Adelina Salzillo, Simone Vender;
Politecnico di Milano (Facoltà del Design), “C.I. Laboratorio di progettazione di interni – concept”: Alessandro Guerriero, Mariapia Bobbioni, Anna Detheridge, Gianni Emilio Simonetti con Davide Crippa e Barbara Di Prete
29
giugno 2004
Un con.fine infinito – Derive sulla condivisione
Dal 29 giugno al 13 luglio 2004
arte contemporanea
Location
POLITECNICO DI MILANO – CAMPUS BOVISA
Milano, Via Giovanni Durando, 10, (Milano)
Milano, Via Giovanni Durando, 10, (Milano)
Orario di apertura
dalle ore 9 alle ore 18, dal lunedì al venerdì
Vernissage
29 Giugno 2004, Edificio N del Politecnico, Bovisa